Ricerca personalizzata

giovedì 29 dicembre 2011

CONTESTAZIONE DI ADDEBITO

S. (loc. n.c.)

Salve,
lavoro in un'azienda da 4 anni e questa mattina mi sono vista recapitare a mezzo raccomandata una contestazione di addebito.
Per un errore di digitazione ho inserito la quantità 11 anzichè 1 (vendiamo mobili e io opero nell'ufficio addetto alle vendite) e ora ci ritroviamo con 10 mobili invenduti.
In pratica mi chiedono giustificazioni al riguardo e se entro 3 mesi il tentativo di vendita dei mobili darà esito negativo, recupereranno il danno subito quantificando nel 50% del valore commerciale dei mobili invenduti, nelle prossime buste paga.
Purtroppo lavorando e svolgendo diversi compiti contemporaneamente (siamo continuamente al telefono), può capitare che involontariamente ci sia un errore di battitura...
Come posso rispondere alla lettera?Devo spedirla entro domani!
Vi prego datemi una mano!!
grazie per la vostra disponibilità
Saluti



Mia cara S.
quasi certamente non arrivo in tempo per la risposta. In questi giorni i nostri uffici sono chiusi ed ho visto per puro caso la Sua lettera, solo oggi.
Immagino che Lei avrà risposto quanto ha qui scritto e cioè che un errore di battitura può capitare. Non c'è altro da scrivere. In effetti se i Suoi datori di lavoro riflettessero, capirebbero che l'errore è tipico di chi opera al computer. Battere leggermente un tasto può far scattare una doppia battitura. L'involontarietà dell'errore sta proprio nel 1 divenuto 11. Diverso e forse contestabile sarebbe stato battere più numeri senza nesso tra loro. 11 al posto di 1, ci sta e si dovrebbe capire.

Se non avesse ancora scritto, con molta cortesia, pur ammettendo l'errore assolutamente involontario, faccia capire che si è trattato veramente di una pressione del tasto che ha permesso la stampa della doppia cifra.
Dica poi che per evitare simili inconvenienti, per altro mai accaduti in passato ma non per questo impossibili ad avverarsi, sarebbe opportuno che gli ordini emessi, venissero siglati per conferma, da un Responsabile, proprio perchè un doppio controllo potrebbe evitare situazioni anomale come quella accaduta.
Dica poi che,trattandosi della prima volta e vista l'assoluta involontarietà dell'atto, ritiene ingiusto l'atteggiamento aziendale così come l'addebito e le trattenute. Addebito che La vedrebbe purtroppo in disaccordo.

Detto questo, proseguiamo:
Circa la responsabilità occorrerebbe comprendere i Suoi compiti nell'ambito del lavoro che svolge.
Comunque, Lei avrà già scritto ed ora ha tre mesi di tempo per vedere che fare.
Iniziamo quindi con qualche riflessione.
Se Lei è una normale impiegata e nell'ambito dei compiti non è dichiarata per iscritto la responsabilità personale nell'ambito dell'emissione di documenti, responsabilità che viene anche da un livello di categoria e da uno stipendio adeguato, Lei può non essere assolutamente colpevolizzata.
Mi faccio capire meglio. L'ufficio acquisti ha un Responsabile e una o più impiegate. L'impiegata gestisce la compilazione dei documenti d'acquisto ma la firma che comprova la correttezza del documento è quella che, alla fine, viene posta dal Capo Ufficio Acquisti che è Responsabile anche degli eventuali errori dei dipendenti.
Se Lei opera in un ufficio così formato e il documento d'acquisto è siglato dal Suo Capo, il Responsabile dell'errore è lui che prima di firmare doveva verificare l'esattezza dei dati.
Lei scrive però di essere addetta all'ufficio vendite e l'ufficio in cui opera non dovrebbe aver nulla a che fare con gli acquisti.
Questa è la verità.
C'è poi da dire, come spesso dico, che quando si arriva a puntualizzare queste cose occorre essere coscienti che poi il lavoro in quell'ufficio o in quell'azienda è terminato.
Difficile infatti proseguire quando si ha da ridire. Ciò non toglie che se si vuole essere obiettivi, i dati sono quelli che ho sopra scritto.
Circa la contestazione di addebito sui 10 mobili ..., personalmente credo che un datore di lavoro che arrivi a contestare sino a voler farsi rimborsare da un suo collaboratore il valore dei 10 pezzi si presenti per quello che è.
Un po' di intelligenza dovrebbe fargli capire ciò che veramente è accaduto!
Sul fatto di addebitarLe il valore dei 10 pezzi (al 50%) qualora non venissero venduti, occorrerebbe dire che se si vogliono vendere i pezzi a prezzo pieno, probabilmente in tre mesi se ne venderanno pochi.
Poiché però il datore dice che le addebiteranno il 50% del valore (ossia il reale costo del materiale), se proprio volesse togliersi i prodotti in più dovrebbe semplicemente mettere in vendita, in offerta, tutti i 10 pezzi al 50% di sconto.
Movimenterebbe il mercato, accontenterebbe probabili clienti che altrimenti non acquisterebbero, e risolverebbe ogni questione. Ovvio che è più facile vendere 10 pezzi a metà prezzo piuttosto che tentare di venderli a prezzo pieno arrivando fra tre mesi ad averne ancora 8.
Per finire: ora Lei si trova con tre mesi per risolvere il problema. Ha quindi il tempo di rivolgersi ad un ufficio sindacale della Sua città per chiedere se vi sono le reali motivazioni per addebitarle quanto contestato, anche proporzionalmente ai compiti che Lei svolge e per cui è pagata.
Poi potrà decidere, da parte Sua, se contestare quanto da loro scritto, rifiutando la loro decisione anche con l'appoggio del Sindacato o se sperare che tutto si appiani senza litigare.
Avrà anche il tempo per cercare di far loro comprendere ciò che è successo e, nel caso vedesse chiusura totale (sapendo che dovrà cercarsi un'altra posizione) iniziare a mettere i puntini sulle i, non accettando più di inserire ordini o compilare qualsiasi cosa che non sia siglata da un responsabile.
Forse....inizieranno a capire.
Cordiali saluti.

mercoledì 21 dicembre 2011

ESSERE IN RETE

A.R. (Milano)

Gentilissimo Dottore,
mi spiace non poterla chiamare per nome e me ne scuso ma ho visto che preferisce mantenere l'anonimato anche se forse è un peccato non poter sapere chi è ne poter ringraziare.
Ho un piccolo problema o meglio un dubbio che vorrei lei mi aiutasse a chiarire, se può.
Sono Dirigente in una importante azienda anche se non ho ancora raggiunto i trent'anni. Il lavoro va bene e quindi non dovrei lamentarmi di nulla. Cosa che faccio. Ciò non toglie però che visto l'andazzo del mercato io sia sempre sul chi vive, ovvero tengo ritte le antenne per non perdere eventuali opportunità. Per far questo sono presente come molti in un paio di siti di presentazione. Siti molto noti e che lei conoscerà.
La presentazione che ho fatto secondo me va bene ma mi domando se il fatto di non aver mai ricevuto alcun contatto in tre anni sia logico o derivi dal fatto che non sono stato bravo a presentarmi.
Le chiedo quindi, se possibile, di dare un'occhiata e di rispondermi se tutto è OK o no.
Per questo le invio le coordinate. La ringrazio se potrà darmi una mano.



