Roberto. W. M.
Salve e grazie anticipate per la risposta.
Da oltre sei mesi ho ereditato, nel senso che ho avuto in passaggio, da
mio padre l’azienda di famiglia.
Non è una grande azienda ma nel settore in cui operiamo ha un nome, una
bella immagine e fattura tanto da poter far lavorare circa 50 operai ed
altrettanti agenti di vendita.
Mi direte perché allora abbia sentito il bisogno di scrivervi. Presto
detto.
Sino a due anni fa l’azienda
fatturava quasi il doppio ed aveva più personale che è stato ridotto attraverso
pensionamenti spontanei o aiutati. Poi, lentamente le cose si sono appiattite.
L’azienda è a conduzione padronale e familiare; prima mio padre ed ora
io. Di fatto, con l’aiuto di mia madre che gestisce la parte amministrativa
interna ed esterna, facciamo tutto noi. Mio padre ora segue la produzione, gli
acquisti e per la conoscenza di anni e
anni, il personale.
Io sono entrato in azienda da poco dopo aver terminato l’università,
anche se in indirizzo diametralmente opposto a quanto servirebbe, ma la
necessità di famiglia mi ha ovviamente portato ad interessarmi di quanto ha
costruito mio padre negli anni.
Sto prendendo conoscenza delle problematiche commerciali anche se,
quando vado con agenti non mi intrometto nelle trattative non sentendomi ancora
pronto.
Ed ora arriviamo al dunque. I nostri prodotti sono qualitativamente
buoni altrimenti non si venderebbe ma evidentemente se il fatturato si è quasi
dimezzato in circa due anni, appare ovvio che da qualche parte ci siano
problemi da risolvere e che io non vedo ancora.
Il guaio però è che non li hanno visti nemmeno mia madre e mio padre.
Sto cercando di capire come muovermi. Il personale di vendita mi dice
che l’azienda non è più pronta a seguire il mercato e le richieste dei
clienti. Troppi no con la perdita di
accordi e vendite. Non c’è elasticità e gli agenti non vedono un piano chiaro
che dia all’azienda una scossa.
Da parte dei miei genitori invece è tutto l’opposto. Non è vero che l’azienda dica sempre no, non
è vero che è fissa su idee forse non più attuali. Anzi sono proprio gli agenti
invece che hanno perso lo smalto, la grinta e la volontà.
Ecco, io mi trovo con queste due opposte realtà o meglio con due visioni
che addossano all’altra parte i guai aziendali.
Giorni fa, rovistando in archivio ho casualmente trovato un depliant di
una società di formazione che proponeva corsi formativi commerciali.
Voi saprete meglio di me cosa
intendo. Ebbene, sono stato sul punto di chiamare ma poi ho pensato che
avrebbero potuto vendermi qualsiasi cosa ed ho iniziato a guardare in rete per
informarmi maggiormente. Sono così capitato sul vostro blog.
Avrei voluto leggere tutto l’archivio, cosa che farò nel tempo
certamente perché quel poco che ho visto e chi mi ha indotto a scrivervi mi è
piaciuto per la chiarezza e la franchezza, ma oggi preferisco appunto scrivere di persona ed avere un vostro parere
diretto.
Potete farlo privatamente oppure inserendo la risposta sul blog.
La domanda che voglio fare è: servono questi corsi formativi? Non sono
panzane che lasciano il tempo che trovano? Vanno fatti corsi una tantum od
occorre una periodicità? E chi deve partecipare? E’ possibile che possano
partecipare tutti gli agenti e noi dell’azienda magari in una sede di hotel?
Se potete darmi queste risposte ed eventualmente altri suggerimenti, ve
ne sarei grato.
Cordiali saluti.
Egregio Roberto,
Lei presenta un caso che è quasi la norma nel panorama italiano fatto
da una miriade di piccole e medie aziende che sono cresciute negli anni del
boom perché allora bastava la volontà di
produrre qualcosa che, se fatta decentemente o bene, veniva venduta.
Sono molti coloro che sono nati industrialmente in quel periodo e che
poi lentamente hanno anche chiuso solo perché non hanno saputo adeguarsi al
mercato che cambiava. Produttori (non li chiamerei industriali) che sapevano
fare una cosa, anche bene, e che andavano avanti a farla perché non sapevano
fare diversamente, con testardaggine convinti che il mercato doveva accettare
il prodotto così come lo facevano, senza essere disposti a chiedersi cosa in realtà volesse il mercato
che magari stava cambiando.
