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martedì 26 giugno 2012


REGOLE



lettera firmata   (loc. n.c.)




salve a tutti e grazie anticipatamente,per la risposta
 volevo chiedere,ho appena ricevuto la lettera di richiamo, perchè sono stato trovato sul posto di lavoro 5 minuti prima del fine turno senza scarpe antinfortunistiche,  e mi è stato anche contestato che io ero già  in fila per andare a casa prima del suono della campanella. (questo non e vero)
preciso che sono stato assunto da poco,tramite una sentenza di un giudice, questo ovviamente fa si ,che quasi tutti i capi reparti e i responsabili ce l'hanno con me
non ho mai ricevuto neanche un richiamo verbale e sono stato declassificato da quasi tutte le postazioni di lavoro, il che vuol dire che anche i colleghi hanno paura a parlare con me.
il capo reparto va via tra due settimane, io penso che è tutta una tattica per farmi licenziare da solo,,,come posso fare,per far finire tutto questo,,,,io ho una discopatia discale  ma non faccio quasi mai malattia,per non andare contro l azienda,


Ho dato un titolo differente dal solito per  ciò che riguarda una lettera di richiamo e questo perchè ritengo sia molto più appropriato.
Dunque, caro T.  (non scrivo il Tuo nome perchè saresTi riconoscibile non essendo italiano)  quando ricevo  lettere in cui si parla di richiami rispondo sempre con cautela perchè non si può giudicare senza essere a conoscenza di come si sono svolti i fatti e nelle lettere, i fatti sono naturalmente presentati a favore.
Ho inoltre sempre pensato che i dissidi e le incomprensioni sul posto di lavoro non nascono all'improvviso per un colpo di sole di una delle due parti. C'è sempre un'azione  che ha fatto  o fa scattare la rottura del rapporto. Che sia poi vista come giusta da una parte e sbagliata dall'altra è ovvio, altrimenti non ci sarebbe la tensione.
Nel Tuo caso, dato che lo scrivi, posso finalmente dire con certezza che Te la sei forse cercata. Sei stato trovato sul posto di lavoro, cinque minuti prima della fine del turno, senza scarpe antinfortunistiche e sul punto di timbrare per andarTene.
Portare le scarpe apposite durante il lavoro e nell'orario di lavoro è  un dovere per quel lavoratore che opera in ambienti in cui queste sono obbligatorie.
Non si tratta di qualcosa voluto dall'azienda ma piuttosto da accordi, leggi, impegni sindacali a cui l'azienda stessa si sottopone e deve accettare perchè così è voluto anche dal Sindacato proprio per la sicurezza del lavoratore.
Che senso  avrebbero le tante battaglie fatte per ottenere condizioni sicure sul lavoro se poi i lavoratori non seguono le regole?
Sai che succederebbe se improvvisamente ci fosse un controllo antinfortunistico nel Tuo reparto e trovassero un lavoratore senza quelle scarpe durante l'orario di lavoro?  Sarebbe fortemente multata l'azienda e, come minimo, verrebbe messa in un elenco di aziende da tenere sotto controllo.
Al lavoratore non accadrebbe nulla , ma per l'azienda è ben diverso perchè è l'azienda ad essere responsabile a che i lavoratori seguano le regole.
Quindi  non solo il richiamo, per questo motivo, è stato giusto ma assolutamente dovuto.
Vedi, mio caro, se io fossi sul luogo di lavoro cinque minuti prima della fine del turno  (ammesso che siano stati cinque)  e non avessi addosso le scarpe che devo portare,  vorrebbe dire che comunque sarei andato a togliermele ancora prima,  facendo una mancanza  verso il datore di lavoro e verso i colleghi che invece se ne stanno a lavorare sino al suono della campanella.
Se poi quel giorno non me le fossi  per niente messe....peggio ancora.
Veniamo  a ciò che scrivi dopo.  Dici che sei stato assunto da poco per mezzo di una sentenza di un giudice.
