Ricerca personalizzata

giovedì 31 luglio 2008

Averne voglia

Gianni A. Cuneo
“Non so nemmeno come abbia fatto ad arrivare al vostro blog. Non vi ho cercato perchè non sapevo nemmeno che c'eravate. Navigando e cliccando da qualche parte, in Google, ho visto il blog e mi sono messo a leggerlo. Non sapevo nemmeno se scrivere perchè, sono curioso ma ho iniziato un lavoro da poco che non ha niente a che vedee con quello che dite voi. Ho 19 anni e faccio il piastrellista pavimentatore. Forse sono il solo e primo perchè vedo che quelli che scrivono sono tutti dottori e fanno tutti lavori più importanti. Io credo che chiunque se fa bene un lavoro, sia degno di rispetto e per avere rispetto, chi lavora deve farlo nel migliore dei modi, mettendoci la testa. Sto dicendo il mio parere in un mondo dove hanno ragione solo quelli che usano paroloni, vanno in BMV e sono vestiti all'ultima moda da mattino a sera. Io ho iniziato questo lavoro per necessità di famiglia, dopo il diploma preso lo scorso anno. Avrei potuto cercare qualcosa di diverso ma avrebbe voluto dire perdere tempo in ricerche. Meglio iniziare subito. Credo che, indipendentemente da quello che si fa, vale come lo si fa ed un pavimentatore, se sa fare il suo mestiere vale quanto un dirigente. Ho iniziato con mio padre ed oggi, inizio a fare le mie prime pose da solo con una soddisfazione che non potete immaginare. Sono più lento degli altri ma solo perchè gli altri, vedo che fanno tutto tanto per fare mentre io cerco l'eccellenza. Ad altri colleghi non importa tanto la precisione quanto la velocità. Io voglio divenire il migliore nel mio campo....”

Caro Gianni,
ho interrotto qui la Tua lettera perchè in queste righe hai già messo tanti concetti così importanti per cui si potrebbe parlarne una vita.
Meno male che sei riuscito, chissà come, a trovare il blog ed a scriverci perchè la Tua lettera, così com'è, è già talmente importante che sono onorato di pubblicarla.
Non vorrei nemmeno dire più di quanto Tu abbia detto perchè non è necessario. Ci sono però lettori che desiderano comunque leggere risposte ed a questi (non a Te) ripeto le Tue parole:
Non vale ciò che si fa ma come lo si fa.
Ogni lavoro è di per sé importante se importante lo sente chi lo fa.
La soddisfazione la si trova in ciò che si fa, se lo si fa bene.
Il voler fare bene il proprio lavoro porta inevitabilmente all'eccellenza.
Complimenti davvero Gianni. Ti auguro di cuore tutto il successo che meriTi.

lunedì 28 luglio 2008

Guidare una rete

A.C. Milano
“Nella mia posizione svolgo un ruolo che viene definito Ispettivo o di Capo zona. Ho alle mie dipendenze diciotto venditori diretti nell'area del Nord definita area 1 Nielsen. Ritengo di essere piuttosto bravo nel mio genere perchè riesco a capire i problemi dei venditori ed a correggerli in tempo prima che facciano danni all'azienda. Per questo aiuto che do, i miei venditori sono contenti quando vado con loro perchè gli ordini aumentano ed anche le quantità per ordine migliorano. Purtroppo non è così quando non ci sono. Per questo motivo gran parte del mio tempo lo devo dedicare al lavoro esterno. Ci sono giorni che mi ritrovo a vendere con il mio venditore che mi segue per imparare.......”

Caro A.C.,
ho interrotto la Tua lettera perchè tutto quanto è già presente nelle righe che ho messo in rete.
Ho passato anni della mia vita a seguire venditori esterni con un compito formativo. L'ho fatto in azienda e successivamente chiamato da altre numerose aziende per fare il punto della situazione delle loro reti vendita. La formazione sul campo è la più difficile e quindi non usata dai formatori che possono mettere a repentaglio la loro immagine in pochi minuti.
Mi sono ritrovato spesso davanti a situazioni di venditori che non sapevano di commettere errori; a volte che non sapevano di non saper vendere; altre, che non avevano la minima idea delle logiche di argomentazione o di altre parti della trattativa commerciale. Ebbene, caro A.C., mai mi sono permesso di intervenire mentre sbagliavano, per correggere il tiro e recuperare una vendita persa o una visita disastrosa. Capivo dopo un minuto come sarebbero andate le cose; ancor prima che il venditore giungesse a presentare il prodotto. Molte volte mi sono sentito tentato di intervenire perchè le castronerie erano talmente grosse da far impallidire e gli errori così madornali da non credere. Eppure, non ho mai aperto bocca. Ho lasciato che il venditore pagasse di persona l'errore; che la visita andasse male; che la vendita non ci fosse, ma mai, dico mai sono intervenuto in aiuto del venditore durante la visita.
Poi, una volta chiuso il caso, chiedevo al venditore di fermarsi un attimo per fare il punto della situazione. Ed anche in quel momento non dicevo ancora cosa era stato fatto di errato. Chiedevo innanzitutto al venditore di darmi un giudizio su com'era andata la visita secondo il suo modo di vedere. Ebbene, non ricordo mai nessuno, messo nella condizione di riflettere, che, in questi casi, abbia dato un giudizio positivo. Tutti hanno sempre compreso che era stato un flop; solo che non capivano il perchè. Il mio compito di formatore sul campo iniziava in quel momento. Per esperienza, avevo chiaro in mente ogni singolo passaggio della trattativa, errori compresi. Iniziavo quindi, dicendo di analizzare l'apertura dell'argomentazione. E solo in quel momento, quando il venditore non vedeva o non capiva l'errore fatto (se in quella parte era stato fatto) “buttavo sul tavolo” la mia impressione dicendo: se mi fossi trovato al suo posto io avrei tentato di dire questo....o di agire così. Forse, facendo in questo modo sarebbe riuscito a convincere il cliente.
Non davo ordini. Non dicevo “deve fare così” ma cercavo di mostrare a venditore che forse poteva esserci una strada nuova, senza che ciò fosse visto come un ordine. Quando troviamo da soli la soluzione ad un problema, non la dimentichiamo più. Non suggerivo. Dicevo solo che io avrei fatto così.
Ovviamente, messo in pratica il suggerimento, le cose cambiavano ed i venditori erano convinti d'aver trovato la strada giusta da soli.
Al termine delle visite successive, erano gli stessi venditori ad auto-analizzarsi dicendomi, senza che lo chiedessi, dove avevano capito d'aver agito bene e dove potevano aver sbagliato. Ed io intervenivo, al solito, dicendo semplicemente: “dove Lei ritiene d'aver sbagliato, io avrei detto questo....” ed il venditore, senza obbligo, lo metteva in pratica.
L'insegnamento, caro A.C. non è ciò che Tu stai facendo; anzi è l'opposto. Se Tu rileggi quanto hai scritto o se rifletti su ciò che fai, vedrai che il Tuo comportamento è sbagliato. Tu vai col venditore e prima che lui sbagli, lo correggi. Salverai una visita; otterrai un ordine ma non avrai mai formato un venditore ad arrangiarsi da solo. Ecco perchè sono tutti così contenti che Tu vada con loro: se Tu che vendi e loro, Ti seguono. Ed ecco anche perchè, via Tu, le vendite si abbassano. Non lo capisci? Sei obbligato ad aumentare sempre più il tempo in esterno per portare a casa ordini a decremento di altre attività, guidando una rete di non venditori (o di venditori furbi) che hanno capito che Tu sei il benvenuto perchè, almeno per il giorno che sei con loro, possono riposare.
La vera formazione non si fa prendendo il posto di altri ma facendo capire agli altri come devono lavorare.. Quindi, anche se penso Ti possa essere difficile, impara Tu per primo a fare il Tuo lavoro. Vai con i venditori, lasciali sbagliare. Tienti a mente gli errori e successivamente alla visita, parlane affinchè comprendano dove hanno sbagliato e come possano eventualmente aggiustare il tiro.
Se la visita successiva dovesse essere un flop, poco importa. La vita è lunga. Ricomincia da capo.
In bocca al lupo.