La Vostra realtà che in poco meno di due anni ha perso metà fatturato
mi lascia capire o dubitare che probabilmente i suoi genitori abbiano seguito o
stiano ancora seguendo questa strada: “io faccio bene queste cose e continuo a
farle nel modo che so.”
Ovvio, Roberto, che io sto dando risposte in base alle pochissime
conoscenze che ho della Sua realtà, ma credo di non essere lontano dal vero
perché ne ho viste troppe di situazioni analoghe.
Dunque, Lei oggi ha capito che qualcosa va fatto ed è
già una bella cosa perché, pur non avendo ancora acquisita esperienza,
capisce che occorre muoversi, cercare le
cose che non vanno, correggerle e ripartire. Vorrebbe così iniziare da un bel
corso di formazione commerciale.
Posso risponderLe con molta franchezza ed esperienza. Non verrei mai e poi mai, a meno che non
avessi intenzione solo di guadagnare e basta, a proporre corsi commerciali
nella Vostra situazione.
Pensi che sarebbe la cosa migliore da farsi per un consulente perché,
dopo quello che ha detto, sarebbe un
gioco da ragazzi dire che la Sua idea è
corretta ed un bel corso risolverebbe tutto.
Invece….non è così. Lei mi ha lasciato chiaramente capire che gli
agenti sostengono di non avere un aiuto o di vedere un’apertura al mercato da parte dell’azienda,
mentre i Suoi dicono che ciò che fanno loro è giusto e che sono gli agenti a
non averne più tanta voglia.
In queste condizioni non si può operare sul commerciale. Occorre partire dalla testa e formare la
classe dirigente o, in questo caso, la proprietà. Solo successivamente si potrà
andare a formare la base.
Ed invece sa che succede? Che la proprietà trova offensivo anche solo il fatto che si
pensi che abbia bisogno di formazione. La risposta espressa o non espressa è
sempre la stessa: “ guardi che se siamo arrivati sin qui vuol dire che sappiamo
fare il nostro mestiere”.
Ed è proprio con questa convinzione che poi lentamente le aziende
chiudono e non si capacitano del perché
sia accaduto.
La rete commerciale porta avanti
strategie e direttive aziendali ed ha tutto, dico tutto, l’interesse a vendere.
Se il fatturato è crollato, le responsabilità vanno cercate altrove.
Successivamente Lei potrà far intervenire anche la rete ad una formazione,
tenendo però presente che gli agenti di
commercio plurimandato, come certamente saranno i Suoi, sono liberi
professionisti che operano con regole diverse dagli agenti monomandato, ossia
personale che vende per una sola azienda e quindi può essere equiparato ad un
venditore diretto.
Ritengo quindi che Lei debba trovare prima un accordo con i Suoi
genitori per capire se sono disposti ad accettare di mettersi in
discussione (cosa di cui dubito) e solo
dopo questa disponibilità reperire una
buona società di formazione che venga ad
analizzare i problemi, che abbia uno o più incontri con i Suoi genitori e con
Lei per capire se esiste reale disponibilità a mettersi in discussione e solo
successivamente predisporre per Voi i
corsi formativi. Corsi che quasi
certamente non avranno nulla a che fare con i prodotti o il mercato ma
toccheranno tematiche
comportamentali. Infine, quando
il formatore capirà che Voi avrete compreso e sarete ben disposti a nuovi
atteggiamenti mentali, potrà programmare
corsi per gli agenti, non tanto per insegnare loro a vendere quanto per introdurli al nuovo modo di interagire
con l’azienda.
Può darsi che i Suoi, lo dico perché sono quasi certo accadrà, dicano
che vorranno partecipare ai corsi degli agenti per vedere cosa verrà discusso. Sappia che sarebbe l’errore più
grande si possa fare. Le società di
formazione, pur di fare business lo accettano ma è la cosa più deleteria che si
possa immaginare.
Quindi, corsi separati e che mai e poi mai il personale commerciale
debba partecipare ad un corso con il fiato sul collo della proprietà presente e
spesso pronta a difendersi dando colpe ad altri.
Se ritenesse che non abbia risposto a tutto in modo chiaro, mi
riscriva.
Cordiali saluti.