Mio caro,
ho verificato quanto Lei mi ha chiesto. Non ho trovato nulla di particolare che non vada tranne forse non aver pensato (ma questo è generalizzato nei giovani) che la Sua presentazione non è, diciamo così, per cercare o incontrare altri coetanei, quanto piuttosto per rendersi interessante ed appetibile a qualcuno interessato al Suo profilo.
Sotto questo aspetto, Lei non doveva mettere la foto che ha messo. Se un Avvocato va allo stadio, faccio un esempio, è naturale che si vesta come vuole e magari metta una sciarpa della squadra al collo ma quando va in tribunale certamente si presenterà ben diversamente vestito. Farebbe ridere se facesse, in entrambi i casi, l'opposto.
Le fotografie che presentano noi stessi devono tener conto delle situazioni per renderci più credibili. Non Le dico di farsi fotografare ad una scrivania in cui Lei appaia con la mano sotto o davanti il mento; non Le dico nemmeno di mettersi con una penna in mano fingendo di dover firmare chissà quale documento (situazione tanto falsa quanto scontata) ma una foto più adatta allo scopo andava messa. Che ne dice?
Inoltre, tenga presente che se si usa la Rete per trovare amici si può scrivere ciò che si vuole ma se la si usa per un ipotetico lavoro, anche ciò che si dice va calibrato.
Personalmente toglierei la parte relativa ai Suoi hobby, che paradossalmente è più lunga di altre parti. Sapere che Lei ama quello sport o che ne pratica altri tre, non solo può interessare poco ma può anche creare dubbi sul Suo impegno lavorativo se enfatizza così tanto quella parte.
Si soffermi maggiormente, se vuole, sugli incarichi attuali e su quello che vorrebbe o potrebbe fare.
L'elenco delle mansioni precedenti poi, andrebbe fatto partendo dall'attuale, al primo posto o prima riga. Poi si dovrebbe passare alla mansione precedente al secondo posto e così via, in ordine decrescente nel tempo. Iniziare dal lavoro più vecchio per poi arrivare all'oggi è sbagliato.
Non ho altro. Se sono riuscito a darLe una mano, sarò contento.
Cordiali saluti.

lunedì 28 novembre 2011

ALL'ESTERO SENZA CONTRATTO

F.G. (Kenia)

Buongiorno
Vi sto scrivendo dal Kenya e ho una domanda da farvi, lavoro all'estero da 2 anni senza contratto per una società italiana con tanto di mail aziendale a mio nome e mi hanno licenziato senza preavviso ne motivazione con una telefonata.
Sono tutelato in qualche modo?
Grazie mille

Caro F.,
è sempre molto difficile rispondere a domande come la Tua perchè, lo capisci anche Tu, prima di dare un giudizio o fare una valutazione, occorrerebbe sentire le due campane e sapere le motivazioni che la Tua azienda porta avanti per una decisione così drastica.
C'è qualcosa di assolutamente poco chiaro perchè non si licenzia una persona senza preavviso e con una telefonata se si ha la Sua collaborazione da due anni. Cosa è accaduto? Quali sono i motivi che l'hanno spinta ad agire così?
Le risposte le sai dare solo Tu.
Pensando che le cose siano come Tu scrivi e cioè che sei stato licenziato senza motivo e improvvisamente, posso dirTi che sei comunque poco o nulla tutelato.
L'azienda è italiana e Tu lavori all'estero senza che sia stato fatto alcun contratto e quindi, mi par di capire, senza nemmeno una formale assunzione. Di fatto...Tu, lavorativamente non esisteresti.
Forse hai accettato questo incarico e sopratutto queste condizioni per poter incassare in...nero, senza sapere che questo porta proprio a queste situazioni.
La telefonata per licenziarTi, anziché una regolare lettera, nasce proprio dal non voler lasciare tracce della Tua collaborazione in caso fossero sorti o sorgessero problemi.
Accettando le condizioni che hai accettato, anche Tu Ti sei posto dalla parte del torto e quindi è difficile far valere delle ragioni quando si ha torto come la controparte.
Puoi però, forse, fare qualcosa. Avrai ben ricevuto uno stipendio. Come veniva pagato? Ti arrivava in Kenia presso qualche banca? Se così fosse hai una traccia di versamenti che un'azienda faceva da due anni a Tuo favore e non si capisce perchè mai avrebbe dovuto farlo se non ci fosse stata una collaborazione.
La stessa cosa vale se i pagamenti sono avvenuti in Italia. Non puoi invece far proprio nulla se anche questi avvenivano in nero e in contanti.
I versamenti sono forse l'unica traccia per dimostrare il Tuo lavoro. DovresTi rivolgerTi in Italia ad un Sindacato che, con un avvocato facente parte del Sindacato stesso potrebbe darTi una mano. Credo però sia difficile perchè, come Ti ho detto, sei anche Tu in torto.
Mi dici che hai una e.mail aziendale a Tuo nome. Me lo dici come riprova che lavori per questa azienda. Probabilmente potrai avere anche altre prove, se ci pensi. Le mail che Tu hai probabilmente scritto all'azienda e le risposte ricevute. Magari hai ordini di lavoro e altro. Insomma, se vuoi intraprendere un'azione, devi prima raccogliere tutte queste prove.
Successivamente, visto che ormai sei stato licenziato, puoi contattare l'azienda facendo presente che visto il comportamento avuto nei Tuoi riguardi ritieni di voler portare avanti una azione per far valere i Tuoi diritti. PotresTi dire che, grazie alle prove in Tue mani, Ti riserverai di rendere pubblica la situazione anche attraverso i media affinchè si sappia come lavora l'azienda.
Ovviamente sta a Te vedere poi cosa fare e tutto dipende, Ti ricordo, dalla vera causa per cui tutto è precipitato. Solo se ritieni d'essere completamente sicuro potrai agire. Sarà comunque difficile proprio per la situazione che Tu stesso avevi accettato.
Presumo e spero che l'azienda Ti paghi comunque il licenziamento e, se così fosse, avrai un'altra prova della collaborazione. Quindi, prima di ogni altra azione devi in ogni caso aspettare il ricevimento della liquidazione così d'avere in mano anche questo.
In bocca al lupo.

martedì 8 novembre 2011

FACCIO VISUAL MERCHANDISING ?

J.P (loc. n.c.)