mercoledì 23 luglio 2008

Buon viaggio

A.A. Roma
“La prego cortesemente di non pubblicare dati o indicazioni che possano rendere riconoscibile il sottoscritto. Sono un Capo Area di un'azienda che opera nel largo consumo e che ha tra i propri clienti la normale distribuzione e la grande (supermercati, iper, catene, ecc).
Mentre la rete vendita è addetta alla visita ed ai contatti con la clientela normale, la Grande Distribuzione è ad appannaggio di noi Capi Area.
Bene, ecco il fatto. Io sono giovane e in autunno mi sposerò. Che c'entra questo con quello che voglio dirLe? E' presto detto. Nei mesi scorsi l'azienda aveva indetto una promozione piuttosto interessante secondo cui i clienti della G.D. che avrebbero fatto un certo quantitativo di ordinazione, avrebbero usufruito di un bel viaggio da concordare direttamente in agenzia. Sarebbe stato meglio che non ci fosse stato ma a cosa fatte non si può tornare indietro. Per farla breve; avevo pensato che quel viaggio potesse interessare più a me che mi sposavo che non ad un buyer. Uno solo, non tutti. Ne ho tanti per cui trovarne uno che avrebbe detto di no, poteva starci. Ed infatti un buyer a cui avevo presentato la promozione, leggermente aumentata nei quantitativi per creargli quel minimo di difficoltà utile allo scopo, l'ho trovato. Mi ha detto di no, anche perchè, per l'età, non era interessato. Io ho quindi fatto in modo che la promozione venisse concessa come se tutto fosse regolare poi, l'autorizzazione al viaggio da consegnare in agenzia per prenotare a spese dell'azienda, l'ho portata direttamente io. Sono andato un sabato con la mia ragazza ed abbiamo scelto. Fin qui tutto regolare sino a quando, parlando, ho scoperto che proprio l'addetto all'agenzia che mi stava prenotando il viaggio era cugino del mio direttore. Lui non sa che io faccio parte dell'azienda ma ha in mano il mio nome. E' vero che il viaggio non è nominativo in quanto il buyer potrebbe andarci o mandare altri, ma il fatto che il nome possa apparire ed arrivare in azienda, mi crea problemi.
Sono in un bel guaio. Che devo fare? Dire tutto al mio Capo prima che lo venga a sapere? Proprio suo cugino dovevo beccare! Fingere di niente? Mi aiuti Lei se può perchè dopo quel fatto non sto più dormendo sonni tranquilli e non riesco più a capire niente. Grazie”

Premessa
questo blog nasce per dare suggerimenti ai giovani che entrano nel modo del lavoro o che, essendoci, hanno bisogno di aiuto per crescere ed avere successo. Sta a chi scrive presentare temi che siano in questo spirito.
Ciò non toglie, naturalmente, come sempre più spesso accade, che le richieste siano più su temi personali che di aiuto per crescere. Non dipende da noi che, comunque, proseguiremo a rispondere anche su altri temi che evidentemente stanno più a cuore che non la possibilità di successo nel lavoro.
Ed è anche il caso di questa richiesta.

