Ricerca personalizzata

martedì 30 settembre 2008

Sito aziendale

Luigi B. Emilia R.
“ leggo spesso il vostro blog perchè dà suggerimenti importanti e non capisco chi vi critica. Evidentemente non ha bisogno d'aiuti. Io sono un giovane laureato. Mio padre ha una piccola azienda, comunque discretamente importante nel suo settore. Io sono entrato da poco in azienda e mi interesserò di quanto mio padre non può fare. Lui è arrivato sino ad un certo punto, relativamente alle proprie esperienze. Io, parto da dove lui è arrivato. Lo scopo è far proseguire l'azienda nel modo migliore per i prossimi decenni. L'azienda è solida. Non abbiamo bisogno di finanziamenti bancari. Siamo infatti ancora pronti ad autofinanziare lo sviluppo senza problemi. Il lavoro fatto da mio padre è stato davvero ottimo.
Vi scrivo solo per avere un vostro parere circa la mia volontà di creare un sito aziendale, che ad oggi non c'è. Ritengo sia utile anche se solo per immagine. Infatti, da più parti sento che gli affari fatti in internet sono più nella testa di chi dice di farli che non fatti in realtà. Vorrei farlo costruire in modo che sia davvero utile e facilmente visitabile. Spesso sono incappato in siti assolutamente inutili da cui era difficile avere qualsiasi informazione. Voi cosa ne pensate?”


Egregio Dr. Luigi,
rispondo alla Sua semplice domanda dicendoLe che naturalmente ciò che vuol fare è positivo ma, attenzione, lo è solo se il sito che farà costruire permetterà davvero di interagire. Mi spiego meglio:
per motivi di lavoro abbastanza recentemente ho effettuato un test. Volevo sapere quante aziende, anche tra le più grandi, usassero veramente internet per tenere un legame con la propria clientela. Tutti i siti infatti hanno la casella “contattaci”. Altre, ancora più disponibili, scrivono: “suggerimenti da dare”. Molto bene. Significa che se un utente internet desidera farlo deve solo cliccare e scrivere. L'azienda dovrebbe anche solo per cortesia rispondere. E se non per cortesia, dovrebbe farlo solo per il fatto d'aver un sito che permette e che esplicitamente dà la possibilità di farlo.
Il test consisteva nell'inviare ad aziende una richiesta a cui necessariamente doveva essere data risposta. Positiva o meno, ma doveva essere data.
Ebbene: su 22 siti di grandi aziende, nazionali e multinazionali contattati, 2 hanno risposto alla richiesta. 2 hanno risposto che la richiesta era stata passata a chi di competenza e che avrei ricevuto risposta (mai pervenuta), 1 ha risposto che non davano risposta tramite il sito (perchè mai allora avevano costruito un sito con il famoso contattaci, non so) mentre le rimanenti 17 grandi aziende non hanno mai risposto.
Devo dire altro, caro Dr. Luigi? L'Italia dei misteri è anche questa. Il guaio è che a noi italiani piace molto avere il ns. sito. Spendiamo danari per farlo bello poi, una volta messo in rete, lo guardiamo noi stessi per un po' ed infine dimentichiamo di averlo. Semmai qualcuno poi scrive, cerchiamo di capire cosa vuole. Se riteniamo essere un probabile perditempo fingiamo di non aver ricevuto nulla. Solo se pensiamo essere qualcosa che può sfociare in un ordine, forse ci facciamo vivi.
Tutto questo per dirLe che, se lo fa, devo farlo bene e sopratutto deve seguirlo. Se qualcuno scrive, per qualunque cosa ed a qualunque richiesta, anche la più sciocca, deve essere data risposta. Il rapporto con un cliente o con un possibile cliente, va coltivato con la stessa serietà come se si trattasse di un rapporto familiare.
Chi scrive lo fa perchè sente il bisogno di chiedere o di chiarire qualcosa. Per lui quindi, farlo significa molto. Ricevere una risposta è, oltre che giusto, anche motivante. Chi scrive e non ha risposta, spesso è un cliente o potenziale tale, perso.
Faccia quindi un bel sito e, visto che è giovane, lo segua direttamente. Si prenda il compito di leggerlo tutti i giorni e di dare risposte, se qualcuno dovesse mai scrivere.
Solo in questo modo un sito è utile, altrimenti è una presentazione; ma come tale lascia il tempo che trova.
Cordiali saluti.

lunedì 29 settembre 2008

Curriculum

Gianni Terni
“Ho inviato decine di curricula a diverse aziende senza mai ottenere risposta. Per non sbagliare ho scaricato dei moduli già pronti in rete in modo da presentarmi nel modo migliore, ma non è servito. Ora vedo una pubblicità di un libro che propone ancora come presentarsi, cosa scrivere eccetera...”