Egregio Dottore,
mi sono imbattuta per caso nel Suo blog e visto che mi tocca in prima persona ci terrei a leggere un Suo parere in merito alla mia situazione professionale.
Mi sono laureata col massimo dei voti nel 2004 in disegno industriale (laurea triennale) e successivamente nel 2009 in design degli interni (laurea specialistica), indirizzo che ho scelto dopo un periodo lavorativo svolto come visual merchandiser per una grossa azienda di arredamento nella città di Firenze. Successivamente ho avuto modo di lavorare, tramite stage, nella zona di Milano in uno studio di progettazione dove mi sono occupata di stand per fiere e in un'altra grande azienda di ristorazione nel settore costruzioni e più precisamente nel project management e gestione fornitori. Per motivi personali mi sono trasferita l'anno scorso di nuovo a Firenze e ho avuto la fortuna di trovare facilmente lavoro di nuovo presso uno studio di progettazione nel quale ho collaborato a concorsi e progetti di varia natura. Purtroppo la fortuna è finita presto; il mio capo mi retribuiva regolarmente con uno stipendio dapprima misero, poi dignitoso, ma al contempo incalzava perchè mi aprissi partita iva senza di fatto poter esercitare la libera professione (facevo un orario da dipendente, 9-19 da lunedì al venerdì). Dopo una serie di spiacevoli conferme a giugno di quest'anno ho lasciato il lavoro.
Mi sono detta: vedrai che sarà un periodo passeggero, anche se è un periodo a contatto con le ferie. Mi sono decisa quindi ad impiegare il mio tempo in alcuni corsi di formazione per i quali non ho mai avuto il tempo, quindi sono arrivate le vacanze estive e ho rimandato la ricerca di lavoro a settembre. Non ho atteso neanche un giorno dal mio rientro e ho iniziato ad inviare cv dapprima ad aziende (soprattutto arredo e moda nel territorio toscano), successivamente a studi di architettura (ad oggi il mio elenco di mail inviate supera quota 200 contatti, senza contare gli annunci a cui ho risposto dai motori di ricerca lavoro). Inutile dire che ricevo tante mail di risposta in cui si complimentano per il mio cv, ma non risulto un profilo idoneo all'azienda. Aggiungo che ho 29 anni, sono laureata da più di 12 mesi e attualmente sembra che la legge sia a mio sfavore con le nuove normative per i tirocini e il limite d'età così restrittivo per i contratti di apprendistato.
Ho deciso quindi di iscrivermi ad un corso di specializzazione in visual merchandising presso il Polimoda per specializzarmi ulteriormente e perchè rispetto alle diverse esperienze lavorative che ho fatto il visual merchandiser è quella figura che più mi ha appassionato e in cui rivedo la concretizzazione dei miei studi. Vorrei inviare cv per posizioni in linea con questa specializzazione, ma temo che le mie candidature non vengano considerate rispetto a chi ha più esperienze di me. Lei cosa mi consiglia? Esistono ancora aziende in cui si investe sulla crescita delle persone e si punta sui giovani oppure è una strada inutile?
La ringrazio per la Sua disponibilità,




Mia cara,
c'è una raccomandazione, una sola, che do sempre a chi non si trova bene nella posizione che occupa o a chi vorrebbe tentare nuove vie, ed è di cercare un nuovo lavoro, con calma, stando dove si è.
Non si lascia una occupazione per poi mettersi a cercarne un'altra. E' troppo rischioso ed è questa un'arte che può permettersi solo una pellaccia dura, sicura di sé.
Per gli altri, tutti gli altri e sopratutto per i giovani, vale la regola che ho detto. Prima si cerca e quando si è sicuri d'aver trovato l'alternativa, si cambia.
Lei ora si trova nella situazione poco gradevole d'aver lasciato un'occupazione, bella o brutta che fosse, appassionante o barbosa, ma comunque mediamente sicura, per andare a caccia e trovarsi davanti a porte chiuse.
Se comprendo bene, Lei ha passato un anno o forse meno in questo studio. Sappia che nei curricula i periodi troppo brevi di lavoro non sono mai ben visti perchè dietro ad un periodo breve di occupazione c'è quasi sempre un problema che si è venuto a creare.
E' preferibile sopportare situazioni non eccessivamente motivanti pur di allungare un'occupazione al fine di presentare poi un curriculum in cui si vedano periodi di lavoro più lunghi con lo stesso datore.
Questo permette inoltre di effettuare con calma e serenità una ricerca presentandosi all'ipotetico nuovo datore di lavoro come occupata e non come disoccupata. La differenza è tanta, mi creda.

Le dico anche, e più volte ho scritto nelle mie risposte, che non si devono inviare e.mail con curriculum a destra e a manca o a cani e porci perchè non serve a nulla se non a demotivare chi li scrive nel vedere che tutti si complimentano ma nessuno chiama.
Occorre solo rispondere a precise richieste di figure professionali che rispondano ai criteri che ci si è posti. Poi, potrà andar bene o no, ma almeno non si è sparato nel mucchio.
Tenga presente che sono sempre da preferire le richieste fatte da agenzie di ricerca del personale che si presentano bene.
Se Lei dovesse leggere quotidiani in cui queste appaiono (sono i soliti quotidiani nazionali importanti) saprà presto identificare le Società di ricerca che possono darLe credito. Ottenere un colloquio con queste società è utile perchè il Suo nominativo verrà inserito in archivio e consultato quando si presenterà una posizione adatta a Lei.
Le migliori Società sono ovviamente a Milano e la disponibilità di trasferimento del lavoratore è tra le priorità da accettare.
Le dico tutto questo, anche se Lei non me lo ha espressamente chiesto, perchè forse potrebbe esserLe utile in futuro. Troppo spesso i giovani, per inesperienza, sbagliano totalmente nel “vendersi” offrendosi a caso.

Ed ora eccomi alla Sua richiesta.
Se il visual merchandising l'ha appassionata vuol dire che potrebbe davvero essere la Sua strada. Lei può chiedere innanzitutto al Polimoda se è possibile avere contatti con aziende grazie a loro interessamento. Risponderanno di no, ma tentare non nuoce. Potrebbe anche essere che invece abbiano contatti o magari possano darLe qualche dritta su aziende da tener d'occhio.
Per il resto devo un po' deluderLa. Non invii curricula a caso perchè se un'azienda non cerca significa che non ha necessità.
Segua invece le ricerche di personale per trovare qualcosa che Le si addice e risponda solo a queste. Non tralasci comunque di rispondere ad eventuali ricerche che coprano mansioni da Lei già svolte (projet management; design per interni; progettazione stand ecc...ecc...). Non saranno il massimo ma Le permetterebbero di coprirsi le spalle, ovvero di presentarsi ad altre eventuali ricerche da “occupata”.
Nell'ambito del visual merchandising potrebbe essere possibile un Suo impiego anche nell'ufficio marketing di qualche grossa multinazionale del largo consumo. In questo caso dia sempre un'occhiata anche a ricerche in cui vengono richiesti addetti al marketing, per poi eventualmente capire se nell'ambito del marketing richiesto possano servire la Sua esperienza o i Suoi studi.
Mi chiede: esistono ancora aziende in cui si investe sulla crescita delle persone e si punta sui giovani oppure è una strada inutile?
La risposta è purtroppo scontata. In periodi di boom economico o comunque di crescita e sviluppo del mercato vi è necessità di personale ed i giovani sono ben accetti perchè hanno il pregio di costare meno e messi accanto ad un dipendente esperto possono imparare il lavoro.
Nella situazione di mercato che stiamo vivendo, le aziende pensano a come liberarsi del personale piuttosto che come assumerlo. Il problema è l'assunzione che comporta vincoli e costi che possono davvero mettere in ginocchio un'azienda, così come la quasi impossibilità a licenziare qualcuno che magari non è più idoneo a ciò per cui è stato assunto frena l'eventuale nuova assunzione di personale giovane con idee più innovative.
Le produzioni oggi sono spesso portate all'estero e le ricerche di giovani sono quasi totalmente rivolte a figure commerciali. In altre parole, venditori. Si può mancare di tutto ma per stare a galla occorre vendere.
Il visual merchandising è una branca di lavoro che sta tra il marketing e la vendita pura. E' la tecnica o la scienza che permette di attrarre un consumatore indeciso.
La creatività è d'obbligo; l'esperienza anche, ma lo studio delle varie tecniche lo è ancor di più e vale sopratutto quando manca l'esperienza.
Non deve smettere di sperare ma certamente deve essere cosciente che magari potrà non trovare subito ciò che cerca. Penso sempre che “il mondo è tanto grande che da qualche parte, qualcuno sta pensando a noi”.
Occorre solo essere pronti a vedere l'occasione quando si presenterà senza stancarsi e senza demotivarsi.
Mi rendo conto che per far questo occorre anche avere le spalle coperte (la solita famiglia che aiuta) e non so se questo è il Suo caso. Se però lo fosse potrebbe anche iniziare a fare qualche riflessione sulla possibilità di mettersi in proprio.
Non Le sto dicendo di buttarsi ma solo di pensare se magari non ci siano le prospettive affinchè un domani non sia possibile far qualcosa.
Occorreranno numerose analisi, fatte con calma, sul territorio e sulla possibilità che uno studio di visual merchandising possa campare ma, anche a titolo di “gioco mentale” io lo farei.
In archivio, e per archivio intendo lettere pervenute, vi sono più di una mia risposta che toccano proprio questi temi. Dovrebbero all'incirca avere tutte per tema il “ visual merchandising” oppure “merchandiser”.
Confesso che non ricordo le date ne gli anni ma se Lei si arma sd santa pazienza e clicca nei vari mesi e nei vari anni, prima o poi le troverà.
Magari potranno servirLe.
Mi scriva ancora se vuole e nel frattempo, accetti il mio in bocca al lupo.

