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lunedì 19 settembre 2011

CEDERE ATTIVITA'

lettera firmata

Buonasera, ho da un anno aperto un negozio piccolo di erboristeria circa 30 mq dove si vendono prodotti confezionati, buone marche, cortesia, competenza, in zona dove non ce ne sono altre con un buon bacino di utenza. Purtroppo non c'è stato il riscontro sperato, e faccio fatica ad arrivare a fine mese.
Ho deciso di metterla in vendita, sapendo che con una situazione così poco brillante sarà molto dura. Volevo sapere che possibilità ho e a chi devo rivolgermi, vorrei fare tutto con una certa discrezione, visto che è sita in una città di provincia.
Grazie per la cortese attenzione.

Cara amica,
è facile mettersi nei guai, vero? Il fatto è che troppo spesso si agisce con poche o nulle conoscenze, badando solo alle proprie sensazioni, con la falsa certezza che sia possibile far piacere al mercato ciò che piace a noi.
Leggendo la Tua breve lettera è facile capire come sono andate le cose; come cioè noi si sia sempre pronti a dare credito a ciò che pensiamo, come assolutamente giusto.
Tu scrivi: “ho aperto un negozio in zona dove non ce ne sono altri e con un buon bacino d'utenza.”
Troppo poco come analisi di marketing per aprire un negozio. (A dire il vero mi sembra la classica espressione gergale usata nella ricerca di una motivazione).
Non mi pare proprio che Tu abbia aperto il negozio in una zona in cui vi sia un buon bacino d'utenza, tant'è che subito dopo aggiungi: “Non c'è stato il riscontro sperato e faccio fatica ad arrivare a fine mese.”
Capisci da Te che se ci fosse stato un buon bacino d'utenza le cose sarebbero andate diversamente. Evidentemente non c'era.
Queste cose capitano spesso a chi, appassionato o interessato ad una specifica materia o, nel Tuo caso, ad un settore particolare, crede che perchè una cosa interessi o piaccia a lui, debba interessare o piacere agli
altri.
Così, ci si lancia in avventure azzardate senza una analisi di base che supporti l'iniziativa.
Vendere buone marche con cortesia e competenza non è sufficiente. Occorre che esista un bisogno da soddisfare. Questa è la prima regola a cui spesso non si pensa. E forse in quella zona e per quei residenti, il bisogno di una erboristeria, non c'è.
Se qualcosa piace a noi, ce ne innamoriamo a tal punto che “decidiamo” debba piacere anche agli altri e quando ci accorgiamo che così non è, non ne capiamo il motivo.
Può darsi che nella Tua cittadina di provincia si viva così bene che nessuno sente la necessità di rivolgersi all'erborista o può pure essere che in quella zona dove Tu hai aperto non ci fossero erboristerie perchè da qualche analisi più approfondita, altri si erano accorti che non sarebbe stata una buona idea aprirle.
Ed ora che fare?
Puoi metterla in vendita ma non si vende un'attività “con discrezione”. Se la voce deve circolare qualcuno deve pur saperlo.
Puoi affidarTi ad una agenzia di intermediazione che operi anche su altre cittadine del circondario nella speranza che qualcuno da fuori....abbocchi.
Stai certa che nella città in cui vivi sanno già che la Tua attività va poco e le speranze di liberarTi del negozio saranno scarse.
Tieni poi presente che un minimo di informazioni dovrai pur darLe e, se chi dovesse essere interessato non è proprio scemo, vorrà ben vedere i risultati delle vendite.
Basterà vedere gli acquisti di merce, le giacenze, le uscite, gli incassi e le spese fisse per capire subito come stanno le cose.
Alla fine, comunque, tutto starà nelle Tue pretese. Più la situazione è cattiva e meno valore avrà l'attività. Più avrai voglia di liberarTi dall'impegno e meno dovrai chiedere. Ti converrà dire che devi vendere per impegni improvvisi di famiglia; in ogni caso devi per forza dirlo in giro.