Mio caro Gianni,
su come compilare un curriculum, cosa dire e non dire, ho scritto più volte ma se vai a vedere in archivio vedrai che ho sempre dato tracce sull'ordine da dare a ciò che si scrive e tracce su cosa val la pena dire subito nel curriculum e cosa invece è inutile dire. Tutto questo senza mai presentare uno schema perchè uno schema può essere usato da più persone e, credimi, se chi riceve il curriculum è un addetto ai lavori, noterà con poca soddisfazione la mancanza di indipendenza creativa di chi lo propone.
Meglio saper cosa scrivere e metterlo su carta con ordine logico, pulito, lineare che non presentare moduli prestampati e soltanto riempiti nelle varie caselle.
Su cosa dire, se Ti si dice come comportarTi nello scrivere e sopratutto nel contatto diretto durante un incontro, Ti si dice qualcosa a cui non credere. Vi sono cose inutili da dire in quanto non inerenti il lavoro (esempio che riviste leggi. come riempi il tempo libero o che razza di vacanze fai) ma altre che vanno dette perchè fanno parte di Te e possono aiutare chi Ti intervista a capirTi meglio.
Dovessero anche aiutarlo a comprendere che non sei adatto a quella posizione è comunque un fatto positivo perchè il mondo del lavoro è pieno di persone che hanno occupato posizioni non adatte loro, magari tacendo o dicendo cose non vere, per poi ritrovarsi in situazioni pesantissime da sostenere con il solo risultato di vivere il lavoro come un dramma quotidiano. E non c'è nulla di peggio che lavorare con questo peso per ritrovarsi frustrati, demoralizzati, stanchi, incattiviti; rendere nulla e sentirsi demotivati.
In un curriculum o in un'intervista si deve dire tutto con spontaneità e sincerità. Questo è apprezzato più di altre cose perchè dire come si è significa anche essere sicuri di se stessi.
Infine, credimi, se anche Tu ti studiassi una parte a memoria per dire ciò che vuoi e tacere altro, un selezionatore in gamba Ti smaschererebbe con poche domande, senza che Tu te ne accorga.
Leggi quindi, se vuoi, tutti i libri che Ti dicono come fare un colloquio ma non pensare di tacere, di fingere perchè non varrebbe nulla. Per il curriculum, se vuoi, segui il mio suggerimento: traccia una linea cronologica degli avvenimenti che devi dire, scrivili possibilmente a mano (la scrittura a mano è più importante di ciò che scriverai), non riempire più di una pagina se scrivi col computer o due se lo fai a mano e, sui fatti non inerenti il lavoro e che ritieni non importanti, scrivi solo che sarai più preciso durante il colloquio semmai si volessero sapere approfondimenti.
Riscrivimi se hai dubbi.
Ciao

mercoledì 24 settembre 2008

Che scelta fare

Silvia Firenze

Salve,
siamo 4 ragazze tra i 25 e i 27 anni... vorremmo aprire una cooperativa sociale...
una di noi è psicologa, altre 2 si stanno laureando in scienze motorie e un'altra è diplomata...tutte noi, chi più, chi meno, ha esperienze lavorative con bambini, disabili e anziani, per questo motivo ci piacerebbe provare a camminare sulle nostre gambe e metter su qualcosa in questo ambito...da qui l'idea di aprire una cooperativa sociale o un'associazione...
Secondo Lei dovremmo lasciar stare oppure potrebbe essere un' iniziativa che con tanto impegno può darci dei buoni risultati? Inoltre, è preferibile unirsi sotto forma di associazione oppure cooperativa sociale? Accettiamo ben volentieri qualsiasi suggerimento e consiglio...
La ringrazio anticipatamente e complimenti per il preziosissimo servizio che offrite...

Cara Silvia,
poco importa se associazione o cooperativa. Qualunque sia la scelta dovrete comunque affidarVi, prima di questa, ad un Commercialista che saprà elencarVi esattamente i pro ed i contro e consigliarVi di conseguenza.. Personalmente credo che la forma “in cooperativa” possa ancora darVi un vantaggio fiscale.
A parte la scelta, voglio però dirLe che in quanto scrive vedo tanta buona volontà e senz'altro una passione che fortunatamente avete e che pochi hanno ma ho paura che, al di là di questo, ci sia solo “il sogno” di fare qualcosa di utile ma non ancora un vero e proprio obiettivo verso cui mirare. Quel “metter su qualcosa” che scrive, sta proprio ad indicare che forse dovete innanzitutto fare prima un bel piano su cosa volete fare; dove volete arrivare; quanto di Voi stesse potete metterci e quanto, in realtà, credete in questa iniziativa.
Avere un obiettivo preciso a cui mirare è indispensabile e senza questo non arriverete a nulla. Quindi, tra le cose primarie da fare, una sta proprio nel mettersi a tavolino e decidere assieme qual'è il Vostro “sogno” a cui mirate. Successivamente pensate a come arrivare a quel sogno (le azioni da fare anche nel tempo). (Se avrà la pazienza di cercare in archivio troverà diverse risposte che cercano di spiegare come tramutare i sogni in obiettivi raggiungibili).
Un'attività abbisogna di una preparazione non superficiale di capacità gestionale. Con i sogni spesso le aziende nascono ma non proseguono.
Certamente, come Lei scrive, con tanto impegno potrete ottenere buoni risultati ma, prima, dovete mettere le basi affinchè quest'idea possa nascere bene.
Un gruppo, perchè tale sarete, per rimanere solido deve avere precisi dettami societari.
Una società pur se cooperativa abbisogna di una base finanziaria per funzionare. Necessiterete di un ufficio e di tutto quanto serve. Dovrete calcolare bene le spese per permetterVi di far funzionare l'attività anche senza utili per un buon periodo iniziale (quindi disporre di un capitale, magari limitato, ma sufficiente per garantirVi l'avvio e la copertura per almeno un anno). Se tutto questo c'è, dovete pensare a come far funzionare il gruppo con compiti ben precisi per ognuno, pur se ognuno dovrà cooperare ed interagire con gli altri. Qualcuno dovrà inoltre essere attento gestore delle entrate e sopratutto delle uscite, portando mensilmente a conoscenza degli altri l'andamento dell'attività.
Poi viene la parte di raccolta “clienti”. Mi scusi se chiamo clienti le persone che dovreste seguire, ma tali sono. Esistono già ovviamente associazioni come quella che vorreste intraprendere quindi, per riuscire, dovrete farVi conoscere. Per farlo, entra in ballo un po' di marketing.
Dovrete porVi semplici domande di base: “come posso farmi conoscere; come posso offrire i miei servizi; come posso attirare clienti che già vengono serviti da altri?
A queste domande andrà trovata risposta e, nel caso, a suo tempo, mi ricontatti e Le darò aiuto.
Al di là di quanto potrete fare per aiutare disabili ed anziani, mi sembra che il Suo gruppo (psicologa e laureate in scienze motorie) potrebbe funzionare bene anche nella gestione di una palestra, con corsi sia per disabili che non.
I costi di impianto sono senz'altro diversi ma la forma di Soci in cooperativa potrebbe agevolarVi ed il mercato di riferimento sulla città e ovviamente maggiore.
Mi sappia dire.
Cordiali saluti

martedì 23 settembre 2008

Vendita

Flavio C. Crotone
“ho scoperto questo sito che apro tutti i giorni. Sembrerà strano perchè io non lavoro ancora e quindi non ho problemi ma sono stato incuriosito dal vostro dire che aiutate i giovani ad avere successo. Il prossimo anno, terminati gli studi ed avuto il diploma vorrei iniziare a lavorare per essere indipendente. Sto pensando che la strada più naturale e quella che mi sembra offra maggiori possibilità nel senso che vi sono più richieste è quella della vendita. Allora vi chiedo: posso saperne di più almeno sulle nozioni iniziali della vendita? Grazie e spero di essere stato chiaro e non creare problemi”

