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mercoledì 26 ottobre 2011

ANCORA UN RICHIAMO

M.L. (loc. n.c.)

Salve!
oggi ho ricevuto tramite R.R.R. la seguente comunicazione da parte della coop sociale dove lavoro come socia dipendente.
E' stato rilevato che lei il giorno 17/10/11 si presentava alle ore 08 e 16 minuti presso gli uffici amministrativi della Cooperativa dove lei deve svolgere le mansioni previste dal suo incarico.
Le ricordiamo che nelle indicazioni a lei impartite, così come anche indicato nella lettera d'assunzione da Lei sottoscritta, risulta in maniera evidente che l'ora di inizio lavoro presso gli uffici amministrativi della cooperativa,è prevista per ognuno dei cinque giorni della settimana per le ore 08,00.
Essendo questa infrazione essersi ripetuta, negli ultimi mesi, più di una volta ed anche con ritardi a presentarsi in ufficio superiori alla mezz'ora, nel contestarLe quanto sopra, ai sensi e per gli effetti dell'art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, La invitiamo a volere presentare le Sue eventuali osservazioni o giustificazioni entro cinque giorni dal ricevimento della presente.
Dunque... la mattina del 17/10/11 giungevo in ritardo come scritto nella lettera e il direttore amministrativo mi faceva notare (non in modo garbato e civile... ma pazienza!) che ero in ritardo, io ho risposto che mi spiaceva ma i lavori stradali per la realizzazione di una rotonda avevano creato una colonna molto lunga (quella mattina c'era in giro il mondo!!!)...lui subito mi ha risposto che non era un problema suo e che dovevo partire prima...,ho cercato di fare notare che ero partita da casa alle 7.30 per percorrere una strada che mi porta al posto di lavoro in 10 minuti al massimo, e che era stata una cosa inaspettata tutto quel traffico, ma mi ha zittita dicendomi che anche la settimana prima avevo fatto ritardo, ho risposto che sapeva perfettamente che mi recavo al lavoro con la febbre alta e che per non creare problemi ai colleghi mi sono sempre presentata a fare il mio dovere recuperando anche con 45 minuti laddove ritardavo di 15 minuti....subito mi ha detto che quello che stava facendo era un richiamo verbale a cui sarebbe seguito un richiamo scritto.... ho fatto notare che anche altri colleghi arrivavano in ritardo e che a loro non veniva fatto nessun richiamo....anche quella mattina due colleghi hanno avuto rispettivamente 15 e 20 minuti di ritardo. Per i ritardi che mi contesta dei mesi precedenti lui ha sempre saputo che avevo problemi di salute e che mi recavo ugualmente al lavoro per non creare disagi... se poi considero che dal 24 agosto al 26 settembre sono stata assente.....
Io vorrei rispondere nel seguente modo:
Prendo debita considerazione di quanto comunicatomi con raccomandata n. del....e per il futuro mi atterrò alle disposizioni contenute in essa. ma vorrei anche scrivere qualche cosa in merito ai colleghi che hanno fatto e fanno tuttora ritardi se credono di agire come hanno fatto con me....non mi sembra una bella idea....ma quantomeno ridirlo verbalmente....attendo Vostri consigli.
P.s. Sicuramente la prossima volta che non mi sento bene andrò dal medico...
Grazie!


