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lunedì 26 febbraio 2018

Azienda da salvare

Roberto. W.  M.


Salve e grazie anticipate per la risposta.
Da oltre sei mesi ho ereditato, nel senso che ho avuto in passaggio, da mio padre l’azienda di famiglia.
Non è una grande azienda ma nel settore in cui operiamo ha un nome, una bella immagine e fattura tanto da poter far lavorare circa 50 operai ed altrettanti agenti di vendita.
Mi direte perché allora abbia sentito il bisogno di scrivervi. Presto detto.
Sino a  due anni fa l’azienda fatturava quasi il doppio ed aveva più personale che è stato ridotto attraverso pensionamenti spontanei o aiutati. Poi, lentamente le cose si sono appiattite.
L’azienda è a conduzione padronale e familiare; prima mio padre ed ora io. Di fatto, con l’aiuto di mia madre che gestisce la parte amministrativa interna ed esterna, facciamo tutto noi. Mio padre ora segue la produzione, gli acquisti  e per la conoscenza di anni e anni, il personale.
Io sono entrato in azienda da poco dopo aver terminato l’università, anche se in indirizzo diametralmente opposto a quanto servirebbe, ma la necessità di famiglia mi ha ovviamente portato ad interessarmi di quanto ha costruito mio padre negli anni.
Sto prendendo conoscenza delle problematiche commerciali anche se, quando vado con agenti non mi intrometto nelle trattative non sentendomi ancora pronto.
Ed ora arriviamo al dunque. I nostri prodotti sono qualitativamente buoni altrimenti non si venderebbe ma evidentemente se il fatturato si è quasi dimezzato in circa due anni, appare ovvio che da qualche parte ci siano problemi da risolvere e che io non vedo ancora. 
Il guaio però è che non li hanno visti nemmeno mia madre e mio padre.
Sto cercando di capire come muovermi. Il personale di vendita mi dice che l’azienda non è più pronta a seguire il mercato e le richieste dei clienti.  Troppi no con la perdita di accordi e vendite. Non c’è elasticità e gli agenti non vedono un piano chiaro che dia all’azienda una scossa.
Da parte dei miei genitori invece è tutto l’opposto.  Non è vero che l’azienda dica sempre no, non è vero che è fissa su idee forse non più attuali. Anzi sono proprio gli agenti invece che hanno perso lo smalto, la grinta e la volontà.
Ecco, io mi trovo con queste due opposte realtà o meglio con due visioni che addossano all’altra parte i guai aziendali.
Giorni fa, rovistando in archivio ho casualmente trovato un depliant di una società di formazione che proponeva corsi formativi commerciali.
Voi saprete meglio di me  cosa intendo. Ebbene, sono stato sul punto di chiamare ma poi ho pensato che avrebbero potuto vendermi qualsiasi cosa ed ho iniziato a guardare in rete per informarmi maggiormente. Sono così capitato sul vostro blog.
Avrei voluto leggere tutto l’archivio, cosa che farò nel tempo certamente perché quel poco che ho visto e chi mi ha indotto a scrivervi mi è piaciuto per la chiarezza e la franchezza, ma oggi preferisco appunto  scrivere di persona ed avere un vostro parere diretto.
Potete farlo privatamente oppure inserendo la risposta sul blog.
La domanda che voglio fare è: servono questi corsi formativi? Non sono panzane che lasciano il tempo che trovano? Vanno fatti corsi una tantum od occorre una periodicità? E chi deve partecipare? E’ possibile che possano partecipare tutti gli agenti e noi dell’azienda magari in una sede di hotel?
Se potete darmi queste risposte ed eventualmente altri suggerimenti, ve ne sarei grato.
Cordiali saluti.



