Ricerca personalizzata

giovedì 26 febbraio 2009

ANALISI TRANSAZIONALE

Giusy M. (loc. n.c.)

Cortesissimi Signori,
mi sto fortemente appassionando alle materie che voi spiegate. Leggo tutte le risposte e mi segno i punti che potrebbero interessarmi un domani.
Continuate così, mi raccomando e non smettete (mi sembra d'averlo sentito).
Io non ho un problema come tanti hanno. Voglio solo avere un vostro chiarimento che sapete dare in poche parole, circa quelle che vengono definite “le registrazioni” in psicanalisi.
E' vostra materia? Grazie.

Carissima Giusy, Ti ringrazio per quanto scrivi. In realtà la voglia di interrompere questo progetto c'è perchè il tempo è quello che è, anche per me. Comunque, sino a quando sarà possibile e cercherò di tenere aperta questa pagina sino a quando riceverò richieste di aiuto.
Veniamo alla Tua richiesta: le registrazioni. Vuoi una risposta veloce ed eccoTi accontentata.
La psicoanalisi insegna che
ogni persona ha, al proprio interno, i comportamenti di diverse persone
questi comportamenti sono registrati su “nastri” mentali
in determinate circostanze la nostra mente mette in funzione il nastro che ritiene più adatto al momento, in base al vissuto e questo lo fa per aiutarci a vivere al meglio quel momento o quella situazione, basandosi su ricordi incisi e, più esattamente, dicendoci come ci eravamo comportati in passato, davanti ad una situazione analoga. Come dire: in una precedente situazione che avevi vissuto, ti eri comportato facendo così e così. Infatti noi tendiamo a comportarci, nelle situazioni, esattamente come ci eravamo comportati in passato. La nostra mente dice: “dunque, l'altra volta avevi fatto questo e questo”
tutti noi abbiamo queste registrazioni mentali
queste registrazioni hanno punti deboli e punti forti. Il fatto d'esserci comportati in un determinato modo non significa che, anche nella nuova situazione ci si debba comportare uguale. Vi sono variabili che andrebbero tenute in considerazione. Tuttavia, è certo che i nastri mentali incisi in noi, servono per anche darci sicurezza in quanto, davanti ad un problema, per lo meno sappiamo d'averlo già analizzato e superato, in qualche modo, in passato. Quindi, ci fa meno paura.
L'uso combinato di queste registrazioni formano il nostro carattere e noi usiamo questi nastri sempre, indipendentemente dalla nostra età anagrafica
i nastri contenenti queste registrazioni sono di base 3 e vengono definiti
nastro del genitore (contiene le registrazioni dei consigli e dei pregiudizi)
nastro dell'adulto (contiene le registrazioni degli atteggiamenti razionali e dei fatti concreti)
nastro del bambino (contiene le registrazioni legate al mondo infantile, ovvero le sensazioni emotive dolci, felici o aggressive)
EccoTi spiegato, velocemente quanto desideravi sapere sulle registrazioni. Se non Ti basta, riscrivi, perchè ovviamente ci sarebbe da dire ancor molto.
Ciao

martedì 24 febbraio 2009

TRILEMMA

Giorgio M. Monza

Nell'azienda in cui opero, come responsabile vendite, mi è stato di interessarmi dell'estero anziché dell'Italia. Oggi io gestisco una serie di clienti importanti; i più importanti per l'azienda ed i risultati sono buoni. Trovo quindi abbastanza indecifrabile la decisione di spostare qualcuno che va bene col rischio che le cose vadano poi male.
All'estero non abbiamo clienti e dovrei quindi fare delle fiere per farci conoscere e prendere clienti. Un lavoro da certosino e con probabili difficili risultati.
Sto convincendomi però che dietro tale decisione ci sia qualcosa che non abbia nulla a che vedere con la crescita estera. E' infatti accaduto che il figlio del proprietario, dopo la laurea e dopo un viaggio premio che sta effettuando, verrà in azienda e poiché si è laureato in economia e commercio con tesi sul marketing, sono convinto che il mio spostamento sia stato pensato per fare spazio al figlio in Italia che si troverà ad avere la pappa pronta a mie spese.
Non è il tipo di lavorare al mio fianco ne di prendere ordini per cui molto facilmente avrà voluto liberarsi di me. Il fatto è che se vado all'estero e non riuscissi a sfondare, mi troverei poi con un curriculum che da vincente nei risultati passa a perdente.
Cosa dovrei fare? Accettare e provare? Accettare e trovare un altro posto? Andarmene subito?
Sarei davvero lieto di avere un suo parere che apprezzo molto dalle risposte che dà.
Cordiali saluti

Gentilissimo Giorgio,
Lei mi pone un bel trilemma. Può darsi che sia come la vede Lei perchè, essendo in azienda, le cose saprà senz'altro capirle meglio. Diciamo che è una situazione che, pur essendo idiota, capita non di rado nelle aziende padronali. L'imprenditore ha un manager che funziona, proprio sui clienti più importanti che dovrebbero essere blindati per non perderli ma, cuore di padre, tenendo famiglia, deve pensare al figlio che, con una laurea, diventa improvvisamente capace di tutto.
Anziché inserire il figlio inizialmente su qualche macchina produttiva per poi passarlo a gestire le cose più semplici in ufficio sin quando non dimostrerà di meritarsi una posizione più idonea, decide di dargli in regalo la parte che, Lei mi dice, è forse la più importante della baracca.
Se davvero è così e se Lei ha visto giusto, probabilmente l'azienda subirà qualche inevitabile scossone ma son cose naturali nel mercato. Un'azienda cresce perchè un'altra sbaglia in qualcosa. E' la vita.
Dunque: andare all'estero e tentare; andare e cercare qualcos'altro o vendicarsi subito?
Posso dirLe che solitamente è uso vendicarsi subito. E' difficile tenere dentro di sé questo desiderio a lungo e si pensa che la vendetta immediata, con la creazione di difficoltà per l'azienda sia la cosa migliore; quella che appaga di più. (Mi tratti male ed io te la faccio pagare).
In realtà però, la vendetta immediata è un po' darsi una martellata da soli, e Lei sa dove. Le vendette vanno eventualmente ponderate. Personalmente poi preferirei chiamarle scelte, perchè le scelte nascono da ragionamenti, da pensieri e da valutazioni su come e cosa fare in futuro. Le vendette danno un godimento immediato ma di solito poi fanno pentire.
Scarterei quindi questa ipotesi a meno che Lei non abbia già sottomano un altro lavoro. Ma da ciò che scrive non mi sembra sia così. La seconda opzione (accettare e cercare altrove) mi sembra più ragionevole e va abbastanza a braccetto con la terza ipotesi (accettare e provare).
E' vero, come Lei dice che andando all'estero e magari combinando poco se ne andrebbe non sull'onda di un successo, ma è anche vero che acquisirebbe una visione più ampia del mercato; farebbe un'esperienza che molti vorrebbero fare e contemporaneamente il Suo nome circolerebbe in aziende in cui magari oggi non circola. Il curriculum poi non credo proprio possa soffrirne perchè i successi rimangono e le esperienze nuove lo rafforzano. Andando, dimostrerebbe inoltre la Sua disponibilità agli spostamenti, cosa sempre gradita alle aziende.
Finirei proprio con l'ipotesi (accettare e provare). L'approccio mentale di questa scelta è quello che mi piace maggiormente perchè apre ogni possibilità. Chi Le dice infatti che il tentativo non vada bene, dimostrando quindi a se stesso ed all'azienda di essere capace anche in prove in cui si parta da zero ? E se i risultati ci fossero, magari sarebbe contento di valutare l'ipotesi di proseguire in quell'azienda o di scegliere d'andare altrove, ma con calma e con le spalle più forti.
Le ho dato un mio parere. A Lei la scelta.
In bocca al lupo.

