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lunedì 29 agosto 2011

TORMENTI E PASSIONI

TORMENTI E PASSIONI
A.M. (loc. n.c.)

Buongiorno,
mi chiamo A.M. e ho 32 anni. Vi scrivo perchè queste ultime settimane sono state le più intense in termini di opportunità e scelte da quando ho iniziato il mio percorso professionale. Vi chiedo un parere e un consiglio, racconto qui sotto la mia storia.
Dopo la laurea, ho iniziato la prima esperienza come stagista in una azienda in un ruolo produttivo. Dopo pochi mesi mi sono reso conto che non avevo possibilità di essere assunto (almeno a breve) e, sebbene mi ci trovassi benissimo, ho scelto di lasciare e ho colto un'opportunità in una grossa multinazionale che mi assumeva con incarico a tempo indeterminato e un ruolo di responsabilità sempre in ambito produttivo. Quello che sembrava un sogno si rivelò presto un incubo: i primi mesi sono stati a dir poco difficilissimi, il lavoro era a circa 80 km di distanza, la sveglia era all'alba e il viaggio pesante (nebbia, neve, pioggia ecc..) e l'ambiente era molto ostile, l'atmosfera in ufficio era pesantissima, i colleghi diffidenti e per nulla collaborativi a cui aggiungere il completo disinteresse da parte del capo essendo stato inserito in un ufficio solo per un periodo provvisorio in attesa di svolgere il ruolo per cui ero stato assunto. Non nego che, essendo stato abbandonato senza svolgere alcuna attività e in uno stato d'animo pessimo, non vedevo vie di uscita e più volte ho pensato di mollare tutto anche senza avere un altro lavoro "per le mani" ma poi ha sempre prevalso in me il desiderio di vincere e superare le difficoltà che sembravano insormontabili, in caso contrario mi sarei sentito sconfitto. Dopo un lunghissimo anno passato a cercare di cambiare lavoro disperatamente, nessuna occasione arrivava e sono passato quindi a svolgere il ruolo di responsabile produttivo per cui ero stato assunto. Dopo un breve periodo di rodaggio sono iniziate ad arrivare le prime gratificazioni, finalmente sentivo di essere parte dell'azienda, avere carte da giocare oltre che sentirmi a mio agio nel nuovo ruolo e ad essere apprezzato sia da collaboratori che dai superiori, il periodo buio sembrava un lontano ricordo. In quel momento esatto mi si è presentata la fatidica opportunità lavorativa che avevo cercato con tanta insistenza nell'anno precedente. Mi permetteva di mantenere stipendio e livello contrattuale, di andare a lavorare vicino casa in una azienda parte di un grosso gruppo multinazionale. Unica nota che non mi convinceva molto era abbandonare la produzione per svolgere un lavoro più commerciale, più impiegatizio da ufficio...Ho pensato molto poi alla fine ho deciso di accettare per diversi motivi: avevo cercato così tanto insistentemente fino a pochi mesi di trovare un lavoro più vicino e in un nuovo contesto che rifiutare la proposta mi sembrava come buttare via un"gratta e vinci" e poi, a 27 anni, avevo la possibilità comunque di arricchire il curriculum e diversificare l'esperienza. Approdato nella nuova azienda ho trovato una realtà completamente diversa, poche responsabilità, lavoro molto burocratico, sedentario e disorganizzato, poco stimolante, ambiente di colleghi molto immaturo rispetto a quanto ero abituato prima. Dopo poche settimane mi ero convinto di non aver fatto la scelta giusta e quella realtà mi stava già stretta ma dalla mia parte avevo dei grossi lati positivi ovvero lavoravo vicino casa e sicuramente avevo una qualità di vita più alta di prima e meno stressante. Allora mi decisi a rimettermi alla ricerca di qualcos'altro e soprattutto volevo tornare in produzione dove avevo avuto soddisfazioni e mi sentivo più responsabilizzato e caratterialmente più adatto. Purtroppo mi trovavo in un momento di crisi di mercato e per due-tre anni ho mandato CV senza alcun risultato, giusto un paio di colloqui senza seguito. In assenza di alternative decisi allora di ricontattare la mia vecchia azienda, mi fecero una buona offerta per rientrare (un livello in più e stipendio più alto), la voglia di tornare in produzione era alta ma alla fine decisi di non accettare perchè mi ero accorto che mi pesava tantissimo ritornare sui miei passi, mi sembrava una sconfitta e temevo di scontarmi di nuovo con un periodo iniziale simile a quello che avevo trovato anni prima. Passano altri due anni, sono quindi rimasto dov'ero, nel frattempo mi sono integrato bene nell'azienda ma rimane comunque il senso di insoddisfazione per i motivi sopra elencati. Al termine del quarto anno (oggi!!!), deciso a cambiare la mia situazione stallante sia in termini economici che di crescita professionale mi rimetto in cerca di opportunità e non so per quale congiunzione astrale mi arrivano moltissime chiamate da diverse aziende di selezione, colloqui, svariate proposte di assunzione.
La prima che arriva è per un lavoro simile a quello che sto svolgendo (quindi non produzione), sempre per una grossa azienda multinazionale nella mia città. Ci penso un po' e nonostante non fosse il tipo di lavoro a cui aspiravo , decido di accettare perchè mi permetteva finalmente di ottenere il livello in più e uno stipendio migliore senza alterare stile di vita e sicurezza derivante dal lavorare sempre in una grande realtà. Una volta presentate le dimissioni, il mio direttore inaspettatamente mi blocca e mi fa una contro-offerta ricalcando quella esterna che avevo appena accettato dandomi la possibilità di fare una nuova esperienza in una area aziendale il prossimo anno; a quel punto, venendo a mancare le motivazioni per cui avevo accettato l'offerta esterna decido di rimanere e ritiro le dimissioni. Contemporaneamente mi chiamano altre 2 aziende per fare selezioni. La prima è una bella azienda multinazionale, settore interessante, che cerca in un ruolo produttivo (identico a quello che svolgevo nella precedente azienda) e dopo il terzo colloquio mi dice di risentirci a settembre, cioè fra pochi giorni, per un'offerta di assunzione. La seconda è...sempre la mia vecchia azienda, ho incontrato i responsabili HR quasi per caso nei mesi scorsi e chiacchierando sul fatto che stavo facendo selezioni mi hanno profilato nuovamente un'opportunità di rientro. Fatti colloqui più approfonditi ecco arrivata l'offerta, molto molto interessante. Si tratterebbe di svolgere il ruolo del mio vecchio capo, gestione risorse, budget ecc.. in produzione, grossa responsabilità, livello in più e buon stipendio di ingresso. A questo punto sono molto confuso, non riesco a capire cosa sia giusto, se accettare o rifiutare. Tornare sui miei passi mi pesa molto, d'altronde due anni fa non avevo accettato anche per questo motivo ma è vero che stavolta tornerei indietro con un ruolo e uno stipendio più elevato di prima e soprattutto riuscirei a rientrare in produzione come volevo. Non mi convince la distanza, il fatto che a Curriculum un rientro possa costituire una pecca e che potrei trovarmi in una situazione di ostilità con ex-colleghi che si vedono magari "soffiare" il posto e in più dopo 4 anni sono cambiate molte persone e cose quindi potrei trovare una situazione ben lontana da quello che penso di trovare. Ho provato anche a sondare all'interno della mia azienda se ci possa essere la possibilità di andare in produzione, sembra che la possibilità ci possa essere, da approfondire a settembre (troppo tardi per le scelte che devo fare ora) sicuramente non in un ruolo di responsabilità come quello proposto dalla mia vecchia azienda; in più ho ancora la selezione aperta di cui parlavo prima che contribuisce a crearmi confusione. In questi giorni tra l'altro ho notato che i rapporti col mio responsabile diretto si sono deteriorati parecchio, proprio in virtù del fatto che mi ero cercato altre opportunità esterne e interne all'azienda ma fuori dal suo "orticello" e mi sta facendo pesare molto la mia permanenza e il fatto che l'azienda ha investito su di me con una contro offerta.
Vi chiedo un parere in un momento intenso in cui si sta svolgendo tutto in fretta e la posta in gioco è molto alta.
Grazie
Cordiali Saluti