Cara M.L.,
mi par d'aver capito che il Suo Direttore, il giorno 17 Le abbia verbalmente contestato il ritardo dicendoLe che sarebbe seguita la contestazione scritta.
A dire il vero, se precedentemente malgrado i ritardi non Le aveva mai detto nulla, quella del 17 doveva essere la prima contestazione verbale a cui non avrebbe dovuto seguire, per lo stesso motivo, lo scritto.
Prima avvengono le contestazioni verbali e poi, ma per successivi ulteriori divergenze, si passa ad inviare lo scritto. Farlo contemporaneamente non sarebbe corretto. Comunque, facciamo finta che sia giusto così.
E veniamo al problema. Lei ha trovato traffico ed è arrivata in ritardo. La colpa non è Sua ma di altri ecc..ecc..
Se lo accetta, devo dire che la colpa invece è Sua. Purtroppo ognuno di noi può incappare in un improvviso ostacolo, ma per “improvviso” si può intendere un incidente stradale che blocca la strada lasciandoci senza vie d'uscita e senza quindi permetterci di mantenere i nostri impegni.
Lavori in corso per una rotonda, sulla strada che facciamo tutti i giorni, non può essere motivo per non essere puntali e nemmeno per trovarci sprovveduti. Semplicemente sta a noi agire in modo affinchè questo non accada.
Può non crederci ma io in tutta la mia vita professionale non sono mai arrivato tardi al lavoro. Ad un paio di appuntamenti invece, per motivi davvero gravi e non dipendenti da me (incidenti stradali che bloccavano tutto il traffico) non sono arrivato tardi; non ci sono proprio arrivato.
Dev'essere nella nostra capacità il saper valutare le situazioni che possiamo trovare sul nostro cammino. Se io devo trovarmi ad un appuntamento in una città a 200 Km. da casa mia, alle 10.00 del mattino, non penso di partire due ore prima perchè facendo i 100 all'ora, ci arrivo.
Calcolo le ipotesi di traffico che potrei trovare; le eventuali code in autostrada, qualche ingorgo che so possibile in un paio di punti sulla strada e metto anche in conto un qualsiasi disagio personale che possa arrivare inaspettato. Cerco di capire dove posso essere attorno alle 8.00 che è l'ora di ingresso nelle città; orario che sicuramente crea rallentamenti.
Detto questo, faccio i miei calcoli e se penso che sia corretto e tranquillo partire da casa alle 7.30, automaticamente il mio cervello pianifica la partenza alle 7.00 o anche prima.
Preferisco arrivare ad un impegno di lavoro cinque o dieci minuti prima e magari aspettare o andarmi a bere un caffè, piuttosto che arrivare due minuti dopo.
E' più forte di me ma non riesco a fare diversamente. Non sopporto che chi mi aspetta debba aspettarmi. Chi arriva tardi ai miei appuntamenti...pazienza per lui. E' lui che non ci fa una bella figura.
Le ho raccontato questo per farLe comprendere che non devono esserci rotonde che tengano; non devono nemmeno esserci febbri che tengano o malesseri vari.
Se non si sta bene si sta a casa o si chiama un medico ed è la sua giustificazione che ci mette al riparo da equivoci. Il ritardo, mi creda, non va bene anche perchè nessuno può valutare se davvero dietro al ritardo c'è il malessere o la disorganizzazione o lo scarso attaccamento al lavoro.
Ricordo i miei ritardi a scuola o le assenze date dal mal di pancia. Quante palle dicevo! Il fatto che m'arrabbiavo pure se i professori non ci credevano e m'inquietavo sino al punto di credere io stesso che quanto dicevo era vero.
Comunque, poiché Lei deve rispondere al richiamo, penso che ciò che Lei scrive, e precisamente:
“Prendo debita considerazione di quanto comunicatomi con raccomandata n. del....e per il futuro mi atterrò alle disposizioni contenute in essa.” sia la cosa più breve e corretta che si possa fare.
Non aggiunga altro sui ritardi dei colleghi perchè far polemica non serve e può solo metterLa in cattiva luce. Se il Suo Capo vuole, i ritardi sa vederli anche lui. Non possiamo ne io ne Lei entrare nel merito del motivo per cui ad altri non fa contestazioni (magari le ha anche fatte e Lei non lo sa).
Se Lei accennasse anche verbalmente alla cosa (volendo fattibile) potrebbe sentirsi rispondere che non sono problemi Suoi.
D'ora in poi quindi, sperando che la rotonda venga presto conclusa, parta prima e metta in preventivo tutti gli eventuali ingorghi che può trovare. Faccia vedere che sa arrivare anche in anticipo e che quanto è accaduto è stato davvero un caso.
Se poi dietro ai ritardi, anche per cause di salute, c'è una certa insofferenza verso il lavoro che fa o verso l'ambiente, non stia a perdere tempo. Io suggerisco sempre di trovare un altro lavoro perchè non c'è mai nulla di peggio che rimanere in una posizione o in una mansione che non sia motivante.
Buon proseguimento.

giovedì 20 ottobre 2011

LETTERA DI RICHIAMO

A.O. (loc. n.c.)