domenica 22 febbraio 2009

VISUAL MERCHANDISING

Laura Milano

Sono capitata su questo blog per caso e ne sono rimasta piacevolmente colpita.Per questo motivo approfitto della Vs disponibilità e vi chiedo un consiglio.Dopo essermi laureata in scienze politiche, fatto il master come europrogettista (esperto in bandi e finanziamenti comunitari), dopo aver lavorato con questa mansione senza grandi soddisfazioni, ho deciso di frequentare un corso per diventare visual merchandiser e rendere produttivo ciò che per me era solo un ulteriore lavoretto fatto per amici.Sono di Bari ma da circa 2 settimane mi sono trasferita a Milano.Dopo questa premessa arrivo al dunque.Vi chiedo: dopo aver risposto agli annunci trovati su internet nei motori di ricerca appositi, dopo essermi iscritta nelle agenzie di lavoro interinale, quale altro canale posso utilizzare per avere qualche possibilità in più?Mi conviene esercitare la libera professione di visual già adesso? Vi ringrazio e spero di essere stata abbastanza breve e comprensibile.

Gentile Laura,
dico spesso che una laurea va vista più come raggiungimento di un livello culturale personale superiore che non altro ed il Suo caso lo dimostra.
Dopo aver terminato l'università, un master e dopo aver trovato un'occupazione relativa a quanto studiato, ha capito che quella poteva non essere la strada che Le avrebbe dato soddisfazioni. Un lavoro, si, ma non soddisfazioni. E' piuttosto raro ai tempi d'oggi trovare chi sa avere di queste decisioni, anche perchè, di contro, il lavoro che vorrebbe svolgere ( e che forse ha sempre desiderato fare) ha molti pretendenti proporzionalmente alle necessità.
Ha fatto bene ad iscriversi presso agenzie di lavoro interinale quanto ad aver risposto agli annunci. I risultati però ad oggi non ci sono ancora e Lei si chiede che fare.
Se Lei ha, come presumo, un Suo curriculum da inviare, Le suggerirei di studiarne la composizione in modo quasi maniacale. Un curriculum di un normale lavoratore può essere standardizzato. Il Suo, lo vedrei (creativamente) ben compilato con un paio di caratteri diversi, magari in corsivo, anche con qualche piccolo disegno in linea con quanto scrive e, perchè no, stampato a colori.
Di fatto, chi riceverà e prenderà in mano il curriculum dovrà subito capire la creatività di chi l'ha compilato. Stia quindi attenta alle tonalità ed agli accoppiamenti (se dovesse inserire il colore). Faccia attenzione a scegliere dei bei caratteri leggibili, godibili, creativi. Insomma, dimostri nel presentarsi, che in Lei c'è stoffa e sa colpire.
Potrebbe, questo studio e compilazione, essere l'occupazione dei fine settimana o delle serate davanti al computer. Del resto, se ci pensa, chi dice di saper catturare l'attenzione degli altri attraverso una composizione in vetrina o in salone, deve saper proporre se stesso in modo creativo rispetto agli altri.
Lo ritengo un gran bel modo di presentarsi.
La presentazione potrebbe non essere uguale per tutti. Un curriculum indirizzato ad un settore di moda, potrà tener conto di accoppiamenti di linee e colore di stagione. Un curriculum che andrà nelle mani di un responsabile di una catena di alimentari potrebbe veder inserito cenni, colori e disegni, che ricordino gli alimenti. E così via.
Non sono mai propenso all'invio di curricula ove non richiesti ma nel Suo caso, potrei suggerirLe di farlo perchè in realtà il Suo curriculum è, di fatto, una presentazione di offerta di un libero professionista e far vedere come sa presentare se stessa può essere uno stimolo a servirsi di Lei.
Quindi, oltre ad essersi iscritta ad elenchi vari, le strade che posso suggerirLe sono:
fare un'accurata scelta di aziende che Lei ritiene operanti nel settore di Suo gradimento. A queste, indirizzando alla Direzione del Personale o Direzione Marketing, invii il curriculum personalizzato offrendosi, se vuole, come free-lance, disposta ad operare ovunque sul territorio nazionale. Se ben fatta, la presentazione parlerà di Lei in modo creativo.
Lei ha dalla Sua un'apertura mentale che l'aiuterà a presentarsi ed esprimersi in modo impeccabile.
Fatto questo, non so perchè, ma per istinto suggerirei di aggiungere un tocco di “follia” al normale modo di agire.
In questo caso la follia può essere quel buttarsi allo sbaraglio, quell'osare che permette con un po' di faccia tosta, di farsi conoscere. Può non servire a nulla, ma chissà. Mi spiego meglio.
Il termine visual merchandising è oggi piuttosto sfruttato anche per indicare mansioni più semplici e varie. Il significato indica “predisporre un'esposizione affinchè colpisca l'attenzione e la curiosità di chi guarda, inducendolo ad approfondirne la conoscenza”. Se questa azione viene fatta sulla vetrina del negozio, l'intento è quello di attirare il cliente, incuriosirlo e spingerlo ad entrare. Se stiamo parlando esattamente della stessa cosa, di agire cioè su vetrine, gallerie ed esposizioni, Lei deve solo girare per la città e guardare i negozi.. Dietro ogni vetrina c'è un potenziale cliente o datore di lavoro.
Ebbene: cosa c'è in quella vetrina che non va e che dovrebbe essere tolto? Cosa si potrebbe aggiungere per catturare l'attenzione? L'illuminazione è corretta? La merce esposta è troppa e confonde le idee? I colori sono gradevoli alla vista? Manca un tocco particolare? Se riesce ad avere quell'idea a cui non è stato pensato, potrebbe semplicemente entrare, presentarsi e suggerire il ritocco che andrebbe fatto. Il suggerimento dev'essere gratuito, proposto con eleganza e cortesia, con un ampio sorriso ed allungando al negoziante il Suo biglietto da visita (compilato creativamente). Faccia presente che seguendo il Suo consiglio l'attenzione dei clienti aumenterà attirandoli maggiormente. Poi, alla curiosità, dovrà necessariamente essere l'intervento del negoziante stesso a completare la vendita. Il Suo compito termina con l'attirare il cliente.
Lasci detto che Lei potrà essere disponibile a qualunque aiuto, senza impegni temporali o contrattuali. Saluti e passi ad un altro.
Non sia timorosa quando chiede un brevissimo incontro con il Direttore nel caso si presentasse ad una catena di più negozi. Importante, molto importante, è che davvero, Lei sappia colpire dando il suggerimento più idoneo, ovvero che dimostri di saper vedere ciò che altri non hanno saputo.
Si sentirà dire spesso, sopratutto dalle catene, che il visual viene dettato dalla sede e che vi sono persone apposite che già arrivano a farlo. Non si abbatta. Se ha trovato anche in quei punti qualcosa che è migliorabile, lo suggerisca ugualmente, dicendo che sa bene che la vetrina è organizzata centralmente ma un piccolo apporto extra, senza che ciò comporti un costo ma, anzi, dando al gerente un probabile vantaggio, forse conviene. Lo dia, lasci il Suo biglietto e passi oltre.
Se a quanto già messo in cantiere, aggiunge i contatti attraverso il curriculum e la visita diretta nei punti vendita, credo che il Suo tempo sia saturo. Ma se vuole di più, Lei sa bene che il visual merchandising copre ampi settori e spazi. Può offrirsi ad agenzie di pubblicità quanto ad enti regionali. Sta a Lei ed alla Sua creatività.
Per finire, non farei distinzione tra l'essere assunta e svolgere la libera professione. Essendo all'inizio deve prendere ciò che arriva. Può svolgere la libera professione, seminando come Le ho suggerito, mentre cerca un impiego. Poi è anche un po' il caso che La guiderà. Se la prima dovesse svilupparsi, troverà inutile la seconda scelta o viceversa.
Diciamo che la libera professione deve prevedere l'iscrizione alla camera di commercio con l'apertura di una partita iva e l'appoggio presso un commercialista per le pratiche di gestione. Fin quando dà consigli gratuiti questo può non servire ma se dovrà farsi pagare è chiaro che un negoziante Le chiederà una fattura.
Non so ovviamente come Lei stia economicamente ma se può sopportare questi investimenti iniziali, le cose si svilupperanno da sole.
Ripeto: punti tutto sulla creatività. Se davvero è innata in Lei e se si sente portata, ce la farà.
In bocca al lupo.