Mio caro Flavio, sei stato chiaro e non crei problemi. Rispondo volentieri perchè essendo Tu un giovane che neppure ha iniziato il proprio percorso lavorativo ma già pensa ad avere qualche nozione, è rassicurante. Qui siamo all'ABC della vendita o meglio, ai fondamentali. Dovrei tenerTi un corso ma, non potendo per ovvie ragioni di tempo, dopo aver pensato, ritengo che la prima nozione di base da darTi è relativa alle fasi della vendita.
Qualcuno si annoierà a rileggere queste cose pensando di averle ormai superate. Molto spesso però chi ritiene d'essere superiore a queste nozioni non le mette neppure in pratica, lavorando con sforzo.
Devi sapere, caro Flavio, che la vendita è fatta di fasi che vanno seguite in ordine, approfondite e, sopratutto, portate a termine prima di passare alla successiva.
La prima fase è data dal CONTATTO. Si prende appunto contatto con il potenziale cliente (spesso uno sconosciuto) per proporre un incontro. In questa fase occorre tatto, cortesia, empatia. Non bisogna essere insistenti per avere a tutti i costi l'incontro, ma piuttosto occorre cercare di incuriosire il potenziale cliente affinchè sia interessato a capire cosa mai avete da proporgli di così importante per lui. Se il contatto è telefonico sappi che anche telefonicamente si può essere sorridenti. Dal tono di voce, questo si capisce anche dall'altra parte.
Una volta ottenuto l'incontro vi è la seconda fase che possiamo chiamare dell'INTERVISTA. Si è davanti al potenziale cliente ed ancor prima della terza fase si deve cercare, con semplici domande di saperne di più del cliente stesso. In pratica si deve approfondire la conoscenza per essere poi certi di offrirgli quanto per lui più adatto.
La terza fase è data dalla PRESENTAZIONE. Finalmente si mostra al cliente il prodotto o l'idea che vogliamo vendergli stando sempre attenti a far si che quanto diciamo sia interessante per il cliente e che gli faccia capire che quel prodotto o servizio davvero potrebbe essergli utile. Sappi che se offriamo un prodotto che in qualche modo ha già o non riterrà che possa risolvergli dei problemi, non ci ascolterà più di tanto e non acquisterà.
La quarta fase è naturalmente una conseguenza della terza: la CONCLUSIONE. Dopo aver presentato quanto abbiamo per lui, è nostra intenzione vendere, quindi dobbiamo arrivare a questo punto. La conclusione può essere difficilissima e senza risultati così come estremamente facile. Dipende tutto da come avremo saputo spiegare il prodotto facendo capire al cliente che senza quello, lui continuerà ad avere problemi irrisolti. In pratica, tanto più il cliente sarà convinto dalle nostre parole dell'efficienza di quanto diciamo, tanto più facile e conseguente sarà la conclusione con la vendita.
Queste quattro fasi possono avvenire di seguito nello stesso momento se il lavoro di vendita che andrai ad iniziare, quando inizierai, sarà del tipo di contatto diretto (venditore che visita i clienti i base ad un elenco o presi seguendo un itinerario di una via) oppure le fasi possono avvenire in momenti diversi. Prima la telefonata e magari un primo incontro non definitivo. Poi un secondo incontro esplicativo e magari un lasso di tempo per farlo decidere o provare un prodotto.
In ogni caso il Tuo obiettivo sarà quello, una volta attuata una fase, passare alla successiva. Fai però attenzione: non avere mai fretta di arrivare alla fine, come fanno tanti venditori il cui scopo non è arrivare a vendere ma solo presentare. Dovrai passare alla fase successiva solo dopo che avrai notato il cliente pronto a seguirTi. Se Tu infatti volessi accelerare quando il cliente è ancora fermo a pensare, manderai a monte tutta la vendita.
Ovviamente Ti ho dato solo piccoli spunti ma, credimi, comunque importanti perchè se non si conoscono bene i fondamentali, non si porterà avanti nulla.
Per approfondire questi stessi temi, puoi cercare in altre risposte eventuali miei suggerimenti. Se non li trovassi, quando sarà il momento, riscrivimi.
Ora termina gli studi con successo. Ciao

domenica 21 settembre 2008

Incomprensioni

Anna M. Prato
“non sopportavo questo stato di cose e ho mandato al diavolo la mia capo ufficio. Nell'impiego successivo, sono durata tre mesi prima di capire che erano tutti matti. Adesso, anche in questo nuovo ufficio vedo che le cose non sono diverse dagli altri posti. Sono stufa....”

