Ricerca personalizzata

domenica 28 dicembre 2008

VISUAL MERCHANDISER

Benedetta B. Salerno
Solo una domanda a cui chiedo, possibilmente una risposta velocissima perchè nei prossimi giorni ho un colloquio importante.
Che cosa significa fare del visual merchandiser?
Vi ringrazio di cuore.

Cara Benedetta,
il visual merchandiser è colui che fa il visual merchandising. Quindi, ciò che Tu chiedi è la funzione o la posizone che mi pare di capire, Ti viene offerta.
Si tratta di una figura professionale responsabile di migliorare l'esposizione o di una corretta generale esposizione dei vari prodotti di un'azienda presso i punti vendita. Tendenzialmente il merchandiser si occupa delle quantità di prodotto esposte sugli scaffali, el controllo della presenza delle referenze in assortimento o contrattualizzate col cliente o la catena; dell'installazione di eventuale materiale pubblicitario o promozionale. Se il settore in cui dovrai operare è, ad esempio, nell'ambito di negozi tradizionali specializzati (profumerie o quant'altro) potrebbe venirTi chiesto di predisporre l'allestimento di vetrine, apportando Tue idee creative o predisponendo soluzioni date dall'azienda stessa, in sintonia con le strategie di marketing del momento.
In ambito più ampio, può essere responsabile delle scenografie, luci e ambientazione di locali o luoghi di vendita.
Che ne dci? Può interessarTi? Oggi questa attività, se non svolta nelle catene di supermercati presso cui il lavoro è tendenzialmente di riassortimento scaffali, con analisi delle uscite e delle movimentazioni, può avere basi piuttosto ampie in cui è lasciata libera la creatività personale.
Non mi dici l'azienda che Ti ha chiamato e quindi non posso dirTi di più.
Comunque potrebbe essere un'occasione da non perdere perchè solitamente ha sviluppi in altri rami aziendali.
Ciao.

mercoledì 24 dicembre 2008

SAPER ASCOLTARE

Franca B. Cremona
Gentilissimi signori,
il mio caso è piuttosto semplice ma non so spesso come uscirne. Ho a che fare con diversi collaboratori ed ogni volta che ho con loro una riunione mi ritrovo a sentire cose giuste, qualche volta, e tante cose sbagliate, più spesso. E' più forte di me intervenire per correggere le cose sbagliate che sento dire perchè ritengo che il compito di un capo sia anche quello, come dite voi, di fare scuola ai dipendenti e farli ragionare. A lungo andare però mi sembra che quando facciamo le riunioni pochi parlino e se possono, nemmeno quelli. Così spesso mi manca il contraddittorio

Cara Franca,
hai detto tutto Tu. Forse anche non volendolo. Hai scritto che i Tuoi collaboratori poche volte dicono qualcosa di giusto e troppo spesso, invece, dicono fesserie. Psicologicamente, in realtà hai detto che, poche volte dicono cose che Tu hai già in mente come giuste e che vorresTi sentir dire a rafforzamento di idee che hai già preso e molte volte dicono fesserie, ovvero esprimono pareri contrari a quanto Tu già pensi.
Ecco perchè è più forte di Te intervenire. Lascia perdere il fatto di farlo per formazione perchè questo con la formazione c'entra come i cavoli a merenda. ConvinciTi o ammetti che lo fai solo perchè vorresTi che dicessero quanto Tu vuoi che dicano e se non lo fanno, ecco che dicono fesserie a cui controbattere subito. Lo fai non tanto per formarli, perchè chiudendo loro la bocca non li formi ma, piuttosto solo perchè Ti irrita che non Ti diano ragione. Se vuoi che Te lo dica in un altro modo, ma il succo è uguale, vorresTi che Ti leccassero un po'.
Ed ecco quindi che i Tuoi collaboratori, un po' stanchi di sentire che intervenendo per cercare di dire la loro sono solo presi a sberle, preferiscono tacere. Che beneficio ne hai ottenuto? Che non sai nemmeno più come la pensano e non hai più apporto di idee che potrebbero essere buone.
Ti svelo un piccolo segreto: se chi parla dice qualcosa su cui non siamo d'accordo, per quanto sia difficile tacere, dobbiamo lasciarlo parlare sino in fondo. Potrebbe dire pure cose sbagliate. Non importa. Chi parla dev'essere libero di esprimere totalmente quanto ha in testa. Poi, se riteniamo che il nostro punto di vista sia più corretto, avremo occasione successivamente di riprendere il tutto e spiegare che forse c'era un altro modo di vedere la cosa. Ma chi parla non va mai contraddetto nel momento in cui si esprime perchè tutti noi, parlando, cerchiamo il consenso di chi abbiamo di fronte e non certo desideriamo sentirci dire che stiamo dicendo cose sbagliate.
Non chiudere la bocca ai collaboratori perchè poi la chiuderanno anche quando vorresTi sentir da loro un parere spassionato. Accetta ciò che dicono. Prendine nota e in un'altra occasione, se si sarà rivelato che quanto detto era sbagliato, potrai educatamente e delicatamente tornarci sopra. Spesso però non c'è questa necessità perchè se chi ha espresso un parere ha poi visto d'aver sbagliato, lo comprende da solo.
Ciao

lunedì 22 dicembre 2008

IN STORE TEST

Gino M. (loc. n.c.)
Vorrei chiedere due cose. Una è pura curiosità e l'altra riguarda il mio lavoro.
La prima è sapere cosa significa (loc. n.c.) che spesso mettete dopo il nome di chi scrive e la seconda è questa.
Sono da poco entrato in una società nel settore del marketing. Al rientro delle ferie natalizie avremo un meeting che, come scritto dal mio capo, nella comunicazione inviata, si riferisce ad un in store test.
Io sono nuovo e fresco di studi per cui a volte ho pure vergogna a chiedere ai colleghi che sono qui da tempo. Ho cercato di capire cosa potesse significare ma non so andare oltre il significato letterale. Mi potete aiutare?
Grazie

Mio caro Gino,
la scritta che hai visto dopo il nome degli altri la rivedi anche oggi dopo il Tuo nome. Significa “località non conosciuta” nel senso che chi scrive, malgrado più volte io lo abbia chiesto, non mette la località di residenza o di lavoro. Non conoscendolo, non posso scriverlo. Tutto qua.
Sarebbe utile avere questa informazione perchè certe situazioni variano anche di molto da nord a sud, da città a città, da centro a provincia. Ma spesso non sono ascoltato e questo va a scapito della precisione di certi suggerimenti.
Per quanto riguarda il chiarimento di lavoro, il significato è semplicemente “test in un punto vendita”. Viene definita così un'indagine effettuata dall'azienda stessa o da apposite società esterne per verificare l'atteggiamento e le reazioni dei consumatori, relativamente a nuovi prodotti, rifacimenti, azioni promozionali, qualità del packaging, prezzo d'acquisto, od anche gusto se si tratta di qualcosa che si mangia.
Ovviamente essendo un'azione per cui vi è la necessità di fermare il cliente e parlare con lui per un po', è sempre coinvolto il punto vendita o la catena di supermercati. Se il test è ben fatto, anche il punto vendita viene scelto appositamente dopo determinate valutazioni di fascia di clientela, spesa media, rotazione del prodotto interessato ed altre valutazioni ancora.
I risultati che si traggono servono poi all'azienda per proseguire nello studio e sviluppo del nuovo prodotto o della correzione a cui si pensava.
La Tua azienda quindi sta valutando qualcosa del genere su qualche prodotto e il meeting a cui sei chiamato, verterà proprio su questo tema.
Ciao

RICORDARE

A.A. (loc. n.c.)
Vorrei cortesemente chiedere una sola cosa veloce. Mi scuso se non metto il nome e la località ma ho paura di essere riconosciuta e che qualcuno mi prenda in giro.
Lavoro in un'azienda commerciale nell'ufficio vendite. Il mio capo una volta al mese ci riunisce e tiene una riunione per spiegarci le novità che i venditori andranno a vendere, in modo che tutti noi si possa capire se un cliente telefona per chiedere qualcosa inerente alle novità, appunto.
Ebbene, io sono presa in giro dai colleghi perchè mi scrivo tutto quanto viene detto. Il mio guaio è che non ho memoria per ricordare quello che dice il capo. Non so come fanno i miei colleghi ma io ad ascoltare parole su parole, mi confondo. Che problema ho?

Mia cara A.A.
Forse hai poca memoria ma è certo che il Tuo Capo non è un genio della comunicazione. Mi pare di capire da quanto dici che non presenti nulla di scritto ma convochi Voi tutti per dirVi le novità.
Come ho detto, potresTi avere poca memoria ma il Tuo Capo certamente non sa che la mente umana ricorda l'80% forse di quanto vede scritto e addirittura solo il 20% di quello che viene detto. Quindi, non meravigliarTi. Ascoltando solo parole, se Te ne ricordi il 20% sei nella perfetta media di tutti coloro che ascoltano. Diverso sarebbe se il Tuo capo presentasse su un lucido o una lavagna gli scritti e li commentasse assieme. In questo caso il grado d'attenzione salirebbe all'80% e Tu inzieresTi a prendere nota molto meno.
Non farTene quindi un problema. Il Tuo prendere nota nasce proprio da questa situazione. La Tua mente, desidera vedere per ricordare. Scrivendo, Tu memorizzi.
Continua così se il Capo non cambia e non farTene un problema per i colleghi. Chissà se davvero, interrogati su quanto hanno ascoltato, risponderebbero bene?
Ciao

domenica 21 dicembre 2008

PARLARE IN PUBBLICO

Antonio B. Reggio E.
“Ho letto tutto quanto avete scritto circa il parlare in pubblico. E' tutto molto interessante ma forse potrei aver perso qualche risposta e mi spiacerebbe. Io, come avete capito, ho la necessità di dover fare riunioni e parlare ad un gruppo di circa venti persone ogni volta. Mi sono preso nota di tante cose. E' possibile adesso verificare con un riassunto, cosa si deve fare? Chiedo troppo?”

Mio caro Antonio,
ho scritto tante volte su questo tema, rispondendo a molti interrogativi, che non ricordo nemmeno più quanto ho detto per cui senz'altro mi ripeterò ma, come altre volte ho detto, nella formazione ogni ripetizione è un tassello che si aggiunge a rafforza la conoscenza.
Dunque, vediamo di fare un sunto per darTi la possibilità di ricapitolare quanto hai già letto.
Le cose più importanti per poter gestire un discorso in pubblico o tenere un meeting sono la preparazione e le prove preliminari successive.
Fare prima una prova leggendo il testo predisposto in presenza di alcune persone amiche, simulando anche la situazione reale. Se si deve parlare in un microfono (cosa che deploro e non faccio mai) è meglio usarne uno anche nella prova. Se si pensa di usare lavagne su cui scrivere, è utile che anche in questa fase ci siano, al fine di scarabocchiarle. Questa prima lettura dovrà essere registrata su nastro. Non puoi immaginare Antonio, come sia possibile , notare i difetti riascoltando la presentazione. (Lo è anche per gente che parla da una vita!)
Dovrai cercare di ridurre le imperfezioni il più possibile, stando attento al tono di voce, agli spazi, al senso delle frasi, al ritmo, riprovando ogni volta sin quando non Ti sembrerà d'aver raggiunto un livello accettabile.
La seconda prova sarà proprio destinata a migliorare la tecnica di esposizione (la cadenza ed il ritmo del discorso). Al termine di questa nuova esposizione si riascolterà la registrazione da cui si dovranno notare i miglioramenti. Se non ce ne sono stati, vuol dire che va tutto rifatto.
Infine, la terza prova. In questo caso si studierà il modo migliore di presentarsi, di muoversi e di gestire. Per questa fase conclusiva potrebbe essere utile un videoregistratore per rivedere l'effetto complessivo.
Chiedi anche a qualcuno del Tuo pubblico di interromperTi con domande, per capire il Tuo atteggiamento in una situazione di interruzione della presentazione.
Detto questo, caro Antonio, in sintesi, eccoTi i punti su cui fare attenzione:
eccessiva durata del discorso (o magari, insufficiente durata).
Punti salienti o concetti non facilmente comprensibili da chi ascolta
concetti non identificabili (spesso accade nella presentazione di prodotti nuovi che non sono conosciuti)
parti del discorso slegate tra loro
ritmo incerto con la sensazione di un'esposizione disordinata
pronuncia non chiara o modo di esprimersi pasticciato
eccessive esitazioni
timore dei vuoti e uso di parole riempitive che non servono
dimostrazione di nervosismo (come raschiarsi la gola)
parlare troppo in fretta o troppo lentamente
parlare a voce eccessivamente alta o troppo bassa
parlare senza variazioni di tono, in modo monocorde
inspirare e respirare in modo sbagliato
non guardare in faccia chi ascolta
fissare solo e sempre una persona (da non fare)
dondolarsi sul corpo
gestire il tutto con una mimica sbagliata (che potrebbe essere quello di sorridere in continuazione o parlare con la faccia troppo seria)
Ciao

martedì 16 dicembre 2008

PARLARE IN PUBBLICO

Annamaria z. (loc. n.c.)