Buona sera,
Mi chiamo A., sono responsabile di un reparto (ricambi) in un'azienda metalmeccanica abbastanza in crisi (a breve taglierà una trentina di dipendenti su 130...).
Piccola premessa, lavoro ogni giorno dalle 6,30 alle 18,30 e oltre, gli straordinari non me li pagano perché impiegato 7° liv, coordino 8 persone, ma non mi vergogno ad indossare i guanti e fare l'operaio. Risultati sul lavoro ne porto.
Ieri sono stato visto dall'RSPP senza scarpe antinfortunistiche in magazzino e senza ammonimenti verbali oggi mi è stata data la lettera di richiamo.
Sebbene io sia dalla parte del torto, ho delle domande:
- non ho mai ricevuto ammonimenti verbali simili, è corretto dare subito un richiamo scritto?
- quali sanzioni può causare la mia "violazione"?
- Posso rispondere dicendo che l'errore è semplicemente dovuto alla situazione di emergenza e alla mia voglia di fare (praticamente una distrazione, non ho mai ricevuto richiami verbali)? Oppure, vista la colpa, evito di rispondere?
Penso faccia parte di una strategia per indurmi ad andarmene, vorrei comunque provare a limitare i danni.
Vi ringrazio per un Vostro eventuale interessamento.


Egregio A.,
forse la Tua ultima intuizione, vista la situazione aziendale, non è da escludere. Potrebbe essere un tentativo. Ma il licenziamento avviene solo al terzo richiamo scritto.
Veniamo alla faccenda: essendo al 7° livello effettivamente non hai straordinari. La Tua azione di guida può portarTi girare nei vari reparti e magazzini e hai due possibilità: metterTi le scarpe antinfortunistiche sempre quando inizi il lavoro, indipendentemente da ciò che poi farai oppure ricordartene ogni volta e continuare a mettere e togliere.
Sulla sicurezza si parla poco ma ogni giorno vediamo incidenti sul lavoro. I costi che ne derivano per le aziende, lo Stato e per il lavoratore non sono da sottovalutare e se poi pensiamo che le conseguenze possono davvero rovinare la vita ad una persona, non si può dar torto a che le regole siano osservate. Tieni pure presente, ma lo saprai, che l'Amministratore dell'azienda (o il Direttore del Personale) può andare in carcere per un incidente al lavoratore.
Tu sei il primo a sapere d'aver sbagliato ma non per questo le cose devono essere taciute.
Sappi che prima di un richiamo scritto devono esservi richiami verbali e il richiamo scritto deve fare riferimento ai precedenti richiami verbali a cui il lavoratore non ha dato seguito.
Forse chi ha scritto ha inteso solo richiamarTi in via precauzionale e per dare ufficialità e credibilità alla cosa ha pensato di farlo in questo modo, magari in buonafede.
Può darsi che, dato il materiale che lavorate (ma che non conosco) la gravità o il pericolo del Tuo gesto sia tale da rendere inutile il richiamo verbale, ma non credo sia così.
Operi in una azienda metalmeccanica e quindi, senz'altro, fortemente sindacalizzata. Ogni lavoratore dovrebbe avere copia del contratto generale di lavoro e su questo è ben specificato il paragrafo “ richiami verbali o scritti”.
Dagli una scorsa veloce o, se nessuno ne ha copia, chiedilo semplicemente all'ufficio personale, così capiranno perchè lo chiedi.
Personalmente non parlerei di distrazione ma di situazione di emergenza che, se si fosse protratta, Ti avrebbe senza alcun problema portato ad indossare le scarpe. Un lavoratore distratto è pericoloso; un lavoratore cosciente di ciò che fa può sbagliare ma è...cosciente di farlo e può quindi non ripetere l'errore.
Tacere, è davvero come dar ragione ed ammettere la Tua colpa. Spiegare le cose, con poche semplici parole, non elimina la colpa ma chiarisce le motivazioni perchè coscientemente hai fatto ciò che hai fatto.
Ad un richiamo scritto si deve rispondere con un altro scritto (raccomandata a mano da consegnare e, presumibilmente da far firmare per ricevuta). Al di là di ciò che scriverai, con molto tatto, verbalmente, puoi comunque dire che, se i risultati di fare più del dovuto al fine di aiutare l'azienda, sono questi, d'ora in poi Ti limiterai al Tuo lavoro ed alle Tue responsabilità senza prendere il posto di altri.
Tutto qua.
Non farTi problemi per quella lettera a meno che, ma questo lo sai solo Tu, non ci siano già stati precedenti di battibecchi per altri motivi e la lettera ricevuta non sia quindi un passo successivo ad una situazione passata. Passo comunque sbagliato perchè non si parte da un richiamo scritto senza precedenti verbali.
In bocca al lupo.

lunedì 17 ottobre 2011

NON CREDUTO E RICHIAMATO

L.I. ( loc. n.c.)