giovedì 19 febbraio 2009

INGIURIE

Romolo M. Roma

“Ho perso il posto di lavoro. Ho 23 anni e lavoro presso XXXXXX. Faccio il XXXXXX.
Nei giorni scorsi in un momento di nervosismo ho dato della testa di c..... al mio capo. Non è successo niente ma i miei colleghi mi avevano detto che secondo loro non l'avrei passata liscia. Infatti stamattina mi è stata consegnata la lettera con cui sono stato licenziato. E' giusto?”

Mio caro Romolo,
ognuno è arbitro delle proprie azioni. Non entro nel merito della faccenda non conoscendone tutti i dettagli. Può anche darsi che Tu abbia dato una valutazione corretta sulla testa del Tuo Capo; ciò non toglie che certe cose, almeno per etica professionale vanno tenute per sé. Può anche darsi che il Tuo Capo pensi la stessa cosa di Te ma, perlomeno, non la dice.
Quando si esplode in momenti di nervosismo può accadere che esca di tutto ma la capacità d'essere razionale nell'uomo sta proprio nel sapersi gestire in simili situazioni. Non si può sempre scusare tutto dicendo “ero nervoso”.
Dirlo poi platealmente come Tu scrivi, davanti a tutti, è stata solo una sfida, forse inconscia ma tale. E la risposta era ovvio arrivasse com'è arrivata.
In una realtà lavorativa, quindi in un gruppo in cui esistono gerarchie, è evidente che, anche non volendo, quando accadono certe situazioni, le risposte devono essere adeguate al fine di mantenere ordine ristabilendo le posizioni.
Se il Tuo Capo non avesse fatto nulla, come poteva essere giudicato dagli altri? E Tu, come lo avresTi giudicato? Sappi che quasi certamente avresTi preso forza nel non vedere una reazione (che comunque Tu stesso aspettavi) e da quel momento il rapporto gerarchico sarebbe saltato, con danno per Te, il Tuo Capo e tutti i colleghi.
Quindi, giusta o sbagliata sindacalmente, la risposta data è nella logica delle cose. Al giorno d'oggi probabilmente se decidessi di ricorrere contro la decisione, l'avresTi vinta perchè dare del pirla ad un altro è etico (basta che non lo diano a noi).
Poi, come potresTi lavorare ancora in quella società, non so. Certamente in un'altra mansione e con un altro Capo per ovvie ragioni, ma saresTi sempre un sorvegliato speciale.
Credo che se si è responsabili delle proprie azioni occorra anche essere uomini sino in fondo e, dopo simili comportamenti, essere uomini significa anche decidere di andarsene. Del resto, se il giudizio detto è vero, perchè stare a lavorare in un'azienda dove magari Ti potrai trovare quella persona davanti agli occhi tutti i giorni col rischio che un domani possa nuovamente divenire il Tuo Capo? E se non è vero, ancor peggio!
Auguri

mercoledì 18 febbraio 2009

IL SERVIZIO

Romano T. (loc. n.c.)

Opero in una società di servizi ed il lavoro va. Non so se bene o no perchè non abbiamo parametri per giudicarlo. Credo però, per istinto, che si possa fare di più ma non ho alcun elemento per dire quale azione vada fatta e perchè.
So bene che sto chiedendo qualcosa che probabilmente occuperebbe un enorme spazio ma io tento. Mi basterebbe che Voi mi faceste capire qualcosa che non mi è chiaro.

Mio caro Romano,
la Tua lettera è un po' sibillina perchè sul più bello, interrompi. Io cercherò di inviarTi un messaggio ma se non so cosa non Ti è chiaro, capirai da Te che sarà difficile che Ti possa aiutare.
Penso anche che questa Tua non chiarezza nel comunicare le cose a me, sia forse la base del perchè qualcosa non Ti è chiaro nel rapporto di lavoro che hai con i clienti.
Comunque, eccomi. Prendo lo spunto per scrivere i punti essenziali dell'inizio di un corso formativo sul “servizio” sperando che questo Ti aiuti.

Vedi, Romano, io ho sempre pensato che affinchè venga dato un ottimo servizio (non buon o, ma ottimo) occorra innanzitutto che la persona interessata abbia idee chiare e decise su alcuni punti essenziali.
Non si può, ad esempio, dare il servizio, se non si è ossessionati dal voler conoscere i bisogni del cliente. E' proprio questa “esagerazione” che mantiene la mente impegnata al raggiungimento dell'obiettivo. Solo se mi sentirò ossessionato, dall'avere ben chiaro cosa serve ed è utile al cliente, saprò dare il miglior servizio del mondo.
Un impegno minore non darà, credimi, nel tempo, alcun risultato.
L'ossessione sulla conoscenza dei bisogni del cliente dovrà essere poi tramutata in servizi o prodotti che aumentino la soddisfazione del cliente. Chiaro fin qui? Spero e proseguo.
La conoscenza dei bisogni del cliente deve servire per arrivare ad offrirgli quanto lui può aver bisogno anche se non vi è stata espressa richiesta o se il bisogno è ancora latente e non conscio.
Se invece la conoscenza dei bisogni avrà l'obiettivo solo di vendere al cliente, magari anche affibbiandogli un prodotto non idoneo, ci si troverà con un pugno di mosche in mano.
Lavorare in termini di servizio per la soddisfazione del cliente è il compito primario di chi agisce in questo mercato, anche se spesso non è assolutamente così ovvio.
Tieni presente Romano, che chi opera in questo settore è l'anello di congiunzione tra l'azienda stessa ed il cliente. Il suo compito riveste quindi un'importanza primaria.
Tu, se sei a contatto coi clienti, hai un compito estremamente importante. Il cliente non vede l'azienda come interlocutore ma la persona che ha con lui i rapporti: in questo caso Tu.
Sei Tu quindi, col Tuo comportamento e con le Tue conoscenze, che darai fiducia, sicurezza al cliente. Tu con la Tua precisione, la puntualità, la correttezza, le parole mantenute, darai al cliente l'impronta di serietà dell'azienda.
Ho sempre visto spendere enormi cifre da parte delle aziende, per scoprire ciò che il cliente vuole, in modo di poterlo servire meglio. Ho visto fare ogni sorta di analisi senza arrivare all'eccellenza che si sarebbe ottenuta con poco. Infatti, il modo migliore per conoscere ciò che il cliente vorrebbe da chi si occupa di servizio, è di chiederglielo! Semplicemente.
Studiamo e ricerchiamo tanto senza pensare che la cosa più semplice è proprio domandare al cliente stesso cosa vorrebbe da un buon servizio. Perchè spaccarci la testa tra noi quando abbiamo chi può rispondere facilmente? Chiediamo e agiamo di conseguenza, seguendo le regole che ho sopra scritto.
Non so se quanto ho scritto Ti basterà, ma del resto, ho agito sulla base di ciò che ho intuito.
Ciao

domenica 15 febbraio 2009

IMPRESA

Zagara di sicilia

“sono un giovane imprenditore. Mi firmo come lei vede perchè ho paura d'essere riconosciuto. Mi perdoni. Io devo sviluppare la mia piccola attività e chiedo come fare. Sappia che ho il miglior prodotto qualitativamente rispetto ai miei concorrenti, il miglior prezzo e sono disposto a dare il miglior servizio per sviluppare gli affari.... ”