Ciò mi fa capire che forse eri già stato licenziato e, grazie ad un giudice, sei stato riassunto nello stesso luogo di lavoro.
Ho sempre più volte scritto che quando i rapporti si rompono è meglio cambiare aria perchè tornare, oltretutto solo grazie ad una sentenza, nello stesso luogo di  lavoro, significa innescare una serie di situazioni difficili poi da sopportare.
Tu scrivi che grazie a questo fatto sei malvisto dai Tuoi  Capi Reparto o Responsabili. Sai che serenità !
Dici che sei stato declassato da tutte le mansioni  (cerco di interpretare ciò che scrivi) e che per questo motivo anche i Tuoi colleghi Ti girano al largo avendo paura a parlare con Te.
Non credo che abbiano paura per questo. Forse,  ma dico forse e vorrei sbagliarmi; cercano di lasciarTi perdere  avendo delle riserve sui Tuoi comportamenti, sul Tuo carattere o sulla collaborazione che dai.
Questo rafforza ancora di più che non si deve lavorare, per il bene di tutti, Tuo compreso, in un ambiente in cui  non ci si è riusciti ad integrare.
Sul fatto che il Tuo Capo Reparto se ne vada tra un poco, non vedo il  collegamento col desiderio di farTi dimettere. Ma forse non ho ben capito io.
Di una cosa sola cosa Ti prego:  non portare mai e poi mai a Tua scusante il fatto di soffrire di qualche malattia.
Nessuno, tranne i casi protetti per legge, può ritenere di aver diritto a qualcosa per il fatto di soffrire di una
malattia e tanto meno questa può essere una scusante per giustificare situazioni mancanti sul lavoro. Se la Tua malattia non è sostenibile con quello che fai, non lo devi fare. Se lo fai ed è sostenibile, non devi lamentarTi. E' brutto dirlo e getta ombre  su chi lo dice.
Ogni Tuo compagno di lavoro avrà senz'altro qualche problema e quindi, poiché ognuno ha qualcosa....tutti sono uguali.
Anche l'ultima Tua frase:  “...non faccio quasi mai malattia per non andare contro l'azienda...”  non va detta.  Credo poco al lavoratore  che si sacrifica per il bene dell'azienda  (scusami ma lo devo dire). Credo piuttosto che se lo fa, lo faccia perchè ritiene di poterne avere un vantaggio come il fatto di mantenersi il posto.
Questo è accettabilissimo e umano. Fare sacrifici per il proprio bene è giusto; voler farli  passare per il bene dell'azienda....è un po' troppo e si rischia di non essere credibili.
Ora, che fare della lettera ricevuta?
Devi rispondere per iscritto motivando il perchè in orario di lavoro non avevi le scarpe che dovevi portare.  Sul fatto che Tu Ti trovassi già in fila per timbrare....se non è vero, dillo, ma se davvero eri davanti alla timbratrice e qualcuno Ti ha visto....inutile negare. Prendi atto che tutti noi abbiamo regole da rispettare se vogliamo essere rispettati e diritti e doveri vanno di pari passo.
E se puoi, cercaTi lavoro in un altro ambiente, anche per un Tuo più sereno futuro evitando sempre di farTi riassumere grazie ad una sentenza.
Ti faccio comunque tanti auguri perchè capisco anche le difficoltà dovute magari ad una mentalità  sviluppata  in ambienti diversi.

venerdì 15 giugno 2012


COLLOQUIA E ASPETTA

Edoardo   (loc. n.c.)



Buongiorno

ho questo problema: non so come comportarmi dopo il colloquio di lavoro.

Vengo contattato da una agenzia la quale mi fa subito un intervista anche se ammette che non è loro prassi ma cosi vuole il cliente.

Il giorno dopo vengo richiamato per fissare l'appuntamento dal cliente e cosi la settimana successiva mi reco all'appuntamento.

il colloquio va molto bene....l'azienda opera nello stesso settore del mio impiego attuale anche se su mercati diversi e per certi settori è anche fornitore della mia attuale azienda.