Salve,
sono un agente di commercio che obbligato dalla Sua azienda a svolgere diverse mansioni, in primis quella di merchandiser (non retribuito per questa ulteriore mansione),ha ricevuto una lettera di richiamo.
Motivazione: Un responsabile di un punto vendita ha contattato telefonicamente l'azienda per avvisare che mi rifiutavo di mettere degli antifurti sui prodotti.
Alle accuse mosse ho giustificato telefonicamente dicendo che in realtà le cose non erano così.
Purtroppo la merce non è stata antifurtata dall'azienda e il Direttore pretendeva che io la rispedissi al mittente.
Io ho fatto come il Direttore chiedeva ma poi mi sono visto recapitare la lettera.
Lavoro per questa azienda da diversi anni ed è la prima volta che mi capita una situazione del genere.
Probabilmente non sarò stato particolarmente simpatico al Direttore.
Ma è possibile essere richiamati sulla base di opinioni altrui e non tenere in considerazione quello che un collaboratore integerrimo da anni comunica?
Grazie




Egregio L. I.,
avevamo chiesto via e.mail alcune delucidazioni per poterLe dare un parere forse più corretto ma non avendo avuto risposta rispondiamo a quanto ci chiede.
Mi pare di capire che Lei sia un Agente monomandatario e come tale, con un contratto che prevede la disponibilità ad agire secondo i dettami dell'azienda che rappresenta. Tra questi, anche quello di svolgere la mansione di merchandiser (controllo dei prodotti offerti al pubblico, esposizione della merce se richiesta dal negoziante, controllo di presenza della merce sullo scaffale; gestione delle promozioni o evidenziazione prodotti ecc..ecc..)
Queste mansioni possono non essere retribuite extra se gli accordi aziendali non lo hanno previsto quando si è stati assunti. In altri casi, ma dipende dalle aziende, viene dato un corrispettivo per il tempo usato. Dipende dalla sensibilità e dalla disponibilità delle aziende stesse che, notoriamente non sono mai larghe di manica.
Si può arrivare a farsi pagare queste mansioni definibili extra attraverso una trattativa sindacale interna ma per far questo occorre che vi sia un apparato che lo permetta. Devo dirLe che nell'ambito degli Agenti plurimandato ciò è impossibile mentre potrebbe esserlo nel settore degli Agenti monomandato perchè alcune volte il lavoro dell'Agente monomandatario è stato equiparato a quello di un venditore dipendente. Infatti svolgendo questo compito per una sola azienda si è tenuti a seguire ogni regola e richiesta dell'azienda, esattamente come un impiegato diretto.
Ma, come sempre, per mettersi a disquisire con l'azienda su queste richieste, occorre che vi sia un forte gruppo di agenti “dipendenti” tutti d'accordo. Cosa quasi impossibile.
Detto questo, mi par di capire che Lei si sia trovato in un punto vendita ed abbia visto, o il Responsabile Le abbia detto, che alcuni prodotti non avevano l'etichetta anti taccheggio.
Non si capisce dal Suo scritto, cosa sia poi accaduto. Pare che il responsabile del punto vendita abbia telefonato alla Sua azienda dicendo che Lei non voleva fare il lavoro di etichettatura e Lei, successivamente o in quel preciso momento ha invece detto telefonicamente al Suo Capo che non era così.
Non mi dice però come stavano effettivamente le cose ed io devo solo immaginare anche se faccio un po' fatica.
Posso sbagliarmi ma mi pare di capire che il Suo Direttore avendo creduto che Lei non volesse fare il lavoro Le abbia detto di far rispedire indietro la merce. Ma Lei non aveva spiegato telefonicamente come stavano le cose? Oppure aveva solo detto come stavano le cose senza dirsi disponibile ad etichettarle?
Credo che il problema stia tutto qui.
Se Lei non si è detto disponibile a fare il lavoro ha portato il Direttore a dirLe di rispedire il tutto.
A questo punto, è vero che Lei ha fatto ciò che il Direttore chiedeva ma costui preferibilmente avrebbe voluto sentirsi dire che Lei sarebbe stato disponibile a fare il lavoro nel punto vendita piuttosto che far tornare la merce. Non crede?
Quindi, la lettera di richiamo, se le cose sono andate in questo modo, è evidente che va intesa per ciò che non ha fatto pur se ha obbedito al Direttore.
Sarebbe un po' strano che il Direttore scriva un richiamo per aver obbedito ad una sua richiesta.
Forse Lei non è simpatico al Direttore, come scrive Lei stesso, ma forse il fatto va visto a sé, senza pensare a legami di simpatia/antipatia.
Concordo con Lei che non occorrerebbe essere richiamati sulla base di ciò che dice un cliente senza aver sentito bene il proprio collaboratore e questo mi meraviglia.
Solitamente avviene l'opposto. Il cliente ha sempre ragione (quando lo si ha davanti) ma tra azienda e venditori le cose sono diverse e, al di là di ciò che dice un cliente, quando un venditore vale e lo si ritiene un elemento utile, lo si ascolta e gli si dà credito.
I richiami danno sempre fastidio, è ovvio, per cui mi chiedo se non ci siano stati precedenti, anche piccoli che sommati, abbiano portato al fatto accaduto.
Ora sta a Lei. Se ritiene che la cosa Le dia fastidio o se pensa che il Direttore ce l'abbia con Lei, poiché difficilmente potrà mandar via lui, potrebbe pensare, con calma, di essere Lei a salutare l'azienda che non si comporta bene nei Suoi riguardi.
Non sottovaluti questa ipotesi. A meno che il Direttore non sia impazzito (ma anche se fosse non potrebbe cambiarlo) l'inviare una lettera di richiamo vuol dire che qualcosa che non va, c'è nel Vostro rapporto.
Quando si rompono gli equilibri è inutile chiedere di chi è la colpa. Per Lei è del Direttore e per lui è Sua. Quindi, va preso atto di un rapporto che si è o si sta incrinando e si agisce di conseguenza.
Spero d'aver capito bene il Suo scritto e la mia risposta è subordinata a ciò che ho compreso. Se ho sbagliato tutto, me ne scuso.
Cordiali saluti.