martedì 1 novembre 2011

ALTRA LETTERA DI RICHIAMO

M.Q.. (loc. n.c.)

Buongiorno,
lavoro nel settore auto e due anni fa ci siamo trasferiti con tutta la sede in una sede dove abbiamo altri marchi ma purtroppo al momento del trasloco mancavano i furgoni per portare via i ricambi ( premetto sono il responsabile del magazzino) quindi il mio collega ha telefonato chiedendo il da farsi.
A questo punto é intervenuto un consulente esterno che lavora per noi dandomi la colpa del ritardo e in seguito lettera di richiamo.
Ma poi pochi giorni dopo la stessa persona tramite una e.mail senza richiesta di lettura ha indetto una riunione alle 12,45 per spiegare le nuove normative sulla fatturazione.
Tengo a precisare che essendo una azienda con quattro marchi le persone presenti erano tutte quelle che registrano le fatture mentre io le emetto solamente come tutti i miei colleghi magazzinieri e accettatori non convocati,
Io non sono potuto andare e mi sono dimenticato di darne comunicazione (tra l'altro non richiesta) che non potevo essere presente, ma alla fine mi ha mandato una e.mail chiedendomi di motivare la mia assenza in quanto era indirizzata per conoscenza alla proprietà , ma poi mi ha dato la lettera di richiamo dovendo motivare il perchè !!!
Chiedo aiuto!!!


Premessa per i lettori

Da qualche tempo arrivano richieste di chiarimenti relativi a lettere di richiamo. Probabilmente il blog sarà stato evidenziato da qualche parte su questo tema.
Ovviamente la cosa non è voluta.


Mio caro M.,
stai calmo e sereno. Ciò che Ti è accaduto è evidentemente un concatenarsi di situazioni che Ti hanno visto più vittima che autore a cui va aggiunto un Consulente esterno a cui forse non sei troppo simpatico.
Ora cerco di suddividere il tutto in risposte alle singole situazioni, poi verranno i suggerimenti.
Si doveva effettuare un trasloco...senza i furgoni. Poiché Tu sei il responsabile del magazzino dovevi chiedere chiarimenti sul da farsi.
Non l'hai fatto Tu ma dici che l'ha fatto il Tuo collega e mi pare di capire, con questo, che si tratti di qualcuno che lavora con Te e che possa farlo, soprattutto se dietro c'eri Tu a coordinare la cosa.
Ora, un Consulente esterno se incaricato dall'azienda e con le dovute autorizzazioni ad agire liberamente, teoricamente può intervenire per chiedere come mai ci sia stato un ritardo ma, se la risposta che Tu hai dato è stata corretta, semplice e lineare, spiegando esattamente ciò che è avvenuto, non capisco perchè non l'abbia accettata.
Detto questo, andrebbe anche precisato che la lettera di richiamo che Ti è arrivata dovrebbe esserTi stata inviata e firmata non dal Consulente ma dall'azienda. Più espressamente dall'Ufficio del Personale o in mancanza dalla Direzione. Un Consulente esterno non dovrebbe avere il potere per farlo.
Oltre a ciò, esiste un contratto di lavoro che vale per tutti in cui si dice che la lettera scritta di richiamo va fatta solo dopo richiami verbali precedenti a meno che ciò che si vuole contestare non sia di tale elevata pericolosità o mancanza, da creare chissà quali problemi aziendali.
Non è il caso Tuo.
A questo punto diciamo pure che sei poco simpatico al Consulente.
Veniamo al secondo punto.
Lo stesso Consulente, pochi giorni dopo invia una e.mail per indire una riunione al fine di presentare le nuove norme di fatturazione.
Io non so, ma Tu puoi verificare se l'e.mail era indirizzata espressamente alle persone che si riteneva interessate (tra cui il Tuo nome) o se era un invio generalizzato senza nomi scritti.
C'è differenza infatti tra una circolare inviata “a tutti gli interessati” piuttosto che indirizzata a “Sig. Bianchi, Rossi, Verdi, Neri”.
Nel primo caso chi scrive lascia alla valutazione di chi la riceve la responsabilità di valutare se egli rientra tra gli interessati o meno; nel secondo caso le persone ritenute utili sono chiamate per nome e cognome singolarmente.
Nel primo caso si potrebbe anche non dar risposta, anche se correttezza vorrebbe che vengano mandate due righe dicendo che si ritiene di non dover far parte dei convocati; nel secondo è obbligatorio dare risposta sia affermativa che negativa sulla partecipazione alla riunione.
Tu, prima ritenendo di non essere interessato in quanto non sei addetto alla fatturazione ma solo alla movimentazione e successivamente essendoTene dimenticato, non hai dato seguito alla e.mail.
Così, questo Consulente che mi pare abbia la lettera di richiamo facile Ti ha inviato un nuovo richiamo e questa volta con copia conoscenza alla Proprietà.
(Questo rafforza quanto ho detto prima e cioè che le lettere le invia lui al posto degli Uffici interni interessati).

Nuova lettera e nuovo richiamo.
Ora i richiami scritti sono due ed a questo punto devi assolutamente rispondere alla Proprietà spiegando i motivi per cui hai agito come hai fatto.
Scrivi senza farne un dramma ma fallo. Ora Ti dico come agire ma sappi che io rispondo a ciò che Tu mi hai detto, presupponendo che Tu abbia detto il vero. Se così non fosse, è chiaro che i miei suggerimenti non hanno valore e potrebbero addirittura creare maggiori problemi.
Sei quindi Tu che devi valutare se hai detto tutto nel modo giusto.