Si, egregio A.,
la Sua situazione è alquanto caotica ed in questi casi occorre, più di altre volte, agire con molta calma e freddezza.
Difficile, molto difficile dirLe cosa deve fare. Dare consigli, in questi casi, può solo far fare errori.
Potrei dirLe cosa farei io ma, attento, non significa che Le stia dicendo cosa dovrebbe fare Lei.
Tendenzialmente sarebbe sempre preferibile non tornare sui propri passi. Io non l'ho mai voluto fare. La realtà che di solito si presenta non è mai quella che abbiamo lasciato ne quella che si spera trovare.
Lei, con molta perspicacia, ha capito benissimo cosa accade:
l'azienda che si sente costretta a riassumere chi ha lasciato andar via sarà sempre un'azienda che digerirà male questo obbligato ritorno.
Se l'azienda paga di più il ritorno di chi se n'è andato, accetta una sconfitta; ma stia certo che è momentanea. Si rifarà nel tempo non concedendo dopo, ciò che ha dato prima per il rientro.
Direi poi che non si dovrebbe fare molto affidamento sulle possibilità di eventuali disponibilità future ecc..ecc..
Ci sono poi i colleghi che ritengono, a torto o a ragione, che chi rientra toglie loro una possibilità e quindi chi rientra non è da aiutare a reinserirsi.
Personalmente non mi piacerebbe che sul mio curriculum ci fosse un ritorno. Se taluni pensano che questo significa che c'è del valore nella persona che viene ripresa (altrimenti perchè mai un'azienda dovrebbe farlo?), credo che un rientro possa invece dimostrare un po' che, messa la testa fuori dal nido si sono prese scoppole e quindi...meglio tornare sotto l'ala protettrice.
E' vero che si torna per una posizione superiore ma che razza di azienda è che premia uno che se n'è andato piuttosto che altri dipendenti? Possibile che all'interno non ci sia nessuno all'altezza d'essere premiato?