Sono un junior product manager da un anno in un'azienda italiana con legami internazionali. Sono responsabile di alcuni prodotti minori proprio per imparare il mestiere, che curo con passione perchè per me sono tutto e voglio, col loro successo ottenere anche il mio. Faccio male?
Ora accade che il prossimo mese ci sarà la riunione della forza vendite ed il mio capo in una riunione ha distribuito i compiti per presentare le strategie del prossimo periodo. Poiché, al di là del direttore vendite, le novità del marketing verranno presentate dai P.M. Ogni responsabile di prodotto parlerà di ciò che vorrà fare. Il P.M. Da cui dipendo mi vuole coinvolgere ed anziché presentare lui i miei piccoli prodotti vuole che lo faccia io.
Non mi sento tranquilla perchè non ho mai parlato a numerose persone e penso che potrei fare cose sbagliate giocandomi la credibilità. Da qualche giorno sto mettendo su carta ciò che devo dire e penso che finirò per leggere per non commettere errori e seguire un filo. Il guaio è che se dico tutto quello che vorrei dovrei parlare delle ore. Sono in un vicolo cieco e non riesco a venirne fuori. Ho chiesto ai colleghi di darmi una mano e si sono messi a ridere. Hanno risposto che ognuno fa il suo e che devo imparare. Carogne!
Come devo muovermi? Che fare?
La ringrazio per quello che vorrà dire.

Cara Annamaria,
il Suo problema è vecchio come il mondo e, mi creda, se ne può uscire. Se Lei ha tempo di cercare in archivio, troverà alcune risposte che potranno aiutarLa. Se Le facessi un trattato di come affrontare un pubblico Le farei probabilmente confusione, in questo momento. Lei non ne ha bisogno. Mi soffermo quindi su un punto della Sua lettera perchè potrebbe aiutarLa e risolvere il tutto.
Lei dice che si sta scrivendo ciò che deve dire e leggerà. Ecco: l'azione del leggere ciò che si vuol dire è l'unica cosa sbagliata che può fare. Dica tutto ciò vuole, lo faccia come vuole ma non legga. E' forse il suggerimento più azzeccato che posso darLe per aiutarLa. Qualunque cosa venga letta davanti ad un pubblico, anche ad un meeting aziendale, appare da subito noiosa e chi ascolta porge orecchio per qualche minuto poi si allontana con la mente.
Chi sta dietro ad un leggio, come un politico, è noioso già di per sé e dà un'immagine vecchia, non spontanea.
Leggere è tedioso perchè chi legge ha pochissimo se non alcun contatto con gli occhi verso chi ascolta. Non ha praticamente alcuna gestualità perchè è fermo con la testa china sui fogli per non perdere la riga e, se muove le braccia, le muove malamente. Non essendoci gestualità quasi certamente c'è monotonia. Chi ascolta vede un pezzo della persona che parla (magari solo spalle e testa) ed anche questo è negativo. Non vedo, a mio parere, una persona energica porsi nella condizione di leggere ciò che deve dire. E chi fa il Suo mestiere dev'essere brioso, energico, moderno, stimolante. Lasci la lettura a vecchi bacucchi che sono sempre più interessati a fare bella figura che non a far comprendere. Molto meglio fare sbagli, chiedere scusa sorridendo, riprendere un discorso non portato alla fine piuttosto che arrivare, leggere le cose tute per benino, salutare e tornare al posto. Anche perchè chi ascolta sa anche leggere e potrebbe leggere da solo le cose da Lei scritte e dette, non crede?
Penso che leggere sia il modo migliore per bloccare la personalità. Sorrido sempre quando vedo persone che leggono sforzandosi di essere naturali perchè non ci riescono e finiscono per essere patetici.
Quindi, credo d'averLe fatto comprendere che è sempre preferibile qualcuno che dica le cose in modo libero piuttosto che leggerle stando ingessato.
Per superare questa situazione veda la riunione come un semplice incontro tra amici. Ammettiamo che Lei si trovi in un gruppo di cui conosce qualcuno e qualcun altro no. Le vien chiesto un parere su qualcosa. Che fa? Risponde di aspettare che deve scriversi ciò che deve dire eppoi legge oppure dice ciò che pensa e si pone nella situazione in cui interagisce liberamente? Lei risponderà con sicurezza prontamente senza pensare a nulla e la cosa sarà assolutamente naturale.
Ebbene, la Sua presentazione dovrà seguire la logica di libertà di espressione sui temi che presenta. O se vuole ancora un esempio, immagini di trovarsi ad una riunione di condominio dove è tenuta a dire qualcosa o dove Le vien chiesto un parere? Anche in questo caso che fa? Penso che risponderà senza problemi. Porti questo concetto anche nella Sua presentazione.
Certamente dovrà prepararsi un poco. Certamente avrà qualche dato da segnarsi e certamente i punti importanti dovrà ricordarli. Ma per tutto questo basta che Lei si segni degli appunti e li sviluppi mentalmente. Poi magari dirà meno di quello che avrebbe voluto ma questo spesso è un vantaggio perchè permette a chi ascolta di intervenire per avere approfondimenti o chiarimenti.
Ora Lei sta scrivendo il discorso. Bene. Lo faccia, lo rilegga fin che vuole, poi inizi a prendere punto per punto e metta su carta un simbolo, una parola chiave, un disegno, una cifra che Le servirà per richiamare alla mente quanto deve dire.
Alla fine si ritroverà con un foglietto con una scaletta striminzita di punti di riferimento in sequenza. Trascriva chiaramente questi simboli su un foglio A4 e lo appoggi al tavolo. Lei si metta a fianco, in piedi, senza barriere tra Lei e chi è seduto davanti e, poiché dice essere la prima volta che parla, inizi con un bel sorriso mettendo a conoscenza del pubblico proprio il fatto che è la prima volta e che chiede eventualmente di non essere massacrata dai fischi (ovviamente è un'iperbole ma serve per rompere il ghiaccio).
Dica su cosa vorrà intrattenerli eppoi inizi. Dia un occhiata al foglio ed al primo simbolo; riporti alla mente il collegamento e parta. Si muova lentamente, gesticoli il giusto, tenga il tono della voce in modo che tutti possano udirla e guardi negli occhi le persone.
Potrà sbagliare qualcosa e se lo farà si scusi e torni indietro nel discorso. Di tanto in tanto chieda al Suo pubblico se è tutto chiaro quanto detto e se non lo fosse dica alle persone di tenersi le domande di chiarimento per la fine della presentazione. In questo modo permetterà a tutti di avere chiarimenti ed a Lei di approfondire l'argomento.
Ricordi sempre e poi sempre che sta semplicemente parlando ad altre persone come Lei. Nessuno è li per giudicare se darLe un Nobel o meno. Immagini di essere tra amici e tra amici si parla, si discute, si alza il tono della voce e lo si riabbassa, si fanno battute spiritose e non ci si prende sul serio. Ecco, mentalmente questo dev'essere il Suo approccio. Non si prenda sul serio. Tutto è un gioco. Deve solo e semplicemente dire ad altri cose che Lei ha in mente e, tuttalpiù, discuterne dopo per convincerli che quanto Lei ha detto loro è ciò che va fatto per il bene del prodotto, dell'azienda e di loro stessi.
Non La mangerà nessuno, vedrà che andrà tutto bene.

domenica 14 dicembre 2008

VENDERE L'ATTIVITA'

Elisa (loc. n.c.)

Buongiorno,
dopo aver letto il vostro blog mi sono decisa a scrivere per riuscire ad avere qualche risposta. Ho un’attività di parrucchiera ben avviata da 6 anni e mezzo circa ed ora avrei intenzione di vendere perché vorrei cambiare vita. Il lavoro rende bene ed ho pure una dipendente che però con l’anno nuovo ha deciso di intraprendere un’attività come la mia ma ovviamente in proprio. Avrei intenzione di partire per un viaggio di qualche mese cosa che con un’attività non è proprio possibile e magari prima o poi di fare anche famiglia, solo che non posso contare su nessuno se la ragazza che lavora per me se ne andrà, e cercare una nuova dipendente significa che non potrei abbandonarla in negozio da sola, primo perché non avrebbe esperienza e secondo perché sarebbe poco professionale e non vorrei rischiare di perdere quello che ho costruito in questi anni rimettendoci pure la mia reputazione. Poi sono arrivata anche alla conclusione che avendo altre prospettive per il mio futuro non ho più gli stessi stimoli di una volta quindi prima di rovinare quello che di buono ho fatto fino ad ora ho deciso di lasciare. Quindi adesso come adesso vorrei sapere quali sarebbero i primi passi da fare per trovare un buon acquirente. Ovviamente bisognerà coprire eventuali debiti residui per poter lavorare sul “pulito”, poi avevo saputo che per quanto riguarda la richiesta del prezzo si andrà in base ai corrispettivi dell’ultimo anno e mi corregga se sbaglio. Insomma io sono proprio agli inizi ed ho bisogno di informazioni e direttive valide perché la scelta decisiva ormai l’ho fatta e soprattutto senza rimpianti ma ora ho bisogno di consigli concreti e utili. Ribadisco che il pacchetto è davvero buono ed il lavoro, nonostante la crisi che si sta abbattendo sul nostro paese, ce né sia per una sola persona che anche per quanto riguarda la possibilità di avere una o più dipendenti. Un’altra cosa: è più opportuno muoversi nella vendita da soli o appoggiandosi ad un’agenzia?quali sono le prime cose da fare?a chi mi posso rivolgere?aspetto con ansia una sua risposta sperando di poter ricevere una visuale migliore di quella che ho in questo momento. Grazie del tempo che mi ha concesso per ascoltarmi.

Cara Elisa,
ciò di cui Tu mi chiedi non è proprio materia di cui ci occupiamo quotidianamente. La compravendita ha delle regole piuttosto semplici e c'è ben poco da insegnare. Tu però chiedi qualche aiuto per fare le prime mosse e questo lo faccio volentieri basandomi sul buonsenso.
Il lavoro Ti ha già dato quello che cercavi. Sei stata brava, hai avuto soddisfazioni e guadagni, ed ora, come spesso accade, viene un po' meno lo stimolo com'è naturale che sia. Hai la possibilità di cambiare vita e quindi eccoTi al bivio.
Credo che Tu abbia bisogno di pochi suggerimenti e probabilmente quello che dirò non potrà essere dissimile da ciò a cui Tu hai già pensato. Dici di avere un'aiutante che Ti lascerà per mettersi in proprio. Bene, questa è la prima persona a cui Tu devi rivolgerTi, ammesso non sia già tardi. Costei infatti, lavorando con Te, conosce già la clientela, il ritmo, gli incassi e quindi potrebbe davvero essere facile anche per lei scegliere di subentrare nel Tuo negozio piuttosto che cercare altrove con tutte le incognite che può trovare. Hai provato a parlarle in questi termini? Se non lo hai fatto, fallo subito.
Al di là di questo, proporrei di partire anche con un'inserzione sul giornale locale. Guarda come sono fatte le altre inserzioni di vendita d'attività e segui la linea. Poi, se nella Tua città o paese (non so) conosci altri parrucchieri, devi far passare la voce. Non è detto che qualcuno possa essere interessato ad acquistare il punto vendita, sopratutto se potrai dimostrare gli incassi davvero buoni.
Circa le agenzie, possono essere ovviamente utili ma tieni conto che poi dovrai dar loro una percentuale di quanto incasserai e quindi, se Ti rivolgerai a loro, dovrai ricaricare questo loro margine su quanto Tu vuoi incassare. Quindi, fatti prima dire dall'agenzia la loro percentuale richiesta e successivamente, dopo averla aggiunta a ciò che vorrai incassare, di loro quanto vuoi assolutamente prendere. Tieni presente che spesso le agenzie dicono che si potrà vendere senza problemi al prezzo che Tu vuoi; questo, tanto per invogliarTi e firmare un accordo con loro. Poi, lentamente Ti presenteranno clienti disposti all'acquisto ma disposti anche a pagare meno. L'agenzia sa che chi vende, preferisce magari incassare meno chiudendo la trattativa velocemente. Ovvio che le agenzie fanno il loro lavoro: far vendere a Te ma anche far risparmiare qualcosa a chi acquista.
Tieni inoltre presente che se Ti rivolgi ad un'agenzia e nel frattempo avrai messo Tu stessa in circolo la voce di vendita, non potrai vendere direttamente qualora Ti capitasse l'occasione a meno che Tu non sia disposta a pagare ugualmente la percentuale all'agenzia stessa.
C'è poi un'altra possibilità: se la Tua attuale collaboratrice è brava, potresTi chiederLe di divenire socia almeno per un certo periodo di tempo. In questo caso, Lei non dovrebbe accollarsi tutto l'onere di un'attività in proprio ma se la caverebbe con un 50% di esborso. Puoi definire con Lei un periodo di un anno o due anni dopo di che le cederesTi la Tua quota. In questo caso la situazione potrebbe essere gestita in questo modo:
La Tua aiutante Ti versa il 50% del valore dell'attività. Nel frattempo prosegue a lavorare ed a percepire lo stipendio attuale. Alla fine anno, gli utili si dividono in due avendo Lei già percepito uno stipendio per il lavoro.
Altra possibilità potrebbe essere quella di affittare l'attività a questa collaboratrice (sempre che il Tuo giudizio sia di una persona abile e corretta nel mestiere).
Non so dove sia posto il negozio e quindi devo essere piuttosto vago nella risposta ma, se fosse ben centrato, potresTi interessare anche qualche catena che magari guarda alla Tua città ma non trova disponibilità sul mercato.
Se sei visitata da venditori di prodotti del settore, potresTi chiedere a loro. Girando, sono senz'altro al corrente se qualcuno sta cercando. L'unica raccomandazione che vale per tutto, è il pagamento che dev'essere immediato.
Infine, il valore dell'attività: vale l'incasso dell'ultimo anno. Qui però devi fare Tu perchè io non posso conoscere come agisce la Tua cassa. Per esser chiaro: molti negozi del Tuo genere (maschili o femminili) non rilasciano che una parte di scontrini o fatture. Non so come Tu agisca normalmente ma se di tanto in tanto Ti scappa di non fare qualche fattura, potrai anche dire all'acquirente che quanto vuoi tiene conto anche del “nero” perchè gli incassi sono superiori al fatturato, ma qui entri in una trattativa difficile che spesso e giustamente, si ritorce contro chi fa il nero. Se io dovessi acquistare mi fiderei solo di quanto è fatturato. Il nero, in quanto tale può esserci o essere inventato e quindi non lo pagherei. Sappiati regolare.
Riassumendo:
parla con l'aiutante (vendita, affitto, socia al 50% momentaneamente)
analizza l'opportunità di un'inserzione nella Tua città ed anche in un centro vicino.
metti fuori la voce presso i colleghi
interessa qualche venditore di prodotti del settore
rivolgiTi ad un'agenzia facendo presente però che Tu potrai essere libera anche di trovare acquirenti direttamente senza dar loro nulla e senza essere obbligata. (RicordaTi che nel contratto che Ti faranno firmare, c'è una clausola che dichiara proprio questo, quindi prima di firmare fai scrivere che sei libera di agire anche direttamente senza vincoli).
Tu avrai probabilmente seguito una scuola che prepara i giovani a questo lavoro. Puoi anche rivolgerTi alla scuola stessa per sapere se qualcuno è interessato. Se non l'hai fatta, saprai senz'altro che esiste. Vai alla associazione di categoria e loro Ti metteranno in contatto.
Spero di esserTi stato d'aiuto e Ti auguro una buona vacanza, come La desidei.