Egregio Roberto,
Lei presenta un caso che è quasi la norma nel panorama italiano fatto da una miriade di piccole e medie aziende che sono cresciute negli anni del boom  perché allora bastava la volontà di produrre qualcosa che, se fatta decentemente o bene, veniva venduta.
Sono molti coloro che sono nati industrialmente in quel periodo e che poi lentamente hanno anche chiuso solo perché non hanno saputo adeguarsi al mercato che cambiava. Produttori (non li chiamerei industriali) che sapevano fare una cosa, anche bene, e che andavano avanti a farla perché non sapevano fare diversamente, con testardaggine convinti che il mercato doveva  accettare  il prodotto così come lo facevano, senza essere disposti  a chiedersi cosa in realtà volesse il mercato che magari stava cambiando.
La Vostra realtà che in poco meno di due anni ha perso metà fatturato mi lascia capire o dubitare che probabilmente i suoi genitori abbiano seguito o stiano ancora seguendo questa strada: “io faccio bene queste cose e continuo a farle nel modo che so.”
Ovvio, Roberto, che io sto dando risposte in base alle pochissime conoscenze che ho della Sua realtà, ma credo di non essere lontano dal vero perché ne ho viste troppe di situazioni analoghe.
Dunque, Lei oggi ha capito che qualcosa va fatto  ed  è già una bella cosa perché, pur non avendo ancora acquisita esperienza, capisce  che occorre muoversi, cercare le cose che non vanno, correggerle e ripartire. Vorrebbe così iniziare da un bel corso di formazione commerciale.
Posso risponderLe con molta franchezza ed esperienza.  Non verrei mai e poi mai, a meno che non avessi intenzione solo di guadagnare e basta, a proporre corsi commerciali nella Vostra situazione.
Pensi che sarebbe la cosa migliore da farsi per un consulente perché, dopo quello che ha detto,  sarebbe un gioco da ragazzi dire che la Sua  idea è corretta ed un bel corso risolverebbe tutto. 
Invece….non è così. Lei mi ha lasciato chiaramente capire che gli agenti sostengono di non avere un aiuto o di vedere  un’apertura al mercato da parte dell’azienda, mentre i Suoi dicono che ciò che fanno loro è giusto e che sono gli agenti a non averne più tanta voglia.
In queste condizioni non si può operare sul commerciale.  Occorre partire dalla testa e formare la classe dirigente o, in questo caso, la proprietà. Solo successivamente si potrà andare a formare la base.
Ed invece sa che succede? Che la proprietà  trova offensivo anche solo il fatto che si pensi che abbia bisogno di formazione. La risposta espressa o non espressa è sempre la stessa: “ guardi che se siamo arrivati sin qui vuol dire che sappiamo fare il nostro mestiere”.
Ed è proprio con questa convinzione che poi lentamente le aziende chiudono e non si capacitano  del perché sia accaduto.
La rete commerciale  porta avanti strategie e direttive aziendali ed ha tutto, dico tutto, l’interesse a vendere. Se il fatturato è crollato, le responsabilità vanno cercate altrove. Successivamente Lei potrà far intervenire anche la rete ad una formazione, tenendo però presente che gli agenti  di commercio plurimandato, come certamente saranno i Suoi, sono liberi professionisti che operano con regole diverse dagli agenti monomandato, ossia personale che vende per una sola azienda e quindi può essere equiparato ad un venditore diretto.
Ritengo quindi che Lei debba trovare prima un accordo con i Suoi genitori per capire se sono disposti ad accettare di mettersi in discussione  (cosa di cui dubito) e solo dopo questa disponibilità   reperire una buona società di formazione  che venga ad analizzare i problemi, che abbia uno o più incontri con i Suoi genitori e con Lei per capire se esiste reale disponibilità a mettersi in discussione e solo successivamente predisporre per Voi  i corsi formativi.   Corsi che quasi certamente non avranno nulla a che fare con i prodotti o il mercato ma toccheranno tematiche  comportamentali.  Infine, quando il formatore capirà che Voi avrete compreso e sarete ben disposti a nuovi atteggiamenti mentali, potrà  programmare corsi per gli agenti, non tanto per insegnare loro a vendere quanto  per introdurli al nuovo modo di interagire con l’azienda.
Può darsi che i Suoi, lo dico perché sono quasi certo accadrà, dicano che vorranno partecipare ai corsi degli agenti per vedere cosa verrà  discusso. Sappia che sarebbe l’errore più grande si possa  fare. Le società di formazione, pur di fare business lo accettano ma è la cosa più deleteria che si possa immaginare.
Quindi, corsi separati e che mai e poi mai il personale commerciale debba partecipare ad un corso con il fiato sul collo della proprietà presente e spesso pronta a difendersi dando colpe ad altri.
Se ritenesse che non abbia risposto a tutto in modo chiaro, mi riscriva.
Cordiali saluti.



Frapperia a novembre

Alberto R.     ( Milano)                                                                              20.1.2018



Casualmente ho trovato questo blog. Ho letto cose molto interessanti ed ho cercato se per caso c’era già qualche risposta, tra quelle date, che mi servisse.
Non ne ho trovate e dato che vedo che da anni non c’è più niente, non so se il blog è ancora attivo.
Vi spiego il mio problema.
Ho perso il lavoro. Ho famiglia e non sapendo cosa fare, dopo varie ricerche, ho deciso di dar credito ad una catena di franchising  e, facendomi prestare soldi dai miei suoceri, ho aperto a Novembre scorso  una frapperia.
Di fatto, la vendita di frutta frullata da asporto. Anzichè la solita gelateria, ho preferito questa strada che oltretutto non comporta grandi conoscenze. Ho avuto una preparazione di base dalla società di franchising che mi ha venduto anche i macchinari, il banco e tutto il resto.
Ho iniziato il lavoro dopo aver trovato un locale e subito è iniziata la mia delusione che si è poi tramutata in ansia e finire in paura. In una giornata di lavoro sono riuscito a fare un frappè che ho bevuto io. Poi un paio e quando va bene arrivo a 5. Ora non so più che fare. Il negozio ha un contratto che devo rispettare, poi ci sono tutte le spese, le tasse, il commercialista. Ho rate e non so cos’altro. Mi aiutate? Potete dirmi cosa fare?