Fino ad ora ho risposto ipotizzando che l'errore sia stato nel valutare buona un'idea o una zona che non lo era. Adesso devo però anche farTi riflettere con una domanda che dovrai fare a Te stessa.
Sei certa che Tu stai usando, come dici, cortesia e competenza? Certamente sarà così. Ma se non lo fosse? Se magari il guaio fosse proprio lì?
Mi piacerebbe chiederTi come stai a capitali perchè potrebbe essere che con una buona iniezione di creatività, promozioni, pubblicità e danari, si possa far decollare quest'attività stagnante.
Come operano i Tuoi concorrenti? Lavorano? Gli affari vanno bene? Ed ancora (tanto per farTi riflettere) Tu sai fare gli acquisti? Sai ordinare le giuste quantità o sei facilmente convincibile da parte di venditori che mirano a svuotare le loro aziende per riempire i Tuoi magazzini? Sai approfittare, nel giusto modo, di azioni promozionali o, non volendo acquistare, rifiuti merce che poi, a prezzi ridotti arriva ai Tuoi concorrenti mettendo loro in vantaggio d'offerta ed apparendo Tu, agli occhi del cliente, non in linea col mercato?
Quante riflessioni e quante possibili cause possono esserci!
Sto pensando che potresTi tentare la strada di affiliazione a qualche gruppo erboristico che abbia negozi.
Potrei anche suggerirTi di cercare di “vendere” spazi di negozio (o di scansia) a qualche fornitore. Sarebbe sufficiente che Tu riuscissi a convincere un fornitore per settore, senza quindi doppioni, ad acquistare uno spazio che rimarrebbe solo a sua completa disposizione e che lui gestirebbe sia decidendo quale merce esporre, quale reclamizzare, quale movimentazione dare ed anche i prezzi di vendita o la politica promozionale. In pratica, Tu garantiresti la gestione e lui la politica che più gli aggradirebbe.
Puoi iniziare a parlarne con i due fornitori che ritieni più importanti e via via, se le risposte non dovessero essere positive, con gli altri. Agirei così perchè magari potrebbe capitarTi che quei due siano interessati ad avere più spazio di una semplice parte di scaffale. Che ne dici?
Se non trovi altre soluzioni per proseguire, ripeto: cerca di vendere, attraverso qualche agenzia e facendo circolare Tu stessa la voce cercando, alla fine, di rientrare almeno degli investimenti fatti. Sarebbe già un successo. Stando zitta, purtroppo, non farai nulla.
In bocca al lupo

giovedì 15 settembre 2011

ITALIA - ROMANIA

V.D. Romania

Egregio Dottore ,
Sono una cittadina rumena di professione ingegnere. Su un sito ho trovato una ditta italiana che vuole entrare con i suoi prodotti ( prodotti industriali -sistemi di tenuta )sul mercato rumeno. Io devo promuovere questi prodotti e trovare dei clienti.
Per iniziare , La prego di dirmi , come posso regolare questo tipo di rapporto? Quale e il tipo di contratto da stipulare ? Preferirei pagare in Romania le tasse per la salute e la pensione e in Italia soltanto l'imposta sul reddito ( risultato dalle provvigioni pagate dalla ditta italiana ).
Ho lavorato in Italia come dipendente domestico e possiedo codice fiscale e carta d'identità italiana, ma ho perso la residenza fisica e anche quella fiscale ( sono stata in Italia meno di 5 anni e sono ritornata più di 2 anni , nel aprile 2009).
Se e possibile , La prego di indicare passo-a-passo cosa dovrei fare.
In attesa della sua risposta porgo distinti saluti!