giovedì 11 dicembre 2008

PRESENTAZIONI VINCENTI

Francesco B. Carrara
Inutile che ringrazi per i suggerimenti che date sempre, Lo fanno gli altri e credo sappiate che anche chi non li fa, li pensa.
Problema: devo fare una presentazione ad una rete vendita. E' la prima che viene fatta e vorrei, senza farvi perdere molto tempo, avere un suggerimento solo. Non chiedo di sapere tutto ma solo, secondo voi, tra tutti i suggerimenti, quale devo maggiormente tener presente. Vi ringrazio


Egregio Sig. Francesco,
vedo che il dono della sintesi non Le manca ed anche nelle richieste non si allarga a chiedere chissà cosa ma solo un punto, quello che può in un certo senso riassumere tutto.
Non male come richiesta perchè mi ha posto nella condizione di cercare quel qualcosa che sia un po' la sintesi di tutto.
Ebbene, posso proprio accontentarLa perchè c'è un punto su cui mi batto spesso ed è la sequenza della presentazione.
Per sequenza intendo le semplici azioni concatenate che andrebbero seguite per esser certi, in breve, di riuscire ad essere chiari e convincenti.
Troppi oratori perdono tempo in presentazioni prolisse, con introduzioni che non terminano mai e che fanno temere a chi ascolta, che verrà sera prima di aver finito. Spesso l'introduzione è lunga un po' perchè chi parla non sa cosa dire e cerca di riempire lo spazio a disposizione ed un po' perchè ha paura di entrare nel vivo del discorso.
Ho sempre suggerito e suggerisco a lei Francesco di seguire questi semplici pochi punti:

CONOSCENZA
un buon meeting si ottiene quando chi parla riesce a mettere tutti i presenti in una situazione di rilassamento e serenità. Quindi, niente paroloni, niente concetti astrusi o termini che se qualcuno può comprendere benissimo, altri non riescono a farlo. Va calcolato sempre che l'età mentale di un gruppo non è quella anagrafica ma di molto inferiore e quindi occorre parlare mettendo tutte le persone allo stesso livello di comprensione. Meglio essere troppo semplici nei concetti ed essere capiti da tutti che troppo elevati nelle riflessioni per apparire importanti.

VISIONE D'INSIEME
anticipare cosa vorrete dire e cosa direte poi al gruppo, in poche parole.

BISOGNO
se è stato promosso un meeting vuol dire che c'era una ragione per farlo. Quindi, un BISOGNO.
Se c'è un bisogno da soddisfare significa che c'è pure un problema.

SOLUZIONE
va quindi proposta la soluzione (di chi parla o della società) che si ritiene possa risolvere il problema.

RAFFORZAMENTO
va data qualche prova che proprio quell'idea o quella soluzione può essere corretta per risolvere il bisogno o problema.

VANTAGGI
le persone solitamente non fanno mai nulla per niente quindi, occorrerà dare motivazioni sul perchè le persone devono seguire chi parla. Occorrerà dare loro l'idea del vantaggio che ne ricaveranno seguendo quanto viene detto. Il vantaggio potrà essere personale (come un guadagno extra o premi) oppure aziendale (come maggiori fatturati ed utili e maggiore sicurezza per il lavoro del gruppo).

DIRE COSA VA FATTO E COSA CI SI ASPETTA DA LORO
a questo punto va spiegato loro in modo chiaro tutta l'azione che va fatta e qual'è il compito di ognuno o del gruppo.

CHIUSURA
detto tutto questo, anche se apparirà paradossale, occorrerà ricapitolare tutto quanto detto

Voleva, Francesco, avere un suggerimento solo che ritengo importante e gliel'ho dato.
Un meeting può risultare concreto se i concetti vengono espressi seguendo un filo logico. Nelle righe sopra scritte c'è tutta la filosofia di un meeting. Tutto quanto non detto, non serve o serve solo a far scena e creare confusione.
Si tenga a mente sempre questa sequenza e su questa lavori. Non abbia mai timore di apparire breve nelle presentazioni. Dica quello che va detto e stop.
Ci sarà poi il tempo per approfondire facendo fare eventuali domande.
Il guaio degli oratori è sempre quello di parlare “a tempo”, di preparare una relazione chiedendosi prima “quanto tempo avrò?” e di costruire la presentazione su quel tempo.
In questo modo, cose che possono essere dette in mezz'ora, vengono diluite con noia infinita affinchè si possa riempire la mattinata, con incredibili abbassamenti di attenzione e brutte figure di chi parla.
Il vezzo degli oratori è da sempre quello di ascoltare loro stessi ciò che dicono per sentire come sono bravi nell'esposizione senza tener conto se quanto dicono è comprensibile da chi ascolta. Infatti, alla fine, si chiedono sempre “sono stato bravo?” se non addirittura, dirselo da soli “sono stato bravo”.
Mai pensare d'essere o meno bravi. Ciò che importa è chiedersi se si è stati compresi appieno.
In bocca al lupo.

mercoledì 10 dicembre 2008

PERDITA CLIENTI 2

Anna B. Macerata
“Grazie del vostro blog che leggo sempre. Pensavo di non averne mai bisogno ma poi ho capito che anch'io ho da sottoporre un quesito che mi sembra idoneo a ciò che altre volte avete detto. E' questo: io ho un negozio di parrucchiera (il nome Anna non è il mio perchè altrimenti sarei conoscibile). Alcune clienti amiche mi hanno detto che da qualche tempo circolano voci non belle sul mio negozio. Sembra che altre clienti che non conosco sono insoddisfatte. Io non so chi siano altrimenti parlerei con loro. Però in effetti ho notato che gli affari non sono più come una volta ed effettivamente la clientela è diminuita. Capisco che non potete dirmi cosa fare anche perchè non siete qui da me, ma il motivo per cui accade potrebbe forse aiutarmi. Vi ringrazio”

Gentile Anna.
Proprio ieri rispondevo ad una lettera che troverai nel blog, su un identico argomento. Forse il Tuo caso è meno drammatico ma è meglio non aspettare che lo diventi per trovare una via d'uscita. Dunque, Tu vieni a sapere che qualcuno parla male del Tuo negozio. Hai forse avuto problemi con qualche cliente? Hai fatto tinte che sono risultate non soddisfacenti? Hai tagliato con lunghezze sbagliate? Insomma, cerca innanzitutto di capire se in passato hai avuto qualche problema che può aver causato, prima la perdita della cliente e poi questo inizio di nomea negativa.
Per Tua informazione (anche perchè è sempre meglio saperne di più su queste cose) sappi i clienti insoddisfatti solitamente tengono per sé l'insoddisfazione. Non frequentano più quel negozio e basta. Solo una minima parte ha il coraggio di lamentarsi. Se vuoi delle cifre, sappi che il 5% tende a reclamare qualcosa. Il 95% sta zitto, cambia negozio ed inizia a parlarne male se ne ha l'occasione. Se nel Tuo caso nessuno si è lamentato vuol dire che il numero su cui lavorare è la totalità.
Difficile, credimi, trovare una via d'uscita. Non posso nemmeno suggerTi ciò che ho detto in precedenza a chi ha avuto un problema quasi simile perchè nel Tuo caso non hai prove tangibili e quindi non sai a chi rivolgerti.
Cerca solo di gestire al meglio in assoluto l'attività; presentati sempre con la massima gentilezza; sempre sorridente; ascolta le clienti; accontentale in tutto, fai loro piccoli regalini, e semmai proponi loro uno sconto sul prossimo taglio se Ti portano una loro amica. Insomma, agisci con tatto senza far capire che hai saputo di voci antipatiche.
Se vuoi, tra qualche tempo, riscrivimi e dimmi come va.
Ciao

lunedì 8 dicembre 2008

NEGOZIAZIONE

Lisetta N. Vicenza
“sono telegrafica perchè non voglio farle perdere tempo. Posso sapere, se ci sono, quali sono gli errori in cui non bisogna cadere durante una negoziazione? Grazie”

A domanda telegrafica, risposta altrettanto telegrafica.
Non bisogna, cara Lisetta, parlare troppo e non bisogna avere assolutamente fretta. Personalmente non ho mai saputo di nessuno che abbia concluso buoni affari parlando molto ed agendo in fretta. Parlando, possiamo esprimere il nostro parere ma se non ascoltiamo, non sapremo mai cosa pensa l'altro. Lasciandolo parlare scopriremmo che magari potremmo portare a termine la nostra negoziazione a maggior nostro vantaggio. Non facendolo potremmo davvero andar incontro a costi maggiori per noi.
Circa il tempo, sappi che una buona negoziazione non può essere gestita in un attimo, a meno che uno dei due non accetti insindacabilmente le proposte dell'altro (cosa che peraltro non ho mai visto). Non esiste trattativa soddisfacente fatta velocemente. A volte è addirittura molto più utile soprassedere e riprendere successivamente, anche se personalmente preferisco, fin che si può, alleggerire la tensione con brevi pause in cui si discuta d'altro, senza però fermare e rimandare ad altra data.
Ecco quindi detti gli errori che solitamente vengono fatti: parlare troppo ed avere fretta.
Ciao

mercoledì 3 dicembre 2008

VENDERE SERVIZI

Mary Aosta
“Bravi!. Per me che sono assolutamente neofita in tutto, leggere le risposte che date è davvero un grosso aiuto. Attraverso loro riesco a crearmi piccoli mondi in cui saprò operare quando inizierò il lavoro. Dopo l'università e dopo aver cercato invano un inserimento nel mondo per cui ho studiato, mi sono resa conto, come voi dite spesso, che l'importante è la passione che si mette nel lavoro che si fa, indipendentemente dal lavoro stesso. Ho ragionato molto su questo e mi sono convinta che effettivamente è vero. Ho amici laureati che servono in un pub e sono felici e non se ne fanno problema. Amiche che sono commesse e che stanno anche facendo carriera. Perchè allora crearsi assurdi problemi e cercare di non lavorare solo per voler fare ciò per cui ci si è preparati? Nelle prossime settimane potrei iniziare un lavoro di vendita di servizi. Ho cercato tra le risposte ed ho già trovato ciò che serve ma, come sempre, ognuno vorrebbe una risposta personale perchè spera che in quella risposta ci sia di più. Come devo iniziare; come devo pormi davanti a questo lavoro. Si tratta di XXXXXXXXXXXX
Grazie”