Le altre offerte sono da valutare con serenità tenendo presente che sempre e poi sempre le aspettative, quando si entra in un'azienda sono molto più alte di quanto poi la mansione offre.
Del resto, in un colloquio d'assunzione ognuno tira l'acqua al proprio mulino. Può esserci un cacciatore di teste che dica ad un candidato che lo sta mandando in un'azienda di cultura media in cui non c'è poi da aspettarsi molto?
Ma anche se tutto fosse rosa, il nuovo che entra in un'azienda sviluppa una situazione semplice: da parte sua ci sarà la totale volontà di dimostrare a tutti che è bravo (rompendo quindi le uova nel paniere a chi è dentro) e, da parte dei colleghi una certa ovvia diffidenza verso chi arriva e che vuole far vedere d'essere bravo (come dire che loro non lo sono).
Non si aspetti che gli altri lavoratori facciano ponti d'oro al nuovo arrivato. Ciò non accadrà tornando nella vecchia azienda come non accadrà se Lei andasse in un'azienda nuova. Starà a lei agire con tanto tatto per farsi accettare.

Tenga presente che essere chiamati a colloqui non significa essere assunti. Anzi, si viene spesso chiamati a colloqui che poi non hanno seguito. Quindi non si angosci per le chiamate ricevute. Vada e discuta ma sempre con molta serenità e distacco.

Ed ora, caro A. Le dico cosa farei io.
Prenderei un bel foglio.
In alto scriverei i punti che dovrebbero essere per me di vitale importanza. Più precisamente ciò che vorrei e ciò a cui tengo maggiormente.
In altri termini: i valori che do alle cose o le priorità della vita.
Per essere ancor più chiaro. Preferisco uno stipendio alto e 100 chilometri di strada da fare tutti i giorni o voglio una qualità di vita che mi permetta di fare anche altro?
Scriverò quindi (ad esempio)
stipendio
bonus
benefit
posizione
inquadramento e livello
orari lavoro presumibili
livello nella gerarchia aziendale
possibilità di carriera
numero collaboratori
immagine dell'azienda
fatturato aziendale
luogo di lavoro (ufficio, segretaria)
tempo di trasferimenti
distanza dalla abitazione
sicurezza futura
ed aggiungerei altro se mi interessasse.


Fatto questo farei semplicemente tre righe verticali se tre sono le opportunità che ho sottomano.
Infine, metterei una X nella riga dell'azienda che ritengo mi tratti meglio o che risponda meglio alle mie necessità.
Esempio se la prima azienda è quella che mi promette uno stipendio più alto, metterò la X a questa. Se ritengo che la seconda mi dia più benefit, metterò la X alla seconda. Se la posizione migliore è della terza azienda, metterò la X in quella colonna.
Alla fine avrò una scaletta che potrebbe aiutarmi a prendere una decisione.