Caro A.A.,
come vedrai la Tua lettera capirai d'essere Tu anche se nulla è identificabile. MettiTi tranquillo. Dunque: il casotto è fatto. Non puoi tornare indietro quindi è inutile pure che Ti preoccupi. L'unica cosa positiva in tutto questo piano è il fatto che Tu comunque hai detto al cliente che c'era questa promozione (perchè lo hai detto, vero?). Ammettiamo quindi lo sviluppo negativo. Il cugino (che fortuna che hai!) non sa che Tu lavori nell'azienda ma, non avendo segreti, invia in azienda il piano prenotazioni con i rispettivi nomi. Tutti di buyers, tranne uno che, guarda caso assomiglia molto, ma molto, a quello di un dipendente. L'azienda lo vede, dubita qualcosa e può avere due comportamenti. Fingere di nulla ma segnarsi il Tuo nome in memoria, oppure contattare discretamente il buyer per sapere (dopo aver fatto un abbinamento prenotazioni-ordini) se gli era stata presentata l'offerta.
Solitamente le aziende fingono di nulla e mettono il nome in memoria. Non vanno cioè a contattare il cliente. Nel Tuo caso però sarebbe addirittura peggio perchè il buyer potrebbe dire che effettivamente Tu gli hai presentato l'offerta e l'ha rifiutata. Quindi,chiudendo un occhio, di fatto, Ti sei trattenuto qualcosa che comunque era coperto da un quantitativo che l'azienda voleva. Farai una pessima figura ma se i risultati della Tua collaborazioni sono buoni, ma davvero buoni, rimarrai dove sei, come vigilato speciale senza che Tu lo sappia.
Chiaro fino a qui? Mi chiedi un disperato aiuto ed io Te lo do. L'unica soluzione per uscirne è...dire tutto in modo che la cosa sia di dominio pubblico. Ma dirlo nel modo giusto. Inizia con l'andare all'agenzia con la scusa di chiedere se tutto è regolare, se serve qualche documento ecc..ecc.. e, mentre sei a parlare con il famoso cugino, butta lì il fatto che Tu sei un funzionario della società e che suo cugino è il Tuo Capo. Se non è scemo questi capirà immediatamente l'inghippo ed è quello che serve. Infatti Tu, subito dopo dirai, con molta ingenuità, che il buyer non aveva voluto il viaggio per se, preferendo cose più concrete. (Non approfondire sulle cose più concrete) Quindi Tu, per accontentarlo e per accontentare l'azienda facendo l'ordine (potresTi pure fare bella figura) gli avevi dato le cose più concrete che desiderava tenendoTi il viaggio per Te. Semplice. Non devi poi dire di stare zitto con il cugino. Sarà lui, se è discreto, a stare zitto. In ogni caso la prima parte è fatta. La seconda parte è quella di iniziare a far circolare la voce con i colleghi sul fatto d'aver “comperato” il viaggio da un cliente non interessato. Non perdere occasione di dirlo. I colleghi sono sempre un buon megafono per far conoscere in giro ciò che dovrebbero tacere; comunque per essere certo che questo accada, alla prima occasione, in azienda, accenna al fatto come se la cosa fosse naturale. Hai dalla Tua parte che anche ci fosse il dubbio, avendo detto che il buyer era più interessato a cose concrete che al viaggio, pur se interrogato, negherà d'aver mai fatto, detto o ricevuto nulla. (Come potrebbe dire altrimenti, poveretto!) E questo calza a pennello perchè, semmai avesse ricevuto qualcosa, non lo andrebbe a dire.
Non strafare nel raccontare la cosa ogni minuto, ma se qualcuno te lo chiede, parlane liberamente sempre con naturalezza.
Se poi tutto va regolarmente, devi, al prossimo viaggio da regalare, parlarne davvero con qualcuno, davvero acquistarlo da lui se non lo vuole fare, facendoTi in qualche modo rilasciare un bel foglietto che autorizzi l'agenzia ad assegnarlo a Tuo nome anziché a lui ed il gioco è fatto. AvresTi la copertura anche per il primo.
Poi smettila. Davvero. Perchè ci sono tonti in giro ma percentualmente sono il 5% della popolazione ed è difficile credere che possa incontrarli tutti Tu.

domenica 20 luglio 2008

Errori nella vendita

Francesca B. (loc. n.c.)
“nessuno mi ha insegnato a vendere e nemmeno a pianificare una qualunque cosa. Ho scoperto questo blog e spero che non lo interrompiate, come qualcuno mi ha detto, perchè solo leggendo le risposte che date, sto imparando più di quanto non credessi. Uscita dall'Università con una laurea che mi rende importante ma che non mi ha dato alcun aiuto, ho dovuto arrangiarmi. Così ho trovato un posto (si dice così?) da venditrice in un'azienda che, dopo avermi spiegato i prodotti, mi ha messo una borsa in mano in mi ha detto che grazie alla mia cultura avrei saputo cavarmela benissimo.
Naturalmente non è stato così e dopo giornate e settimane nerissime in cui iniziavo a dubitare di me stessa e delle mie capacità, ho cercato di vedere se in rete era possibile trovare qualcosa che mi aiutasse. Solo per caso sono arrivata a voi e vi ringrazio d'esistere. Ho bevuto parola per parola le risposte che date, anche in situazioni che nulla hanno a che vedere con quanto faccio, ma era tale la mia sete di sapere che ho letto e sto rileggendo tutto. Mi sono segnata i punti importanti e torno spesso a leggerli. Da allora, pian piano, sono riuscita a risalire la china. Ho iniziato a vedere i clienti in un certo modo; a parlare nel modo corretto; a portar avanti tesi che li incuriosivano ed infine a vendere. Oggi, dopo solo qualche mese, anche i l'azienda si meraviglia di me. Ancor più di prima i si dice che a me non serve nulla, ma non sanno che se sono riuscita è grazie all'avervi seguito.
Mi chiederete allora perchè mai scrivo. Primo perchè trovo giusto ringraziarvi e poi perchè se c'è un punto che non ho ancora messo a posto e la pianificazione. Mi spiego meglio. Mi do degli obiettivi; so di dover fare un certo numero di clienti ogni giorno ma durante la giornata perdo tempo; dimentico qualcosa; mi fermo troppo a parlare con un cliente ed arrivo tardi dall'altro. Cosa potete dirmi? Se mi risolvete anche questo problema, chi mi terrà più? Grazie”