Carissima Mary,
oggi è una bella giornata. Finalmente una persona che accetta una situazione di fatto (non sempre si può fare il lavoro per cui ci si è preparati) e che comprende che è importante l'approccio verso il lavoro che si fa o si farà, non tanto il lavoro stesso. Del resto ci sono persone che svolgono il lavoro per cui sono preparati e lo svolgono male e malvolentieri. Meglio quindi fare ciò che si sente e che, spesso, fa sentire liberi.
Per il Tuo caso (le X che i lettori vedono significano che Mary mi ha spiegato cosa dovrebbe iniziare e che, potendo un domani renderla riconoscibile, ho tolto dalla lettera) l'inizio migliore, più facile e che aiuta a caricarsi è dato dalla ricerca e dalla visita a potenziali clienti già conosciuti a livello personale, come ad esempio il pub in cui si va più spesso con gli amici; la discoteca, la pizzeria. Non tralascerei nemmeno il negozio di viaggi o la palestra. Insomma, fatti un elenco di tutti i locali che frequenti o hai frequentato o che conosci per altri motivi. Questi sono i potenziali clienti da visitare per primi. Sono quello che definirei “l'aggancio” utile a rompere il ghiaccio.
In pratica, se sei cliente di qualcuno, questi avrà difficoltà a non ascoltare o a dire di no. Quindi, cerca contatti tra amici o sfrutta le conoscenze di altri amici.
MettiTi poi comodamente seduta in poltrona e rifletti. Vedrai che ogni attività, veramente ogni attività, può davvero essere interessata al Tuo prodotto. Hai davanti un mercato enorme dove, credo, entrare per primi possa essere premiante.
Poniti sempre questa domanda: “questa attività può trarre vantaggio dal mio prodotto? Se la risposta che Ti darai è si, non dovrai far altro che inserirTi in quel filone. Ma, come Ti ho detto, ogni attività può andar bene, quindi coraggio.
Visita i clienti su appuntamento, almeno quelli importanti o che ritieni impegnati. L'appuntamento permette di pianificarTi meglio il tempo. Attenta però alla telefonata che farai. RicordaTi che la telefonata deve dire al cliente che vorresTi visitarlo per presentargli qualcosa che è utile al Suoi lavoro. Non dire cosa, e se Te lo chiede cerca di svicolare, dicendo che ciò che hai da proporre porta via pochi minuti e che va visto perchè solo vedendolo si comprende appieno la sua assoluta utilità. RicordaTi che al telefono si deve solo incuriosire. Non si vende. Il Tuo scopo è riuscire a farTi dare un appuntamento.
Avrai magari già letto in altre risposte un concetto che ripeto da sempre:
VENDERE VUOL DIRE CONVINCERE QUALCUNO CHE QUANTO GLI PROPONIAMO E', PER LUI, UN AFFARE CONVENIENTE.
RicordaTi che l'attenzione del cliente è sempre piuttosto labile per cui devi interessarlo subito perchè lui si farà un'idea di Te entro pochi secondi.
Fai quindi nascere il lui la consapevolezza di un problema che magari non sapeva d'avere e suggerisci il Tuo prodotto come soluzione al problema stesso.
Ho risposto a quanto mi hai chiesto. Ora preparaTi e, se hai bisogno, riscrivi senza problemi.
In bocca al lupo.

martedì 2 dicembre 2008

SODDISFAZIONE DEL CLIENTE

LODOVICO M. Milano

“Mi rivolgo a Lei per poter sapere il suo parere su un punto piuttosto critico che è sempre fonte di aperte discussioni del team di cui faccio parte. Opero nel marketing di una multinazionale. Svolgo la mia mansione da circa due anni, non senza soddisfazioni. Spesso abbiamo però tra noi diverse serene discussioni o simpatici chiarimenti su alcuni punti del nostro lavoro. Ciò permette comunque una continua discussione che apporta valore aggiunto. Il parere su cui Le chiedo un parere è relativo alla soddisfazione del cliente. Si è venuta a creare una concordanza tra noi, seguendo la logica delle richieste, circa ciò che i clienti desiderano per essere soddisfatti. Non scopro l'acqua calda nel dire: servizio, qualità e prezzo. Ma in quale ordine ed in quale percentuale secondo Lei possono essere dati? “

Egregio Dr. Lodovico,
il quesito che mi pone è vecchio quanto il mondo e comunque, almeno quanto le vendite o il marketing (che è poi la stessa cosa). Eppure, ancora oggi, se ci mettessimo in un'aula a discutere della cosa, potremmo parlare un giorno intero. Sono certo che troverei ancora qualcuno difendere a spada tratta la teoria che al cliente vanno date tutte e tre le cose per creare quella definizione di “soddisfazione del cliente”.
E' lapalissiano che se chiedessimo al cliente cosa cerca in un'azienda o in un prodotto, risponderebbe qualità, servizio e prezzo. Sarebbe stupido a non farlo. Stupide sono invece le aziende che continuano a prometterle, a volte anche con convinzione (vera o falsa, non so).
Poiché vuole solo un mio parere non voglio dilungarmi più di quanto necessario, sicuro che comprenderà perfettamente.
Un'azienda seria non può promettere ad un cliente tutte e tre le cose, per il solo fatto che se davvero desse ad un cliente qualità su un prodotto, il servizio che il cliente vuole ed un prezzo competitivo, fallirebbe dopo poco.
La qualità ha costi di produzione più alti di un prodotto che ne abbia meno. Trovo banale affermarlo ma lo faccio per chiarire.
Se il cliente, oltre alla qualità desidera anche il servizio, che può significare la merce consegnata urgentemente qualunque sia il luogo di consegna, packaging particolari, quantitativi minimi e continui per non crearsi stock, è chiaro che pone l'azienda nella condizione di avere maggiori costi che deve addossarsi. E se infine, il cliente dà valore al prezzo finale del prodotto chiedendo che questo sia competitivo sul mercato, ebbene chiede cose che possono essere date solo da chi, in realtà, prometterà ma non darà.
Dico solo, per rendere ancor più chiaro il tutto che se un'azienda desse al cliente, qualità, servizio e prezzo concorrenziale, fallirebbe dopo poco. Se vuole può sottolineare questo concetto. Un'azienda seria deve preparare i propri venditori affinchè, coi clienti, sappiamo portare avanti una argomentazione semplice.
Per rimanere sul mercato,in salute, si può dare due delle tre cose. Al cliente scegliere le priorità. Una volta che il cliente ha scelto, saprà cosa sta comprando.
Troveremo quindi chi vorrà prezzo e servizio (vuol dire che non è interessato alla qualità): chi vorrà qualità e prezzo (dovrà dimenticare il servizio, accettando consegne più lunghe e acquistando magari quantitativi ben maggiori che gli creeranno stock) oppure troveremo chi deciderà di volere qualità e servizio (rinunciando al prezzo, essendo consapevole che il prezzo è una conseguenza di ciò che chiede).
Sappia, Dr. Lodovico, che da qui non se ne esce. Potrete fare tutte le discussioni che vorrete sena soluzioni alternative. Vedrà comunque che qualcuno suggerirà sempre di ridurre qualcosa ad ogni punto per poterli dare tutti. Un po' meno qualità, un po' meno servizio e meno prezzo, in modo poi di poter offrire tutto al cliente. Che sia un genio?

giovedì 27 novembre 2008

ERRORI PESANTI

Grazia (Loc. n.c.)

Buongiorno.
Ho un problema. Ho avuto per 2 anni attività commerciale (negozio di alimentari),acquistata per 20 mila €. Ho rinnovato il contratto d’affitto in giugno,da 736€ a 1400!
Mi sono così trovata in posizione economica difficile...quindi ho chiuso attività dando tutte le disdette! Ora che tutto è finito ho tentato di piazzare il negozio ma non sono riuscita a venderlo e quindi ho chiuso ma ora qualcuno è interessato. La proprietaria però non vuole più darla ad attività alimentari! La domanda è:posso chiedere una buona uscita alla proprietaria dato che non sono riuscita a vendere l’attività con il contratto rinnovato di 6+6 perchè l’affitto è troppo alto per 50 mq di negozio? E posso non pagare le sei mensilità perchè economicamente non riesco e ora non ho più un lavoro? Ho perduto 50mila euro....e non so proprio come fare!!!!! E in più se alla proprietaria non piacciono questi acquirenti io non prendo nemmeno i 10 mila euro che mi hanno offerto!! Grazie mille.....buona giornata.

Gentilissima Signora Grazia,
si trova in un bel pasticcio ed io purtroppo non so come aiutarLa.
Le nostre conoscenze possono essere sì ampie ma non conosciamo davvero tutto. I temi che Lei ci sottopone vanno al di là e non ce la sentiamo di suggerirLe un comportamento che potrebbe danneggiarLa. Sono temi contrattuali e non ci addentriamo in questi labirinti perchè in tema di contrattualistica sbagliano a suggerire anche coloro che se occupano per mestiere.
Posso solo dirLe che forse ha agito troppo superficialmente o con troppa buonafede. Accettare un salto da 736 euro a 1400 per 50 metri quadrati forse è stato sbagliato. Ma anche pensare che forse sia possibile non pagare le sei mensilità perchè non ha danaro è altrettanto semplicistico. Chieda urgentemente un incontro con l'apposito ufficio della ASCOM (Associazione Commercianti) della Sua città e di cui Lei doveva essere iscritta. Spieghi la situazione in cui si trova e dica la verità su tutto. Si affidi a quanto Le dicono. Potrebbero trovare qualcosa di non legale nella richieste che Le hanno fatto. In ogni caso sono i più idonei ad aiutarLa senza spendere.
Davvero tanti auguri.

PROGETTI IN PROPRIO

Silvia Milano
Buongiorno, mi chiamo Silvia ho 27 anni.
Prometto che nonostante sia donna cercherò di non rubarle tempo con informazioni divaganti
Nasco scolasticamente grafico pubblicitario e divento felicemente grafico designer. E' quello che ho sempre voluto fare. È quello che so fare. Nel percorso di crescita mi sono accorta però che mi mancava qualcosa; quel qualcosa è fare qualcosa per gli altri, il mio lavoro è sicuramente divertente, creativo ma come dire... non tocca di sicuro il campo sociale. Questo è stato motivo di lotta interna per parecchio tempo, finché dentro di me è nato un progetto che a poco a poco si è delineato perfettamente nella mia mente. Sorprendentemente è un progetto si con carattere sociale ma con base turistica. La parte razionale di me rifiutava l'idea ma poi ha vinto lei.
Così mi sono iscritta alla facoltà di scienze del turismo, perché sarebbe stato molto stupido buttarmi su un campo per me totalmente sconosciuto e nel frattempo ho trasformato il mio lavoro full time di grafico in part time proprio per studiare. Per vari motivi, la settimana scorsa, ho concluso la collaborazione part time dopo quasi 3 anni in full-time e circa 1 e mezzo in part time. E adesso? Fare solo la studentessa non me lo posso permettere e non lo voglio.
Perseguo un sogno sì, ma non posso permettermi di trascurare il mio mestiere attuale sia per questioni economiche sia perchè è un lavoro che richiede "allenamento" come dire, bisogna stare al passo se no rientrarci è complicatissimo.
Strada possibile:
Vorrei studiare, fare il grafico free-lance e puntare soprattutto a clientela affine al turismo (ristoranti, agriturismi, B&B, cascine, cantine ecc...). Cominciare così per poi cercare tramite eventuali agganci di creare dei tour, piccole gite di 1/2 giorni qui in Lombardia, per target secondo me poco sfruttati: famiglie, anziani (non si tratta di quelle gite che cercano di venderti di tutto). Il tutto gestito da me,sola o con la collaborazione di una mia compagna di università dello stesso corso e un'altra amica che ha il patentino per fare la guida turistica.
Che ne pensa?
A livello di posizionamento fiscale cosa devo fare?
C'è un nuovo regime fiscale per piccoli imprenditori e professionisti, ho cercato di documentarmi ma su internet o altrove trovi informazioni ma da lì a capire in pratica cosa bisogna fare, c'è un abisso. C'è qualcuno che mi potrebbe seguire sotto questo punto di vista? Forse ho omesso un informazione importante: sono senza una lira...euro e non posso andare da un commercialista. Tra qualche mese spero mi arriverà la liquidazione che non sarà un granché e che mi servirà per sopravvivere in questo periodo non produttivo e per altre questioni personali che ho già in ballo. A chi rivolgermi?
Questo è il quadro.
Per concludere ci tengo a ringraziarla comunque per il servizio e mi permetto di darle un parere sulla sua vetrina: il blog, una sorta di scambio di consulenza
Prima di decidermi di scriverle ho cercato informazioni che potevano essere affini alle mie ricerche ma non ci sono riuscita e ho notato che spesso qua è là lei inizia con un "ho già risposto a questo.. " il dover ri-rispondere è per lei sicuramente un' ulteriore perdita di tempo e questo può esser dato sia dalla sbadataggine degli utenti ma anche dal fatto che è difficile focalizzare subito le informazioni. Questo può esser dato da un indice un po' vago e dal fatto che gli articoli sono catalogati per mesi (informazione poco utile) piuttosto che per argomenti. Ha mai pensato a farlo diventare un sito? con gli sponsor che ha se lo ripagherebbe subito. Se avesse bisogno di consulenza sa che io sono a disposizione!
buona giornata