Caro ingegnere,
Lei ci sta chiedendo cose davvero un po' difficili da dirLe perchè i rapporti di lavoro che coinvolgono aziende in uno Stato e lo sviluppo del lavoro in un altro, sono sempre piuttosto complessi e delicati.
Lei vorrebbe pagare in Italia le tasse ed in Romania le trattenute per la pensione e malattia. Non so davvero se sia possibile, anche se lo credo. Ma non posso garantirlo e non lo faccio.
A volte le aziende che vorrebbero operare all'estero, aprono una agenzia in quel Paese e la persona assunta ha un contratto di lavoro con l'agenzia del proprio Paese.
Diciamo che questa è la strada più tranquilla per chi dovrà occuparsi delle vendite. Se l'azienda italiana ha sede solo in Italia e Lei opera in Romania, deve sperare di non avere mai nessuna controversia perchè essendo la sede in Italia, Lei dovrebbe discutere sempre in Italia, con le difficoltà che ciò comporta.
A volte le aziende, se sono poco serie, dopo aver sviluppato un buon lavoro, chiudono i rapporti col collaboratore sapendo che questi non verrà mai a intentare causa in Italia. (Speriamo però non sia mai il Suo caso).
Ma veniamo al contratto.
Si tratterebbe di un contratto d'agenzia ma essendo Lei residente fuori dallo Stato, presumibilmente si deve parlare di contratto di collaborazione “libera” o di consulenza di vendita.
In altre parole, l'azienda Le consegnerebbe una lettera di “procacciatore d'affari” in cui Le verrebbe detto che Lei offrirà e proporrà i prodotti dell'azienda ai clienti Rumeni, alle condizioni dette dall'azienda. Il Suo compito quindi sarà quello di procacciare ordini.
Sulle trattenute da fare e chi debba farle, non so risponderLe perchè se Lei fosse un Agente con un contratto italiano, le trattenute potrebbero essere fatte dal datore di lavoro in Italia ma se il contratto è di procacciatore o consulente commerciale per la Romania, Lei di fatto sarebbe un libero professionista e come tale, dovrebbe essere Lei a versare le tasse in Romania.
Sarebbe diverso se Lei avesse residenza in Italia: In questo caso il contratto potrebbe essere di agenzia, ma i versamenti andrebbero poi fatti in Italia.
Non so se possedere il codice fiscale e carta d'identità italiana avendo perso però la residenza fiscale possa crearLe difficoltà.
Immagino come possa trovarsi in queste situazioni di dubbi se anche noi, in Italia ne abbiamo tanti.
Per quanto ne sappiamo, solitamente, quando si lavora con società estere, il collaboratore informa l'azienda delle condizioni fiscali del proprio paese e l'azienda predispone i documenti di pagamento tenendo conto di queste. Il collaboratore poi, paga nel proprio paese ciò che deve.

Se ritiene che l'azienda sia “seria” ma veramente seria ed intenzionata a svilupparsi in Romania, perchè non chiede di aprire un ufficio con sede legale in Romania (basta una stanza) mettendo Lei ha capo di questa sede. Probabilmente sarebbe tutto più semplice che non gestire i rapporti di lavoro tra i due paesi.
L'esperienza e la storia ci hanno sempre insegnato che, nella maggioranza dei casi, questi inizi un po' provvisori, finiscono sempre poco bene perchè le aziende non si sentono impegnate.

In ogni caso, per saperne di più e con le dovute sicurezze, Lei dovrebbe informarsi presso l'ufficio di Commercio dell'Ambasciata Italiana nel Suo paese.
Perderà il tempo di un appuntamento ma almeno, saprà esattamente anche come comportarsi con questa azienda nel caso Le chiedessero qualcosa....che non sia corretto.
Le auguriamo davvero di riuscire nel Suo progetto.
Cordiali saluti

martedì 13 settembre 2011

CONGEDO MATRIMONIALE

C.P.

Buongiorno,

io avrei una domanda riguarda al congedo matrimoniale.
Nell' ambito del contratto metalmeccanico, quale è l'arco di tempo consentito per poter usufruire del congedo matrimoniale una volta fatto il matrimonio?
Grazie in anticipo.