Mia cara Anna,
non so se sono solo questi tre gli impieghi che non Ti sono andaTi a genio o se prima ce ne siano stati altri. Forse però dovresTi calmarTi un attimo. Altrimenti non Ti basterebbero tutte le aziende della Tua zona.
Quando mi capitano queste situazioni, in realtà cerco di analizzarle approfonditamente perchè è indubbio che qualche piccolo problema c'è anche in Te. Probabilmente sei troppo emotiva; troppo esuberante; troppo permalosa; troppo chissà cos'altro, ma comunque troppo per mantenere la calma in certe situazioni.
Il guaio è che nei giovani si è venuto a creare il concetto di agire subito, prima di riflettere. Un po' il comportamento dei film d'azione in cui magari si rispecchiano i giovani. Così, sempre più spesso, ricevo lettere di aiuti (o devo aiutare giovani, nel mio lavoro) in cui non si chiede un parere su cosa fare o su come comportarsi, ma si dice “ho già fatto. Ora come ne esco?”
Nel lavoro questo può davvero tagliare le gambe. Come posso consigliarTi dopo che le cose sono già state fatte? Posso solo cercare di aiutarTi a fare meno danni possibili. Punti l'indice contro gli altri, dicendo che sono tutti matti, ma sai che mentre punti un dito contro gli altri, ne hai tre puntati contro te stessa?
CalmaTi un attimo. Fermati e rifletti. Hai bisogno di lavorare o no? Se ne hai, allora dovrai anche necessariamente riflettere sul Tuo comportamento e, come in tutte le cose, mediare le posizioni. Se sei milionaria in euro, perchè vai ancora a cercarTi problemi?
Non mi dici, di fatto, le motivazioni che Ti hanno indotto a pensare che tutti siano matti e quindi non posso aiutarTi maggiormente. Devo però ripeterTi di guardarTi attorno, anche nel luogo di lavoro. Le altre persone che lavoravano con Te la pensavano o la pensano nello stesso modo? Perchè se gli altri sono sereni, perchè Tu devi trovare problemi ad adattarTi ? Stai cercando nel lavoro sicurezze e realizzazioni che non hai altrove? Ti pongo tante domande proprio per farTi riflettere. Fallo, poi se vuoi riscrivimi ma dammi maggiori informazioni. Nel frattempo, non cambiare ancora azienda!
In bocca al lupo.

giovedì 18 settembre 2008

Da libero professionista a...

Aldo (loc. n.c.)
Da più di sei mesi ho avviato una mia attività di consulenze per realizzazione di idee e progetti nel campo della comunicazione e dell'information technology. Con la mia attività ho lavorato a "tempo perso" per parecchio tempo con l'aiuto di una azienda che mi ha prestato un angolo con una scrivania, in cambio di qualche lavoretto che io ho convogliato all'interno di questa azienda e qualche contributo di tanto in tanto.L'azienda in questione è una azienda che si occupa di Information Technology, alla quale da qualche giorno ho passato un mio cliente ed un mio progetto da realizzare chiudendo quindi un contratto a favore della azienda. Dopo questi mesi di lavoro non stipendiato ( durante i quali ho costruito "qualcosa di mio" a livello di nome e relazioni e contatti ) l'azienda in questione mi propone di essere integrato al suo interno con un contratto a tempo indeterminato, che partirà da Gennaio. Il mio problema è il seguente : Questa attività che ho avviato ha gia un nome e logo, ha biglietti da visita e presentazione, l'azienda in questione vorrebbe portarla al suo interno come BUSINESS UNIT con il nome e il logo che ho creato, rendendola di fatto una loro divisione interna.E' possibile avere un contratto a tempo indeterminato come direttore di una business unit avendo al contempo la "proprietà" almeno dell'immagine di questa business unit? E' possibile inoltre avere delle quote "bonus" su utili di fine anno generati da tale business unit? Grazie della cortese attenzione

Caro Aldo, tutto è possibile purchè le parti lo vogliano. Le difficoltà nascono solo quando una delle due parti non è poi così intenzionata a dare ciò che vuole l'altro.Nel Tuo caso mi sembra che l'azienda sia ben disposta. A voler essere cattivi mi vien da dubitare di una proposta come quella fatta. Forse, ma sto malignando, l'azienda pensa che in futuro Tu possa portare molto lavoro e questo, pagato come Consulente esterno, forse costerebbe più di quanto non Ti pagheranno di stipendio. Un'altra paura, per cui può essere stato deciso di assumerTi, può essere data dal fatto che, come libero professionista, un domani potresTi portare i Tuoi clienti altrove.Ma se togliamo queste “cattiverie da tardo pomeriggio” che mi vengono spontanee, direi che il nome ed il logo che hai inventato può benissimo vivere all'interno dell'azienda esattamente come avete pensato, proprio come Business Unit e Tu divenire, di fatto il Capo di questa unità.Se questo “assorbimento” perchè tale diventerà, possa permetterTi di mantenere la proprietà del logo e del nome va davvero visto all'interno dell'accordo. Personalmente ho qualche dubbio perchè sarebbe alquanto macchinoso avere la proprietà (per l'azienda) dell'unità di business senza esser proprietaria del logo e del nome. Pensa a quanto accade giornalmente quando un'azienda ne assorbe un'altra. Può essere mantenuto il marchio ma la proprietà diventa della nuova Società.Detto questo, ripeto, Tu puoi anche tentare di lanciare la proposta e potrebbe anche darsi che venga accettata, ma se non lo fosse, non devi fartene un problema.PotresTi semmai approfittare proprio del fatto che Ti venga risposto di no per chiedere una percentuale sugli utili generati dalla Tua unità. Solitamente in trattativa, dopo un no, si fanno altre proposte tenute appositamente in tasca, perchè è più facile che la controparte ceda su qualcos'altro, dicendo si.Se riesci, piuttosto di un bonus o percentuale sugli utili (il concetto di utile è sempre labile) potresTi chiedere una vera e propria percentuale sul fatturato prodotto. (Magari piccola, ma sicura e tangibile). L'utile può essere lordo o netto, prima o dopo le tasse, magari diminuito di molto per colpa di altre divisioni che non rendono. Sai com'è!Ora devi essere solo Tu a fare le valutazioni del caso, la principale delle quali (che non ho letto) è: meglio essere dipendenti o proseguire sulla strada iniziata?Ti ho rovinato la giornata? Su, dai, ho scherzato perchè Ti vedo in gamba!In bocca al lupo.
I

lunedì 15 settembre 2008

Gestione

S. T. Mestre
“Fresco di laurea, ho avuto la fortuna di entrare in una azienda nella posizione di XXXXXX.
La struttura è grande, tutte le posizioni sono coperte ed io devo ammettere d'aver avuto fortuna quando mi sono sentito offrire un posto a cui sinceramente non sono nemmeno preparato. In realtà al proprietario io ricordo XXXXXXXXXXXXX e credo che sia questo il motivo per cui mi sta dando tanta fiducia. La prima cosa che mi domando, sembrerà banale, è sapere cosa fare e come fare per far vedere che si è bravi. Io però ho bisogno di tanto aiuto e vorrei sapere come fare per contattarVi direttamente al fine d'aver consulenze riservate.”