Cara Silvia,
sei grafico designer ma c'è qualcosa in te che non Ti rende soddisfatta. Cerca e ricerca e scopri che non sei contenta di quello che fai e che sai fare, perchè Ti manca il far qualcosa per gli altri: il sociale. Anzi, a dire il vero, le Tue esatte parole, che sono poi il nostro “io” messo su carta, dicono che il Tuo lavoro “non tocca di sicuro il campo sociale”.
Fermiamoci qui. Forse si, forse ciò che fai non tocca il campo sociale ma non deve però necessariamente toccarlo. Non è che tutto ciò che si fa debba avere quel fine. Apprezzabilissimo ma non obbligatorio. Noi svolgiamo determinati lavori e, se vogliamo, a fianco di questi possiamo usare il tempo rimanente per inserirci nel sociale. Non per forza il lavoro deve esserlo.
Tu avevi un lavoro da quattro anni. E' finito e mi spiace perchè pur mantenendolo avresTi potuto svolgere qualcosa nel sociale, tenendo separate le due cose ma facendole entrambe.
Ora Ti sei iscritta a scienze del turismo per quel progetto che Ti frulla in testa. Hai due amiche che potrebbero aiutarTi e chiedi cosa ne penso.
Il progetto di per sé non è nuovo. Raccogliere persone (anziani e famiglie) per far loro fare brevi gite in Lombardia credo sia stato fatto e continui ad essere fatto da coloro che, in questo settore, sono specialisti: i parroci. Aggiungici le agenzie di viaggio che stanno dalla mattina alla sera a pensare come raccattare qualche soldo in più e che organizzano addirittura i pullman per assistere ai programmi televisivi in studio; per finire alle gite che Tu stessa sai essere organizzate per poi vendere qualcosa ai partecipanti. Insomma, il settore è già, se non sovraffollato, quantomeno ben coperto. Tieni inoltre presente che il target a cui Tu miri non è per eccellenza quello più premiante.
Se vuoi entrarci devi assolutamente trovare quel qualcosa in più che gli altri non danno e che giustifichi la scelta dei viaggiatori verso Te piuttosto che verso altri. Ed è su questo che punterei se fossi in Te. Trovare, prima di tutto un “plus” che Ti differenzi.
Sul fatto del sociale però c'è ben poco, scusa se Te lo dico, in quello che hai in testa, così come in ciò che fanno altri. Se Ti butterai in quest'idea dovrai pur viverci e guadagnare. Non potrai farlo a utile zero altrimenti non camperesTi. E quindi, se il Tuo lavoro prevederà un utile, di sociale non c'è più nulla.
Chiariamo che fare qualcosa di sociale significa fare qualcosa gratuitamente per gli altri mettendo a disposizione se stessi o parte del proprio tempo. Ognuno può avere un proprio lavoro e fare qualcosa di utile per la comunità, nel dopo lavoro.
Detto questo, se l'idea Ti piace, puoi studiarla a tavolino con le Tue amiche, organizzarla per benino, trovare, come dicevo, le motivazioni del perchè i clienti dovrebbero preferire viaggiare con Voi piuttosto che con altri, ed infine se tutto è OK, iniziare con qualche tour di prova.
L'idea di proseguire lo studio ed il lavoro part time per approfittare di conoscenze e iniziare i tour la trovo corretta. Trovo però difficile voler far tutto col rischio di far tutto male.
Lo studio porterà via tempo ed ancor di più, te ne accorgerai, Te ne toglierà la ricerca di clienti per il lavoro. Credo quindi che Te ne rimarrà davvero poco. Personalmente punterei prima al lavoro. Mi butterei a capofitto alla ricerca dei clienti (credimi sarà davvero difficile) e metterei tutte le mie forze a creare una base di clientela che possa divenire lo zoccolo duro e che mi garantisca un minimo di utile. Quando le cose si saranno sistemate e potrai fare affidamento su certe entrate sicure, potresTi volgere la mente altrove.
Tra amici è bello “giocare a”. Vorremmo far questo, far l'altro. Io mi occuperei di questo; tu invece dell'altro ecc..ecc.... Spesso è un gioco che serve nelle relazioni sociali. Quando poi si decide di mettere in pratica il tutto ci si accorge che non è così semplice. Non esiste, ad esempio, iniziativa che non abbisogni di un capitale. Poco o tanto, occorre e Tu dici di non averne e, semmai ne avessi in futuro, servirà per altro. Non esiste iniziativa che non debba essere super pianificata per bene nelle strategie come nei piani di marketing per capire il grado di rischio di impresa ed il ritorno che se ne può avere.
Insomma, io studierei, lavorerei e continuerei con le amiche a costruire questo piano simbolico di lavoro. Lo farei seriamente, per carità, con tanto di tempo libero dedicato allo studio dell'idea ma lo vedrei ancora, in questo momento della Tua vita, come lo studio di strategia di un bel gioco.
Per portare avanti l'idea hai cercato informazioni ma non hai trovato nulla. E' certo, anche perchè per avere informazioni devi spiegare per bene cosa vorresTi fare e in internet non puoi.
Posso dirTi che la Regione Lombardia molto spesso mette a disposizione di giovani con idee, possibilità di ottenere fondi per inziative. Anche la Comunità Europea ha di questi aiuti.
DovresTi quindi andare ad informarTi alla Camera di Commercio della Tua città per sapere se esistono fondi disponibili; a chi possono essere concessi, e tutto quanto ruota attorno. PotresTi scoprire altre possibilità.
Solitamente sono molto disponibili e non esistono difficoltà.
Ed eccoci alla parte finale. Come venditrice potresTi essere brava perchè hai parlato di tante cose eppoi, alla fine, hai buttato lì la Tua proposta.
“E' un po' faticoso cercare nel sito le lettere che possono essere di interesse, L'indice è vago; le lettere sono catalogate per mese. (Problemi fatti affiorare) Perchè non farlo diventare un sito? (Lancio dell'idea) Con gli sponsor ci guadagnerebbe (Ecco il plus per stimolare la decisione) Se avesse bisogno, sono a disposizione. (finale con tentativo di offerta).
Brava. Così mi piaci.
Ci sono però delle precise scelte e vincoli per come è fatto il sito o blog che dir si voglia. Innanzitutto non si è voluto creare un vero blog in cui tutti possono dire la loro. Lo scopo dello spazio era quello di dare o cercare di dare aiuto ai giovani in alcune materie specifiche elencate nel sito stesso. Aiutarli a superare le difficoltà del primo lavoro o aiutarli ad inserirsi. Poi, strada facendo, le richieste sono arrivate anche da chi forse non è più un ragazzo e sopratutto, al di là delle materie specifiche, le richieste si sono molto spostate su tematiche che concernano i rapporti interpersonali. Permettere a chiunque di interagire attraverso un blog dicendo la sua non è salutare per chi cerca aiuto. In interenet si trovano già montagne di fesserie; si calcola che almeno l'80% di ciò che è pubblicato contenga inesattezze o vere e proprie stupidità che rimarranno in eterno e che possono confondere. Noi non volevamo che questo accadesse nello spazio che abbiamo voluto creare in modo serio per cercare di dare un aiuto serio.
Sul fatto della difficoltà di ricerca per l'elencazione non ben catalogata delle tematiche, devo dirTi che è stata voluta, sadicamente, da me.
Viviamo in un mondo di pigrizia in cui ci si aspetta che tutto sia pronto all'uso. Voglio una cosa, clicco ed eccola pronta. Ordino ed ottengo. Non c'è più la voglia di ricerca. Io penso che se un giovane non ha voglia di cercare non ha neppure voglia di migliorare, acculturarsi o risolvere un problema. Ho voluto quindi che accadesse proprio questo. Anche i titoli a volte sono ambigui proprio per incuriosire e far aprire lettere che magari non rispondono a ciò che si cerca. E sai perchè? Perchè molto spesso, più di quanto ci si immagini, leggere cose che al momento riteniamo non per noi, ci può far scoprire qualcosa che non sapevamo; qualcosa può finire per interessarci o qualcosa che, messo nei cassettini della memoria, ci servirà un domani per superare una situazione diversa.
Se ognuno cercasse solo nel settore che gli compete, potrà forse migliorare ma non allargare i propri orizzonti. Potrà divenire un ottimo tecnico, uno specialista di quello specifico settore ma (stia attenta) se si vuole avere di più occorre sapere di più. Un venditore ad esempio, per riuscire bene ed avere possibilità di sviluppo non deve pensare solo a vendere ma deve pensare a gestire la propria zona ed il proprio lavoro come se lui fosse il direttore vendite di se stesso. E' l'approccio mentale diverso che aiuta a lavorare meglio ed a crescere.
Quindi, cara Silvia, purtroppo non ho bisogno del Tuo aiuto perchè non cambieremo il sito ma hai fatto bene a proporTi perchè mi ha dato modo di capire qualcosa in più di Te.
Davvero in bocca al lupo.

domenica 23 novembre 2008

AZIONI SINDACALI

Mario (Loc. n.c.)
Buongiorno. Mi chiamo Mario, giovane lavoratore con alle spalle qualche problema di rapporti interpersonali che devo chiarire per comprendere se dipendano da me o anche da altri. Le scrivo per avere un consiglio. Sono stato licenziato dall'azienda presso cui ho svolto l'ultimo incarico. Questo è durato un tempo brevissimo: praticamente il periodo di prova.
Non sono stato affatto contento di come si sono svolte le cose per cui ho deciso di impugnare il licenziamento e procedere con una vertenza sindacale. Ritengo che siano loro (in parte) ad aver sbagliato assumendomi come apprendista solo per pagarmi meno, e pretendendo invece le prestazioni di un impiegato normale. Non voglio certo dire di essere il migliore perchè so di avere molto da imparare, tuttavia non si sono comportati bene e non voglio darla vinta a questa azienda che mi ha trattato come un sacchettino usa e getta. Ovviamente per ragioni di privacy non posso dire tutto.
Preciso inoltre che ho trovato un nuovo lavoro, dove mi trovo molto bene e dove vengo considerato come parte di un "sistema" dove io posso fare la mia parte, e soprattutto, sapere il perchè di quel che faccio.
Volevo tuttavia chiedere; è possibile avere delle conseguenze con questo gesto? Temo la ritorsione della suddetta azienda, che mi impedisca di lavorare in futuro diffamandomi. Per precauzione cancellerò dal mio curriculum l'esperienza con questa azienda. Sono però stato molto combattuto a causa di una possibile complicazione in futuro. Mi sono detto anche che se tutte le aziende facessero così, i sindacati non avrebbero ragione di esistere, però ho sentito questo genere di voci, sebbene non ne ho mai avuto prova certa. Credo che non sia sempre giusto tacere e subire, considerato anche che mi sono sempre comportato bene, seppur sbagliando.
Sono giunto a un punto in cui non posso mollare con la mia battaglia e il desiderio di vendetta è forte. So che non è un bel sentimento, però mi assumerò tutte le responsabilità del caso. non so dove mi porterà la mia battaglia però stavolta non me la sento di tacere ancora.
La ringrazio per l'attenzione