Come Le ripeto, sono molte le variabili ed ognuno di noi, fortunatamente è diverso da altri. A qualcuno può pesare fare dieci chilometri di trasferimento; ad altri non pesano farne cento. Se poi uno ha famiglia può ovviamente preferire lavorare più vicino a casa per non perdere molto tempo (anche tenendo presente che più si è in alto nella scala gerarchica e più i tempi di lavoro si dilatano e la disponibilità di presenza deve aumentare).

Ciò a cui io darei molto peso, ad esempio, è la soddisfazione che quel lavoro potrebbe darmi; poi la passione per quel tipo di mansione; eppoi la libertà di gestirmi il lavoro come voglio ed infine la responsabilità degli obiettivi. Altri rifuggirebbero proprio da questi e sceglierebbero esclusivamente la sicurezza.
Veda Lei. So di non esserLe stato di grande aiuto ma non saprei come altro fare.
Cordiali saluti.

venerdì 26 agosto 2011

QUESTIONE DI SOLDI?

N.N. (loc. n.c.)

Salve,
sono un commerciante e ho un negozio di vendita al dettaglio di vernici, carte da parati, tendaggi ecc. Mi trovo in difficoltà con la mia azienda che malgrado è una rivendita con marchi di rispetto ed ha un personale competente e qualificato, posizionata in punto di alto passaggio non riesco nemmeno ad abbattere i costi fissi. Sto decidendo di chiudere ma nemmeno questo è facile. Non so che fare visto che se avessi più liquidità sarebbe una attività destinata a volare.