giovedì 6 ottobre 2011

SAPER TRATTARE COI CLIENTI

D.T. (loc. n.c.)

Buongiorno,
molto brevemente: la mia ragazza da qualche anno ha un centro estetico, fino allo scorso anno molto funzionante. Purtroppo, probabilmente colpa del periodo storto e di qualche suo piccolo problema personale, ha cominciato a perdere clienti e di conseguenza ad avere problemi economici l'affitto e le altre spese sono alte, e i profitti non bastano a coprire tutto. Vorrebbe vendere, ma non è semplice trovare un acquirente. Lei si lamenta quotidianamente, e sostiene che invece gli altri centri estetici lavorano molto. E' molto brava nel suo lavoro, però probabilmente le manca la capacità promozionale, di marketing.
io cerco di aiutarla.. ma come posso fare? che consigli le posso dare?
grazie


Se nella Sua zona i centri estetici lavorano molto non dovrebbe essere difficile trovare un acquirente. Probabilmente, se non un outsider potrebbe esserne interessato qualcuno che già gestisce un centro e che magari sta pensando di allargare il proprio giro.
Dovrebbe quindi far circolare la voce, senza ovviamente dire che si sono presentate difficoltà. Sarà sufficiente dire che per motivi personali e familiari l'attività dovrà essere ceduta.
Detto questo, caro D., occorre dire che se fino allo scorso anno il centro era “molto funzionante” e poi, per qualche piccolo problema personale della Sua fidanzata, le cose sono cambiate totalmente significa che vi è una responsabilità diretta a cui è ben difficile porre rimedio se non c'è la volontà per cambiar le cose.
Non so, ovviamente, quali siano stati questi problemi ma è sufficiente (come accade) che siano stati rimandati appuntamenti con le clienti già in attesa o annullati all'ultimo momento per indispettire le clienti.
Tardare ad arrivare, pur se per altri nobili motivi familiari, od aprire il centro con ritardo non è ciò si può definire un buon servizio o buona volontà nei rapporti coi clienti.
Essere, ad esempio ed è un'altra ipotesi, al lavoro ed avere la testa altrove non permette di gestire con serenità e tatto il rapporto interpersonale. Avere il broncio e non dimostrarsi disponibili non aiuta molto.
Il cliente, anche se finge di non vedere, capisce ed intuisce tutto questo. Se ne fa una ragione e prende le opportune decisioni che possono arrivare a cambiare Centro.
Mi scrive che la Sua fidanzata è molto brava nel suo lavoro ma forse manca in capacità nel gestire i rapporti.
Ripeto: c'è qualcosa che non va in questa valutazione. Se prima tutto andava bene vuol dire che sapeva gestire pure i rapporti quindi dovrebbe essere altrettanto ed ancor più brava oggi, a rimediare a questa situazione nel momento che si è accorta che le cose non vanno più come prima.
Capire che le cose sono cambiate è sufficiente per cambiare e tornare a come le cose erano prima.
Basta una serena riflessione ed una presa di coscienza su ciò che faceva e che poi non ha più fatto.
Tutto qui. Nel momento in cui mi rendo conto che prima le cose andavano bene perchè mi comportavo in un determinato modo sono nella condizione di capire come devo tornare ad agire.
Se non ce la faccio vuol dire che il cambiamento avvenuto nel comportamento è tale da precludere ogni proseguimento.
Spero che così non sia. Faccia capire che i comportamenti di oggi portano ad i risultati attuali.
Poi l'aiuti a riflettere, a ricordare i comportamenti precedenti e leghi questi comportamenti ai successi che producevano.