Altra puntualizzazione: se Tu sei solo Responsabile del magazzino puoi non aver responsabilità sulla mancanza dei furgoni. Se Tu invece come Responsabile magazzino sei anche Responsabile del Traffico, allora...qualche responsabilità della mancanza dei mezzi l'hai. Sapendo che quel giorno si doveva effettuare il trasloco, avresTi dovuto agire affinchè i mezzi fossero disponibili.

Valuta Tu la cosa e se sei solo Responsabile magazzino spiega semplicemente che nel primo caso sei stato accusato a torto di aver ritardato il trasloco quando invece il problema è stata la mancanza dei furgoni; mancanza per la quale Tu hai fatto chiamare per avere disposizioni sul da farsi. E' stata quindi la momentanea mancanza di furgoni che non Ti ha permesso d'essere puntuale al trasferimento.
Chiarisci comunque che non ritieni il Tuo comportamento (anche per l'interessamento circa il da farsi) meritevole di un richiamo scritto, non avendone comunque mai ricevuti verbali, in precedenza.

Venendo al secondo caso, devo puntualizzare ancora ciò che ho detto. Se la circolare era indirizzata a tutti gli interessati, senza nome, puoi dire che Ti si può solo accusare di non aver dato una cortese risposta in quanto, non essendo interessato alle fatturazioni non eri tenuto a partecipare.
Quindi puoi chiedere scusa solo per il gesto non cortese nel non aver risposto
Se invece tra gli indirizzi c'era espressamente il Tuo nome, devi scusarTi per non aver scritto o chiamato per precisare che non saresTi andato in quanto non interessato o perchè non potevi andare. (ma la motivazione dev'essere ben forte).

Tra la disobbedienza e la dimenticanza corre davvero poco. Non penso però che queste possano essere ritenute mancanze gravi. Mi pare invece che ci possa essere una volontà diversa da parte del Consulente o dell'azienda infatti, dopo due richiami scritti, la terza volta puoi esserci il licenziamento.
Chiarisci bene con Te stesso se questa ipotesi può starci o meno.
Infine, come dico sempre, se pensi che ci sia accanimento nei Tuoi riguardi, potrai mettere di mezzo i Sindacati (ma per una persona raramente si scomodano ed oggi sono troppo impegnati ai cortei in piazza) oppure, senza fretta, metterTi a cercare un'azienda...senza strani Consulenti e che sappia valorizzarTi meglio.
In bocca al lupo.

mercoledì 26 ottobre 2011

ANCORA UN RICHIAMO

M.L. (loc. n.c.)

Salve!
oggi ho ricevuto tramite R.R.R. la seguente comunicazione da parte della coop sociale dove lavoro come socia dipendente.
E' stato rilevato che lei il giorno 17/10/11 si presentava alle ore 08 e 16 minuti presso gli uffici amministrativi della Cooperativa dove lei deve svolgere le mansioni previste dal suo incarico.
Le ricordiamo che nelle indicazioni a lei impartite, così come anche indicato nella lettera d'assunzione da Lei sottoscritta, risulta in maniera evidente che l'ora di inizio lavoro presso gli uffici amministrativi della cooperativa,è prevista per ognuno dei cinque giorni della settimana per le ore 08,00.
Essendo questa infrazione essersi ripetuta, negli ultimi mesi, più di una volta ed anche con ritardi a presentarsi in ufficio superiori alla mezz'ora, nel contestarLe quanto sopra, ai sensi e per gli effetti dell'art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, La invitiamo a volere presentare le Sue eventuali osservazioni o giustificazioni entro cinque giorni dal ricevimento della presente.
Dunque... la mattina del 17/10/11 giungevo in ritardo come scritto nella lettera e il direttore amministrativo mi faceva notare (non in modo garbato e civile... ma pazienza!) che ero in ritardo, io ho risposto che mi spiaceva ma i lavori stradali per la realizzazione di una rotonda avevano creato una colonna molto lunga (quella mattina c'era in giro il mondo!!!)...lui subito mi ha risposto che non era un problema suo e che dovevo partire prima...,ho cercato di fare notare che ero partita da casa alle 7.30 per percorrere una strada che mi porta al posto di lavoro in 10 minuti al massimo, e che era stata una cosa inaspettata tutto quel traffico, ma mi ha zittita dicendomi che anche la settimana prima avevo fatto ritardo, ho risposto che sapeva perfettamente che mi recavo al lavoro con la febbre alta e che per non creare problemi ai colleghi mi sono sempre presentata a fare il mio dovere recuperando anche con 45 minuti laddove ritardavo di 15 minuti....subito mi ha detto che quello che stava facendo era un richiamo verbale a cui sarebbe seguito un richiamo scritto.... ho fatto notare che anche altri colleghi arrivavano in ritardo e che a loro non veniva fatto nessun richiamo....anche quella mattina due colleghi hanno avuto rispettivamente 15 e 20 minuti di ritardo. Per i ritardi che mi contesta dei mesi precedenti lui ha sempre saputo che avevo problemi di salute e che mi recavo ugualmente al lavoro per non creare disagi... se poi considero che dal 24 agosto al 26 settembre sono stata assente.....
Io vorrei rispondere nel seguente modo:
Prendo debita considerazione di quanto comunicatomi con raccomandata n. del....e per il futuro mi atterrò alle disposizioni contenute in essa. ma vorrei anche scrivere qualche cosa in merito ai colleghi che hanno fatto e fanno tuttora ritardi se credono di agire come hanno fatto con me....non mi sembra una bella idea....ma quantomeno ridirlo verbalmente....attendo Vostri consigli.
P.s. Sicuramente la prossima volta che non mi sento bene andrò dal medico...
Grazie!