Mio caro e giovane S.. Come vedi ho tagliato di molto la Tua lettera per ovvi motivi. Il Tuo è un caso piuttosto raro e quindi riconoscibilissimo. Ho variato anche un poco la località geografica per lo stesso motivo.
Veniamo ora a ciò che chiedi: cosa fare per far vedere che sono bravo? C'è un po' di ingenuità nella domanda ma mi rendo conto che sei stato catapultato in una posizione davvero un po' troppo grande per la Tua inesperienza. Però è successo. Ricorda allora che un buon manager è colui che in un'organizzazione sa gestire i conti. Non significa essere un amministrativo, significa comprendere il valore del danaro e dare alle azioni il giusto peso. Se togliamo le multinazionali in cui i conti vengono analizzati quasi giornalmente con la lente, per essere pronti a non avere sorprese nelle relazioni trimestrali agli azionisti; nelle aziende nostrane spesso ciò non avviene o, se avviene, a questo non viene dato il giusto peso. Ecco perchè le multinazionali vanno sempre bene e le nostre aziende ....hanno sempre qualcosa da nascondere.
Quindi, caro S. sono i conti da tenere sotto controllo e quando scrivo di conti intendo le spese. Non vi è azienda nazionale dove un controllo non faccia affiorare qualche spreco e tante spese inutili o comunque tante fonti di possibili risparmi. Ecco la parola: risparmio.
Sappi che la prima fonte di guadagno in un'azienda (come in una famiglia) è dato proprio dal risparmio sulle spese. (Chissà quanti lettori storceranno il naso in questo momento). Abbiamo sempre vissuto con la teoria che per ottenere si deve disporre di risorse da mettere sul tavolo. Se queste mancano, è impossibile far qualsiasi cosa. Non è vero. Si può fare tutto con le giuste proporzioni. Risparmiare significa, alla fine, aver a disposizione addirittura più fondi per le cose necessarie. Invece, nelle aziende vi sono rivoli di spese non produttive, a volte nemmeno conosciute, lasciate stare per abitudine o per inedia.
Il risparmio può essere trovato in tutto. Negli uffici dell'azienda in cui ora operi, quando gli impiegati se ne vanno, le luci vengono spente? Difficile. Si lasciano accese, tanto cosa vuoi che sia risparmiare quel poco di corrente. E' più la fatica a doverle riaccendere. Ed i computer? No, si rovinano se si spengono; così rimangono accesi, schermi compresi, tutta notte. Ed il riscaldamento in inverno? Quante volte capita di vedere finestre aperte per far uscire un po' di caldo e respirare meglio? Questi sono solo tre esempi che dimostrano dove sia possibile andare a caccia di sprechi e quindi di spese. E' poco? Se Tu sapessi a fine anno cosa possono significare!
Prova a dare un'occhiata alla macchina delle fotocopie. Quanti fogli vengono buttati per niente, a volte solo per fare prove di stampa. E quante macchine ci sono negli uffici?
Impara, nell'organizzazione interna, a far risparmiare ed a rendere consapevoli gli impiegati di questi sprechi. Fai comprendere che le macchinette del caffè non necessitano di rimanere accese tutta la notte, così come il resto. Fai comprendere che i fogli inutilizzati o utilizzati a metà possono servire per gli appunti anziché finire nel cestino e che i fogli hanno sempre due facce su cui scrivere. Fai comprendere che le luci nei bagni possono essere accese quando si entra.... Insomma, in un'azienda sono tali e tante le possibilità di risparmio che è sufficiente riflettere un attimo per vederle.
Per l'esterno vale la stessa regola. Si è sicuri che le spese impostate per lo sviluppo delle vendite siano adeguate e non eccessive? E soprattutto, si è sicuri che le azioni intraprese rendano proporzionalmente agli investimenti? Tutti i prodotti necessitano di spinte con budget di spesa? Non ci sono prodotti “da mungere”, prodotti ormai maturi da cui ricavare? Non ci sono prodotti in declino che possono portare ancora utili senza investire su di essi? Si è certi che dove si spende 10 forse 8 non poteva bastare? Quel 2 in più, porta davvero il 20% in più? E quanto si sarebbe portato a casa spendendo proporzionalmente la metà o, nei casi estremi, addirittura niente? Il risparmio avuto, speso tutto o in parte, su prodotti nuovi, non sarebbe forse un investimento migliore?
Voglio darTi, alla fine, un consiglio per iniziare. Seguilo e vedrai che, le cose proseguiranno bene come prima. Datti l'obiettivo di risparmiare l'1% su tutte le spese aziendali. Significa l'1% sugli acquisti, sulle spese correnti; sugli investimenti. Solo l'1%. Non è molto e non è tale da sconvolgere gli andamenti; Il calcolo di quanto l'azienda beneficerà a fine anno, lo puoi fare in pochi secondi.
Se Ti abituerai a questo e ne farai un Tuo vessillo, avrai a disposizione grossi fondi per le azioni che davvero ne avranno bisogno, senza dover chiedere alla proprietà. L'anno successivo, prosegui sulla stessa strada e non stare ad ascoltare chi dirà che così facendo le cose andranno male. L'obiettivo è: risparmiare sulle cose inutili; risparmiare sugli sprechi; risparmiare sui rivoli senza controllo. Avrai fondi per sviluppare tutte le idee che vuoi.
Ciao.