Potrei darLe consigli di marketing o consigli promozionali per sostenere l'attività ma, mi creda, non servirebbero a nulla se non c'è la volontà della Sua fidanzata a cambiare, tornando al precedente rapporto che aveva con le clienti.
E se invece torna ad esserci la volontà....i miei consigli sarebbero inutili, o meglio, glieli ho già fin qui dati.
Le faccia capire che, se davvero è brava e ciò che fa le piace, la soluzione la può trovare solo in lei e non nei consigli di marketing che posso darLe io.
I consigli per situazioni promozionali possono cambiare un andamento quando questo non dipende dalla persona.
Se il problema nasce dalla Sua fidanzata, va aiutata Lei, non il mercato.
Poi, se proprio vuole, per riacchiappare qualche cliente perso deve tentare di riprenderselo magari inviando al suo indirizzo un buono omaggio per una seduta gratuita o, nei casi più importanti, per più vantaggi.
Lavorare gratis per riprendersi un cliente, è meglio che non averlo più.
Quando però il cliente dovesse tornare deve vedere una persona sorridente, allegra, disponibile, esattamente ciò che devono assolutamente vedere quei clienti che sono rimasti.
Se avesse bisogno, mi riscriva.

martedì 4 ottobre 2011

DOPPIO PERIODO DI PROVA

E. P. (loc. n.c.)

Buongiorno,
ho trovato il suo indirizzo email su internet, navigando alla ricerca di informazioni relative alle conseguenze delle vertenze sindacali. Non so se lei effettua qualche tipo di consulenza online, ma io provo lo stesso e le racconto cosa mi è successo ultimamente, sperando che lei possa darmi qualche consiglio!
Ho firmato un contratto a marzo con il quale venivo assunta ad un secondo livello del commercio e con una retribuzione lorda di circa 2000 euro.
Il 1 giugno, il giorno prima che scadesse il mio periodo di prova (60 gg lavorativi), l'amministratore mi ha detto che si era pentito di aver fissato uno stipendio così alto per una posizione del genere e ha aggiunto che questo campo (petrolio) era talmente particolare che io avevo bisogno di ampliare le mie conoscenze. Per questo ha detto che voleva fare ancora 3 mesi di prova e vedere come andava.
Mi ha così proposto lo stesso contratto della volta precedente, ma abbassandomi il livello al terzo del commercio e riducendo la retribuzione lorda mensile a 1600 euro. Mi ha detto che se mi andava bene mi avrebbe riassunto il 3, visto che il 2 giugno era festa, altrimenti mi sarei potuta considerare licenziata. non avendo altre possibilità di scelta, mi sono trovata costretta a firmare il foglio in cui lui sosteneva che non avevo superato la prova di 60 gg e ho firmato il nuovo contratto.
Nei 3 mesi successivi (da giugno a settembre) è andato tutto bene e mi ha anche fatto capire in maniera chiara che passato il periodo di prova sarebbe scattato il contratto a tempo indeterminato. invece lo stesso giorno in cui i 60 gg scadevano, mi ha chiamato dicendo che non poteva confermarlo perché doveva fare un taglio delle spese e che dal giorno dopo dovevo considerarmi licenziata!
Secondo lei, fare due due periodi di prova di seguito è legale? Se io mi rivolgessi ai sindacati, cosa potrei ottenere? (considerando che mai e poi mai vorrei tornare a lavorare per quella persona che, senza dubbio, cercherebbe di rendermi la vita un inferno e ci riuscirebbe anche bene dal momento che io lì ero la sua unica dipendente). e portare avanti una vertenza sindacale potrebbe poi crearmi problemi nella ricerca di un nuovo lavoro?
La ringrazio infinitamente per i consigli che potrà darmi.