Caro Zagara di Sicilia,
mi cadono un po' le braccia. Lo scrivo con molta sincerità. Da molto tempo cerco di far capire che il mondo delle piccole e medio imprese, quelle fatte da imprenditori, creatori delle loro aziende, è fermo e bloccato sulle proprie convinzioni; sicurezze che invece di aiutare questo mondo e gli stessi imprenditori frenano qualsiasi concreto ragionamento di sviluppo.
Anche Tu hai il prodotto con la qualità migliore, il miglior prezzo e puoi dare il miglior servizio. Il fatto è, caro Zagara di Sicilia, che tutti danno le stesse cose o meglio, tutti sono certi di essere solo loro a darle. Ma non viene mai il dubbio che una cosa promessa e offerta da tutti, alla fine non sia più data da nessuno; non sia più un plus? Sentir dire oggi che “il mio prodotto è migliore” fa un po' solo sbadigliare. Trovami per cortesia un'azienda, una sola nell'universo che dica che il proprio prodotto non sia il migliore.
Il cliente ed il consumatore finale ormai non può più basarsi su questa affermazione per acquistare. L'azienda deve quindi lavorare su altri temi; trovare differenti vantaggi; offrire creativamente stimoli diversi all'acquisto.
Nel consumatore è oramai quasi scontato il concetto di qualità di un prodotto. Parti quindi dal presupposto che la qualità di per sé è già ritenuta implicita. Come tale, aggiunge poca forza ad un messaggio. Sarà poi il consumatore a verificare che esista la qualità e, credimi, se un prodotto non ce l'ha, stai pur certo che non viene riacquistato.
Il prezzo è aleatorio perchè è fatto di tante e tali variabili che nessuno ha mai il prezzo migliore rispetto agli altri. Ogni prodotto ha il suo. Stop. Sarà sempre il cliente a valutare se il prezzo è giusto o meno, e lo sa fare, credimi, molto bene. C'è anche una seria di imprenditori (Tu non sei tra questi) che è convinto che un prodotto, perchè fatto da loro possa essere venduto a prezzi superiori anche al leader di mercato, senza giustificare il motivo, ma solo facendo la somma dei costi ed aggiungendo un ricavo desiderato. Poi, se le vendite non arrivano, la colpa è del mercato che non vuole prodotti speciali, superiori, ecc...ecc...
Dato che sei giovane, esci da questo giro mentale vizioso e, nello studiare un prodotto, dimentica quello che hai detto, ricominciando da capo. Il prodotto è buono? Fai dei test. Inizia con prendere qualche centinaio di pezzi del Tuo prodotto e qualche centinaio di pezzi di alcuni concorrenti (non solo locali, ma nazionali). Togli a tutti l'etichette di riconoscimento e, se le confezioni sono riconoscibili, cambia anche quelle mettendo i prodotti in confezioni anonime. Sigla tutti i prodotti con sigle riconoscibili da Te e trova una serie di qualche centinaio di persone (non amici, parenti, vicini di casa o già clienti) e dai loro i campioni da provare dicendo di dare un giudizio su ognuno.
E' ovviamente un test assolutamente non omogeneo per la non scelta del target e non me ne vogliano i ricercatori, lo so, ma davanti al nulla è più che sufficiente iniziare in questo modo. Una volta raccolti i dati potrai analizzarli e vedere davvero se a prodotto “cieco” il Tuo è stato preferito. Poi, se ancora hai capacità di spesa, perchè i test costano, riprendi le stesse centinaia di prodotti, lasciali nelle loro confezioni originali e torna a darli ancora da provare alle stesse persone. Qui , con le marche ben visibili, vorrei proprio vedere i risultati.
Ciò che voglio farTi comprendere è che se Tu vuoi davvero seguire e dare impulso all'azienda, devi portare in azienda innovazioni, studi ed analisi. Non devi fermarTi a quello che probabilmente hai sentito dire da Tuo padre per una vita. In altra parte della lettera, che non ho riprodotto, dici che la Tua attività è stata fondata da Tuo padre alcuni decenni fa. Se tutto è come dici, come mai sei ancora a pensare a come sviluppare l'azienda? Forse, in passato e spero, con Te, non accada in futuro, si è sempre stati a dire “noi abbiamo il prodotto migliore” riuscendo poi a venderlo sotto casa.
Non so nulla di Te, non so gli studi che hai fatto; la preparazione specifica avuta e quindi mi è anche difficile darTi suggerimenti. Penso però che queste poche righe possano al momento bastare.
RicordaTi che un'azienda piccola non significa inaffidabile. Ciò che conta è dare valore alla Tua azienda per tutto il processo che essa segue. Spesso le piccole aziende cercano di apparire grandi facendo preparare dei bellissimi cataloghi che illustrano un'attività che, sotto sotto, non c'è.
Non entrare in questi circoli e non pensare che un bel catalogo illuda più di tanto. Aiuta, ma per poco.
Forza, lascia stare le vecchie convinzioni che sono poi “incrostazioni mentali” e parTi da zero a costruire qualcosa di nuovo davvero fatto con basi più professionali.
Inizia dal prodotto. Testalo e quando sarai sicuro, proseguirai con lo studio dei messaggi da dare. Nel frattempo potrai lavorare sulla rete e le mille altre cose.
Ciao di cuore.

giovedì 12 febbraio 2009

MARKETING

Aldo B. Faenza

Grazie per le risposte che date. Provo anch'io a chiedere perchè non ho ancora capito se davvero rispondete a tutti oppure fate una scelta. Mi auguro di leggere questa mia mail sul blog per sincerarmi che davvero aiutate tutti coloro che vi chiedono qualcosa.
Opero da non molto tempo, diciamo come aiutante, assistente o ragazzo di bottega, nell'ufficio marketing di una media azienda.
Sfogliando alcuni tomi che ho trovato in quello che è divenuto il mio sottoscala di lavoro ho trovato una raccomandazione di un predecessore ad un suo Capo. Evidentemente mancano dei fogli perchè alcune cose non sono affatto chiare. Non è, sinceramente, che la cosa sia importante al fine del mio lavoro perchè, come dico, riguarda qualcosa che è accaduto chissà quanto tempo fa, ma la mia curiosità e l'impossibilità di dare una risposta, mi dice di chiederlo.
Ecco, si tratta di una sigla che per me non ha significato. La sigla è FCP. Vi dice qualcosa?
Vi ringrazio se potrete rispondermi.