Carissima Francesca,
devo innanzittutto ringraziarTi per i complimenti e le sviolinature che ci fai. Personalmente sono più che contento se almeno una briciola del tempo che occupo con questo blog serve a risolvere i problemi di un giovane che è entrato, anche se casualmente nel mondo della vendita. Devo dirTi però che se Tu sei davvero così tanto migliorata da quando mi leggi, mettendo in pratica quanto suggerisco, il merito è Tuo e solo Tuo. Trovare le informazioni e leggere i suggerimenti non assicura alcun risultato se non c'è da parte di chi legge una reale motivazione al cambiamento. Tu Ti sei trovata, come dici, sul fondo ed eri tanto disperata da assorbire quanto hai letto. Quindi, se permetti, il merito è Tuo. Io, forse, ho solo quello d'aver scritto in modo comprensibile. Stop.
Veniamo ora al Tuo problema. Ciò che fai, ovviamente, è un errore abbastanza tipico di chi non avendo ricevuto un insegnamento, non sa l'importanza della pianificazione. Ma, visto come Ti sei comportata in passato non ho dubbi che saprai uscire anche da questo problema.
Consiglio semplice da dare: la giornata va pianificata tutta e per intero. Non solo. Va pianificata tutta e per intero anche la settimana.
Pianificare la giornata significa, in anticipo:
sapere quali clienti si dovranno visitare
quanti
quanto tempo dedicare ad ognuno
fatta questa prima pianificazione, dovrai verificare gli appuntamenti (se operi con questo sistema). Ciò significa telefonare per tempo ad ognuno per fissare l'orario di visita. E per fissare l'orario dovrai tener presente il tempo da dedicare ad ognuno; il tempo relativo ai trasferimenti per recarTi dal secondo, e così via. CalcolaTi inoltre sempre uno spazio per gli inconvenienti che potresTi trovare strada facendo.
Per ogni cliente, proporzionalmente alla sua importanza, al numero di prodotti da presentare od alle argomentazioni da gestire, pianificaTi il tempo necessario.
Non perdere mai tempo in più di quanto avevi pianificato, salvo improvvise necessità. Ma se ciò accadesse, appena libera dovrai subito telefonare al successivo cliente per avvisare del ritardo o, addirittura, se ritieni che questa visita possa far tardare anche la successiva, per annullare l'appuntamento e spostarlo a nuova data.
Per non perdere tempo con i clienti, devi stabilire prima le priorità e gli obiettivi che Ti sei data e che vuoi raggiungere.
Ed ora veniamo a quando fare tutto questo. Non certamente il mattino stesso. Ti faccio un esempio chiaro.
Ipotizziamo che Tu debba pianificare il lavoro del lunedì. Bene. Io aggiungo subito che alla pianificazione del lunedì devi aggiungere anche quella del martedì, mercoledì e così via, per tutta la settimana. Quando fare quindi questo lavoro? Proporrei il venerdì pomeriggio. Perchè questo giorno? Perchè dovrai fissare appuntamenti e quindi dovrai telefonare.
Ti metterai davanti la Tua agenda e, se non ha già le suddivisioni per ora o mezz'ora, falle Tu.
Presumo Tu abbia un elenco clienti o uno schedario (da quanto mi lasci intendere). Fatti un logico itinerario per non perdere più tempo in trasferimenti che in visite. In una determinata zona, cerca di raccogliere più clienti possibili e quindi inizia la pianificazione.
A Rossi, dovrai presentare la nuova promozione su un prodotto che già acquista. Obiettivo, raccogliere un ordine possibilmente maggiore del solito, in proporzione all'entità della promozione stessa.
Datti il tempo che ritieni Ti serva. Aggiungi un minimo di sicurezza e chiama il cliente.
Devi visitare Bianchi che presumibilmente non dovrebbe acquistare ma che sai aver bisogno di chiarimenti su un prodotto. Obiettivo primario quindi, dare spiegazioni su quanto chiede. (Sei pronta? Se non lo sei dovrai passare parte della giornata a studiarTi il caso). Io poi aggiungerei anche un secondo obiettivo: cercar di uscire dal cliente con un ordine. Non importa di quanto; non importa di cosa, ma poiché sai di dover andare per altri motivi, se riesci ad uscirne con un ordine, la giornata sarà più felice. Non trovi?
Telefonerai quindi a Bianchi dicendo che il lunedì sarai in zona e quindi sei disponibile ad un appuntamento.
Il concetto di operare possibilmente per zone Ti darà la possibilità di accettare gli orari d'appuntamento che i clienti Ti daranno senza paura di perder tempo per andare da un capo all'altro della città o della provincia.
Di questo passo, seguiranno poi le pianificazione degli altri clienti.
Non so quante visite Tu faccia al giorno e quindi sta a Te gestirTi il tutto.
Pianificata la giornata del lunedì, passerai a quella successiva eppoi all'altra ancora, L'obiettivo è d'avere ben chiaro tutta la Tua settimana, giorno per giorno; ora per ora, con
nome cliente
motivo della visita
obiettivo da raggiungere
tempo da dedicare
Tanto più sarai precisa nella pianificazione, maggiore sarà la possibilità che tutto vada per il meglio.
Ti raccomando. Non perdere tempo che Tu non abbia pianificato. FissaTi dei paletti e obbligaTi a starci dentro. Vedrai che anche se all'inizio la cosa Ti apparirà difficile e sarai tentata di lasciar perdere, dopo poco non potrai più fare a meno di seguire questo schema e tutto sarà di una semplicità estrema.
La pianificazione Ti permetterà anche di predisporre il materiale che Ti servirà per non incorrere, come Tu stessa dici, nelle dimenticanze che sono davvero brutte per un professionista della vendita.
E Tu, cara Francesca, credo proprio che lo stia divenendo in fretta.
Cordiali saluti

giovedì 17 luglio 2008

Vendita

Anna T. (loc. non conosciuta)
“Ringrazio circa il fatto che abbiate creato questo blog. Lo leggo ogni giorno e spero che rimanga sempre. Io ho 25 anni. Dopo le scuole mi sono trovata a non sapere cosa fare. Ho provato al banco di un pub; poi in un negozio e mille altre cose ancora senza però trovare davvero soddisfazione. Infine ho avuto una offerta da parte di una ditta locale che opera nel settore delle erboristerie. Forse perchè mi piacevano i prodotti o l'ambiente, fatto sta che ho iniziato ed oggi sono molto contenta della mia scelta che suggerisco anche ad altre ragazze che vogliano crearsi un futuro. Io non ho veramente una precisa domanda da fare ma solo Vi chiedo come sia possibile interessare di più i clienti a parlare a loro volta con i consumatori facendo vedre i prodotti e non solo esponendoli. Capisco che hanno troppa merce e non possono conoscere tutto ma capisco anche che se conoscessero ciò che vendono, potrebbero venderne di più”