venerdì 12 settembre 2008

Incompetenza

Giovanni B. (loc. n.c.)
“.......guardo le inserzioni e le ricerche di personale in genere. C'è scritto: cercasi Responsabile Nazionale oppure, Manager Vendite, o ancora Responsabile Vendite Nord Italia..
Allora io che sono un Capo Area e credo anche d'essere in gamba, rispondo. Sa cosa scopro? Che il Responsabile Nazionale è un venditore per tutta Italia (responsabile per forze perchè ha la responsabilità della vendita). Che il Manager Vendite non è un direttore ma un altro Capo vendite nel senso, che è capo di se stesso quando va a vendere e che il Responsabile Vendite Nord Italia non è un Direttore per il Nord ma un venditore che è appunto responsabile della zona che dovrà coprire. Insomma, non esistono più i venditori. Sono tutti Direttori, tutti generali. E allora cosa devo cercare per fare il direttore? Rispondere a chi cerca un Amministratore Delegato?....”

Può darsi, caro Giovanni che un'inserzione per Amministratore Delegato significhi proprio che, in una piccola azienda, chi occupa quella posizione faccia anche l'altra, ma in ogni caso deve saper svolgere la prima.
Quello che Tu dici però è vero. Oggi, se le inserzioni non sono altisonanti e non offrono almeno una direzione, non le guarda nessuno. Nessuno vuol più sentirsi dire “Tu sei un venditore”, tant'è che oggi il venditore si chiama, sui biglietti da visita, “salesman” o, se proprio non si vuol mortificare la persona, gli si scrive “sales” che volendo dire in senso generale “vendite” dice tutto e niente.
Difficile dire chi sia stato il primo inventore di questo vezzo, se il venditore stesso che non accetta più quel nome o l'azienda? Sta di fatto che è così e le aziende si adeguano. Devo anche dire “furbescamente” perchè sino a quando chi vuole un lavoro preferisce l'etichetta ai contenuti (e quindi al costo più alto) le aziende ...accontentano. Pensa che, in fase di trattativa, è più allettante un biglietto da visita con scritto appunto, Responsabile Vendite Italia (quando si tratta di un venditore unico che copre tutto il territorio) ed uno stipendio inferiore, piuttosto che puntare su una qualifica più consona ed una retribuzione magari migliore.
Il fatto è che la retribuzione è personale e nessuno la vede mentre un biglietto da visita lo si può passare ad amici e conoscenti. Viviamo in un'epoca che è fatta così. Però è anche un'epoca che non crea più nulla. I venditori non sono più venditori e spesso non hanno idea di come si vende ed il marketing, non è da meno. Fare marketing a suon di milioni di euro è molto facile. Farlo, cercando di convincere usando astuzie e tecniche (lecite) del mestiere, è un'altra cosa.
Cerca pure di migliorare la Tua posizione se senTi d'essere pronto. Prima o poi troverai qualcuno che cerca effettivamente un Direttore Vendite, pagato come un Direttore Vendite e con un biglietto da visita in cui non sia scritto “co-proprietario”.
Ciao

mercoledì 10 settembre 2008

Formazione

Ettore B. (loc. n.c.)
“vi scrivo per avere un chiarimento. Come si fa ad imparare da un corso di formazione. Sembrerà una domanda stupida ma io ho seguito diversi corsi fatti fare dalla società in cui lavoro e confesso di non aver mai trovato beneficio. Eppure ho sempre cercato di assimilare il più possibile, di fare domande, di compenetrarmi nei giochi virtuali, ma alla fine, dopo un giorno o due, tornati alla normalità delle cose ed al lavoro di routine, tutto è rimasto come prima. Perchè? Grazie”

Caro Ettore,
partiamo dal presupposto che Tu abbia davvero seguito, come dici, con molta partecipazione i corsi. Non ho motivo di dubitarne.
I casi sono quindi due: il formatore non era all'altezza (ma se si tratta di più corsi, presumibilmente saranno cambiati anche i formatori) oppure il formatore ha dovuto seguire gli input dell'azienda che spesso, molto spesso, sono proprio l'ostacolo primario ad una buona formazione.
Sembra un paradosso ma le aziende non hanno ancora compreso che al formatore dovrebbe essere dato esclusivamente il problema da risolvere, lasciando poi alla società di consulenza o al formatore stesso, la libertà di decidere come meglio agire. Invece accade che l'azienda chiama il formatore, dice qual'è il problema, dice cosa vuole che venga fatto, spesso anche come d'essere fatto; mette limiti di tempo, orari, vincoli, decide dove fare il meeting (e spesso i locali non sono assolutamente adatti) e quasi sempre inserisce qualche parte che lo stesso direttore dell'azienda vuole tenere, approfittando del corso e che nulla a che fare con ciò che andrebbe discusso.
Oltre a tutto questo, le aziende che poco capiscono di formazione, pretendono di forzare alcuni punti a vantaggio dell'azienda o di situazioni commerciali, correggendo o volendo aggiungere materiale che c'entra come il cavolo a merenda.
Per finire, anche se viene detto che al corso non deve intervenire alcun Manager aziendale ne tanto meno il Capo perchè questo blocca la partecipazione, immancabilmente c'è la presenza di persone che nulla c'entrano e che, per il solo fatto d'essere dirigenti dell'azienda, intervengono, interrompono; forzano, suggeriscono (chiedendo sempre scusa per l'interruzione) col risultato di deconcentrare i veri partecipanti e rendere un corso formativo semplicemente una riunione di informazioni aziendale.
Ed il formatore? Perchè non interviene? Semplicemente perchè il suo compito è dire le cose che non vanno fatte, prima che vengano fatte, dando le motivazioni e avvisando della possibilità che questo crei problemi. Non può però certamente obbligare alcuno a non intervenire o a tacere, pensando che ognuno sia tanto intelligente da capire. Tutti capiscono ma la voglia di intervenire per parlare anche un poco, fa subito dimenticare i buoni propositi.
Alla fine, caro Ettore, chi paga è l'azienda e se ad essa va bene così....
Occorrerebbe, come facciamo noi, rifiutare corsi formativi se non si vedono o non si hanno garanzie che nessuno metta il naso in ciò che verrà preparato e discusso. Meglio non fare corsi che avere risultati come quelli a cui ha partecipato Lei.
Se invece vi è stata una mancanza del formatore, c'è poco da dire. Va detto, e le aziende dovrebbero tenerne conto, che nella quasi totalità dei casi, la formazione avviene su corsi standard tutti uguali, leggermente ritoccati nei titoli ma dai contenuti simili sia che l'azienda produca e venda scatolame che oro. Spesso molte società di formazione dicono di preparare corsi appositamente studiati, tirando fuori dal cassetto e togliendo la polvere di sopra la copertina, corsi che presentano da decenni.
Molto belli da vedere per chi non è del settore. Tutti pieni di dati, percentuali, scale, riporti, tabelle, confronti, sottolineature e parole in gessetto ma, di fatto, mancanti proprio della parte vera, quella dell'impegno del formatore che, solo grazie alla sua esperienza, discute i temi che nascono in aula sino a che non vengono sviscerati e risolti i problemi. Ma questo porterebbe via un tempo non quantificabile mentre invece prima di iniziare viene già deciso quando il corso deve finire. Ma non tutti i partecipanti sono uguali.
Sai caro Ettore qual'è la prima valutazione della validità di un corso? Il numero di pagine del volume che alla fine viene lasciato ai partecipanti. Più pagine sono, migliore è il corso. Se questo è il metro di giudizio, non si può pretendere molto.
Ciao.