Mia cara,
il quesito che mi viene sottoposto non è mia materia ed in questi casi, come sempre, lo dico per far si che la mia risposta non sia presa con ufficialità del caso.
In passato mi ero già interessato della cosa e devo dirLe che paradossalmente nei contratti di lavoro non si menziona di solito al periodo in cui il congedo può essere usufruito.
Ritengo che sia proprio perchè, mentalmente, si suppone che un congedo matrimoniale sia chiesto nel momento in cui avviene il matrimonio (preparativi e viaggio).
Può darsi che oggi le cose siano meglio chiarite e questo Te lo può dire il contratto collettivo di lavoro di cui Tu avrai (o dovresTi avere) il libretto. L'ufficio del Personale della Tua azienda può dirtelo, come anche la sede del sindacato metalmeccanici della Tua città. Basta una telefonata.
Ripeto: tendenzialmente lo si richiede nel periodo prossimo alle nozze. Può darsi però che una richiesta di congedo più in là nel tempo sia regolare ed accettata. (Come credo).
Penso che, in questo caso, sia norma discuterne con l'azienda. Se le Tue necessità sono per averlo più avanti, fallo presente e mettiTi d'accordo.
Del resto i giorni concessi devono essere dati. Che sia prima o dopo, dovrebbe essere poco importante. Devi comunque tener presente, sempre, le necessità di lavoro aziendali ed eventuali periodi in cui la mancanza di una persona potrebbe creare problemi. Credo sia l'unico ostacolo che vada discusso.
Ciao

giovedì 1 settembre 2011

SAPER FAR DI CONTO

S.P. Loc. n.c.

Buonasera,
Scrivo per chiedervi un parere su ciò che purtroppo mi sta accadendo in questa settimana. Lavoro in un centro commerciale come cassiera. Dopo una settimana affiancata ad una ragazza, lunedì è stato il mio primo giorno di lavoro completamente autonomo. Purtroppo ho sbagliato a consegnare il resto ad un cliente portando così a ricevere da parte della dirigenza un primo richiamo verbale. Oggi, mercoledì, a distanza di un giorno è accaduto di nuovo. Sono arrivata dunque ad avere nel giro di una settimana già due richiami verbali. A Vostro pare è molto grave la cosa?? E’ alto il rischio di non essere assunta?
Ringrazio anticipatamente

Mia cara,
non penso che se Lei fosse il proprietario accetterebbe con un'alzata di spalle che qualcuno non sappia fare i conti nell'unico punto del negozio in cui bisogna proprio saperli fare. I due richiami sono logici proprio per avvisare il dipendente che sta sbagliando. Viene accettato anche il fatto che Lei è alle prime armi ed è per questo che è stata solo richiamata verbalmente.
Il secondo richiamo è un po' più serio. Il terzo sarà scritto ed a questo seguirà il licenziamento. Mi rendo conto che l'ansia dei primi giorni sia grande e mi rendo pure conto che i due richiami aumentano ancor più l'ansia di commettere errori ma purtroppo non c'è via d'uscita.
Se Lei ritiene di trovarsi in una situazione che non sente Sua, chieda una mansione differente, altrimenti vivrà male.
Per quanto ne so, le casse dei centri commerciali oggi permettono di vedere sullo schermo non solo il valore del pagamento ma anche il resto che va dato al cliente. Lei dovrebbe quindi aver proprio sbagliato nel maneggiare la cartamoneta, anche se è quasi impossibile che oggi accada.
Accidenti! Non è che a scuola in matematica avrebbe dovuto impegnarsi di più?
Mi chiede se la cosa è grave: può non essere di vitale importanza non saper fare i conti ma certo è tutto proporzionato a ciò che si fa.
Se un ragazzo a scuola sbaglia un conto, avrà una sottolineatura rossa, un brutto voto, ma tutto finisce lì. Se invece a sbagliare un calcolo è un Ingegnere, potrebbe crollare un palazzo. Una cassiera di un centro commerciale (lo dice il termine stesso della mansione) ha come base del proprio lavoro la gestione della cassa. Se si sbaglia a gestirla, sono guai.
Rischia il licenziamento? Se le cose dovessero continuare così, certamente. Non è cattiveria o vessazione nei Suoi confronti ma è piuttosto logico che un Proprietario, è nel pieno del suo diritto.
Mi auguro comunque che tutto si calmi e che Lei possa conservare il posto. Deve solo rimanere calma, metterci la testa, riflettere e contare due volte i resti sino a che avrà preso dimestichezza con la mansione.
Cordiali saluti