Caro Mario,
eccoci nuovamente a discutere di casi in cui un giovane lavoratore non supera il periodo di prova. Va detto che il mondo del lavoro, di fatto, è una trasposizione del mondo della ns. vita, dei rapporti e degli affetti. Quando un individuo non viene accettato nell'ambiente del lavoro e viene eliminato è come se venisse allontanato dai propri amici o rifiutato dal mondo in cui si muove. I comportamenti possono essere differenti da persona a persona ma, quasi sempre, la reazione è di rifiuto perchè sentirsi allontanati è frustrante e demotivante. Ci si sente traditi e questo è difficile da digerire.
Tu Mario hai deciso di impugnare il licenziamento e procedere con una vertenza sindacale. Quando si agisce così lo si fa perchè si ritiene d'avere totalmente ragione mentre Tu scrivi e lasci intendere che, si, hai ragione ....anche se hai sbagliato in qualcosa. Questo, a mio parere, avrebbe dovuto già farTi capire che iniziare un'azione quando si sa già che in parte si è nel torto, non è eccessivamente vantaggioso. Se fossimo nel mondo del calcio Ti direi che ben che vada si terminerà con un pareggio e quindi nessun vantaggio ne per l'azienda ma soprattutto (sottolineo soprattutto) nemmeno per Te.
Chiaramente dici che ritieni sia stata l'azienda ad aver (in parte) sbagliato in quanto Ti ha assunto come apprendista solo per pagarTi meno, facendoTi poi fare il lavoro di un vero impiegato.
Sai cosa penso? Penso che un'azienda che assume una persona giovane, che non conosce; che non sa quanto e cosa possa fare; di cui non ha prova di capacità, sia nel giusto quando l'assume come apprendista. Il termine “apprendista” sta proprio a significare “colui che non conoscendo appieno una mansione, viene inserito nell'ambito del lavoro affinchè possa impararla”.
Il fatto poi che l'azienda Ti abbia messo a svolgere la mansione di un impiegato è altrettanto giusto. Pensaci: cosa avrebbe potuto fare? MetterTi a guardare cosa facevano gli altri per farTi imparare? E' un po' demotivante. Quindi, molto meglio inserire l'apprendista nel giro normale del lavoro, badando a a far si che possa imparare senza commettere tanti errori. Ma mi pare che questo non Ti sia andato molto bene.
Così Ti sei rivolto ad un sindacato intentando una causa perchè ritieni di aver ragione (torno a dire, in parte). Il verbo “ritenere” è la pacchia del mondo legale. Avvocati e uffici legali campano sulle persone che “ritengono”. Guai se un cliente non ritenesse. In ogni causa i clienti sono convinti, anzi arciconvinti di ritenere d'aver ragione ed è proprio così che gli avvocati vivono.
Ammettiamo ora per un momento che, cosa assai improbabile, l'azione sindacale sia vittoriosa. Cosa accadrebbe? DovresTi essere reinserito nel vecchio posto di lavoro? Ci torneresTi? E come pensi, di venir accolto e di essere trattato? Con un tappetino rosso? Ti sentiresTi di pensare al Tuo futuro in una posizione ed in un ambiente che non Ti voleva?
Ma poiché di posto ne hai già uno nuovo, a cosa mira l'azione? Ad ottenere danaro? Sinceramente mi piacerebbe sapere cosa Ti ha detto il Tuo Sindacato per convincerTi che l'azione legale è fattibile. Mi pare di capire che forse sei un po' suscettibile e sopratutto irruente nelle decisioni. Dici d'avere un forte desiderio di vendetta ma con la vendetta non è mai campato molto bene nessuno, tranne che gli Studi legali e sindacali.
Ma andiamo oltre. Hai fortunatamente già trovato un nuovo lavoro. Ed anziché essere felice di questa situazione e pensare al futuro (magari attento a non commettere più gli errori passati) Ti rivolgi al passato occupando la Tua mente con pensieri rancorosi di vendetta. Sei libero, per carità, di farlo; ognuno è responsabile del proprio futuro e della propria vita, ma.....Ti giova? Porta vantaggi?
Poi continui scrivendo, della nuova azienda e del nuovo lavoro, “mi trovo molto bene e qui vengo considerato come parte di un "sistema" dove io posso fare la mia parte, e soprattutto, sapere il perchè di quel che faccio.” Pensieri belli che Ti auguro Tu possa ridire tra qualche tempo e per sempre. Non è però che le stesse cose Le hai pensate anche nella precedente esperienza ? Perchè, vedi, all'inizio, tutti pensano queste cose, salvo poi cambiare parere quando il lavoro diventa routine e la novità non è più tale.
Ma torniamo al punto cruciale. Hai dato incarico al Tuo sindacato di intervenire, poi Ti sei posto il dubbio. Avrò fatto bene? Non è che poi circola la voce e potrò trovarmi in difficoltà? L'azienda sarà vendicativa? L'azienda farà ritorsioni? Mi diffamerà?
Belle domande. Ma come fai, caro Mario, a domandarTi se l'azienda sarà vendicativa e questo Ti nuocerà se Tu per primo hai iniziato ad agire con senso di vendetta ? Se la colpa della chiusura del rapporto è da addebitarsi ad entrambi, come dici, eppoi non accetti che sia finita anche per colpa Tua e fai causa, mi pare che l'azione vendicativa parta prima da Te. Poi, semmai ne seguisse una da parte dell'azienda, questa sarà una conseguenza. Non mi pare che l'azienda abbia iniziato a diffamarTi e Tu per questo hai agito di conseguenza. Quindi, usando parole molto semplici, mi pare proprio che Te le stai andando a cercare.
Personalmente non credo che l'azienda stia a pensare di fare ritorsioni perchè le aziende hanno be altro a cui pensare sopratutto quando hanno chiuso un rapporto perchè non funzionava. Si chiude e si va avanti. Ciò che conta è produrre, lavorare e portare a casa per crescere. Stop.
Certo che se l'ex dipendente intenta una causa, le cose cambiano. Se sei Tu a tirar dentro l'azienda in un'azione, che deve fare? Stare a guardare? A parte l'eventuale causa che potrebbe vincere senza alcun problema, è naturale che, semmai qualcuno chiedesse informazioni su di Te l'azienda non potrà darle buone. Come potrebbe fare altrimenti? Può un'azienda, su richiesta, non dire ad un'altra che l'ex dipendente gli ha fatto causa? E pensi siano molte le aziende felici e contente di assumere qualcuno che, se le cose non vanno appena bene, corre dal sindacato per una vertenza? A Te l'ardua risposta.
Dici che toglierai dal curriculum il nome di quell'azienda. Puoi farlo ma se non sbaglio, forse sul Tuo libretto di lavoro o da qualche altra parte esiste un timbro o una nota di assunzione. Puoi cancellare anche questa? Non credo.
Scrivi che non è giusto tacere davanti a queste cose. E' vero, non è giusto tacere quando si ha la certezza di ragione assoluta ma quando si ammette una parte di colpa anche propria è masochismo. Concludi la Tua lettera con un proclama finale che Ti fa forse sentire un po' eroe ed un po' Don Chisciotte.
“Sono giunto a un punto in cui non posso mollare con la mia battaglia e il desiderio di vendetta è forte. So che non è un bel sentimento, però mi assumerò tutte le responsabilità del caso. non so dove mi porterà la mia battaglia però stavolta non me la sento di tacere ancora.”
Nemmeno io so dove Ti porterà la Tua battaglia,ma credo non molto lontano.
Io alzerei le spalle, farei un sorriso, guarderei in faccia il futuro, mi rimboccherei le maniche e direi: “forza, mettiamoci sotto. Il passato è passato. Chi se ne frega. Devo guardare avanti e costruire il mio futuro”
Comunque, Ti auguro di cuore di riuscire a trovare un equilibrio interiore perchè sei giovane, la vita è lunga e se inizi a crearTi questi problemi ora, anziché cercare di capire come correggerTi, avrai di che piangerTi addosso un domani, magari maledendo le aziende. Ma questa è un'altra storia ed un ritornello che ho già sentito.
Cordiali saluti

venerdì 21 novembre 2008

VENDITA

Mac (loc. n.c.)

Gentilissimi,
ho scoperto il vs. sito come molti casualmente e come altri vengo a chiedere aiuto a chi ha piu esperienza di me. Ho 37 anni collaboro nell'azienda familiare da circa 12 anni con varie mansioni, magazziniere, impiegato, venditore. Ora dopo molti anni, da qualche tempo visto il continuo andirivieni di agenti mi sono messo vendere con un discreto risultato, vuoi l'esperienza tecnica vuoi la parlantina che non mi manca sono partito.Oggi però vuoi la crisi e la mia impreparazione all'arte del vendere faccio molta fatica a presentarmi a clienti nuovi ed a volte anche ai vecchi.Ho anche fatto un corso di PNL qualcosa a fatto ma molto poco.Ora non so che fare.Vi chiedo aiuto. Grazie per l'attenzione.

Egregio Sig. Mac ( nome ridotto per evitare riconoscimenti)
Lei mi chiede qualcosa di tanto grande che io non sono in grado di soddisfare nello spazio che di solito uso per le risposte.
Da qualche tempo ha iniziato a vendere per l'attività di famiglia e, come dice, grazie alla parlantina ed alla conoscenza di ciò che vende, le cose sono andate piuttosto bene anche senza una esperienza specifica. Poi, un po' per la crisi e per quella che Lei chiama impreparazione, le cose sono cambiate.
Andiamo passo a passo. Potrei dirLe che la crisi potrebbe essere una ragionevole causa se però Lei mi avesse detto in quale settore opera e quali prodotti vende. Non sapendo questo devo prendere per buona la Sua motivazione. Devo però dirLe che tutti noi siamo abituati a piangere per ogni cosa ed i clienti più di altri. Poter avere una buona scusa per dire no ad un venditore è lo sport preferito di chi acquista. Dire di no è un po' come prendersi una rivincita per tutte le volte che un compratore ha dovuto dire si; si figuri quindi se i clienti si possono lasciar scappare un'occasione simile.
Vede Sig. Mac, la scusa della crisi è ormai trita e ritrita. Tutti, qualunque sia l'argomento di cui stanno discutendo in quel momento, prima o poi mettono dentro il tema della crisi. Dall'uomo d'affari alla massaia sino al bambino che frequenta le elementari.
Anche le madri, davanti ad una richiesta del figlio che vuole un gelato, non rispondono più dicendo “no, perchè non ti fa bene ed è ora di pranzo” ma tagliano la testa al toro dicendo con più serietà: “no, perchè siamo in un periodo di crisi”.
Ripeto, se conoscessi ciò che Lei vende potrei dirLe se davvero la crisi può essere la causa delle Sue difficoltà di vendita o se i clienti non cavalchino davvero l'onda. Personalmente sono convinto che ben pochi beni siano così coinvolti da una situazione di rallentamento. Basta guardarsi intorno per vedere che non esiste più nessuno senza telefonino; per vedere colonne di persone che camminano solo guardando lo schermo per inviare messaggi (a chi poi?); i televisori al plasma si sprecano; ogni famiglia ha almeno un personal; ci sono milioni di abbonamenti ai canali TV a pagamento e, mentre in estate tutti i fine settimana gli italiani sono incolonnati in autostrada per andare al mare, in questi giorni è iniziato lo stesso esodo per passare week end in montagna. E sa che fanno queste persone incolonnate? Parlano tra loro di crisi! Le ho detto, umoristicamente forse, tutto questo per farLe comprendere di non farsi coinvolgere da chi parla di crisi perchè finirebbe per crederci anche Lei. Quindi, la causa delle non vendite potrebbe essere (seguendo il Suo ragionamento) dato dalla impreparazione di vendita. Ed anche su questo mi permetto di dubitare un po' perchè se Lei ha già venduto, come scrive, anche con un certo successo, non può aver dimenticato come si fa. Può aver fatto fatica all'inizio, ma quando si ingrana la marcia, difficile poi dimenticare. Può essere allora che i clienti siano improvvisamente divenuti più abili e furbi? Non credo nemmeno questo.
“Oggi però vuoi la crisi e la mia impreparazione all'arte del vendere faccio molta fatica a presentarmi a clienti nuovi ed a volte anche ai vecchi.Ho anche fatto un corso di PNL. Qualcosa a fatto ma molto poco.”
Ho riportato un pezzo della Sua lettera per puntualizzare meglio. La difficoltà che incontra nel presentarsi sopratutto a nuovi clienti è molto probabilmente data più dai prodotti che offre che non dal Suo modo di fare, altrimenti non avrebbe mai ottenuto risultati nemmeno prima.
Che vantaggi hanno questi prodotti rispetto alla concorrenza? Che benefici danno a chi acquista? Forse che la soluzione ai Suoi problemi potrebbe essere in questo.
Se Lei ha pazienza e va a cercare in archivio risposte su argomenti di vendita, troverà sicuramente spunti per superare le obiezioni e vendere meglio.
Aver fatto un corso di PNL può lasciare il tempo che trova. I corsi vanno fatti in determinate situazioni mentali altrimenti, mi creda, sono solo “giochini” in cui i partecipanti pensano di aver scoperto qualcosa di utile, che non utilizzeranno mai.
Nel Suo caso poi, prima della PNL sarebbe stato più utile un corso che partisse dall' ABC della vendita.
Non se ne faccia un cruccio. Per il momento, la mano che Le do è di dirLe di armarsi di santa pazienza e cercare tra le risposte date quelle che possono servirLe. Ce ne sono molte, mi creda.
Faccia così: estrapoli da queste risposte i concetti utili. Ne faccia un copia incolla. Metta il tutto in una cartelletta; poi cerchi di mettere in ordine i vari argomenti e li stampi. Avrà non un corso di vendita ma probabilmente qualcosa di più.
E se poi non bastasse o volesse sapere altro, mi riscriva spiegandomi per bene i punti che vuole approfondire. La Sua richiesta d'aiuto generica mi lascia poco spazio per intervenire.
La saluto cordialmente e Le auguro che, crisi permettendo, i Suoi clienti tornino ad acquistare. Lei intanto si prepari a “vender bene i Suoi prodotti”.

mercoledì 19 novembre 2008

ANCORA CURRICULA

R.B. Vicenza
“ho inviato il mio curriculum a diverse aziende orafe che ci sono nella mia zona, senza ricevere alcuna risposta.
Sono giovane, al primo impiego, ma ho una specializzazione nel settore della creazione di gioielli. Pensavo con questa presentazione di ottenere subito un impiego ma nessuno si fa vivo........”