domenica 7 settembre 2008

Customer Account

Rosino M. Catania
“Da poco ho iniziato, spinto da un amico che già ci lavora, a fare il customer account in una società di rivendita di macchine fotocopiatrici ed altro. Pensavo di poter prendere esempio dal mio amico venditore che diceva sempre d'essere un genio mentre mi accorgo che non può insegnare niente perchè è il primo ad essere eternamente confuso.
La mia domanda che vorrei sottoporre è quindi semplice e spero che voi possiate rispondermi per capire meglio il lavoro che sto iniziando. Io vorrei davvero farlo bene. Che differenza c'è tra fare il venditore e fare il customer account? Non è possibile, come dice il mio amico, che è la stessa cosa. Altrimenti mi chiamerebbero venditore anche me.
Vi ringrazio e vi saluto”

Caro Rosino,
al di là del Tuo amico che pare saper tutto, Tu hai subito individuato il problema. Ci dev'essere una differenza tra i due ruoli altrimenti perchè dovrebbero chiamarli diversamente?
In effetti c'è differenza, eccome. Te ne do un breve ma esauriente elenco. Non è difficile poi approfondire ogni punto e, se ritieni di volere altri chiarimenti, riscrivi e approfondiremo.
Il venditore va a visitare il cliente quando ritiene d'avere un'opportunità di vendita
il custumer account visita il cliente con maggiore frequenza. Nel Tuo caso per controllare il buon funzionamento delle macchine presso il cliente.
Il cliente vede sempre il venditore come colui che gli fa spendere soldi
Tu sarai visto come colui che, in caso di guasto delle macchine, arriva a sanare la situazione di disagio
il venditore arriva anche senza essere chiamato e può anche far perdere tempo
il Tuo intervento è sempre e solo richiesto. Arrivi quando serve. Sei un po' il medico delle macchine.
Il venditore ha come scopo finale la vendita
il customer account ha come obiettivo finale la riparazione (e quindi risparmio)
Ovvio quindi che la figura del Tecnico sia in assoluto più rassicurante rispetto a quella del venditore (per il cliente). Ed anche in termini di consulenza, questa figura dà maggiori garanzie. Il tecnico, ad esempio, non consiglierebbe mai ad un cliente di acquistare una macchine delicata con propensione ai guasti, come non suggerirebbe una macchina troppo sofisticata e di difficile manutenzione.
Il venditore potrebbe anche farlo se il valore di quella macchina fosse alto e quindi importante per lui.
Di fatto, caro Rosino, il cliente pensa che il tecnico è colui che se ne intende e quindi c'è da fidarsi.
Per finire voglio dirTi una cosa: mentre il venditore, pur bravo, non potrà fare il tecnico; un tecnico se è bravo può divenire insostituibile per fare delle vendite “indirette”. Vendite indirette significa che è sufficiente che lui dica al cliente qualcosa su una nuova macchina, più economica, sicura, affidabile o altro, che la vendita di quel pezzo risulterà assolutamente agevolata.
Fai un buon lavoro. Ciao

martedì 2 settembre 2008

Cosa fare

Luigi (loc. n.c.)
“ Mi permetto chiedere un vostro parere su cosa fare. Lo scorso anno mi sono diplomato in ragioneria ma credo proprio non sia il lavoro per me. L'ho fatto per avere un diploma ma non mi interessa. Sto guardandomi attorno ma non trovo qualcosa che mi possa appassionare. I miei dicono che devo trovarmi un lavoro. Capisco le loro ragioni ma che faccio se non vedo la strada. Comincio ad avere dubbi anche su me stesso”