Mio buon caro Aldo,
ogni tanto le mail che ricevo sono davvero strane e, come la Tua, impegnano perchè sono tanto ermetiche da apparire degli enigmi. Devo ritornare con la memoria indietro nel tempo e l'unico aggancio che ho con quella sigla è “free continous premiums”.
Non ricordo altri significati, anche se solitamente era inusuale usare solo la sigla che si scriveva quando in un documento, il concetto veniva riportato più volte.
Spero di non portarTi su una via sbagliata. L'FCP è una tecnica commerciale di promozione molto usata e comune. E' sotto gli occhi di tutti anche se non siamo abituati a chiamarla con questa sigla. Si tratta semplicemente di quella tecnica che invita i clienti a raccogliere tagliandi di controllo o prove d'acquisto che, una volta raggiunto un determinato quantitativo, permetterà di ottenere il classico dono scelto su da un catalogo premi. Siamo invasi da questa tecnica che non vede fine. E' una forma di fidelizzazione alla marca che i consumatori gradiscono molto. Oggi non sono solo le aziende a coinvolgere i clienti in questo modo ma anche e sopratutto le catene di distribuzione. Penso che questa tecnica non avrà mai fine perchè a tutti piace sapere che raccogliendo piccoli pezzettini di carta, si otterranno regali. In realtà i pezzettini di carta non sono mai regalati perchè il prodotto stesso che si acquista e si consuma contiene già nel calcolo del prezzo di vendita un margine che va proprio a calcolare il costo del dono.
Oggi inoltre, si è arrivati ad offrire oggetti più belli e costosi che per essere offerti necessitano di un'aggiunta di una determinata cifra, oltre ai cosiddetti punti raccolti. Questo perchè se si dovesse dare totalmente omaggio il dono, necessiterebbero una quantità di punti che nessuno riuscirebbe mai a raccogliere. Va detto inoltre che alcune aziende hanno molto marciato sul concetto del contributo da aggiungere. Alcuni prodotti infatti vengono addirittura pagati in toto dal consumatore con la quota che aggiunge ai punti. Questo avviene perchè la società che lo offre paga l'oggetto molto meno del prezzo di listino e quindi il contributo richiesto copre in toto o quasi il prodotto omaggiato.

mercoledì 11 febbraio 2009

DUBBI SU SUBENTRO

Daniele Roma

Buongiorno!ho trovato molto utile il Vostro blog e ringrazio anticipatamente per il servizio offerto.Sono di Roma ho 29 anni e ho avuto esperienze di 3,4 anni in una biglietteria come dipendente.Ho trovato un annuncio di una biglietteria da dare in gestione,situata al centro di Roma, con un servizio l'imitato solo al turismo. Mi sono proposto, ho parlato con il gestore, ma i miei dubbi rimangono tanti, ossia: l'inizio della sua attività è ottobre 2008. Mi propone 5000€ di cauzione + 1300 al mese; gli chiedo quanto incassa al giorno e scuotendomi la testa mi dice che non fa un granchè, dicendomi che non è periodo (giustamente si parte da marzo con la primavera a vedere un pò di turismo); allorchè nella sua semplicità il proprietario mi chiede prima di venire a marzo a vedere un po come si fanno le cose...rispondo che è tardi posso venire anche prima...Poi mi propone che se vengo da domani (cosa che volevo proporre) l'incasso che viene me lo prendo io... Io risposi che ovviamente posso venire l'indomani ma devo vedere prima cosa lavora e come lo lavora...Riguardo alla gestione penso che lui la ceda perchè non vada bene, in quanto parla poco e niente inglese e a stento anche l'italiano...Il posto è piccolissimo diciamo 10 - 12 mq...ma talvolta per il servizio è più che sufficiente. Si può fare bene lì dentro, però i miei dubbi sono tanti e rivolti verso questa persona che rende tutto troppo facile e alla "Carlona", quindi vi chiedo cosa si deve sapere/vedere prima di prendere il locale in gestione, e cosa fare per prendere il locale in gestione (modulistica). Vi ringrazio anticipatamente

Caro Daniele,
credo che Tu sia giunto benissimo da solo a comprendere che questa opportunità è più che altro un giro di roulette.
Un'attività iniziata nell'ottobre del 2008 e già offerta, significa tutto. Quando poi l'attuale Proprietario che dovrebbe almeno cercare di incensare ciò che riesce a fare (introiti compresi) dice che si fa poco, vuol proprio dire che non fa niente.
E' vero, come dici, che la stagione turistica è più che altro primavera estate, ma Roma ha turisti tutto l'anno! Probabilmente ha capito d'aver fatto lui stesso un errore e, con onestà, non si sente di imbrogliare.
Detto questo, Ti chiede una cauzione (ci può stare) e 1500 euro al mese. Il calcolo che devi fare è semplice. Tu hai lavorato in un'altra biglietteria. DovresTi conoscere la percentuale di margine che questo lavoro dà. Per vedere se l'operazione può funzionare devi semplicemente fare due conti:
costo affitto + costo spese gas, luce, tasse comunali, commercialista per la gestione, assicurazione e tutte le altre voci che ora magari dimentico. Fai un totale e Ti ritroverai con una cifra di costi fissi da sborsare mensilmente. A questo aggiungi un minimo utile che vuoi tirar fuori dall'attività per permetterTi di vivere. Avrai un totale X.
Ora calcola, in base alla percentuale di utile sulla vendita dei biglietti, quanti dovrai venderne o meglio, quale fatturato dovrai fare per ottenere, con la percentuale, la cifra che copra tutte le spese.
Se il risultato è, secondo Te, adeguato e possibile, puoi anche tentare. Personalmente non so la percentuale d'utile di questa attività ma ipotizzando che le Tue spese mensili + il guadagno per Te diano un totale di 5000 euro ed il margine di ricarico sulla vendita dei biglietti sia del 20% (cifra assolutamente da me inventata), vuol dire che dovrai vendere biglietti per 25.000 euro al mese. (25.000 x 20% = 5.000)
E' possibile? Può darsi che sia poco o molto. Non so. Puoi comunque Tu fare i calcoli andando davvero per una settimana presso il negozio e verificare. Sarà inverno ma comunque il movimento lo vedi.
Cos'altro sapere? Verifica bene l'ubicazione del negozio. E' in centro ma questo non basta, E' in una zona servita? C'è molto traffico pedonale o no? Occorre arrivarci apposta o ci passa davanti anche non volendo Inoltre, che possibilità di sviluppo può avere una biglietteria? Personalmente non so cosa si possa vendere o meno. Biglietti di mezzi pubblici; biglietti per teatri e manifestazioni; biglietti per fiere, biglietti gratta e vinci, biglietti voli aerei e treni. Come vedi c'è molto ed io non ho questi dati per analizzare bene il problema. Se però ci fosse la possibilità di vendere biglietti per tutte queste cose, allora potresTi intervenire e fare convenzioni con hotel. Ma certamente questi saranno già convenzionati con chissà quante altre biglietterie esistenti da sempre.
Mi spiace non poterTi dire di più. Io mi fermo al freddo calcolo delle probabilità.
Guarda l'ubicazione e studia il movimento del traffico e della gente. Calcola bene le spese e quanto dovresTi incassare e passa un po' di tempo nel negozio a verificare. Il fatto che il Proprietario sia così smanioso di appiopparTi l'attività dopo tre mesi (dico 3) dall'apertura, certamente fa pensare non poco.
Scrivimi ancora se dovessi averne bisogno.
Ciao

lunedì 9 febbraio 2009

FARE COME DICE IL CAPO?