Mia cara Anna,
sei arrivata da sola sin quasi alla soluzione ma forse la non ancora eccessiva esperienza non Te la fa vedere sino alla fine. E' vero. Anche i negozi tradizionali oggi hanno tante marche e tanti prodotti da non conoscere tutto ciò che vendono e quindi li lasciano alla libera scelta, non potendo consigliarli o offrirli. Una soluzione intelligente c'è. Se vuoi far vendere meglio i Tuoi prodotti e di conseguenza vendere Tu di più, devi compilare un elenco di argomentazioni da dare ai Tuoi clienti.
Tu sai che un buon venditore deve avere un proprio elenco di argomentazioni per offrire i prodotti. Ebbene, la stessa cosa vale per il negoziante. Con la differenza che lui non ha forse l'esperienza e la capacità di costruire un'argomentazione (ne il tempo e la conoscenza). Ecco perchè se Tu le prepari e le distribuisci ai Tuoi clienti, dicendo loro di leggerle perchè potrebbero essere molto utili (inizialmente per i prodotti importanti e successivamente ad ogni presentazione di nuovo prodotto) avrai la loro riconoscenza.
Magari non tutti lo faranno. Alcuni non le leggeranno affatto; altri lo faranno velocemente, ma chi lo farà, venderà di più e sarà portato ad acquistare di più.
Ciao

mercoledì 16 luglio 2008

Imparare

Federico (loc. n.c.)
“L'azienda in cui opero sta pianificando corsi di formazione. Per il ruolo che svolgo mi ha dato incarico di cercare il formatore e di predisporre i corsi. Mi è stato però anche detto che anch'io dovrò parteciparvi assieme ad altri colleghi ma con altri ruoli e di diverso livello. Io non credo che la cosa possa interessarmi perchè la formazione che si andrà a fare non tocca argomenti che non so ed inoltre torvo anche imbarazzante sedermi accanto ad altri ad ascoltare, come un normale partecipante. Non so come dirlo all'azienda e le chiedo un aiuto.”

Mio caro Federico,
sono piuttosto allibito da quanto scrive ma, così è. Lei dovrebbe avere una posizione aziendale piuttosto interessante se l'azienda ha dato a lei questo incarico e, dall'alto di questa posizione, Lei dice cose che, mi permetta di dirlo con la solita franchezza, sono allucinanti per il mio modo di pensare.
Dunque: Lei è un Capo ( o quasi tale, non so). Quindi, in qualità di questa posizione, per il ruolo che svolge Lei ritiene di non potersi mischiare ad altri di ruoli o livelli diversi. Parte dal principio che, essendo Capo, Lei sa già tutto. Non abbisogna di aggiornamenti, riflessioni, approfondimenti. No. Lei sa tutto e mettersi al livello di altri per ascoltare ( dice così ma sbaglia già tutto) è anche un po' umiliante.
Vede. Federico, già nello scrivere “ascoltare” il formatore, Lei commette un grosso errore. Non è l'unico a farlo. Lo fanno in tanti, si consoli, ma resta un errore enorme. Non si partecipa ad un corso formativo per “ascoltare” cosa dice il formatore. Se l'approccio dei partecipanti è questo, nessuno imparerà una virgola. Si ascolta un cantante; si ascolta la radio, si segue un film, ma con un formatore non si ascolta quanto dice, ma si entra con lui in discussione; ci si confronta con le idee; gli si chiedono suggerimenti su situazioni; si analizzano comportamenti....insomma, se si pensa di andare ad ascoltare chi parla, si buttano via tempo e danaro. Chi ascolta, non partecipa. Si sente fuori dalla cosa; si ascolta per giudicare e se si giudica ci si pone su un altro livello e, mi creda, in questo modo la formazione non serve a nulla.
L'apprendimento di qualunque materia non è mai assicurato dall'insegnante. L'insegnante espone; dice il suo parere, discute, ma chi decide di imparare è colui che partecipa. Non si insegna la cultura, la si impara. Nessun maestro può insegnare a nessun alunno se quest'ultimo non ha alcuna voglia di imparare. La partecipazione ad un corso va vista in questi termini: io partecipante so alcune cose. So fino a questo punto. Tu insegnante sa altre cose (per esperienza, sai di più). Mettiamo a confronto le nostre conoscenze in modo che io partecipante possa eventualmente correggermi e comunque saperne più di prima.
Vede Federico, nei corsi formativi che tengo, c'è un concetto iniziale che dico prima di ogni altra cosa e che dà l'esatta misura di quanto ogni partecipante possa imparare o meno.
“Immaginate che davanti a voi, in mezzo al tavolo, ci sia un grosso cesto di frutta. Ce n'è per tutti, di ogni qualità. Ognuno può trovare quella che più gradisce e ne trova fin che vuole. Tutti possono prenderne e mangiarne sino alla sazietà. Ciò che verrà detto, è la frutta stessa. Io formatore metto tutto lì, davanti a Voi; sta ad ognuno approfittarne al massimo, secondo volontà. Probabilmente qualcuno allungherà la mano e prenderà quattro, cinque pezzi di frutta. Altri, cercheranno di mangiarne il più possibile riempiendosi la pancia. Qualcuno allungherà la mano per prendere un solo frutto. Ecco, questo cesto di frutta è la conoscenza; è la volontà di imparare, di migliorare.. Il formatore può solo dare gli stimoli; aprire a nuove conoscenze ma non può in alcun modo obbligarVi ad apprendere; non può obbligare nessuno a mangiare per forza. Quindi il grado di insegnamento è uguale per tutti; lo sforzo di imparare è solo personale e dipende dalla volontà di ognuno”
Lei Federico, non vorrebbe sedersi accanto agli altri; si sente superiore; ritiene di saper già molto. E se sedendosi accanto agli altri scoprisse di far parte di un gruppo; se saltasse fuori da qualche argomento un punto; un solo punto che Lei non conosceva o su cui aveva convinzioni errate? Lei saprà senza dubbio che il progresso nella conoscenza è dato anche da una sola scoperta da aggiungere a quanto già conosciamo. Ritiene di non averne bisogno?
Credo, mi permetta, che nella Sua azienda qualcuno abbia posto una fiducia sbagliata in Lei e, povero lui, non se ne accorge. Sono duro, Federico, ma tant'è. Finisce non per chiedermi se per caso sbaglia o meno, ma per chiedermi come dirlo all'azienda. Non posso aiutarla a sbagliare più di quanto non stia facendo. Scenda un po' dal piedistallo su cui è appollaiato per errore. Potrebbe scoprire un mondo diverso che non conosce. Credo possa farLe solo bene. E se Lei è giovane, lo faccia presto perchè nel mondo del lavoro, le etichette con poco o nulla dietro, prima o poi si scollano.
Forse sono stato molto duro con Lei ma vedendo che l'azienda pone in Lei una certa fiducia, ho dovuto darle una vera mazzata per riportarLa su questo mondo.
In bocca al lupo.