Caro Luigi,
sei tanto giovane che posso darTi del Tu anche se non me lo chiedi. E' difficile rispondere alla Tua lettera molto più che rispondere a chi, lavorando, ha problemi da risolvere. Ragioniere pentito prima di provare; disinteressato e presumibilmente con poca visione del futuro. Non sei messo bene ma posso capirTi perchè alla Tua età si scarta facilmente ogni ipotesi perchè si attende che caschi addosso l'occasione della vita, anche se non la si è ancora individuata.
Potrei suggeriTi di fare ciò che non vuoi ma credo che Tu non mi darai ascolto. Un punto a favore per iniziare con un lavoro che abbia a che fare con gli studi terminati può essere dato dal fatto che inizieresTi a svolgere un'attività di cui hai almeno una base teorica che potrebbe esserTi d'aiuto. Una volta fatte le ossa ed eventualmente verificato che quel lavoro non fa per Te, Ti ritroveresTi comunque più maturo e pronto ad altre scelte e certamente con quella seppur minima esperienza di vita lavorativa sempre utile.
Sappi comunque che lo studio non Ti assicura per niente di trovare un lavoro, a meno che Tu non sia uscito con una valutazione tanto bella da farTi aprire le porte di qualche società. Non devi quindi, alla Tua età essere troppo selettivo perchè davvero Ti ritroversTi a quarant'anni ancora a valutare che fare. Meglio iniziare qualcosa; qualunque cosa, tanto per entrare nella logica del lavoro.
Se proprio non vuoi optare per ciò che ha attinenza con gli studi fatti, cerca, creativamente, altre strade. Ad esempio tra i Tuoi hobby. Da cosa sei interessato? Che fai nel tempo libero? Hai vere passioni? Sei fortemente preparato ed hai conoscenze particolari in settori che non stai identificando con il lavoro ma solo con l'hobby?
PotresTi, in questi casi, analizzare se non esistono possibilità di far di un hobby un business. Non è facile ma certamente la passione è uno stimolo ed un grosso aiuto per la riuscita. Cerca, se vuoi, in quest'ambito e se non trovi ancora una via d'uscita, riscrivimi con più dati e vedremo di aiutarTi maggiormente.
Ciao

lunedì 1 settembre 2008

Consulenza

Roby M. Roma
“Egregi Signori,
mi rivolgo così perchè non so con chi sto parlando. Sono un giovane laureato. Dopo tre anni di lavoro presso una società, mi sta venendo una grande voglia di mettermi in proprio come consulente. Ho certamente qualche timore ma, chi non ce l'ha? Ho trovato il vostro blog girando in rete e me lo sto leggendo tutto. Credo di potermi fidare delle vostre risposte per cui chiedo a voi se la mia scelta può essere corretta. Vi ringrazio e rimango in attesa della risposta”

Gentile Dr. Roby,
La ringrazio per quanto scritto su di noi. La Sua lettera, Lei ora avrà finito di leggerla per intero, non ci dà la minima idea delle Sue esperienze e del Suo campo d'azione. La nostra risposta quindi non può essere che generica e ce ne spiace. La Sua fiducia nelle nostre risposte, a questo punto potrà venir meno, ma meglio così. Mai aver totalmente fiducia di ciò che gli altri possono dire. Meglio ascoltare, prendere nota, valutare e poi....metterci del proprio ed agire.
Ad ogni buon conto, visto che vuole un nostro parere, glielo diamo.
Dopo tre anni di lavoro come dipendente (o come libero professionista?) vuole fare qualcosa da solo. Riteniamo che Lei possa avere meno di trentanni. In tutta onestà crediamo che l'età sia un primo sicuro ostacolo per iniziare la strada della consulenza. Capirà bene da solo che la figura del consulente, quella vera, deve portare in sé i semi di un'esperienza piuttosto cospicua di ciò che si vuole suggerire e consigliare ad altri. Chi potrebbe fidarsi dei suggerimenti di qualcuno che, pur bravissimo, non ha che pochi anni di lavoro alle spalle?
Non ci fraintenda, La prego, ma Lei stesso chiede aiuto a qualcuno che ritiene possa saperne più di Lei. Non chiede un suggerimento ad un Suo coetaneo. Non si fiderebbe.
Davvero pensa di poter trovare società più o meno importanti che decidano di affidarsi a Lei? Rifletta su questo punto perchè, sull'onda dell'entusiasmo siam pronti tutti ad intraprendere nuove strade per poi scoprire d'aver sbagliato. L'unico dubbio che ci viene, nel darLe questa risposta, sta proprio nel non sapere il settore in cui Lei ha operato, perchè se Lei avesse operato in settori indirizzati ai giovani (elettronica, videogiochi, promotion, settori legati alla rete) l'età ha un valore più marginale.
Se così non fosse, ci sentiamo di suggerirLe di valutare approfonditamente la scelta che vuole fare. Mettersi in proprio significa anche poter disporre di una base economica, anche minima, per sostenersi durante almeno il primo anno. Personalmente credo che gli anni necessari per costruirsi qualcosa siano almeno tre e quindi, occorrerebbe poter avere a disposizione il necessario per questo tempo.
Poi, vede, dire “faccio il consulente” non basta. Occorre davvero vedere se si è pronti per quella determinata branca della consulenza. Chi agisce nel campo dell'amministrazione può non aver bisogno di essere un creativo ma chi vuole operare in settori che, bene o male, entrano nell'ambito del marketing in generale, se manca di creatività è piuttosto mal messo. Se si vuole fare consulenze nell'ambito di settori del tempo libero, occorrerà esserne predisposti, amanti della moda, del tempo libero. Occorre conoscere le tendenze che vengono da oltre oceano e magari intuirle prima di altri.
Perchè non prosegue con qualche altra esperienza lavorativa in altri settori e magari si dà l'obiettivo d'essere pronto ad intraprendere la nuova strada, diciamo non prima dei trentacinque anni?
Si faccia un bel piano (se vuole). Si dia l'obiettivo finale e si dia obiettivi intermedi. Decida dove vuol essere o arrivare tra due anni; poi un obiettivo di dove dovrà senz'altro essere tra quattro ed infine, l'obiettivo a cinque anni. Poi faccia di tutto per arrivare a raggiungere gli obiettivi intermedi.
Che ne dice?
Non ci lascia davvero molto spazio per darLe suggerimenti più approfonditi; speriamo però di averLa aiutata un poco.
Cordiali saluti