Mario N. Pesaro

“sono venditore. Piccola azienda italiana che ha comunque un suo spazio ed una sua immagine. Sino a poco tempo fa io dipendevo dalla proprietà. Ricevevo ordini ed andavo a proporre ed a vendere. Il proprietario non si intrometteva ed io ero libero di fare come volevo. In questo modo avevo creato un mio sistema di vendita ed i risultati erano buoni. E successo però che l'azienda è cresciuta e da qualche mese è stato assunto un direttore. Non è una cattiva persona ma, poiché le scope nuove devono anche far vedere che scopano meglio, si dà un gran da fare. Così, molto spesso esce coi venditori. Quando viene con me mi crea problemi. E vi spiego perchè.
Ha la mania di correggere e di dire come si deve presentare il prodotto e come si deve vendere. Io ho cercato di fargli capire che faccio in un altro modo, che i clienti sono contenti e che porto a casa ordini ma lui non ci sente. Dice che dobbiamo avere una linea di condotta che dobbiamo seguire perchè l'immagine della società dev'essere uguale in tutta italia.
Risultato, quando faccio come vuole lui, sia da solo che in sua compagnia, le vendite calano. Io sono arrabbiato perchè ci tengo ai risultati e voglio vendere ma non si riesce. I clienti non hanno tempo da perdere e vogliono andare al sodo subito. Secondo lui dovremmo fare tante cose che alla fine stancano il cliente prima di aver ancora saputo le condizioni. Come posso fare? Perchè se continua così non solo io ma anche altri ce ne andremo altrove?”

Mio caro Mario,
mi poni un bel problema perchè non conoscendo il Tuo metodo ne il Suo non sono nella condizione di dire quale dei due sia più corretto. Devo quindi darTi solo impressioni personali. Per questo motivo, chiedo spesso a chi scrive di essere estremamente chiari nello spiegare le situazioni, ma accade pochissime volte.
Dunque, veniamo al Tuo caso.
Immagino che forse, con l'andare del tempo, conoscendo i clienti e facendo con loro amicizia, il Tuo metodo di vendita sia arrivato al succo, nel senso che avrai probabilmente tolto tutte quelle azioni di contorno classiche che vengono raccomandate durante la presentazione. Probabilmente sai già in partenza cosa quel tal cliente vende, cosa Ti chiederà e quali quantitativi inviargli, quindi la visita sarà sempre piuttosto striminzita e vuota di parole secondo Te inutili al fine di raggiungere l'obiettivo.
Di contro, il Direttore, vorrà invece vedere una presentazione classica, con una parte introduttiva, con una sequenza di azioni (mostrare il prodotto, parlare dei benefici, argomentare le promozioni, rispondere alle obiezioni ecc..ecc...) sino ad arrivare ad una bella chiusura dell'ordine nel modo più classico.
Non male nemmeno questo metodo, anzi, se proprio devo dirlo è meglio ma cozza però con la sbrigatività del Tuo e a quanto probabilmente ormai sono abituati i Tuoi clienti.
Tu col Tuo metodo fai più ordini, seguendo il Suo, ne fai meno. Sicuramente è così per un buon motivo. Il Tuo è collaudato e creato da Te, quindi Te lo sei tagliato addosso; il Suo è imposto, nuovo, da imparare e da mettere in rodaggio e quindi dà senz'altro meno risultati immediati.
Occorrerebbe prendere un venditore nuovo da istruire col metodo che vorrebbe il Tuo Capo e vedere nel tempo cosa accade. Quasi certamente finirebbe per ottenere tutto un insieme di miglioramenti che andrebbero anche al di là della vendita pura.
Noi spesso, presi come siamo dalla routine, non ci rendiamo più ben conto se ciò che facciamo è giusto o se potremmo fare meglio. Siamo contenti così e riteniamo d'aver trovato il giusto equilibrio. In realtà l'uomo è portato a cercare di fare qualsiasi cosa col minimo sforzo e questo vale in ogni nostra azione. Se qualcuno interviene per farci cambiare, è ovvio che storciamo il naso.
Nella vendita questo accade molto spesso. Il supervisore deve, per proprio mestiere, analizzare, trovare i punti che possono essere corretti e dare suggerimenti. Se questo viene fatto da sempre vuol dire che qualcosa di buono lo avrà, non credi?
Sai Mario, quando si opera in una determinata zona, quando si è liberi di agire senza controlli, quando i clienti sono ormai divenuti amici, tutto si smorza e tutto diventa piuttosto semplice anche perchè il cliente stesso Ti vede come uno di famiglia e non può scontentarTi.
Ma questo può non essere il Tuo mondo di sempre. PotresTi domani trovarTi in una situazione totalmente diversa, in un'altra società e scoprire improvvisamente che il Tuo metodo che tanto andava bene, non funziona più. Allora saresTi si, nei guai. Se Tu avessi invece una formazione più allineata a quella che è definita “norma di vendita”, con bagaglio più ampio da cui scegliere argomentazioni per gestire diverse situazioni di vendita, Ti troverai bene ovunque. E' un po' come lo studio e la cultura. Possono non servire ma sapere di poter farne affidamento, è un bel salvagente.
Non andarTene quindi, perchè potresTi anche trovarTi male a meno che Tu non Ti immerga in una situazione di azienda Padronale come era prima la Tua. Come vedi però, è poi cambiata e quindi qualunque altra azienda potrebbe fare la stessa cosa.
Se proprio ci tieni puoi parlare col Tuo Direttore dicendo che Tu vuoi portare risultati e cercando di seguire il Suo metodo, pur volendolo fare, Ti accorgi che i risultati sono inferiori. Digli che ne sei dispiaciuto e non sai se proseguire come sempre o rinunciare a vendite pur migliorando. Vedi poi la Sua risposta.
Se invece accetti un mio consiglio, eccolo: liberaTi la testa dai preconcetti e dalle convinzioni (che spesso sono incrostazioni mentali che ci portiamo addosso). ParTi con l'idea che il metodo del Tuo capo è un altro metodo, diverso dal Tuo e che, come tale, va provato seriamente. Inserisci gradualmente nei Tuoi contatti le tecniche che il Capo Ti dice di seguire ma fallo non con l'intento di verificare subito se vanno meglio o no, perchè credimi, Te lo posso dire subito, Ti risponderai immediatamente che non funzionano. Fallo invece nella logica di miglioraTi sempre, introducendo nelle Tue presentazioni quelle variazioni che “aggiungono qualcosa in più”. E' un po' il valore aggiunto alle Tue convinzioni. Abbi l'intento di perfezionare; cerca la soddisfazione nel creare migliori argomentazioni. Cerca di dare ai clienti motivazioni d'acquisto più solide, polpose. Dai la Tua disponibilità ad ogni domanda ed approfondimento Ti venissero rivolti. Insomma, vedi il contatto col cliente non solo in termini di vendita pura e momentanea ma anche coma luogo e possibilità di Tuo miglioramento per affinare l'arte della vendita.
Io ci proverei ancor prima di parlare col Direttore. E' un po' mettersi alla prova per vedere quanto si vale e quanto si è capaci di rinnovarsi. Posso dirTi, per terminare, che va visto come un gioco il cui obiettivo è quello di raggiungere gli obiettivi che ci si dà e di tentare di superare sempre i nuovi limiti che ognuno deve porsi..
Cordiali saluti

domenica 8 febbraio 2009

INTERNET

ROMOLO Roma

“Con i miei porto avanti un'impresa che occupa 60 operai e sviluppa un fatturato di venti milioni di euro. Non dico l'attività ed il settore perchè la scelta di scrivere è mia e non voglio che si sappia che l'ho fatto. In realtà non sono proprio di Roma ma credo che mi scuserà.
Sono curioso di chiedere cosa ne pensa di costruire un sito per dare la possibilità ai nostri clienti e consumatori finali di rivolgersi a noi per dare suggerimenti o richiedere qualsiasi cosa inerente ciò che facciamo.
Leggo sempre le risposte che dà e da molte ho anche tratto vantaggio. Per questo mi affiderò al suo giudizio.”