Mi dice che le cose andranno per le lunghe perchè il mio intervistatore che è anche il responsabile è molto impegnato e perchè deve anche valutare la posizione di un collaboratore esterno che al momento occupa la posizione per la quale si sta svolgendo il colloquio, ma l'assunzione avverrà comunque per via dell'enorme mole di lavoro che ha l'azienda.

Finita l'intervista vengo contattato dall'agenzia per capire l'esito del colloquio.

Dieci giorni dopo l'agenzia mi ricontatta ancora per un secondo incontro che avviane 5 gg dopo.

Anche il secondo colloquio va molto bene. Il responsabile conferma la situazione in bilico con il collaboratore esterno,e l'esito di questo rapporto lavorativo influirà sulle mansioni future del candidato.

Alla fine del colloquio il datore mi chiede sto continuando a cercare lavoro, mi dice di essere contento per aver incontrato una persona seria, dice di averlo fatto presente anche all'agenzia, mi dice di esser contento per i due incontri che sono stati entrambi positivi e che dall'agenzia, avrò presto loro notizie (testuali parole).

Poco dopo arriva la telefonata dell'agenzia che mi chiede dell'esito: confermo che la mia impressione è positiva, ripeto al personale dell'agenzia quello che mi è stato detto sul finire dell'incontro (persona seria, incontri positivi etc etc ) e lui mi dice che conferma tutto questo, che durante la discussione con il datore di lavoro per un aggiornamento post colloqui, lui fa parecchie volte il mio nome, che la mia candidatura è stata la "preferita" tant'è che proprio per questo sono stato il primo della seconda trance di colloqui e, sempre l' agenzia , mi dice che secondo lui ci sono buone possibilità anche se non dovrebbe dirmelo per non darmi false illusioni e per non macchiarsi lui di cose dette che poi non si avverano.

Ormai sono passati più di 10 giorno e nessuna notizia.

Cosa devo fare: chiamare l'agenzia per sapere a che punto siamo? oppure no?

Magari i colloqui non sono ancora finiti, oppure non si è ancora risolta la questione con il collaboratore esterno per cui deve ancora definire la posizione del prossimo assunto.

Grazie per il tempo e l'eventuale risposta.






Caro Edoardo,
la Sua situazione è la copia fotostatica di  centinaia  di colloqui che avvengono in Italia tra aziende che chiedono incontri, anche urgenti, e candidati che  poi rimangono in attesa di risposte che spesso non arrivano più.
Già in passato ho parlato di questo malcostume.  L'azienda contatta l'agenzia che si presta a fare da passaparola o poco più. L'azienda ha sempre fretta; incontra,  intervista, loda, si congratula, rimanda ad un successivo incontro; poi nuovamente loda, si congratula, tira fuori “l'altro candidato” e lascia intuire, come ha fatto con Lei, che si deve prima risolvere il problema interno ma comunque....nessun problema, la scelta è praticamente fatta.  Tanti saluti, ci faremo vivi.
C'è gente che dopo anni sta ancora attendendo.
Per carità, non sarà il Suo caso ma è certo che Lei non mi ha scritto nulla che già non conosca a memoria. In Italia siamo fatti così. Non abbiamo mai il coraggio di dire “si”  o “no”. Si pensa d'essere perdonati per aver fatto perdere tempo ad una persona dicendogli che  si è stati molto contenti del colloquio.
Una volta che la persona è uscita dagli uffici dell'azienda  è come se non fosse mai entrata.
Pare quasi che, mentre  il Candidato ha ogni obbligo di dire tutto di sé, di darsi disponibile, di svelare cose personali, dall'altra parte non esistano obblighi o doveri  di mantenere fede alle parole date.
“Ci sentiamo senz'altro presto....”  può così diventare un mese, due o mai, senza che questo faccia sentire poco corretti.
E' il mondo del lavoro nostrano.
Può essere, ad onor del vero, che davvero l'azienda abbia problemi a chiudere velocemente la trattativa; a volte vi sono o nascono urgenze maggiori che fanno accantonare alcuni progetti per poi essere ripresi più avanti. Può essere che la questione col collaboratore non  sia ancora  risolta,  tutto vero ma è anche vero che una telefonata  per avvisare che la cosa va a rilento  rafforzerebbe solo l'immagine di correttezza nei rapporti interpersonali.
Ora che fare? Sono passate un paio di settimane e nulla si muove. Nemmeno l'agenzia che, avendoLa contattata per prima  ha un dovere in più, non si fa viva.
Vuole farlo Lei?   No. Se non ha l'acqua alla gola, dia loro dimostrazione di non sbavare.
Prosegua la Sua vita ed il Suo lavoro con serenità. Semmai La chiamassero può rispondere: “ah! La cosa è ancora viva ?  Non ci pensavo più. Non era un grande problema.    In ogni caso,  dica pure.......”
Le auguro di cuore che Lei possa dire queste parole ma se così non fosse, non se ne faccia davvero un problema.
Semmai dovesse avere altri incontri con Agenzie o Azienda per colloqui, sappia che le risposte ai colloqui sono un optional. Quelle urgenti, ovvero entro termini di tempo logici, una chimera.
In bocca al lupo.