Egregio Signore,
iniziamo dalla fine della Sua lettera. Lei scrive che se avesse più liquidità la Sua attività sarebbe destinata a volare. Vorrei soffermarmi su questo per farLe notare che questo modo di pensare e di affrontare le eventuali difficoltà è molto di moda oggi. Mi pare di sentire la nostra classe dirigente politica che, davanti ad ogni problema pensa solo di riuscire a risolverlo con ulteriori danari presi ai cittadini.
Eppure sappiamo tutti, loro compresi, che ci sono altre forme per intervenire e rimettere in carreggiata andamenti non perfetti. Ecco, mi piacerebbe tanto che Lei, al di là di pensare che con altri fondi sarebbe capace di far volare la Sua attività, iniziasse a vedere le cose in altro modo.
Per carità, magari ci ha già pensato, senza riuscirci. Io però sinceramente non metterei ulteriore danaro in un'attività che non mi copre nemmeno le spese. Cosa farei? Conosco il settore in cui Lei opera. Un settore in cui gli stock e gli assortimenti sono sempre enormi, con centinaia o migliaia di codici da gestire, comperare, stoccare.
Ebbene, se ha tempo per raddrizzare la baracca, inizierei col verificare la rotazione dei codici dando un immediato aggiustamento agli stock. Analizzi le rotazioni e veda quali sono gli articoli che si vendono meno. Troverà che probabilmente potrà far a meno di parecchie decine o qualche centinaio di codici (che significano prodotti da non acquistare più). Metta in ordine decrescente i fatturati dei vari articoli e decida che tutti i prodotti che fatturano meno di X euro all'anno, vanno eliminati dal listino. Altra possibilità è quella di eliminare tutti gli articoli che in un anno non Le danno almeno X di utile. Metta Lei la cifra.
Inizierà così a dover fare meno acquisti, rimanere meno esposto, avere meno merce da stoccare e gestire. Spesso i negozianti sono restii a fare questo perchè sono convinti di dover avere l'assortimento più ampio possibile perchè questo permette di accontentare tutta la clientela.
Le faccio presente che il Suo punto vendita avrà sicuramente un numero di codici di molto superiore a quelli movimentati da un Iper specializzato; quindi non è l'assortimento vastissimo che porta clientela. Semmai è l'assortimento più centrato.
Una grande catena, non ha tutto. Ha però gli articoli che senza dubbio sono maggiormente richiesti ed hanno un'alta rotazione. Quindi: rivedere gli stock e gli assortimenti riducendo e togliendo tutto ciò che non permette una ragionevole movimentazione e, conseguentemente, un accettabile utile.
Eccoci poi ad un altro punto da considerare. Quando le cose non vanno benissimo, non si lascia tutto com'è pensando che solo altro denaro metterebbe a posto le cose. Se Lei investisse altro denaro nell'attività, senza modificare nulla, non crede che fra un anno si troverebbe allo stesso punto di oggi?
Mi scrive di personale altamente preparato. Ciò significa che nella Sua attività ha più di un addetto. Bene. Inizi col fare a meno di qualcuno. So che non è simpatico ma Lei è un imprenditore e un imprenditore deve pensare a far andar bene l'attività salvaguardando anche il lavoro di più persone possibili, anche rinunciando a qualcuno di loro. O preferisce, tra poco, lasciare a casa tutti?
A questo punto, abbiamo, un risparmio dovuto ad una migliore gestione dei prodotti trattati; un risparmio per la riduzione del personale a cui possiamo aggiungere (è solo una ipotesi che posso fare) una analisi degli altri costi.
Occupa locali di proprietà o è in affitto? E se è in affitto, è sicuro di dover necessitare di quel preciso locale e di quella metratura? Nelle vicinanze non è possibile trovare qualcosa a costi inferiori?
Ed ancora: è sicuro che sia assolutamente necessario rimanere in tutti i settori in cui Lei opera? Vernici, carte da parati, tendaggi, ferramenta. Nessuno di questi settori è tale che rinunciandovi, si troverebbe a far a meno di pochi utili ma di tanti impegni?
Mi parla di zona ad alto passaggio, di personale qualificato, di vasti assortimenti e....di non riuscire nemmeno a pagare le spese fisse.
C'è qualcosa che non va. Indubbiamente le spese fisse sono, a questo punto, superiori a ciò che il lavoro permetterebbe: su questo non ci sono dubbi. Ma probabilmente c'è altro. Come sta a prezzi di vendita? Come opera? Listini fissi o mentalità di marketing? Cerca di interessare la clientela con formule promozionali o aspetta che siano le aziende a darLe qualcosa?
Ed il rapporto con la clientela com'è? Serio e professionale o aperto, colloquiale e simpatico? Ha mai provato a chiedere in giro come viene visto il Suo negozio e come vengono giudicati i Suoi commessi? Molte volte i negozianti non hanno le giuste sensazioni di come i clienti vedono il rapporto che si tiene con loro.
Potremmo andare avanti ancora ma credo d'averLe dato sufficienti spunti di riflessione. Ora sta a Lei. Può aspettare nuovi fondi che, null'altro facendo, sparirebbero velocemente oppure decidere di ristrutturare in profondità, con attente analisi, tutte le cose che possono essere ritoccate.
Cordiali saluti.

martedì 23 agosto 2011

PASSAGGIO DI CATEGORIA

Stefano (loc. n.c.)

Salve,
sono Stefano ed ho 24 anni, mi sono diplomato in perito elettronico nel 2006 e lavoro da 5 anni in un azienda che opera appunto nell’elettronica. Durante il mio percorso formativo ho seguito dei corsi extrascolastici (che comunque venivano proposti dalla scuola) e mi era stato detto che una volta conseguita l’ulteriore qualifica potevo ambire ad un lavoro senza dover iniziare come apprendista. Così non è stato e mi sono fatto 4 anni e mezzo di apprendistato, dovevano essere 5 ma sei mesi me li hanno abbonati riconoscendo che avevo un titolo di studio inerente al lavoro che svolgo. Ora sono assunto come operaio di 5° livello e io mi chiedo se posso ambire per lo meno ad un livello più alto a fronte anche delle mie maggiori conoscenze rispetto ad altri operai che possiedono soltanto la qualifica media inferiore?
Cordiali saluti