Caro Romolo,
ecco la nuove leve dell'imprenditoria che, un po' cozzando con le mentalità più conservatrici, cercano di portare un'aria di novità in azienda.
Non sono affatto contrario ad un sito internet che dia questa possibilità ai clienti e consumatori. E' pur sempre una possibilità (dico possibilità perchè spesso non viene usata) che i clienti hanno a disposizione. L'unico sugerimento che posso darTi è: se porti avanti il Tuo progetto, devi seguirlo assolutamente. Dico questo perchè se Tu vai in rete troverai migliaia di siti aziendali. Molti di questi hanno la casella per i contatti. Ebbene, prova a scrivere qualcosa ed aspetta la risposta. Non arriva quasi mai. Sono pochissime le aziende, anche tra le più grandi, che si prendono la briga di rispondere a ciò che uno scrive. La presentazione è sempre bellissima, sul tipo: “saremmo lieti di poter ricevere suggerimenti ecc..ecc...” poi, quando qualcuno li dà, tutto svanisce nel nulla. E' un cattivo vezzo italico e poiché è piuttosto generalizzato, non ci fa caso nessuno. Se le aziende riflettessero un poco, capirebbero però che il cliente che ha scritto e non riceve risposta, terrà sempre a mente questo sgarbo.
Quindi, apri pure il Tuo sito, chiedi tutto ciò che vuoi ma segui direttamente (o fai seguire da qualcuno di fiducia) il contatto con chi scrive. Ne trarrai solo vantaggi.
Cordiali saluti

giovedì 5 febbraio 2009

IL SERVIZIO

Lorena C. Torino

“Opero in una società di servizi. Dato che vorrei non essere riconosciuta in quanto da tempo in ufficio iniziamo la giornata leggendo tutti il vostro blog, se può rispondermi privatamente lo faccia, altrimenti cerchi di correggere la lettera in modo che non sia riconoscibile.
Vorrei sapere cosa si aspetta un cliente da noi, perchè sempre ma sempre, trovo clienti incavolati che non intendono sentir ragioni su qualsiasi cosa.”
Cara Lorena,
non ho ritenuto rispondere riservatamente perchè il quesito che poni può interessare anche altri. Vedrai però che, avendo cambiato nome, località ed anche tono della lettera, è impossibile arrivare a Te.
Cosa si aspetta il cliente da una società di servizi o da qualunque servizio reso da una società, o addetto? Se posso fare una battuta direi che si aspetta tutto quello che spesso non viene dato. Chissà perchè molte volte (non sempre, ma volte volte) l'addetto al servizio ritiene di essere lui a dover essere compreso, sostenuto e seguito. Il cliente è un po' lo scocciatore. Brutto da dirsi ma è ciò che appare da qualunque analisi e ricerca.
Per fare e dare un buon servizio, occorre capire semplicemente cosa ritiene di voler ricevere una persona da un buon servizio. E, cara Lorena, tra le persone, mettiti anche Te, perchè sono certo che quando non svolgi il Tuo lavoro e Ti trovi dall'altra parte, sei come tutti, nel caso ne avessi bisogno, desiderosa di ricevere un buon servizio.
L'utente (chiamiamolo così, per intenderci) ritiene di ricevere un buon servizio quando:


- ad esempio, i tempi di consegna delle merci sono rapidi. Se non vengono rispettati nell'ambito della media di quel mercato o settore, il servizio percepito non è buono.
- Quando non ci sono rinvii. La merce non c'è e si tarda la consegna, si fa davvero un cattivo servizio.
- Quando,altro esempio, l'incaricato arriva prontamente a risolvere un problema.
- Quando non vengono fatte questioni in caso di contestazione
- Quando nel caso di problemi su macchine, durante le riparazioni, si dà al cliente un prodotto similare in uso
- Quando non c'è prepotenza in chi dovrebbe attuare il servizio
- Quando, altro esempio, non c'è da fare la coda in un ufficio
- Quando, telefonando, non si devono attendere molti squilli per avere una risposta
- Quando in un negozio il commesso sorride e non ha problemi a mostrare un articolo in vetrina (difficile)
- Quando al ristorante il cameriere arriva prontamente e non dopo aver mangiato tutto il pane disponibile
- Quando la tavola è ben curata
- Quando si arriva a visitare un cliente al momento promesso e stabilito e non dopo
- Quando, treno o aereo che sia, le partenze sono in orario.


Ti bastano come esempi?
Ecco. I clienti possono anche essere sgarbati ma spesso accade quando chi attua il servizio non tiene conto proprio di ciò che il cliente (fruitore) desidera quando si parla di servizio.
Tu lo fai? Se non Ti hanno mai detto queste cose, inizia Tu. Tratta bene i clienti e vedrai come, per incanto, che avrai a che fare con clienti educati e soddisfatti.
Grazie per leggerci sempre.

mercoledì 4 febbraio 2009

ASPETTA E SPERA

Loretta B. (loc. n.c.)

Gentile Dottore,
sono delusa. Laureata lo scorso anno in scienze della comunicazione, ero convinta che avrei ricevuto numerose proposte di lavoro in quanto l'indirizzo di studi preso è piuttosto attuale e quindi con maggiori possibilità.
Invece, ho aspettato di ricevere qualche offerta ma nessuno si è fatto avanti.
Cosa devo fare? Come è possibile che i giovani vengano stimolati a studiare, a laurearsi se poi il mercato non c'è? I miei studi sono costati sforzi alla famiglia ed oggi vedo anche i miei genitori abbattuti perchè non vedono un ritorno all'investimento che hanno fatto e che ha loro tolto un capitale che avevano accantonato per la vecchiaia.
Mi può aiutare?