Gentile E.,
non è molto logico il comportamento del Suo datore di lavoro a tal punto che, obiettivamente è meglio girarci alla larga perchè davvero non potrebbe avere alcuna sicurezza futura pur se Le facesse un contratto a tempo indeterminato.
Ora mi immedesimo in Lei (poi mi metterò nei panni del Suo datore). Trovarsi assunta in prova a 2000 euro per un lavoro nuovo e, mi par di capire, senza esperienza è forse davvero un po' troppo al giorno d'oggi.
Lei ha fatto bene ad accettare ma certo questo dimostra che il Suo Capo non aveva idee chiare.
Ha fatto pure bene ad accettare un ridimensionamento pur di mantenere l'occupazione ma facendo questo ha anche acconsentito la chiusura del periodo di prova precedente.
Di fatto, firmando per il secondo periodo di prova Lei ha accettato che le cose andassero in questo modo. Solitamente le aziende, in questi casi, lasciano passare qualche tempo prima di riassumere in prova la stessa persona e la prassi è abbastanza diffusa. In questo caso però, poiché le condizioni sono variate rispetto al primo contratto, si viene a determinare un accordo nuovo e l'aver ripreso subito il lavoro può essere logico.
Ci sta pure che alla fine del secondo trimestre il datore si sia accorto che la spesa non valesse il risultato, tanto da decidere di interrompere l'esperimento.
Può darsi davvero che si sia trovato in situazioni difficili e forse l'averLe promesso quelle cifre nascondeva proprio la necessità di verificare se mai fosse stato possibile uscire da una situazione non bellissima magari portando a casa fatturati extra che poi non sono venuti.
Non so però sino a che punto sia stato sincero dicendo che dovendo fare dei tagli avrebbe dovuto rinunciare alla sola persona (mi pare sia così) che possa portare fatturati. I tagli si fanno sempre su ciò che porta costi e non su chi porta ordini.
Ed ora mi metto nei panni del Suo datore.
Evidentemente si è accorto, dopo averlo fatto, d'aver concesso uno stipendio troppo alto per un periodo di prova. E può pure essere che si sia accorto che Lei effettivamente mancasse d'esperienza tanto da fargli dire che Lei avrebbe dovuto ancora ampliare le Sue conoscenze.
Da qui l'ulteriore tentativo a costi più contenuti. E i risultati? Possono essere venuti ma forse non in modo sufficiente per coprire le spese. Ed ecco allora che il Capo La chiama e, avendoLe nei giorni precedenti fatto capire che tutto andava bene, non sapendo come venirne fuori Le dice che deve ridurre i costi.
Il contratto di prova lo permette e lui ...La saluta.
Che fare? Lei stessa dice che non tornerebbe mai quindi a che scopo rivolgersi ad un sindacato?
Il sindacato potrebbe tuttalpiù interessarsi per farla reintegrare ma le guerre per una persona si fanno solo a parole, mi creda.
Sono sempre stato dell'idea che le guerre non servano proprio, soprattutto al dipendente che deve poi cercarsi un altro lavoro nell'area dove risiede e dove risiede anche l'azienda.
Avere due periodi di prova sul curriculum può essere giustificato da Lei come un test che l'azienda voleva effettuare sul mercato e che Lei aveva accettato di portare avanti ben sapendo che si sarebbe poi chiuso. Avere una lite sindacale in corso annulla ovviamente la possibilità di vendere la Sua esperienza come sopra scritto (se vuole).
Magari non lo verrà a sapere nessuno ma se per qualche motivo il Suo ex Capo conoscesse qualcuno della nuova azienda in cui Lei potrebbe andare a lavorare, pensa che non vada a dire che Lei è una piantagrane?
O se la nuova azienda dovesse chiedere informazioni al Suo ex datore ?
Meglio sempre lasciarsi in buoni rapporti, assolutamente, a tal punto che Lei potrebbe chiedere al Suo ex datore di aiutarLa , in futuro, semmai qualcuno chiedesse informazioni.
Meglio così, mi creda. Agisca sempre con tatto pensando a ciò che può essere meglio per Lei e non a ciò che può essere peggio per altri.
In bocca al lupo.