Cara R.B.,
ho detto e ridetto che non si inviano curricula a caso perchè non ottengono alcun risultato e deludono chi li manda.
Quando un'azienda necessita di nuovo personale, lo cerca. Se non lo fa, non è il caso di perdere tempo ne di farlo perdere. Stai quindi attenta alle inserzioni ed alle ricerche che possono apparire sui quotidiani locali e scrivi solo se trovi qualcosa che faccia al caso Tuo.
Se però ritieni, al di là della Tua giovanissima età, d'avere un estro particolare nella creazione dei gioielli, preparaTi un book con alcuni oggetti da Te studiati e disegnati. Con questo potrai eventualmente presentarTi oppure, volendo, potrai scrivere per sapere se sono interessati a vedere i Tuoi disegni.
Il curriculum, in questo caso, vale meno o nulla del tutto. Se dimostrerai estro e capacità, qualcuno Ti ascolterà. RicordaTi però che nella moderna industria non vale solo il disegno ma la facilità con cui può essere assemblato e prodotto in serie. Un bellissimo oggetto che non possa essere prodotto se non con difficoltà e manualmente non interessa l'industria ma l'artigiano.
Ciao

domenica 16 novembre 2008

Precariato

Manuela M. Cosenza
“Mi permetto di scrivere per avere un parere. Può darsi abbiate già dato risposte in tal senso ma non ho avuto tempo di leggere il vostro archivio. Sono una giovane laureata. Dopo anni di studio e di speranze, come tutti, mi sono ritrovata nella realtà di dover far fruttare il tempo impiegato nello studio e nella laurea ottenuta. Non ho trovato nulla che andasse bene, Non sono nella zona dove abito ma anche in regione e fuori. Mi domando allora perchè si debba tanto studiare se poi non c'è lavoro. Poiché ho ottenuto un altissimo punteggio sono stata contattata da alcune realtà ma tutte, dico tutte, hanno offerto solo lavori precari che non mi interessano e che trovo un'offesa.......”

Interrompo qui la Sua lettera, gentile Dottoressa Manuela, perchè se vado oltre mi viene un po' d'orticaria. Nulla di grave, per carità, non mi fraintenda, ma leggere ciò che scrive e sopratutto vedere come pensa, mi crea quest'effetto e sono dispiaciuto per Lei.
Si, in passato ho risposto ad altre lettere con lo stesso tema, altre lettere che Lei non ha avuto il tempo di cercare ed anche questo indica una Sua predisposizione a non darsi da fare ma piuttosto a chiedere che Le venga dato. Sarò un po' duro, lo so, ma se gioco coi sottintesi corro il rischio di non farmi capire mentre credo Lei, abbia bisogno proprio di chiarezza.
La Sua è la storia, ormai trita, di tanti giovani che, dopo aver passato anni sui libri (anche perchè questo a volte allontana lo spettro dell'impegno nel mondo lavorativo vero e proprio, ovvero il momento in cui si saprà di che pasta si è fatti) si ritrovano a “cercare” un lavoro. Dire cercare è sempre un eufemismo, perchè in realtà si aspetta solo che Qualcuno con la Q maiuscola, arrivi di corsa e dica, nel Suo caso, che non può fare a meno di Lei. Quel Qualcuno non c'è ne per Lei ne per altri. Una laurea non indica assolutamente che quella persona è superiore ad altri. Indica solo che è più colta e quindi, presumibilmente anche più intelligentemente pronta a comprendere meglio. Cosa che spesso neppure è. Il mondo del lavoro ha visto persone senza preparazione che in quanto a caparbietà, volontà e finezza di pensiero hanno battuto fior di laureati che stavano col naso all'insù.
Il mondo del lavoro è fatto di due realtà. Chi dà lavoro e che lo svolge. Chi lo svolge vorrebbe, come Lei, una sicurezza assoluta; mi hai assunto, ora mi tieni per la vita. Che vada bene o no; che sia bravo o meno; non importa. Mi hai assunto e mi tieni. Dall'altra parte c'è l'industria che deve poter avere personale valido per far fronte alle sfide del mercato. E l'industria non può prendere a caso; non può accettare un pacco chiuso che solo dopo aperto saprà cosa c'è dentro. L'industria abbisogna di flessibilità; di provare un lavoratore e decidere se sa fare quello che spesso dice di saper fare e che a volte, non sa fare; di verificare se è una persona che interagisce col gruppo di lavoro; se è un lavoratore che opera con giudizio. Tutto questo può farlo solo provando il lavoratore stesso. Questa prova, tanto vituperata, permette anche alle aziende di sapere d'avere una forza lavoro preparata che sarà d'aiuto in molte situazioni e che l'aiuterà a vincere le sfide.
Insomma: da una parte l'azienda che chiede di provare il lavoratore; dall'altra il lavoratore che vuole essere solo assunto per non pensarci più.
Lei, Dottoressa Manuela, purtroppo ragiona in questo modo. Non dico che Lei sia fatta in questo modo, ma solo che in questa situazione ragiona così. Le racconto qualcosa che La farà riflettere. Più di una volta mi sono trovato a gestire situazioni in cui gruppi di operai ed impiegati avevano prelevato le ceneri di attività lavorative in cui loro stessi operavano. Pur di non smettere, avevano creato cooperative per cercare di raddrizzare situazioni difficili da cui l'imprenditore, stanco, aveva deciso di uscire. Ebbene, gli operai e gli impiegati che avevano dato una bella mano a far si che le cose andassero male, una volta trovatisi dall'altra parte sono divenuti i nemici più acerrimi di quanto essi stessi asserivano prima. Altro che assunzioni fisse; altro che malattie senza controllo; altro che lavoro tanto per fare col tempo passato a fumare davanti alla macchina del caffè. Parlare con loro era come trovarsi sulla luna, tanto da non riconoscerli.
Il periodo di prova, nelle aziende, Dottoressa Manuela, c'è sempre stato. Tre mesi per alcune mansioni. Sei mesi per altre. Sinceramente non bastano ne tre ne sei per capire se una persona è valida o meno ed a questo sono venuti in aiuto gli accordi con i contratti a scadenza. Possiamo non essere d'accordo sul loro uso improprio ma sono utili.
Permettono alle aziende di provare i giovani e, mi scusi, sta poi ai giovani dimostrare d'essere validi. Ho il dubbio a volte che alcuni giovani non vogliano essere messi alla prova solo perchè sanno di non essere validi. Ma se io, giovane senza lavoro, mi trovo davanti ad un'opportunità con cui mi si dà la possibilità di provare d'essere bravo a svolgere una mansione, perchè mai devo farmi problemi sul fatto che l'assunzione sia precaria? (Termine su cui ho già discusso e che uso per necessità ma su cui non concordo nel significato che viene dato).
Ben venga l'inizio. Stara poi a me dimostrare che ci so fare. Avrò un contratto per un anno? Bene. Alla fine, sarò assunto. Verrà protratto per un altro anno? Nessun problema se so lavorare. Il guaio c'è se io non so fare ciò che mi si chiede o se sono un lavativo.
Sappia poi, Manuela, che le aziende, lo ripetuto alla noia, hanno bisogno di persone valide e se un cosiddetto precario dimostra d'essere valido, viene trattenuto in azienda, eccome! Nessuno si lascia scappare le occasioni buone, mi creda.
Sul fatto di dire a priori, come Lei scrive, che non Le interessano lavori precari e che li sente offensivi, ho paura che dovrà aspettare parecchio e credo che, anche se Lei riuscisse ad entrare nel mondo lavorativo privato, ne caverà ben poco se continuerà a ragionare in questo modo.
Non è, Manuela, che non ci sia lavoro. Non c'è mai il lavoro che si vorrebbe perchè si vorrebbe un lavoro che ci lasciasse liberi di fare ciò che vogliamo, sicuri che nessuno può aver da ridire e sicuri di non poter essere mandati a casa. Ma lavoro ce n'è, eccome. E tutti i lavori sono onorevoli ed anche motivanti se fatti con intelligenza ed impegno.
C'è paura, Manuela, nei giovani per il lavoro perchè forse per la prima volta nella loro vita devono prendere atto che il mondo non è come quello vissuto sino a quel momento. E' una svolta epocale e questo fa paura. C'è paura di trovarsi a dire si, quando per una vita si è detto no ai genitori. C'è paura anche di trovarsi davanti alla realtà di non valere quanto si è sempre creduto ed anche di quanto gli stessi genitori hanno sempre fatto credere.
Solo le paure bloccano. Pensi che è precaria la nostra vita, tutto il resto, fa sorridere.
Le faccio tanti auguri per il Suo futuro, ma credo poco che Lei si dia una mano.
Cordiali saluti.

mercoledì 12 novembre 2008

MARKETING

L.L. Milano
“Giovane, da pochissimo entrato in un'azienda come assistente in genere, non so ancora come e cosa mi faranno fare. Oggi, aiuto un po' qua e un là, sempre in ufficio. Ammetto che non mi dispiace per questi motivi: primo perchè dopo la scuola non ho avuto nessuna esperienza e la scuola stessa non ne ha data; secondo perchè in questo modo ho la possibilità di infarinarmi su diverse cose. Quando avrò trovato la strada, mi fermerò.
La mia richiesta, se potete rispondermi è la seguente: leggendo alcuni resoconti dell'ufficio marketing mi è venuta voglia di approfondire queste tematiche. Da alcune frasi ho tolto le parole che dopo vi scrivo; parole di cui non conosco il significato ma che vorrei sapere per comprendere meglio questo tipo di lavoro.
Le parole sono: piggy back; sales test; traffic building; body copy.
Vi ringrazio”

Mio caro e giovane L.L.,
finalmente qualcuno che entra in un ufficio come factotum, per dare una mano un po' a tutte le funzioni, certamente con compiti molto semplici ma pronto ad essere usato, esperienza fatta, in campi diversi. Esperienza che, una volta maturata, sarà patrimonio solo Tua, e quindi di molto più valore di quanto Tu possa oggi pensare.
Allora coraggio L.L., aiuta, cerca, informati, sii curioso. Sii anche sempre modesto perchè quando si inizia occorre avere la consapevolezza che il proprio lavoro è di supporto affinchè quello di altri vada meglio.
E veniamo alle parole che chiedi e che, come dici, hai letto su qualche relazione interna. Sono tutti termini molto tecnici che, alcune volte, non vengono usati neppure dagli stessi operatori di marketing.
Dunque: piggy back.
Si usa questo concetto per indicare, solitamente, una promozione su un prodotto che l'azienda fa al consumatore solo se quest'ultimo ne acquista, unitamente a quel prodotto, anche altri della gamma aziendale. Si usa questa tecnica per cercare di dare equilibrio in una situazione di vendite che per qualche motivo ha squilibrato le giacenze di merce. L'uscita di un prodotto nuovo ha, ad esempio, bloccato, le vendite di altri oppure, di contro, un prodotto nuovo appena lanciato e di cui ci sono forti scorte, non sta andando come si dovrebbe. Si cerca quindi di forzarne l'uso o la conoscenza, dandolo magari in omaggio ha chi acquista uno, due o più prodotti esistenti e conosciuti.
Sales test: è una tecnica piuttosto nota (ma usata solo da alcune multinazionali ed oggi molto meno di un tempo) che consiste nel lanciare un prodotto nuovo, solitamente piuttosto innovativo e quindi con maggior rischio, non su tutto il territorio ma su una parte d'esso. Ad esempio in una o più regioni pilota. Le scelte delle aree avviene di norma attraverso il criterio della rappresentatività. Paroloni che significano usare alcune province che per la loro conformità di consumi, ricchezza, popolazione siano equiparabili alla media nazionale e per questo quindi, rappresentative. (Spero di essere chiaro). Il risultato ottenuto dalla vendita in queste province dà un responso solitamente molto vicino a quello che sarà poi il risultato se la vendita verrà allargata a tutta la nazione. Un insuccesso nelle province test di solito ferma o rallenta il programma sino ad uno studio che indichi i motivi di non gradimento del prodotto.
Traffic building: questo termine indica una azione piuttosto semplice che abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi. Si tratta di semplici azioni promozionali che coinvolgono i consumatori ed i frequentatori di un classico supermercato o iper. Oggi, per povertà di linguaggio che esiste anche in questi settori, si definiscono “azioni di merchandising”. Solitamente sono svolte da quelle signore che nei supermercati hanno un piccolo angolo a disposizione per fermare chi passa offrendo loro il prodotto o la promozione. Questo sarebbe appunto il traffic building e non il merchandising, ma poco importa.
Body copy. L'abbiamo sotto gli occhi continuamente. Si tratta semplicemente della parte scritta di un qualsiasi annuncio pubblicitario. Apri un giornale. Guarda una pubblicità. Le frasi scritte, sono appunto il body copy.
Mi auguro che Tu sia contento delle spiegazioni e che possano servirTi a comprendere meglio gli scritti in cui li hai trovati. Qualora trovassi altri termini, riscrivimi.

domenica 9 novembre 2008

CONTRATTO NON FIRMATO

M. (Loc. n.c.)
il mio compagno si trova in una situazione complicata, ma soprattutto poco chiara.Gli hanno offerto un lavoro in cantiere, gli hanno chiesto copia dei documenti e certificato di disoccupazione, e ha iniziato a lavorare. Da quel momento non ha saputo più nulla, ne il tipo di contratto, ne l'inquadramento, ne qualsiasi tipo di informazione. Considerando la situazione ha deciso di lasciare il "lavoro", poichè cominciava a supporre di essere assunto in nero. Però a quel punto gli hanno chiesto la lettera di dimissioni. Non avendo firmato nulla il contratto "se esiste" ha qualche valore? Aver firmato una lettera di dimissioni implica qualcosa? Rischia di perdere l'anzianità di disoccupazione al centro per l'impiego (è iscritto da più di 24 mesi)? Aspetto informazioniGrazie per l'aiuto, distinti saluti