domenica 10 giugno 2012


PAGAMENTI ESTERI


Dario   (loc. n.c.)

Avrei bisogno di un chiarimento.
Da Dicembre sto svolgendo un lavoro on-line di vendita musicale su Itunes e altri store, per una società Francese.
Con questa società ho un contratto di royalties,il che significa che io produco album musicali,li metto in vendita sugli store digitali ed ogni 3 mesi in base ha ciò che ho venduto mi vengono riconosciute delle royalties.
Non ho nessun tipo di rapporto di dipendenza con loro,non ho partita iva e non svolgo nessun altro lavoro.
Mi è stata spedita una fattura pro-forma a Marzo ed ho ricevuto i miei compensi su conto corrente. Nella fattura pro forma non viene riportata alcuna voce per quanto concerne iva o quant'altro.,il mio operato viene svolto in Italia.
Come posso regolarizzare questa situazione? E' possibile non aprirsi partita iva? Che tasse pagare eventualmente in ritenuta d'acconto..?
Grazie e buon lavoro
Dario




Caro Dario,
tra i campi di nostra conoscenza non c'è quello relativo a leggi sulla fiscalità ovvero non ne sappiamo a tal punto da permetterci di dare suggerimenti.  Ce ne siamo sempre ben guardati perchè  è una bolgia  in cui tutto è giusto e nello stesso tempo, a seconda da come lo si guarda, è tutto sbagliato.
Oggi  tutto è talmente contorto e talmente impregnato di logiche burocratesi che anche chi vuole essere onesto arriva a sbagliare. C'è un gran bisogno di lavoro; si vorrebbe che tutti si dessero da fare; si dice sempre che va stimolata la creatività nel trovarsi nuove occupazioni ed appena uno intuisce un nuovo lavoro possibile per guadagnare, ecco che arriva la burocrazia con mille infiniti paletti che  portano spesso a far desistere.
Nel Suo caso, riteniamo che Lei debba  assolutamente parlare con un commercialista o recarsi al CAF della propria città. Deve ben spiegare l’attività, indicare approssimativamente il compenso annuo stimato e la provenienza straniera dell’entrata. Trattandosi di reddito proveniente da società estera, non siamo certi  che  sia possibile la ritenuta d’acconto.
Allo stato attuale delle cose  Lei, colpevole d'aver cercato una strada per lavorare e colpevole di non sapersi districare nel labirinto di norme quasi sempre non comprensibili da una mente solo logica, è un evasore (dovrebbe essere frustato sulla pubblica piazza e chiuso in un lazzaretto)  e con gli attuali livelli di controllo sui conti correnti il rischio di una sanzione è alto.
Affidarsi ad un commercialista può essere costoso e diventa quindi importante capire effettivamente se l'utile  generato da questa attività, giustifichi il lavoro stesso.
Chieda un appuntamento  ad un  Commercialista a cui potrà chiedere un preventivo dei suoi costi per la gestione  oltre a tutti gli oneri relativi.
Buona fortuna!

giovedì 7 giugno 2012


LAVORO E RICHIAMO



Giuseppe   (loc. non c.)