Caro Stefano,
ambire a migliorare e ad ottenere maggiori riconoscimenti è assolutamente lecito e, per molti versi, necessario.
Lei però si è trovato in una situazione in cui la scuola, ambiguamente, lo ha posto. Far vedere lucciole per lanterne è tipicamente italiano. DirLe che seguendo quei corsi avrebbe “saltato” l'apprendistato è stato dirLe una bugia, sapendo di dirla.
Quando si terminano le scuole e si inizia un lavoro, il datore ha il diritto di verificare per tutto il tempo necessario, se chi ha assunto dimostra d'essere capace di svolgere ciò per cui è stato assunto.
Probabilmente Lei era davvero preparato, tant'è che anziché 5 anni è stato ritenuto di chiudere l'apprendistato in anticipo. (E questo, mi creda, è già il riconoscimento di un merito.)
Terminato questo periodo l'assunto passa “contrattualmente e sindacalmente” al livello dello scalino che il contratto prevede.
Mi rendo conto che per Lei è un po' una delusione ma così è e così, purtroppo, deve accettare.
Voglio dirLe una cosa con molta franchezza: Lei potrebbe essere un ottimo elemento ed il Suo datore può darsi che lo sappia ma, non può far comunque nulla.
A questo si è arrivati con accordi sindacali che salvaguardando tutti, anche e sopratutto gli incompetenti e lavativi, hanno fatto si che non potessero e non possano esserci trattamenti diversi anche se questi dovessero avvenire per evidente capacità di uno rispetto ad un altro.
Pensi cosa succederebbe in azienda se si venisse a sapere (e si viene a sapere subito) che, contrariamente ad altri, a Lei è stato riconosciuto un livello diverso, saltando uno scalino?
Davanti a queste situazioni un imprenditore, anche consapevole che non tutti sono allo stesso livello di capacità, non si azzarderebbe mai a trattare e premiare qualcuno se questo può creare situazioni di instabilità
L'unica cosa che può fare il datore intelligente è tener d'occhio quella persona e, in futuro, premiarLa prima del tempo, ma sempre dopo un periodo che giustifichi un contratto nazionale di categoria.
Posso quindi suggerirLe di accettare questo attuale livello che La lega ad uno stipendio ma non La lega a dover operare per forza da 5° livello.
Lei agisca sempre al meglio; organizzi il Suo lavoro come se “fosse il Direttore di se stesso”. Si dia da fare, ce la metta tutta dimostrando al Suo datore di lavoro di meritarsi davvero un trattamento diverso.
Vedrà che prima o poi arriverà. Ho visto tanti datori di lavoro nella mia vita. Buoni e cattivi; duri e morbidi, intelligenti o meno, ma mai ho visto un datore che non abbia saputo tenersi e premiare qualcuno che non bisognava perdere perchè elemento valido.
Quando uno vale, un Capo lo vede sempre.
Forza dunque: agisca da Capo e vedrà che Capo un giorno lo diventerà.
In bocca al lupo.

mercoledì 17 agosto 2011

VENDERE UNA GELATERIA

K.K. (centro Italia)

Salve,
mi chiamo K.K. ed ho una gelateria artigianale. Una attività aperta da poco più di un anno in cui il prodotto di qualità è l'unico scopo del mio lavoro e cosi, la gelateria rimane unica nel panorama comunale/provinciale.
Il locale lo gestisco con mia moglie. Abbiamo una dipendente a tempo indeterminato.
La gelateria è stata aperta con forti investimenti (per gelaterie senza servizio al tavolo) e mettere una persona in più sarebbe troppo oneroso.
Parlo di numeri e poi arrivo al dunque.
Investimento attività: 180.000€ circa. Quasi tutto attraverso mutui bancari e leasing della durata di 7 anni
Fatturato primo anno: 146.000€
Il secondo si sta confermando come il primo o in leggero aumento (anche se è presto per dirlo)
Spese fisse mensili approssimative 8000 €
La domanda è la seguente:
Posso pensare di vendere un'attività ad un prezzo tale da togliere i debiti proponendo fatturati inferiori al capitale di investimento per l'apertura?
Io vorrei/dovrei vendere a 200.000 € ma ci sono delle 'linee guida' con cui si stabilisce il prezzo di vendita di una attività?
In caso rispondiate, posso continuare la discussione qualora avessi altri dubbi?
Grazie infinite.