Cara M. malgrado più volte io abbia risposto che quanto riguarda la contrattualistica non è di ns. competenza, continuo a ricevere richieste di aiuto in tal senso.
Io cerco di dare suggerimenti relativi al comportamento, demandando ad altri le risposte specifiche.
Farò così anche stavolta ed inizio a dirTi che nella Tua lettera c'è qualcosa che non va. Al Tuo compagno hanno dato un lavoro in cantiere. Gli hanno chiesto i documenti relativi. Ha iniziato a lavorare e, non sapendo più nulla, ha smesso.
La prima cosa che vien da chiedersi è perchè, davanti al non saper più nulla, non abbia chiesto. A me verrebbe spontaneo. Inizio un lavoro, ho dato i documenti, nessuno mi dice nulla. Alla prima occasione vado dal Capo Cantiere o dal Geometra e chiedo informazioni. Lascio il lavoro perchè ho il dubbio che forse sono stato assunto in nero? Non lo farei (ma parlo per me).
Comunque, un'assunzione in nero è ben concordata tra le parti. Il lavoratore lo sa benissimo anche perchè, nel caso qualcuno lo chiedesse, deve sapersi districare inventando qualche storia. Pensa cosa accadrebbe se, non sapendolo, venisse avvicinato da un Ispettore del lavoro e, a precisa domanda, dicesse d'essere regolarmente assunto quando poi una verifica confermasse l'opposto.
Comunque, il Tuo compagno, nel dubbio ha lasciato il lavoro senza chiedere chiarimenti. Ed a quel punto gli viene richiesta la lettera di dimissioni. Ed ancora dico che se si fosse trattato di nero non veniva chiesta la lettera. Perchè mai un datore di lavoro deve chiedere una lettera di dimissioni se non ha assunto? La lettera stessa di dimissioni è una prova dell'assunzione. Se si assume in nero, assolutamente non ci vuole una lettera di dimissioni.
Nemmeno se lui non ha firmato contratti occorre una lettera di dimissioni salvo che, per gestione interna, mentre lui consegna la lettera di dimissioni non gli facciano firmare il precedente contratto rimasto per qualche motivo fermo.
Ecco perchè mi sembra tutto strano. Tu non dici quanto tempo ha lavorato (giorni, settimane, mesi). Può darsi che non abbia avuto nessun contratto perchè forse i documenti non erano pronti (può darsi) e stava quindi a lui chiedere e chiarire prima di venirsene via.
Termini chiedendomi se rischia di perdere l'anzianità di disoccupazione. Non capisco, ma perdonami l'ignoranza, il fatto che possa perder l'indennità o l'anzianità di disoccupazione. Se non ha lavoro come può perderla?
Non è che forse la paura è data dal fatto che essendo stato assunto, in automatico cessava l'anzianità di disoccupazione e che forse si era tentato di non perderla in qualche modo?
Non so proprio darTi un consiglio su questo ma Te ne do un altro.
Se quanto hai scritto è tutto vero non devi avere alcun timore a recarTi presso un patronato o un sindacato per chiedere le stesse cose che hai chiesto a me (sopratutto la parte finale relativa all'anzianità di disoccupazione) che è prettamente normativa.
Purtroppo non posso fare altro e me ne spiace. Mi auguro però d'averTi acceso qualche luce.
Spero che riusciate a venirne fuori e che il Tuo compagno possa trovare un altro lavoro, perdendo l'anzianità di disoccupazione. Meglio perdere quella ed avere un lavoro che non l'opposto.
Ciao

martedì 4 novembre 2008

Contratto

Lamberto A. (loc. n.c.)
Come si fa a sapere se il contratto e veritiero, regolarmente registrato e versamenti regolari?

Egregio Sig. Alberto,
la prima rassicurazione viene dal tipo di azienda o organizzazione in cui sta operando o ha deciso di operare. Se l'azienda è da tempo sul mercato; nota e affidabile, non vedo perchè dovrebbe farLe un contratto fasullo. Diverso è, se l'organizzazione in cui opera è “strana”.
La seconda è quella di recarsi personalmente all'INPS della Sua città e chiedere semplicemente se vengono versati i contributi. Il Suo nome è abbinato ad un numero INPS ed il controllo è automatico.
Se scoprisse che i versamenti sono regolari, il Suo atteggiamento verso l'azienda denoterebbe comunque una diffidenza che lascia capire che forse il rapporto non è iniziato su una base positiva.
Cordiali saluti

Idee creative

Michele (loc. n.c.)
Deve esserci un modo per vendere le proprie idee.
Sono convinto che molti giovani (e meno giovani) abbiano delle idee geniali che custodiscono gelosamente.
Nell'era multimediale possibile non ci sia uno spazio per far incontrare investitori e "creativi" ? Un'agenzia che raccolga idee, le tuteli e le venda con un minimo profitto per il povero "creativo"?
Già questa potrebbe essere un'idea, o sbaglio?
Scusate lo stile poco formale ma il mio è anche uno sfogo.
Grazie

Egregio Sig. Michele,
ciò che Lei sottopone, sotto forma di sfogo, fa comprendere che Lei è uno dei tanti che ha idee, o ritiene di averne, da vendere e che non sa come fare.
Ciò che lei chiede, per certi versi, esiste già. Se una persona pensa di avere una buona idea può bloccarla facendola registrare. Il problema è che la registrazione ha dei costi e non garantisce nulla nel senso che qualcun altro, in qualsiasi parte del mondo, può aver avuto e registrato la stessa idea un giorno prima, annullando così i vantaggi della registrazione successiva. L'idea in sé poi, è sempre un concetto piuttosto vago che, per assumere valore, dev'essere ben supportata da documenti, prove di fattibilità, e tutto quanto utile a far si che quell'idea dimostri la reale possibilità d'utilizzo.
Credo che molti abbiano idee geniali nascoste nel cassetto ma, come penso d'aver detto in passato rispondendo ad altri, se mancano i fondi necessari a garantire sicurezza...., è piuttosto rischioso annunciarle al mondo.
Un'agenzia che raccolga le idee, le tuteli e cerchi di venderle al miglior offerente non può esistere a meno che non voglia andar incontro a molti problemi e rischi. Le confesso che anche noi abbiamo nel cassetto un'idea del genere da diverso tempo, proprio per aiutare i giovani, ma probabilmente rimarrà tale e Le spiego perchè:
raccogliere le idee costa poco. Basta dirlo e stare ad aspettare. Il problema è successivo. Immagini che un'idea qualsiasi, inviata a questa agenzia affinchè venga presa in esame, appaia dopo poco tempo da un'altra parte, suggerita da qualcun altro che magari l'ha registrata. L'agenzia non ne sa nulla (perchè le idee possono venire contemporaneamente a tutti) ma chi lo dice a colui che ha avuto l'idea e l'ha mandata all'agenzia? Potrebbe nascerne una azione legale in cui l'agenzia, cercando di far del bene ai giovani, si troverebbe coinvolta e sotto processo nel dubbio d'essere stata lei a passare l'idea ad altri. Bel pasticcio, no? E Lei vorrebbe trovarcisi? Circa venderle al miglior offerente, è naturalmente una cosa possibile ma, ripeto, se un'idea frutto dell'intelletto, non è registrata, chiunque può appropriarsene. E Lei andrebbe ad offrire un'idea che, se davvero utile, potrebbe essere fregata? Come può quest'agenzia tutelare chi manda le idee se non le registra?
Ogni forma di garanzia “fai da te” come depositare presso un notaio l'idea; oppure metterla in una busta, spedirsela e lasciarla chiusa depositata in una banca od altri sistemi del genere servono a poco in caso di contestazioni che comunque sono costosissime e portano spesso a non avere ragione. Anche rendere pubblica l'idea in internet affinchè vi sia una precisa data che dimostri il giorno in cui la si è avuta è terribilmente rischioso per il semplice motivo che vi sono Stati che non rispettano o non riconoscono brevetti e nessun diritto di proprietà. Quindi, chiunque potrebbe farsela sua.
L'agenzia dunque è un'idea bella ma non praticabile. Lei ci passerebbe un'idea da proteggere e cercare di vendere (se è davvero buona) con una equa percentuale di utile, se Le dicessimo che comunque non è possibile garantire che da qualche parte qualcuno non l'abbia avuta prima o che qualcuno, sentendola, non la faccia sua? Pur con tutta la fiducia che possiamo ispirare ( o quella che ispira chi scrive) sarebbe un rischio non da poco.
Se invece le idee sono già registrate presso un ufficio apposito e quindi vien tolta questa responsabilità; fare da punto di incontro tra investitori e creatori di idee, potrebbe essere teoricamente fattibile. A questo punto entra in ballo un altro problema. I costi. Prendere un'idea, valutarla, studiare il mercato in cui si colloca; vedere se in chiave di marketing l'idea regge i costi di una produzione e capire se le vendite possano essere profittevoli; scegliere poi chi può esserne interessato; confezionarla per bene ed andare a proporla, ha costi fissi, nel senso che ci sono e si devono sostenere prima ancora di vendere l'idea. Quanti creatori di idee possono permettersi di mantenere questo apparato pagando costi senza poi alcuna garanzia che l'idea arrivi davvero sul mercato?
L'ho demoralizzata? Può darsi, ma oggi ha le idee forse più chiare del perchè chi ha idee purtroppo se le tiene, a meno che, assieme alle idee non abbia anche fondi per sostenere le spese che ci sono per venderle.
Per finire, lo spazio multimediale per far vetrina può essere anche il nostro, se vuole. Ci manda la Sua idea e noi potremmo creare un apposito spazio “idee” da sottoporre, con tanto di nome ed indirizzo dell'autore. (ovviamente con una liberatoria ai sensi di ogni responsabilità).
Cordiali saluti

domenica 2 novembre 2008

Periodo di prova

(seguito)

Silvia (loc. n.c.)
sono Silvia (la ragazza dei "periodi di prova"). Intanto ringrazio per la risposta, mi è stato molto utile!
Volevo però precisare che non mi sono spiegata bene e che i miei precedenti periodi di prova non erano dei rapporti stabiliti con l'azienda sin dall'inizio (quindi con una firma del contratto ecc ecc) ma tramite agenzia, che mi chiamava per un tot di tempo e poi mi lasciava a casa per la crisi, o perchè non avevano bisogno di altro personale, o perchè semplicemente l'agenzia mi aveva assunta per una prestazione occasionale con la vaga promessa di un'assunzione che non avveniva. Il problema di questo ultimo lavoro è diverso perchè è stata la prima azienda che mi ha assunta direttamente. ma in ogni caso ormai non conta più.... ho fatto come suggerito, e presto andrò a colloquio con questa azienda per capire i miei errori. Mi sto inoltre rivolgendo a un sindacato perchè non ritengo giusto la maniera in cui sono stata trattata, ma questo in ogni caso esula dai compiti che "ha" il blog.
ringrazio ancora per l'attenzione che mi è stata rivolta.

Cara Silvia,
rispondo subito a questa lettera di ringraziamenti, dandoTi la precedenza, perchè vorrei evitare che Tu facessi qualche colpo di testa senza prima aver ben riflettuto.
Hai precisato che le tre assunzioni precedenti erano, in realtà assunzioni momentanee fatte magari con la falsa promessa di un proseguo e questo sta bene.
La vera assunzione, l'ultima, è quella che Ti ha creato qualche strascico. Hai fatto bene a chiedere un colloquio per capire le reali motivazioni.
Quello che invece mi ha fatto rizzare i capelli è la frase successiva in cui dici “mi sto rivolgendo ad un sindacato perchè ecc...ecc....”.
Alt, Silvia. Qui c'è qualcosa che non va. O Tu chiedi un colloquio per saperne di più, per comprendere e farne tesoro per il futuro oppure, non Ti fai vedere dall'azienda e cerchi soddisfazione (sarebbe meglio dire ripicca) con un sindacato.
Non puoi fare le due cose assieme. Sei giovane e forse non sai ancora com'è il mondo del lavoro. Ci si deve comportare come nella vita. Nella vita Tu andresTi a chiedere qualcosa a qualcuno e contemporaneamente pensare di fargli del male? Io non lo farei mai perchè non è nella mia logica. O scelgo la strada del colloquio per capire gli eventuali errori che non ho percepito e dopo averli saputi ringrazio chi me li ha detti perchè mi aiuta a non sbagliare più, oppure faccio guerra. Ma le due cose assieme non hanno logica.
Io non so se quest'ultimo lavoro Ti era comunque stato offerto da un'agenzia. Sappi che se così fosse e l'azienda dicesse all'agenzia che Tu hai cercato di crear loro problemi, non solo quell'agenzia non Ti darebbe più alcuna possibilità ma il Tuo nome girerebbe anche presso altre agenzie, con un bel bollino che Ti segnala come “meglio lasciar perdere”.
Se non ritieni d'essere stata trattata bene ( a parte che nessun sindacato interviene in una disputa se avviene nel periodo di prova) durante il colloquio che avrai potrai eventualmente dirlo, anche se poi parrebbe che Tu abbia chiesto l'incontro non tanto per capire gli errori quanto per accusare la controparte e il tutto potrebbe finire peggio di prima.
Ora fai Tu perchè sei maggiorenne, credo Tu sappia stare al mondo ed anche perchè...sbagliando magari si impara.
Incrocio le dita.
Ciao