Lavoro in una catena di supermercati con il ruolo di addetto.
Il capo reparto mi ha minacciato di inviarmi una lettera di richiamo, perchè nel giorno del cambio della promozione settimanale a suo dire sono uscito prima e che da responsabile sarei dovuto rimanere più a lungo per completare questa promozione.
Premetto che avevo già superato le 2 ore di straordinario, oltre alle 7 ore ordinarie.
In più dice che l'ho anche mandato a quel paese, cosa non vera, non ha neanche testimoni per questo.
La mia domanda è questa: può realmente mandarmi una lettera di richiamo per queste motivazioni? Come posso rispondere ad una lettera di richiamo di questo genere?
Vi ringrazio anticipatamente per la risposta.



Caro  Giuseppe,
il Tuo capo reparto può inviarTi la lettera di richiamo perchè la lettera è semplicemente  un richiamo messo per iscritto.
La lettera di per sé non significa nulla. Ciò che conta è il contenuto ovvero le cose contestate al lavoratore.
Nel Tuo caso, posso capire che magari eri stanco e non avevi più desiderio di continuare a lavorare avendo già fatto 2 ore supplementari ma ogni lavoro ha le proprie regole, pro e contro che si accettano quando si accetta il lavoro.
Pare invece che spesso  si sia portati a dimenticarlo. Ogni lavoro ha situazioni particolari che vanno gestite con coscienza e consapevolezza.  Lavori in un supermercato; nei supermercati vengono effettuati periodi promozionali con esposizioni  fuori banco di merce ed è ovvio che queste debbano essere  pronte al pubblico nel momento in cui hanno inizio.  Se la promozione inizia il giovedì mattino, all'apertura del punto vendita, alle ore 9, è piuttosto logico che debba essere preparata per tempo. Quando dunque c'è questo impegno, una volta alla settimana o ogni quindicina, va fatto. Può non far piacere ma fa parte della mansione.
E' vero, ripeto,  che avevi già fatto 2 ore di straordinario (peraltro credo retribuito) ma preparare il tutto per l'inizio del lavoro successivo è una regola.  Non si possono scegliere le regole, si può però scegliere di cambiare lavoro se questo non piace.
Non capisco quando scrivi che il Tuo Capo asserisce che “ a suo dire sono uscito prima”.
O sei uscito prima o non sei uscito prima. C'è un cartellino che timbrate e che fa fede. A meno che non intendi dire che Ti ha contestato il fatto d'essere uscito prima d'aver terminato l'esposizione.
Forse eri stanco e magari Ti è scappato un “vaffa” in via amichevole. Se così è stato, chiedi semplicemente scusa, offri un caffè al Tuo Capo e tutto finisce lì.
Trovo strano, ma posso sbagliarmi, che  i Capi sentano sempre cose che i dipendenti non hanno detto. (l'allusione al fatto che non ha testimoni....mi piace poco).
Santo cielo, che c'è di male. E' umano. Basta avere l'umiltà di ammetterlo e scusarsi.
Che rispondere a questa lettera?  Se non Ti è ancora arrivata, fai come Ti ho detto. Allunga la mano, digli che hai sbagliato perchè in quel momento eri stanco ed hai avuto una reazione non corretta ed andate assieme a bere un caffè.
Se invece l'hai tra le mani, rispondi sempre le stesse cose. Dato che è inutile negare l'evidenza, rispondi che  avendo già fatto due ore di straordinari Ti sentivi fisicamente e mentalmente stanco per cui hai avuto una reazione che non Ti appartiene.
Detto e fatto questo però, rimane il lavoro da svolgere, gli impegni che esso comporta e la soddisfazione che se ne trae.
Rifletti su questo perchè il lavoro deve innanzitutto  piacere. Se lo si fa solo perchè si deve farlo, prima o poi si incappa ancora negli errori già fatti. E la seconda volta è più difficile  dire che è stato un caso.
Forza dai!