Gentilissima Loretta,
non so, mi scusi la franchezza, se il Suo scritto sia vero o meno. Poiché però devo ritenerlo tale, rimango perplesso se non allibito.
I giovani (si fa per dire, perchè dopo una laurea oggi non si è più tanto giovani) vivono spesso su un pianeta che non è la Terra. E' vero, non c'è da fare di tutta l'erba un fascio, ma sono troppe le situazioni in cui ci si lamenta del perchè non ci cade addosso un sacco contenente qualche milione di euro.
In Lei, Loretta, c'è anche, ammesso non sia malafede, troppa ingenuità da far cader le braccia.
Ognuno sceglie l'indirizzo di laurea che vuole e Lei, convinta che il Suo sia stato il migliore attualmente disponibile, ha scelto quello..
Credo che oggi quando un giovane non sappia che fare, scelga proprio l'indirizzo che Lei ha preso. Ci sono più laureati in scienze della comunicazione che qualcuno a cui comunicare ciò che si è imparato.
Detto questo, Le chiedo: Lei è davvero così ingenua nel credere in quello che scrive ed a scrivere quello che pensa o, in questa Sua attesa del lavoro che Le cada addosso, c'è un po' di malafede?
Davvero pensa che a due passi dal 2009, con tutto quanto succede nel mondo, si debba ancora attendere che un lavoro piombi addosso? Credo che Lei legga quotidiani, ascolti le TV, abbia un minimo di relazioni con altri giovani. Ebbene, non si è fatta l'idea del mondo del lavoro? Non sarà che anche i Suoi amici sono in attesa di un posto e discutete assieme di come fare a farvelo cadere addosso, magari lamentandoVi perchè cade un po' più in là?
Sono senz'altro troppo ironico, lo ammetto, ma certe cose, soprattutto se scritte da una giovane laureata, lasciano allibiti.
Com'è possibile, dice, che i giovani vengano stimolati a studiare se poi ecc..ecc..?
I giovani vengono stimolati a studiare per due importanti ragioni: se non lo facessero sarebbero immediatamente tagliati fuori dalla possibilità di ritagliarsi un proprio spazio nel mondo del lavoro eppoi e soprattutto, per permettere loro di avere quella cultura e quella possibilità di analisi che lo studio dà e che rimane come patrimonio della persona stessa, per tutta la vita.
Ad una persona con cultura potranno sempre aprirsi più porte che non ad un ragazzo senza studi. Non credo nemmeno sia il caso che spieghi il perchè.
La parte della Sua lettera che mi rattrista maggiormente è quella in cui scrive che la Sua famiglia si è pure privata di qualcosa per permetterLe di studiare. E Lei, vedendo i Suoi genitori abbattuti riesce a dirmi, non che si cercherà un lavoro, uno qualsiasi per non pesare su loro, ma semplicemente che non è giusto che non Le offrano un lavoro “adeguato”.
Non so. A volte stento a credere. Benedetta ragazza, vuole un aiuto da me. Che aiuto posso darLe che non possa Lei darsi da sola. Posso dirLe che la Sua laurea non obbliga nessuno a darLe un lavoro, ma la Sua laurea Le permette, se Lei ha voglia di lavorare (cosa che Le dico francamente, dubito) di trovare più facilmente di altri perchè lo studio Le avrà permesso di avere maggior facilità di parola, di espressione, di modo di presentarsi e di relazionare.
Una laurea non serve solo per fare la Dottoressa e pretendere che qualcuno si senta obbligato a chiamarLa; serve per presentare un miglior biglietto da visita per qualsiasi lavoro: in un ufficio marketing, in un'agenzia pubblicitaria, come p.r. , ma anche come venditrice, impiegata, commessa o donna delle pulizie. Ciò che vale è la volontà di uscire da una situazione che pesa (se Le pesa) prendendo qualsiasi onesto lavoro disponibile. Poi, col tempo, le scelte si faranno ma, oggi, mi pare che Lei non sia nella condizione di fare fare scelte ne tanto meno e soprattutto di aspettare la manna dal cielo.
Il Suo obiettivo primario è lavorare, portare a casa qualche soldino e rifondere i Suoi genitori. Ci vorrà tanto tempo ma è la buona volontà che deve mostrare.
Nessuno è mai morto per aver studiato e per aver poi intrapreso una strada diversa, magari anche più umile. Non credo quindi possa morire Lei.
Non realizzerà subito i Suoi sogni ma intanto non peserà sulle spalle dei Suoi genitori. Poi, chissà, magari un giorno, vedendoLa al lavoro e notando in Lei volontà e capacità, qualcuno potrà anche farLe cadere addosso l'offerta della vita. Può darsi, ma non dev'essere Lei a star ferma ad aspettare.
Quello dell'attesa che altri si facciano carico di noi, è piuttosto arrogante e presuntuoso. Non lo sia, per carità perchè farebbe poca strada nella vita.
Si rimbocchi le maniche. Inizi con ciò che trova e non con ciò che vuole.
Cerchi, ma cerchi seriamente e subito.
E non mi faccia più inquietare!
Cordiali saluti

domenica 1 febbraio 2009

CAMBIO DI GESTIONE

Franco & Luisa (loc. n.c.)

Gentili Signori,
io e Luisa viviamo in una città del Nord che preferiamo non dire perchè chi ci conosce potrebbe poi avere da ridire. Io sono stanco del lavoro che faccio e con Luisa, dopo aver pensato a cosa fare, saremmo intenzionati a subentrare in un locale che frequentiamo e che per due volte in un anno, ha avuto cambi di gestione perchè, secondo noi, gestito da persone non capaci.
Siamo sicuri ma abbiamo qualche problema perchè l'investimento è davvero forte ed oggi le banche sono restie a concedere prestiti per cui stiamo domandando a tutti di aiutarci: parenti, amici o conoscenti.
Secondo voi, in quanto tempo potremo riuscire a rimborsare tutto?
Per aiutarci, ecco i dati che abbiamo in nostre mani e su cui facciamo affidamento.

Cari Franco e Luisa,
non ho ovviamente pubblicato i dati che mi avete inviato anche perchè, Voi stessi, all'inizio della Vostra lettera avete scritto che preferite non far sapere il luogo di residenza.
Posso parlarVi con estrema sincerità? Ebbene, se io dovessi investire, non subentrerei mai e poi mai in un'attività iniziata ed il cui iniziatore ha cessato perchè i risultati sono stati negativi. Figurarsi poi se quell'attività ha già avuto due cambi di gestione, oltretutto in un solo anno!
Chissà perchè noi abbiamo sempre l'idea di saper risolvere i problemi laddove altri hanno fallito. Può capitare, certamente, ma molto, molto raramente. Occorre invece capire e vedere al di là della facciata.
Vi sono attività che non funzionano perchè sono ubicate nel punto sbagliato o perchè, nel luogo in cui sono state aperte, non vi è necessità o richiesta di quella attività.
Può darsi anche che vi siano, nelle vicinanze, altre medesime attività già fortemente avviate e che sanno trattenere i propri clienti.
Insomma, non ci si deve fermare solo ad un'analisi di chi stava gestendo il locale per dire “non erano capaci! Se ci fossi stato io. Io si che saprei come fare!”
Se quella specifica attività ha cambiato due volte gestione in un anno vuol dire che il problema non può essere dato solo dall'incapacità dei gestori. Questi senz'altro hanno la colpa di non aver saputo intelligentemente capire il mercato (capita spesso) ma certamente c'è dell'altro.
Spassionatamente: io penso che una terza gestione arriverebbe in ancor meno tempo al punto in cui sono arrivati i precedenti. Non v'è nulla di peggio per un'attività, qualunque sia, del cambio gestione. Credo che una persona, con un minimo di intuizione commerciale capisca che una cessata attività, se non è data da limiti d'età, significhi che qualcosa non andava per cui si tenta di recuperare qualcosa vendendo ad altri ciò che non ha reso. I potenziali clienti diffidano e stanno sempre ben lontani dalle nuove gestioni. Quando un negozio, un bar o qualunque altra attività subisce cambi, tendenzialmente la gente non lo visita più. Vi è diffidenza; il negozio porta addosso l'alone di qualcosa che non ha avuto successo. Ed i clienti non vanno nei punti che non hanno avuto o non hanno successo.
I conti che Voi mi avete mandato mi hanno permesso di comprendere che Voi non siete del settore perchè, se lo foste, scappereste lontano da quest'affare. Provate a dire a chi vuole venderVi l'attività di garantire per iscritto davanti ad un notaio quanto assicura, e vedrete cosa succede.
Non ho capito se Vi siete già impelagati in questo affare o se ancora dovete decidere. Dite che state domandando a tutti di aiutarVi. Mi auguro che non lo faccia nessuno perchè altrimenti Vi trovereste ad avere nemici a vita.
Tenete quello che avete, poco o tanto, e cercate qualcosa di cui avete conoscenza ed esperienza. E sopratutto, fate con le Vostre forze ma non chiedete ad amici e parenti perchè semmai le cose non andassero per il verso giusto Vi trovereste in una situazione a cui preferisco non pensare.
Non so se il mio messaggio arriverà in tempo. Lo spero. In ogni caso, vale per Voi ma anche per altri che leggono, non subentrate mai in attività che cessano. I cambi di gestione non portano mai i risultati che c'erano prima. Ad ogni cambio, una grossa fetta di clienti se ne va.
Auguri.