Ricerca personalizzata

mercoledì 9 gennaio 2008

Motivazione

Gianni D.F. Ancona
“......ho fatto solo brevi esperienze in aziende locali tanto piccole che possono essere definite più attività artigianali che industriali. Compiti non chiari e tanta confusione. Sto cercando altre cose. Nei primi colloqui che ho fatto mi hanno sottoposto posizioni lavorative in aziende varie. Ora mi chiedo, perché sinceramente le mie esperienze non possono fare testo, che differenza può esserci, in termini lavorativi, tra una società italiana, magari padronale ed una classica multinazionale. Lei forse può chiarirmi le idee.....”

Cercherò di farlo.
E’ sufficiente un’idea per decidere di creare una nostra attività, sicuri che a noi andrà bene. Così l’Italia vede un fiorire continuo di aziende o aziendine che nascono, tentano di crescere e talvolta, ma solo talvolta ce la fanno.
La realtà che troviamo è fatta da molte aziende nazionali, spesso ancora padronali e poche multinazionali.
A parità di capacità di spesa, dico subito che in termini di agilità nella presa delle decisioni, nel fare investimenti o nel lanciare un prodotto, l’azienda padronale ha una rapidità che la multinazionale, proprio in quanto tale, non può avere. Questo è un punto a favore.
Quest’ultima invece deve, prima di agire, provare con analisi e documenti, che ogni qualsivoglia investimento o lancio di prodotto abbia la copertura dei costi e poi un ben preciso ritorno di utile sull’investimento.
Ciò solitamente comporta tempi lunghissimi che possono anche essere di qualche anno. Un prodotto nuovo che entra sul mercato oggi, può essere stato pensato anche tre o quattro anni fa. Punto a sfavore.
Nell’azienda padronale, chi ha il potere decisionale può decidere al momento basandosi su una intuizione (magari fortunata). Ecco quindi che le azioni sono spesso più rapide. In questa vitalità sta la possibilità di arrivare prima di altri ma anche di fare tonfi pericolosi per l’azienda.
Solitamente se fai attenzione vedrai che sono percentualmente molto maggiori le aziende padronali in crisi o in chiusura che non le multinazionali.
Il fatto è che il “padrone” (è un termine divenuto quasi dispregiativo ma in realtà designa colui che è proprietario di qualcosa, come in effetti lo è chi ha un’azienda) può accettare di fare anche errori perché non deve renderne conto; un team di managers di una multinazionale.....se sbaglia, paga subito.
Dovrei dirTi molte altre cose su entrambe queste realtà ma il tempo non me lo permette quindi passo ad un altro punto.
La vita lavorativa all’interno di queste organizzazioni. Nella piccola azienda, non ci sono spesso chiare distribuzioni dei compiti e delle realtà. Il Padrone ordina o “raccomanda” e gli altri fanno. Questo porta però a poco coinvolgimento perché, tante volte, chi agisce lo fa solo perché gli è stato comandato, senza capire le vere motivazioni e senza sentirsene quindi coinvolto. Il Capo, deve sempre intervenire di più perché, mancando una motivazione al lavoro da parte dei suoi collaboratori, il coordinamento va coperto con un maggiore controllo. Poco alla volta il padrone diventa sempre più presente, assillante, dando il via al concetto del padre-padrone. In realtà questa figura nasce dalla stessa incapacità dell’imprenditore di demandare ad altri e dalla mancata fiducia in ciò che gli altri possono fare.
E’ il cane che si morde la coda. Ecco le due facce della stessa moneta: “non posso dare libertà ai miei collaboratori perché non hanno iniziativa, quindi devo fare sempre tutto io” e dall’altra parte “noi non possiamo fare nulla di nostra iniziativa perché sono guai se non aspettiamo i suoi ordini”.
Il grande limite della gestione padronale è questo. Il Padrone, poichè è riuscito a creare la propria realtà, ritiene di sapere solo lui cosa si deve fare. Se affida i compiti a qualcun altro, pensa di perdere il controllo e quindi il potere.
Nella multinazionale, è completamente l’opposto. Ogni compito è definito per “job” ed ognuno sa cosa e come fare. E’ responsabile dell’andamento del compito assegnato. E’ premiato se tutto funziona e ne paga le conseguenze se le cose non vanno come i piani avevano deciso. L’approccio al lavoro è tendenzialmente di team in quanto il lavoro di ognuno è legato a quello di altri. Sono perciò gli stessi lavoratori che interagiscono per un buon andamento.
Premi: si pensa che la piccola azienda sia più premiante col singolo perché, essendo in pochi e sempre sotto gli occhi del padrone, se le cose vanno bene, si è subito notati. Vero, ma spesso il premio è una pacca sulle spalle o la dichiarazione pubblica che quel collaboratore è bravo.
Nella multinazionale, le valutazioni sull’operato devono tener conto dei risultati di fine anno del gruppo. Il bravo collaboratore avrà una parte di premio “personale” e una parte, la maggiore, legata comunque al raggiungimento dei risultati del gruppo.
Sfioro solo l’argomento “mentalita collaborativa” tra le due realtà perché mi pare d’averlo già fatto comprendere. L’imprenditore ritiene sempre di essere il migliore di tutti. Personalmente non ho mai trovato un imprenditore da cui sia stato consultato, che non abbia esordito dicendo che lui è migliore degli altri; che lui fa prodotti superiori alla concorrenza. Mai mi è capitato qualcuno che non abbia detto queste cose. Evidentemente qualcosa non va perché è impossibile, ma questo dimostra come l’imprenditore, proprio in quanto tale, basa la sua forza su queste false consapevolezze che comunque lo rendono, in qualche modo, resistente sul mercato.
Per questo l’imprenditore difficilmente lascia che qualcuno gli dia consigli. Se lui è arrivato dov’è....vuol dire che sa fare bene da solo il proprio lavoro, salvo poi fallire. Semmai ci fosse richiesta di esplicito aiuto ad un consulente, qualsiasi raccomandazione che fosse non in linea col pensiero padronale, verrebbe accettata per forza di cose ma mai messa in opera.
Nelle multinazionali, paradossalmente perché non ne avrebbero bisogno visto lo scambio continuo di cultura generale tra i managers, viene spesso richiesto l’intervento di consulenti.
Nelle multinazionali vi è un’apertura mentale, un arricchimento professionale, una continua conoscenza di problemi su mercati globali che portano i managers ad esperienze continue.
Ecco. Ciò che ho detto, magari anche brutalmente in taluni punti, è la differenza sostanziale tra queste realtà e questi due mondi lavorativi.
Potrei ora dirTi dove io andrei......ma la scelta e Tua.
Cordiali saluti