Cara M.L.,
mi par d'aver capito che il Suo Direttore, il giorno 17 Le abbia verbalmente contestato il ritardo dicendoLe che sarebbe seguita la contestazione scritta.
A dire il vero, se precedentemente malgrado i ritardi non Le aveva mai detto nulla, quella del 17 doveva essere la prima contestazione verbale a cui non avrebbe dovuto seguire, per lo stesso motivo, lo scritto.
Prima avvengono le contestazioni verbali e poi, ma per successivi ulteriori divergenze, si passa ad inviare lo scritto. Farlo contemporaneamente non sarebbe corretto. Comunque, facciamo finta che sia giusto così.
E veniamo al problema. Lei ha trovato traffico ed è arrivata in ritardo. La colpa non è Sua ma di altri ecc..ecc..
Se lo accetta, devo dire che la colpa invece è Sua. Purtroppo ognuno di noi può incappare in un improvviso ostacolo, ma per “improvviso” si può intendere un incidente stradale che blocca la strada lasciandoci senza vie d'uscita e senza quindi permetterci di mantenere i nostri impegni.
Lavori in corso per una rotonda, sulla strada che facciamo tutti i giorni, non può essere motivo per non essere puntali e nemmeno per trovarci sprovveduti. Semplicemente sta a noi agire in modo affinchè questo non accada.
Può non crederci ma io in tutta la mia vita professionale non sono mai arrivato tardi al lavoro. Ad un paio di appuntamenti invece, per motivi davvero gravi e non dipendenti da me (incidenti stradali che bloccavano tutto il traffico) non sono arrivato tardi; non ci sono proprio arrivato.
Dev'essere nella nostra capacità il saper valutare le situazioni che possiamo trovare sul nostro cammino. Se io devo trovarmi ad un appuntamento in una città a 200 Km. da casa mia, alle 10.00 del mattino, non penso di partire due ore prima perchè facendo i 100 all'ora, ci arrivo.
Calcolo le ipotesi di traffico che potrei trovare; le eventuali code in autostrada, qualche ingorgo che so possibile in un paio di punti sulla strada e metto anche in conto un qualsiasi disagio personale che possa arrivare inaspettato. Cerco di capire dove posso essere attorno alle 8.00 che è l'ora di ingresso nelle città; orario che sicuramente crea rallentamenti.
Detto questo, faccio i miei calcoli e se penso che sia corretto e tranquillo partire da casa alle 7.30, automaticamente il mio cervello pianifica la partenza alle 7.00 o anche prima.
Preferisco arrivare ad un impegno di lavoro cinque o dieci minuti prima e magari aspettare o andarmi a bere un caffè, piuttosto che arrivare due minuti dopo.
E' più forte di me ma non riesco a fare diversamente. Non sopporto che chi mi aspetta debba aspettarmi. Chi arriva tardi ai miei appuntamenti...pazienza per lui. E' lui che non ci fa una bella figura.
Le ho raccontato questo per farLe comprendere che non devono esserci rotonde che tengano; non devono nemmeno esserci febbri che tengano o malesseri vari.
Se non si sta bene si sta a casa o si chiama un medico ed è la sua giustificazione che ci mette al riparo da equivoci. Il ritardo, mi creda, non va bene anche perchè nessuno può valutare se davvero dietro al ritardo c'è il malessere o la disorganizzazione o lo scarso attaccamento al lavoro.
Ricordo i miei ritardi a scuola o le assenze date dal mal di pancia. Quante palle dicevo! Il fatto che m'arrabbiavo pure se i professori non ci credevano e m'inquietavo sino al punto di credere io stesso che quanto dicevo era vero.
Comunque, poiché Lei deve rispondere al richiamo, penso che ciò che Lei scrive, e precisamente:
“Prendo debita considerazione di quanto comunicatomi con raccomandata n. del....e per il futuro mi atterrò alle disposizioni contenute in essa.” sia la cosa più breve e corretta che si possa fare.
Non aggiunga altro sui ritardi dei colleghi perchè far polemica non serve e può solo metterLa in cattiva luce. Se il Suo Capo vuole, i ritardi sa vederli anche lui. Non possiamo ne io ne Lei entrare nel merito del motivo per cui ad altri non fa contestazioni (magari le ha anche fatte e Lei non lo sa).
Se Lei accennasse anche verbalmente alla cosa (volendo fattibile) potrebbe sentirsi rispondere che non sono problemi Suoi.
D'ora in poi quindi, sperando che la rotonda venga presto conclusa, parta prima e metta in preventivo tutti gli eventuali ingorghi che può trovare. Faccia vedere che sa arrivare anche in anticipo e che quanto è accaduto è stato davvero un caso.
Se poi dietro ai ritardi, anche per cause di salute, c'è una certa insofferenza verso il lavoro che fa o verso l'ambiente, non stia a perdere tempo. Io suggerisco sempre di trovare un altro lavoro perchè non c'è mai nulla di peggio che rimanere in una posizione o in una mansione che non sia motivante.
Buon proseguimento.

giovedì 20 ottobre 2011

LETTERA DI RICHIAMO

A.O. (loc. n.c.)

Buona sera,
Mi chiamo A., sono responsabile di un reparto (ricambi) in un'azienda metalmeccanica abbastanza in crisi (a breve taglierà una trentina di dipendenti su 130...).
Piccola premessa, lavoro ogni giorno dalle 6,30 alle 18,30 e oltre, gli straordinari non me li pagano perché impiegato 7° liv, coordino 8 persone, ma non mi vergogno ad indossare i guanti e fare l'operaio. Risultati sul lavoro ne porto.
Ieri sono stato visto dall'RSPP senza scarpe antinfortunistiche in magazzino e senza ammonimenti verbali oggi mi è stata data la lettera di richiamo.
Sebbene io sia dalla parte del torto, ho delle domande:
- non ho mai ricevuto ammonimenti verbali simili, è corretto dare subito un richiamo scritto?
- quali sanzioni può causare la mia "violazione"?
- Posso rispondere dicendo che l'errore è semplicemente dovuto alla situazione di emergenza e alla mia voglia di fare (praticamente una distrazione, non ho mai ricevuto richiami verbali)? Oppure, vista la colpa, evito di rispondere?
Penso faccia parte di una strategia per indurmi ad andarmene, vorrei comunque provare a limitare i danni.
Vi ringrazio per un Vostro eventuale interessamento.


Egregio A.,
forse la Tua ultima intuizione, vista la situazione aziendale, non è da escludere. Potrebbe essere un tentativo. Ma il licenziamento avviene solo al terzo richiamo scritto.
Veniamo alla faccenda: essendo al 7° livello effettivamente non hai straordinari. La Tua azione di guida può portarTi girare nei vari reparti e magazzini e hai due possibilità: metterTi le scarpe antinfortunistiche sempre quando inizi il lavoro, indipendentemente da ciò che poi farai oppure ricordartene ogni volta e continuare a mettere e togliere.
Sulla sicurezza si parla poco ma ogni giorno vediamo incidenti sul lavoro. I costi che ne derivano per le aziende, lo Stato e per il lavoratore non sono da sottovalutare e se poi pensiamo che le conseguenze possono davvero rovinare la vita ad una persona, non si può dar torto a che le regole siano osservate. Tieni pure presente, ma lo saprai, che l'Amministratore dell'azienda (o il Direttore del Personale) può andare in carcere per un incidente al lavoratore.
Tu sei il primo a sapere d'aver sbagliato ma non per questo le cose devono essere taciute.
Sappi che prima di un richiamo scritto devono esservi richiami verbali e il richiamo scritto deve fare riferimento ai precedenti richiami verbali a cui il lavoratore non ha dato seguito.
Forse chi ha scritto ha inteso solo richiamarTi in via precauzionale e per dare ufficialità e credibilità alla cosa ha pensato di farlo in questo modo, magari in buonafede.
Può darsi che, dato il materiale che lavorate (ma che non conosco) la gravità o il pericolo del Tuo gesto sia tale da rendere inutile il richiamo verbale, ma non credo sia così.
Operi in una azienda metalmeccanica e quindi, senz'altro, fortemente sindacalizzata. Ogni lavoratore dovrebbe avere copia del contratto generale di lavoro e su questo è ben specificato il paragrafo “ richiami verbali o scritti”.
Dagli una scorsa veloce o, se nessuno ne ha copia, chiedilo semplicemente all'ufficio personale, così capiranno perchè lo chiedi.
Personalmente non parlerei di distrazione ma di situazione di emergenza che, se si fosse protratta, Ti avrebbe senza alcun problema portato ad indossare le scarpe. Un lavoratore distratto è pericoloso; un lavoratore cosciente di ciò che fa può sbagliare ma è...cosciente di farlo e può quindi non ripetere l'errore.
Tacere, è davvero come dar ragione ed ammettere la Tua colpa. Spiegare le cose, con poche semplici parole, non elimina la colpa ma chiarisce le motivazioni perchè coscientemente hai fatto ciò che hai fatto.
Ad un richiamo scritto si deve rispondere con un altro scritto (raccomandata a mano da consegnare e, presumibilmente da far firmare per ricevuta). Al di là di ciò che scriverai, con molto tatto, verbalmente, puoi comunque dire che, se i risultati di fare più del dovuto al fine di aiutare l'azienda, sono questi, d'ora in poi Ti limiterai al Tuo lavoro ed alle Tue responsabilità senza prendere il posto di altri.
Tutto qua.
Non farTi problemi per quella lettera a meno che, ma questo lo sai solo Tu, non ci siano già stati precedenti di battibecchi per altri motivi e la lettera ricevuta non sia quindi un passo successivo ad una situazione passata. Passo comunque sbagliato perchè non si parte da un richiamo scritto senza precedenti verbali.
In bocca al lupo.