lunedì 14 luglio 2008

Perdita clienti

Romualdo B. (loc. n.,c.)
“Ho un esercizio commerciale ereditato da mio padre. Io non volevo fare questo lavoro ma sono giovane, altro non trovo ed allora, anche per pressione di mia madre ho iniziato. Quando non volevo fare il lavoro e non mi interessava, avevo molti clienti. Poi, man mano che ho deciso di adeguarmi e seguirlo, ho perso clienti ed oggi sono piuttosto preoccupato. Ho sbagliato? Cosa posso fare? Io non capisco nulla o capisco poco di rapporti commerciali. Mi sono buttato su internet ed ho visto il vostro blog. Mi sembra ben fatto e le risposte sono serie. Potete aiutarmi?”

Caro e giovane Romualdo,
in pochi concetti hai detto tutta la storia ed hai spiegato perfettamente una curva che da una situazione positiva arriva al declino. Mi sembra di capire che la cosa sia arrivata in ben poco tempo e questo significa che davvero i Tuoi inizi di imprenditore sono stati davvero sbagliati.
Non volevi interessarTi dell'attività di Tuo padre e lo hai fatto malvolentieri; ma qualunque lavoro iniziato e portato avanti malvolentieri fa arrivare a queste situazioni. Ora Tu mangi le dita ma forse è tardi.
All'inizio avevi la clientela anche se non Ti curavi dell'attività perchè era quella di Tuo padre. Quando poi i clienti hanno capito che aria tirava, lentamente hanno scelto altrove.
Vedi Romualdo, il tradimento della clientela è stato più volte analizzato e, visto che probabilmente non sai i motivi per cui avviene, Te li dico.
Fatto 100 la percentuale dei clienti che possono tradire l'esercizio commerciale, quelli che lo fanno per motivi vari (non definiti, che vanno dalla comodità, dall'essersi trasferiti e da altro) sono il 9%.
Quelli che si guardano in giro e trovano appetibili le condizioni della concorrenza sono all'incirca un altro 9%.
Coloro che decidono di lasciar perdere con quell'esercizio commerciale perchè insoddisfatti dei prodotti o del servizio ricevuto, arrivano ad un 15%.
Ma ciò che conta, sopratutto a Te è sapere che il 67% se ne va e lascia il solito esercizio per insoddisfazione del rapporto con colui che gestisce o per un trattamento ricevuto che non ritengono più all'altezza. In altre parole, chi gestisce non sa tenere un buon rapporto coi clienti!
Non è tanto il primo 9% od il secondo 9% che devono preoccupare, ma è oltre l'80% degli altri. Ammetterai da solo, e ne stai pagando le conseguenze, che si tratta di un'emorragia dovuta o causata dal Tuo comportamento sbagliato (anche se per incompetenza iniziale).
Se volessi tranquillizzarti dovrei dirTi di non preoccuparTi, ma non posso farlo perchè quando accadono queste cose si innesca una catena della negatività che non ha fine. Sappi che un cliente insoddisfatto parla solitamente male della propria esperienza ad altre persone (calcolate anche queste in un minimo di 10 e parte di queste, a loro volta riferiscono ad altri quello che hanno saputo creando così una catena di nomea negativa che puoi immaginare dove arriva.)
Cosa fare? Difficile far tornare chi si è sentito tradito. Volendo darTi una mano, posso suggerirTi, se hai i mezzi e se conosci nomi ed indirizzi dei Tuoi ex clienti, di fare un gesto d'onestà che non si aspettano.
Scrivi una bella lettera, dicendo esattamente cosa è successo, spiegando che Ti sei trovato inserito in una situazione superiore alle Tue forze, senza esperienza, ed hai commesso l'errore di non capire come andava trattato il cliente. Poi lo hai capito ed umilmente chiedi scusa per non aver dato loro un rapporto come Tuo padre dava. Chiedi serenamente loro di tornare perchè hai bisogno di loro quanto loro possono averlo di Te. Unisci la possibilità di avere un premio, un regalo od uno sconto se tornano e....spedisci.
Se saprai essere convincente; se sarai stato umile e gentile, credo che, anche se non tutti, ma un ritorno significativo ci sarà. In fondo a tutti piace aiutare.
Ciao