domenica 2 ottobre 2011

PROBLEMI DI CASSA

lettera non firmata

Lavoro come cassiera in un supermercato da 7 anni.
I primi tempi sono stati difficili e ho ricevuto una lettera di richiamo per differenze di cassa di 100 euro e una volta di 50.
Circa 6 mesi fa ho ricevuto una lettera di biasimo per circa 30 euro (somma di 10 e 20 euro). Oggi mi sono mancate 50 euro. mi dicono che probabilmente ci sara’ una sospensione seguita da un possibile licenziamento se ciò riaccadesse.
Ma lavorare 7 ore in cassa consecutive senza mai sbagliare è possibile? Forse ho dei problemi io?
Tutto ciò mi sembra assurdo...


Mia cara,
nel mese di Luglio o Agosto, ora non ricordo, avevo risposto ad una lettera che è molto simile alla Tua e che chiedeva le stesse cose.
Puoi andare in archivio e la troverai senz'altro. Ciò che ho risposto in precedenza vale anche per Te.
Rispondo solo all'ultima parte della Tua lettera perchè mi poni o Ti poni una domanda (forse fai una riflessione) sul fatto che lavorare 7 ore ad una cassa senza sbagliare sia impossibile.
Capisci da sola che stai cercando una scusante per giustificare il Tuo operato ma la risposta è ovvia e la sai: è possibile lavorare senza sbagliare e lo fa la stragrande maggioranza delle cassiere. GuardaTi attorno anche dove lavori Tu e vedrai che probabilmente le Tue colleghe lavorano senza sbagliare.
Credo che un errore possa davvero capitare a tutti. Certo è che ad una cassiera è richiesta ovviamente la massima attenzione per la delicatezza del compito.
Ricordo un esempio che ho fatto nella risposta precedente: mentre da un ingegnere non ci si aspetta che sbagli un calcolo, ma proprio nemmeno uno, perchè da quell'errore potrebbe cadere una casa appena costruita, da una cassiera ci si aspetta che non sbagli a dare il resto. Viene scelta per quella mansione proprio perchè si pensa sia più brava di altre. Se non lo è, perchè tenerla in quella posizione?
Hai problemi Tu? Può darsi. Non conosco la Tua età ma posso intuire o pensare che forse sei figlia di quegli anni di scuola in cui occorreva promuovere per quieto vivere e perchè, tanto, se uno non studia a scuola, ci penserà la vita a farglielo capire.
Molto spesso quando mi reco in un supermercato vedo le cassiere che, mentre fanno passare i prodotti sullo scanner o (davvero) danno il resto, parlano liberamente con la collega della cassa dietro, con una abilità incredibile perchè non è facile parlare sottovoce guardando da un'altra parte. E molto spesso riflettendo, dico “nemmeno in questi momenti riescono a non parlare....”
Non sarà il Tuo caso, per carità, ma lo dico perchè è visibile un certo lassismo nel modo di fare anche delle cassiere; cosa che un tempo non c'era.
La cassiera era come una statua di cera, attenta, fissa, controllata. Ed andava in pensione dopo quarant'anni di onorato servizio, senza aver mai perso una lira e lavorando ben più di 7 ore al giorno.
Venendo a Te: la sospensione Te la daranno per forza, non possono non farlo perchè è la giustificazione futura ad un eventuale licenziamento.
Mi rendo conto che d'ora in poi per Te, lavorare potrebbe divenire un incubo perchè non c'è come aver paura che qualcosa vada storto per farcelo andare davvero. Devi non pensarci e metterci tutta l'attenzione possibile altrimenti non Ti resta che chiedere di spostarTi ad altro compito adducendo al fatto che con la pura di sbagliare ancora, non riesci a lavorare serenamente.
Ti auguro comunque di cuore tutto il bene possibile.

p.s. Ma sulla Tua cassa non appare il resto che devi dare?