lunedì 17 ottobre 2011

NON CREDUTO E RICHIAMATO

L.I. ( loc. n.c.)

Salve,
sono un agente di commercio che obbligato dalla Sua azienda a svolgere diverse mansioni, in primis quella di merchandiser (non retribuito per questa ulteriore mansione),ha ricevuto una lettera di richiamo.
Motivazione: Un responsabile di un punto vendita ha contattato telefonicamente l'azienda per avvisare che mi rifiutavo di mettere degli antifurti sui prodotti.
Alle accuse mosse ho giustificato telefonicamente dicendo che in realtà le cose non erano così.
Purtroppo la merce non è stata antifurtata dall'azienda e il Direttore pretendeva che io la rispedissi al mittente.
Io ho fatto come il Direttore chiedeva ma poi mi sono visto recapitare la lettera.
Lavoro per questa azienda da diversi anni ed è la prima volta che mi capita una situazione del genere.
Probabilmente non sarò stato particolarmente simpatico al Direttore.
Ma è possibile essere richiamati sulla base di opinioni altrui e non tenere in considerazione quello che un collaboratore integerrimo da anni comunica?
Grazie




Egregio L. I.,
avevamo chiesto via e.mail alcune delucidazioni per poterLe dare un parere forse più corretto ma non avendo avuto risposta rispondiamo a quanto ci chiede.
Mi pare di capire che Lei sia un Agente monomandatario e come tale, con un contratto che prevede la disponibilità ad agire secondo i dettami dell'azienda che rappresenta. Tra questi, anche quello di svolgere la mansione di merchandiser (controllo dei prodotti offerti al pubblico, esposizione della merce se richiesta dal negoziante, controllo di presenza della merce sullo scaffale; gestione delle promozioni o evidenziazione prodotti ecc..ecc..)
Queste mansioni possono non essere retribuite extra se gli accordi aziendali non lo hanno previsto quando si è stati assunti. In altri casi, ma dipende dalle aziende, viene dato un corrispettivo per il tempo usato. Dipende dalla sensibilità e dalla disponibilità delle aziende stesse che, notoriamente non sono mai larghe di manica.
Si può arrivare a farsi pagare queste mansioni definibili extra attraverso una trattativa sindacale interna ma per far questo occorre che vi sia un apparato che lo permetta. Devo dirLe che nell'ambito degli Agenti plurimandato ciò è impossibile mentre potrebbe esserlo nel settore degli Agenti monomandato perchè alcune volte il lavoro dell'Agente monomandatario è stato equiparato a quello di un venditore dipendente. Infatti svolgendo questo compito per una sola azienda si è tenuti a seguire ogni regola e richiesta dell'azienda, esattamente come un impiegato diretto.
Ma, come sempre, per mettersi a disquisire con l'azienda su queste richieste, occorre che vi sia un forte gruppo di agenti “dipendenti” tutti d'accordo. Cosa quasi impossibile.
Detto questo, mi par di capire che Lei si sia trovato in un punto vendita ed abbia visto, o il Responsabile Le abbia detto, che alcuni prodotti non avevano l'etichetta anti taccheggio.
Non si capisce dal Suo scritto, cosa sia poi accaduto. Pare che il responsabile del punto vendita abbia telefonato alla Sua azienda dicendo che Lei non voleva fare il lavoro di etichettatura e Lei, successivamente o in quel preciso momento ha invece detto telefonicamente al Suo Capo che non era così.
Non mi dice però come stavano effettivamente le cose ed io devo solo immaginare anche se faccio un po' fatica.
Posso sbagliarmi ma mi pare di capire che il Suo Direttore avendo creduto che Lei non volesse fare il lavoro Le abbia detto di far rispedire indietro la merce. Ma Lei non aveva spiegato telefonicamente come stavano le cose? Oppure aveva solo detto come stavano le cose senza dirsi disponibile ad etichettarle?
Credo che il problema stia tutto qui.
Se Lei non si è detto disponibile a fare il lavoro ha portato il Direttore a dirLe di rispedire il tutto.
A questo punto, è vero che Lei ha fatto ciò che il Direttore chiedeva ma costui preferibilmente avrebbe voluto sentirsi dire che Lei sarebbe stato disponibile a fare il lavoro nel punto vendita piuttosto che far tornare la merce. Non crede?
Quindi, la lettera di richiamo, se le cose sono andate in questo modo, è evidente che va intesa per ciò che non ha fatto pur se ha obbedito al Direttore.
Sarebbe un po' strano che il Direttore scriva un richiamo per aver obbedito ad una sua richiesta.
Forse Lei non è simpatico al Direttore, come scrive Lei stesso, ma forse il fatto va visto a sé, senza pensare a legami di simpatia/antipatia.
Concordo con Lei che non occorrerebbe essere richiamati sulla base di ciò che dice un cliente senza aver sentito bene il proprio collaboratore e questo mi meraviglia.
Solitamente avviene l'opposto. Il cliente ha sempre ragione (quando lo si ha davanti) ma tra azienda e venditori le cose sono diverse e, al di là di ciò che dice un cliente, quando un venditore vale e lo si ritiene un elemento utile, lo si ascolta e gli si dà credito.
I richiami danno sempre fastidio, è ovvio, per cui mi chiedo se non ci siano stati precedenti, anche piccoli che sommati, abbiano portato al fatto accaduto.
Ora sta a Lei. Se ritiene che la cosa Le dia fastidio o se pensa che il Direttore ce l'abbia con Lei, poiché difficilmente potrà mandar via lui, potrebbe pensare, con calma, di essere Lei a salutare l'azienda che non si comporta bene nei Suoi riguardi.
Non sottovaluti questa ipotesi. A meno che il Direttore non sia impazzito (ma anche se fosse non potrebbe cambiarlo) l'inviare una lettera di richiamo vuol dire che qualcosa che non va, c'è nel Vostro rapporto.
Quando si rompono gli equilibri è inutile chiedere di chi è la colpa. Per Lei è del Direttore e per lui è Sua. Quindi, va preso atto di un rapporto che si è o si sta incrinando e si agisce di conseguenza.
Spero d'aver capito bene il Suo scritto e la mia risposta è subordinata a ciò che ho compreso. Se ho sbagliato tutto, me ne scuso.
Cordiali saluti.

giovedì 6 ottobre 2011

SAPER TRATTARE COI CLIENTI

D.T. (loc. n.c.)