mercoledì 9 luglio 2008

Vendita

Francesco R. Pomezia
“Sono contento di questo blog che ho trovato per caso e che guardo quando posso. Lo conoscono in pochi e credo che noi che leggiamo dobbiamo darci da fare per farlo conoscere a amici e conoscenti perchè più in tanti lo guardano è più esperienze si sommano per chi legge. Sono un venditore piuttosto giovane anche se non alle primissime armi. Ho perciò guardato le risposte che riguardano la vendita. Appena posso inizierò da quelle del marketing, poi le altre. Oggi, vi domando una cosa, se potete rispondermi. Si parla sempre di cose giuste da fare nella vendita. Mai io dico che nella presentazione di qualcosa l cliente ci sono anche cose non giuste da fare. Posso sapere per voi quali sono queste cose non giuste? Grazie”

Caro Francesco,
certo che puoi. Hai detto bene quando scrivi che solitamente si parla delle cose che andrebbero fatte. Se non ricordo male però, più volte ho risposto dicendo anche ciò che non andrebbe fatto. Può darsi che queste risposte siano state tra quelle che ancora non venivano lasciate in rete e quindi magari, non leggibili. Per questo, cerco di elencarti alcuni fattori negativi che in fase di trattativa e di presentazione di un prodotto, non andrebbero usati.
Devi sapere, Francesco, che una vera bomba nella presentazione del prodotto sta nel drammatizzare la presentazione stessa, inserendola in una atmosfera che coinvolga emotivamente il cliente, facendolo partecipare alla presentazione stessa. Questo è un fattore positivo che ho dovuto per forza dirTi, ma da cui esco subito per arrivare agli errori da evitare.
Affidarsi alla sola parola. Quando noi parliamo, il cliente usa solo l'udito per seguirci. Noi però dobbiamo assolutamente coinvolgere altri suoi sensi. Ecco perchè, ad esempio, dobbiamo coinvolgere la sua vista, mostrando sempre il prodotto. Affidarsi alla sola parola è assolutamente sbagliato. Dovremmo addirittura, oltre a presentare il prodotto, affidarci anche alla scrittura che obbliga il cliente a stare a vedere cosa mia stiamo facendo. Per scrittura intendo mettere per iscritto numeri, quantità, condizioni, premi ecc..ecc... ma, attenzione, non devono essere cose stampate ma fatte al momento. Quindi primo errore: affidarsi alla sola parola.
Se il prodotto ha diversi vantaggi o diverse possibilità d'uso, non fermarsi a presentare quella che si ritiene più importante (solo perchè se le diciamo tutte non finiamo più). I vantaggi, pur se fossero molti vanno presentati tutti. Semmai taglieremo corto su altri punti. Secondo errore quindi: pensare che non sia utile presentare tutti i vantaggi ma solo quelli che noi riteniamo più impattanti.
Non essere preparati. Se, ad esempio, si sta presentando un prodotto tecnico, il venditore dev'essere il primo a saperlo usare a menadito. Invece spesso sento dire “io non sono un tecnico e non so usarlo bene, ma le assicuro che è facile”. Massima preparazione, quindi. Chi non è preparato mette a segno un altro grossolano errore. Fosse anche il miglior venditore del mondo, sbaglierebbe.
L'incertezza. Quando un venditore è incerto in ciò che dice, come può pensare di convincere un altro? Ciò che dico potrebbe apparire assurdo ma piuttosto che essere indecisi, meglio dire una bugia immediata che possa convincere. Il cliente percepisce l'incertezza (e quindi l'impreparazione) Quindi: quarto errore: essere indecisi e impreparati.
Pensare di saper fare una vendita senza usare tutto il materiale a disposizione. Se l'azienda, bontà sua, dovesse aver fornito il materiale occorrente, questo va usato, perchè l'attenzione che il cliente dà su quanto è scritto, unito la parola che sta sentendo, serve da moltiplicatore. Le certificazioni che dovessero comprovare la qualità, ad esempio, vanno sottoposte sempre seguendo l'ordine logico di ciò che si sta dicendo. Quindi, il quinto errore è non usare il materiale a disposizione.
La prolissità. Essere troppo lunghi è assurdamente sbagliato. Troppe volte non si finisce mai di parlare perchè si ha paura del “no” del cliente e quindi si continua a parlare pensando di prenderlo per stanchezza. Errato. Le argomentazioni e la vendita vanno fatte nei tempi dovuti. Vanno eliminati i dettagli inutili; le eventuali dimostrazioni se non sono necessarie; lasciando al cliente, se vuole, di porre obiezioni. Quindi, parlare il giusto e forse anche un po' meno. Il sesto errore è proprio questo: parlare troppo.
Penso che bastino, Francesco. Che ne dici?
Buon lavoro

domenica 6 luglio 2008

Insuccesso

Romano L. Vicenza
“.......ho cercato di far capire che le cose vanno in questo modo per colpa della concorrenza ed anche perchè purtroppo noi non siamo attenti a seguire le richieste. Abbiamo un marketing lento; un'amministrazione ottusa; il reparto spedizioni che non si schioda dal non spedire merce se non c'è un certo minimo; un ufficio vendite che, se gli ordini hanno una virgola storta o non messa, bloccano tutto per chiedere conferma....insomma, è davvero difficile. Cosa è possibile fare? Lei riesce a darmi una giustificazione di tutto questo? Sono davvero capitato in un'azienda particolare?......”