Egregio Alberto,
il blog non ha mai cessato di esistere e di dare suggerimenti. E’ accaduto che in questi anni, sempre più arrivavano richieste di risposta privata perché, probabilmente, chi scriveva  temeva d’ essere in qualche modo riconosciuto.
Quando viene fatta esplicita richiesta, le risposte non sono pubblicate anche se spiace perché non possono essere d’aiuto ad altri, che è poi il senso di un blog.
Lei non ha chiesto questo e quindi pubblichiamo.
Veniamo al Suo  problema.
Che dirLe, caro amico?  Capiamo i suoi problemi e le sue paure ma purtroppo queste cose accadono quando non si è preparati.
Da quanto è intuibile,  Lei  aveva un posto fisso che ha perso e non trovando altro ha fatto l’errore che fanno  molti: mi metto  a fare l’imprenditore ed apro un punto vendita. 
Ci si guarda in giro; si trova una bella inserzione pubblicitaria che convince che solo uno stupido può non capire che oggi è il momento migliore per aprire una frapperia. Affari alla grande; tutti desiderano solo la frutta da bere. “Avrete la fila davanti al negozio”  e così,  ci si casca come salami!
L’improvvisazione non è mai stata buona consigliera e l’impreparazione, pure.
Se nel suo negozio riesce a fare, sino ad ora, ma non sempre, solo 5 frappè, tranne i giorni in cui se ne fa uno per sé...vuol dire che ha proprio sbagliato tutto.
Ma dove ha aperto il punto vendita? Non ha pensato, prima di aprirlo, anzi, prima di pensare ad aprirlo, di verificare se la zona era giusta per questa merceologia; se vi era sufficiente passaggio pedonale ( per sufficiente si intende almeno  un migliaio di passaggi giornalieri)  e se non ci fossero già altri concorrenti nelle vicinanze?
Lei poi dice un’altra cosa piuttosto assurda che dimostra la Sua impreparazione. Ha aperto una frapperia a Novembre!
Lei ha così deciso di iniziare la Sua avventura, di per sé rischiosa in quanto Lei può offrire frappè oppure frappè, in un periodo in cui si possono vendere cioccolate calde.
Ci scusi, ma non ha pensato che forse sarebbe stato più conveniente rimandare l’apertura in primavera per avere un mercato più disposto?
Immaginiamo cosa abbia significato stare dietro ad un banco per tutto Novembre, Dicembre e Gennaio  in sofferenza.  Ma non poteva aspettarsi molto di più. Davvero Lei pensava che tutti sarebbero accorsi a bere frappè in questa stagione?
Ci sono frapperie che lavorano anche in questa stagione e probabilmente chi l’ha convinto Le ha mostrato proprio queste, ma solitamente sono posizionate in centri commerciali dove vi è un’alta scelta di punti vendita e migliaia di visitatori giornalieri in un ambiente caldo.
Lei invece ha aperto in inverno in una zona che, a Sua detta, è praticamente deserta.
Cosa possiamo dirLe?  Speriamo solo che la Sua lettera  sia d’aiuto ad altri, come Lei, che stanno lambiccandosi il cervello per capire come fare a buttare soldi, oltretutto avuti in prestito.
Se ha la forza d’attendere l’apertura della stagione  senza buttare altri soldi oltre a quelli già buttati, provi  ad attendere e nel frattempo, con poca spesa, si faccia un po' di pubblicità per vedere se riesce a far cambiare le cose. 
Faccia piccoli volantini con frasi spiritose (in rete trova esempi di ogni genere) avvisando della Sua nuova frapperia. Lanci un’offerta per chi arriverà in negozio col volantino in mano  ed attenda.
Si possono stampare volantini  tenendo conto che in un foglio A4 ce ne possono stare 8. Prepari un foglio e poi lo faccia semplicemente fotocopiare, se non ha altre risorse. Ritagli poi gli 8 volantini e li distribuisca nei negozi attorno chiedendo la cortesia di tenerli sul banco.
Non facendo concorrenza non dovrebbero dirLe di no.
Per finire, una altra raccomandazione: quando si decide di fare qualcosa  in un settore sconosciuto o che comunque non è ciò che si è sempre fatto, lo si deve fare con i propri denari. Almeno se si perdono non si creeranno problemi a chi li ha prestati. 

Lasci perdere  le paure e le angosce.  Ormai non può più farci nulla. Cerchi di reagire e in una prossima vita giri al largo dalle idee che un franchising risolva la vita. Solitamente la rovina.