Egregio K.K.,
come vede dalla risposta ho dovuto lasciare le cifre che Lei scrive ma l'anonimato è totale.
Dunque, vediamo.
Lei vorrebbe vendere ed incassare una cifra che La copra dai debiti. Vi sono molte logiche per determinare un valore d'acquisto di un'attività.
Ovviamente il più banale è dato dall'interesse che quell'attività può ottenere; altro valore è dato dal fatto che qualcuno stia pensando di aprire un'attività come quella che è in vendita e quindi il trovare qualcosa già pronto è di aiuto.
Un'altra logica per determinare un valore è data dalla situazione economica dell'area in cui opera e dal mercato in generale.
Aggiunga anche che vale molto il numero di concorrenti presenti sullo stesso mercato ed infine dalla fama che quell'attività si è creata e dalla qualità di ciò che produce.
Come vede, le variabili per determinare un prezzo sono diverse. A queste aggiungiamo il fatturato prodotto, i costi fissi; il personale necessario ed altro.
Lei dice quanto ha investito e quanto vorrebbe ottenere dalla vendita. L'investito non vale. E' stata una Sua scelta. Avrebbe potuto investire molto di più facendo le posate d'oro ma ad un eventuale compratore questo potrebbe non importare. Il valore lo si valuta sul fatturato e sul tempo necessario per rientrare dall'investimento.
Di norma, l'acquisto solitamente ha un costo che tiene conto dello stato di conservazione del locale e dello stato dei macchinari. Se Lei ha aperto da un anno, è ovvio che tutti i macchinari sono ancora perfetti senza bisogno quindi di ulteriori investimenti per la sostituzione e questo è un vantaggio per l'eventuale compratore.
Altra norma è di calcolare un valore pari a sette anni il profitto che l'attività può dare.
Vi sono trattative che si basano calcolando il valore del bene pari al fatturato annuo, aggiungendo un valore trattabile di inizio attività, con l'aggiunta del valore dei macchinari ed arredamento.
Lei, nel primo anno di attività ha fatturato 146.000 euro e dice di avere costi per 96.000. Non è chiaro se i costi sono comprensivi del personale perchè, se così fosse, Lei ha ottenuto un utile di 50 mila euro (prima delle tasse) che, per una nuova attività non è proprio male.
Vi sono imprenditori che vorrebbero riuscire almeno ad andare in pareggio non nel primo anno ma nei primi anni!
E' sicuro di voler proprio vendere? Certo che Lei assieme alla seconda persona non possiate continuare anche se Sua moglie sarà assente?
Se Lei sa lavorare bene il gelato, si è messo in un'attività che oggi funziona ancora molto bene e, se fa un buon prodotto, andrà sempre meglio.
Ci pensi bene.
Ancora: il valore è dato dall'incontro tra domanda ed offerta. Se Lei offre qualcosa che nessuno è interessato ad avere, varrà meno del Suo valore. Se qualcuno Le chiederà di vendergliela, il valore aumenterà.
Non so dove sia posizionata l'attività. E' certo però che anche questo vale..
E' facilmente raggiungibile? Ha molto passaggio pedonale? La zona è bella? Tutto questo aumenta il valore.
Se Lei vuole basare il valore della gelateria sull'utile che ne ricava, potrebbe chiedere 50 mila per i famosi sette anni (salvo poi ritenere Lei di essere disposto a scendere).
Se vuole invece basarsi sul fatturato annuo, il valore è presto detto. 146.000 più il valore dell'arredamento e macchinari.
Come vede i due calcoli non si discostano molto.
Ora, se proprio vuole vendere inizi a metter fuori la voce facendo le Sue richieste e stia ad aspettare. Non dica mai però che lo fa per i Suoi motivi personali perchè quando si è in stato di necessità c'è sempre chi ne approfitta.
Torno però a chiederLe di ripensarci se il Suo guadagno, pur lordo, è di 50.000 euro l'anno. In fin dei conti ha aperto da un anno e, salvo che si stia trovando con una forte concorrenza, il fatturato, se lavora bene, potrà solo aumentare.
Cordiali saluti.

venerdì 5 agosto 2011

AUTOIMPREDITORE

D.G. (loc. n.c.)