Mio caro Romano,
la fotografia che Lei fa dell'azienda è piuttosto tragica. Se mi permette Le dico che io sono sempre molto cauto nel dare giudizi soprattutto su cose che non conosco. Nel suo caso però qualche dubbio mi viene perchè vede, Romano, quando gli intoppi e le situazioni che non vanno bene sono sempre per colpa degli altri, qualcosa di strano forse c'è. A volte mi chiedo: possibile che non sia mai, nemmeno un po', colpa nostra?
La cosa brutta di questi intoppi o insuccesso “funzionale” è che, mi creda, quando c'è, è sempre globale. Capita poche volte che la colpa sia solo di un ufficio. No. I problemi sono su tutto. Non va il marketing, l'ufficio vendite, le spedizioni, la fotocopiatrice, l'ascensore, la macchina del caffè...insomma, non va mai bene niente. Inoltre, come anche Lei lascia capire dalla Sua lettera, non si prevede via d'uscita. Va tutto storto e quindi è inutile fare qualcosa. Lei stesso, non riesce a trovare soluzioni ma entra a far parte del meccanismo.
Mi chiede aiuto e glielo do. Cominci anche Lei a non pensare che tutto sia colpa degli altri. Magari non è colpa Sua ma....e se ci fosse anche il Suo zampino? Se Lei agisse forse con maggior equilibrio nelle valutazioni dei problemi, probabilmente qualcosa cambierebbe. Gli ordini non passano se manca una virgola? Controlli meglio gli ordini prima di passarli. Le spedizioni non sbloccano se non c'è un minimo? Comprenda che forse non lo possono fare per non rendere passiva una spedizione. Allora, si sforzi di far capire ai clienti che devono raggiungere quel famoso minimo se vogliono la merce. Insomma, cerchi di dare la Sua massima collaborazione e probabilmente cambierebbero le cose. Non tiri a campare lamentandosi e non proietti l'indecisione e l'insoddisfazione su altri.
Cerchi, Romano, di capire le esigenze degli altri colleghi ed uffici ed eventualmente concordi con loro altre possibili soluzioni nel caso qualcosa non fosse come desiderato. Sono certo che non vi sia soluzione migliore. Vedrà che tutto torna a posto. E la prego: se c'è un insuccesso, una parte di colpa, magari piccolissima, è anche nostra. Cominciamo ad eliminare quella e comprendere quelle degli altri.
Saluti

mercoledì 2 luglio 2008

Perdere clienti

Franco B. Crema
“Gestisco un'attività di servizi nell'ambito delle macchine fotocopiatrici nelle aziende. Il lavoro va bene. I clienti sono sufficienti per operare con guadagno, anche se minore a prima. La concorrenza sta crescendo anche in questo settore ma io sono inserito da diverso tempo. Certo, ammetto che ci sia un giro dei clienti. Io perdo qualcosa che va alla concorrenza ma prendo qualcosa anche a loro così siamo pari. Dopo un certo tempo il mio ex cliente ritorna ed i concorrenti me ne fregano un altro. Ma fa parte del gioco. A questo punto devo anche ammettere che non so perchè vi scrivo. Forse solo per lamentarmi un po' o per avere una risposta.”

Gentilissimo Sig. Franco, la Sua ultima frase è piuttosto paradossale e se non fosse scritta, non ci crederei. Nessuno l'ha obbligata a scriverci, ma visto che lo ha fatto, se posso permettermi, Le dirò che forse le cose non vanno poi così bene come vuol far credere. Probabilmente ha qualche preoccupazione ma poi, un rigurgito di orgoglio glielo fa negare. Ammettiamo però che Lei non abbia problemi e parliamo in generale a chi legge e magari ne ha.
Il cerchio dei clienti persi e dei clienti guadagnati porta sempre minori guadagni. A parità di numero clienti, le aziende guadagnano meno. Chi non è attento a questo, rischia sonore batoste. Il fatto è che costa sempre molto meno tenersi un cliente acquisito piuttosto che trovarne uno nuovo. Si calcola addirittura che mediamente acquisire un cliente nuovo costi 5 volte più caro che mantenersene uno già esistente e che magari brontola un poco.
E' una mentalità, quella di pensare che è sufficiente trovare un cliente nuovo per ogni cliente perso, che è dura da cambiare. Tanto più sono i clienti che si perdono e quelli che si prendono, tanto maggiore sarà la perdita di guadagno. Il gioco è semplice. Perdiamo un cliente che fattura 100. Questo è un dato di fatto. Dobbiamo metterci alla ricerca di un altro cliente che non conosciamo e che pensiamo possa fatturare 100 anche lui. Ma per cercare ed acquisire un nuovo cliente dobbiamo almeno darci da fare e visitarne 20. Il costo di quest'operazione dove lo mettiamo? Ipotizziamo che finalmente riusciamo a prenderne uno alla concorrenza. Costui non cambierà mai per avere condizioni alla pari di quelle di cui già gode. Sarebbe folle. Minimo chiederà un miglioramento e quindi per portarlo via al concorrente dovremo cedere qualcosa. Ci troveremo così un cliente nuovo con condizioni inferiori a quello che avremmo voluto. A questo punto, se ci pensiamo, quel cliente non dovrebbe più fatturare 100 ma almeno 110, se vogliamo recuperare il guadagno che andremo a perdere. Spesso non solo non è così, ma il cliente che prometteva di valere 100 si scopre valere 80. Ed allora sono guai. Perdiamone un po' e troviamone altri a queste condizioni ed i nostri affari andranno piuttosto male.
Io raccomando sempre di far di tutto per tenere i clienti esistenti. Cedere su qualche punto può essere meglio che non tener duro. Qualcosa dato ad un cliente che magari è un po' più esigente può davvero far risparmiare. Calcoliamo inoltre che la tecnica del “perdo uno e ne trovo un altro” porta ad un impoverimento di tutto il mercato che lentamente ma inesorabilmente si posiziona su livelli più bassi di fatturato Ogni cliente che si perde e che porta a rubarne uno al concorrente, porta entrambe le aziende a posizionarsi ad un livello di margini più basso.
Non vale quindi la pena. Meglio far di tutto per non perderli.
Quindi, caro Franco, Lei non ha problemi e non ne ha bisogno, ma semmai un domani ne avesse, tenga nota di quello che ho scritto.
Cordiali saluti