Buongiorno,
ho bisogno di informazioni nell'ambito del diritto del lavoro comunitario.
Dovrei iniziare un lavoro della durata di circa un anno in cui presto servizio per una società francese.
Il lavoro lo svolgerei qui in Italia, da casa, e le commissioni sono date da una percentuale sul fatturato che riesco a produrre.
Tale società vorrebbe che io mantenessi la totale indipendenza, ovvero assenza di subordinazione. Sarei tuttavia libero di gestirmi autonomamente per quanto riguarda gli orari di lavoro e i mezzi scelti per raggiungere il mio obiettivo.
Da contratto, dichiarano che il compenso previsto sarà maggiorato dell'aliquota iva presente in italia solo nel caso in cui io presento loro una mia regolare partita iva. Inoltre spetterebbe a me auto-gestirmi in modo da essere in regola con il fisco italiano; loro non hanno nessun obbligo nè responsabilità a tal riguardo.
In Francia è presente una realtà contrattuale nuova che è quella dell'"auto-imprenditore", che se non ho capito male si applica al mio caso.
A questo punto le mie domande.
1) Un contratto così come ve l'ho descritto è plausibile?
2) Ho per forza bisogno di aprire una partita iva? Posso non aprirla e quindi non ricevere la maggiorazione del 20%?
3) Sui miei guadagni, quali e quante sono le tasse da pagare? in che modo dovrei dichiararle per la mia dichiarazione dei redditi?
4) Sono costretto a iscrivermi alla gestione separata inps? Da quanto ne so devo farlo solo se il mio fatturato supera 5000 euro l'anno o se il mio rapporto di lavoro dura più di 30 giorni con la stessa azienda; e quest'ultimo sarebbe proprio il mio caso. Sbaglio?
So di aver posto una questione abbastanza complessa ma spero di avere una risposta celere e chiara perchè ne ho davvero bisogno.
Grazie


Egregio D.,
la mansione che Lei andrebbe a svolgere è ne più ne meno quella svolta da un Consulente che opera ovviamente in modo indipendente, senza legami contrattuali con la società che gli dà lavoro.
Anziché essere pagato con una quota fissa a lavoro ultimato, viene compensato in percentuale su quanto fatturato.
Non c'è nulla di diverso rispetto ad un accordo simile accettato e svolto con una società italiana.
Quindi: un contratto così è assolutamente plausibile.
Certamente Lei dovrà aprire una partita IVA perchè, di fatto, svolgerà un lavoro a tutti gli effetti; lavoro i cui compensi vanno dichiarati.
La società non La obbliga a farlo e se Lei decidesse di non inviare la fattura pro-forma contenente anche il valore dell'IVA, è Lei che si mette in una posizione sbagliata rispetto al fisco e quindi ne pagherebbe le conseguenze. Inoltre, la Società estera non può essere sempre aggiornata sulle eventuali variazioni delle percentuali iva che il lavoratore di un altro Stato potrebbe subire, ne delle varie normative estere. Sta quindi al Consulente farsi carico della correttezza delle richieste.
Le tasse da pagare sono quelle relative agli scaglioni che pagano tutti (Le auguro di pagare tanto).
Non mi è chiaro se Lei ha comunque già un'attività dipendente o questo è il primo lavoro. Me lo domando perchè se Lei fosse, ad esempio, lavoratore dipendente, avrebbe problemi ad aprire una partita iva.
Per quanto riguarda la gestione separata INPS, è molto meglio che Lei vada a chiedere direttamente alla sede INPS della Sua città. Vi sono a disposizione funzionari preparati appositamente per dare tutti i chiarimenti a chi si rivolge loro.
Dovrà poi consultarsi con un Commercialista perchè l'apertura di una partita IVA prevede comunque l'iscrizione alla Camera di Commercio e, forse, venendo Lei pagato in percentuali sul fatturato (leggasi provvigioni) può darsi che La obblighino anche ad iscriversi all'Albo Agenti di Commercio e conseguentemente all'Enasarco. Fatto che non sarebbe obbligatorio per le normative europee ma che in Italia viene ignorato.
Ehi, si! L'Italia è specializzata nel complicare le cose semplici e nel deprimere ogni iniziativa.
Le normative europee permetterebbero gestioni più snelle e meno burocratiche ma in Italia occorre salvaguardare le Associazioni, le iscrizioni agli Albi, le Caste (oggi di moda).
Per terminare quindi, al di là di ciò che Le ho detto, deve andare all'INPS per la parte di chiarimenti che a loro compete e da un Commercialista per sapere con precisione, cosa va fatto.
Tenga poi presente che, indipendentemente dal guadagno che otterrà, per le varie scadenze e conteggi avrà sempre bisogno di uno di loro.
Cordiali saluti