Buongiorno,
molto brevemente: la mia ragazza da qualche anno ha un centro estetico, fino allo scorso anno molto funzionante. Purtroppo, probabilmente colpa del periodo storto e di qualche suo piccolo problema personale, ha cominciato a perdere clienti e di conseguenza ad avere problemi economici l'affitto e le altre spese sono alte, e i profitti non bastano a coprire tutto. Vorrebbe vendere, ma non è semplice trovare un acquirente. Lei si lamenta quotidianamente, e sostiene che invece gli altri centri estetici lavorano molto. E' molto brava nel suo lavoro, però probabilmente le manca la capacità promozionale, di marketing.
io cerco di aiutarla.. ma come posso fare? che consigli le posso dare?
grazie


Se nella Sua zona i centri estetici lavorano molto non dovrebbe essere difficile trovare un acquirente. Probabilmente, se non un outsider potrebbe esserne interessato qualcuno che già gestisce un centro e che magari sta pensando di allargare il proprio giro.
Dovrebbe quindi far circolare la voce, senza ovviamente dire che si sono presentate difficoltà. Sarà sufficiente dire che per motivi personali e familiari l'attività dovrà essere ceduta.
Detto questo, caro D., occorre dire che se fino allo scorso anno il centro era “molto funzionante” e poi, per qualche piccolo problema personale della Sua fidanzata, le cose sono cambiate totalmente significa che vi è una responsabilità diretta a cui è ben difficile porre rimedio se non c'è la volontà per cambiar le cose.
Non so, ovviamente, quali siano stati questi problemi ma è sufficiente (come accade) che siano stati rimandati appuntamenti con le clienti già in attesa o annullati all'ultimo momento per indispettire le clienti.
Tardare ad arrivare, pur se per altri nobili motivi familiari, od aprire il centro con ritardo non è ciò si può definire un buon servizio o buona volontà nei rapporti coi clienti.
Essere, ad esempio ed è un'altra ipotesi, al lavoro ed avere la testa altrove non permette di gestire con serenità e tatto il rapporto interpersonale. Avere il broncio e non dimostrarsi disponibili non aiuta molto.
Il cliente, anche se finge di non vedere, capisce ed intuisce tutto questo. Se ne fa una ragione e prende le opportune decisioni che possono arrivare a cambiare Centro.
Mi scrive che la Sua fidanzata è molto brava nel suo lavoro ma forse manca in capacità nel gestire i rapporti.
Ripeto: c'è qualcosa che non va in questa valutazione. Se prima tutto andava bene vuol dire che sapeva gestire pure i rapporti quindi dovrebbe essere altrettanto ed ancor più brava oggi, a rimediare a questa situazione nel momento che si è accorta che le cose non vanno più come prima.
Capire che le cose sono cambiate è sufficiente per cambiare e tornare a come le cose erano prima.
Basta una serena riflessione ed una presa di coscienza su ciò che faceva e che poi non ha più fatto.
Tutto qui. Nel momento in cui mi rendo conto che prima le cose andavano bene perchè mi comportavo in un determinato modo sono nella condizione di capire come devo tornare ad agire.
Se non ce la faccio vuol dire che il cambiamento avvenuto nel comportamento è tale da precludere ogni proseguimento.
Spero che così non sia. Faccia capire che i comportamenti di oggi portano ad i risultati attuali.
Poi l'aiuti a riflettere, a ricordare i comportamenti precedenti e leghi questi comportamenti ai successi che producevano.
Potrei darLe consigli di marketing o consigli promozionali per sostenere l'attività ma, mi creda, non servirebbero a nulla se non c'è la volontà della Sua fidanzata a cambiare, tornando al precedente rapporto che aveva con le clienti.
E se invece torna ad esserci la volontà....i miei consigli sarebbero inutili, o meglio, glieli ho già fin qui dati.
Le faccia capire che, se davvero è brava e ciò che fa le piace, la soluzione la può trovare solo in lei e non nei consigli di marketing che posso darLe io.
I consigli per situazioni promozionali possono cambiare un andamento quando questo non dipende dalla persona.
Se il problema nasce dalla Sua fidanzata, va aiutata Lei, non il mercato.
Poi, se proprio vuole, per riacchiappare qualche cliente perso deve tentare di riprenderselo magari inviando al suo indirizzo un buono omaggio per una seduta gratuita o, nei casi più importanti, per più vantaggi.
Lavorare gratis per riprendersi un cliente, è meglio che non averlo più.
Quando però il cliente dovesse tornare deve vedere una persona sorridente, allegra, disponibile, esattamente ciò che devono assolutamente vedere quei clienti che sono rimasti.
Se avesse bisogno, mi riscriva.

martedì 4 ottobre 2011

DOPPIO PERIODO DI PROVA

E. P. (loc. n.c.)

Buongiorno,
ho trovato il suo indirizzo email su internet, navigando alla ricerca di informazioni relative alle conseguenze delle vertenze sindacali. Non so se lei effettua qualche tipo di consulenza online, ma io provo lo stesso e le racconto cosa mi è successo ultimamente, sperando che lei possa darmi qualche consiglio!
Ho firmato un contratto a marzo con il quale venivo assunta ad un secondo livello del commercio e con una retribuzione lorda di circa 2000 euro.
Il 1 giugno, il giorno prima che scadesse il mio periodo di prova (60 gg lavorativi), l'amministratore mi ha detto che si era pentito di aver fissato uno stipendio così alto per una posizione del genere e ha aggiunto che questo campo (petrolio) era talmente particolare che io avevo bisogno di ampliare le mie conoscenze. Per questo ha detto che voleva fare ancora 3 mesi di prova e vedere come andava.
Mi ha così proposto lo stesso contratto della volta precedente, ma abbassandomi il livello al terzo del commercio e riducendo la retribuzione lorda mensile a 1600 euro. Mi ha detto che se mi andava bene mi avrebbe riassunto il 3, visto che il 2 giugno era festa, altrimenti mi sarei potuta considerare licenziata. non avendo altre possibilità di scelta, mi sono trovata costretta a firmare il foglio in cui lui sosteneva che non avevo superato la prova di 60 gg e ho firmato il nuovo contratto.
Nei 3 mesi successivi (da giugno a settembre) è andato tutto bene e mi ha anche fatto capire in maniera chiara che passato il periodo di prova sarebbe scattato il contratto a tempo indeterminato. invece lo stesso giorno in cui i 60 gg scadevano, mi ha chiamato dicendo che non poteva confermarlo perché doveva fare un taglio delle spese e che dal giorno dopo dovevo considerarmi licenziata!
Secondo lei, fare due due periodi di prova di seguito è legale? Se io mi rivolgessi ai sindacati, cosa potrei ottenere? (considerando che mai e poi mai vorrei tornare a lavorare per quella persona che, senza dubbio, cercherebbe di rendermi la vita un inferno e ci riuscirebbe anche bene dal momento che io lì ero la sua unica dipendente). e portare avanti una vertenza sindacale potrebbe poi crearmi problemi nella ricerca di un nuovo lavoro?
La ringrazio infinitamente per i consigli che potrà darmi.


Gentile E.,
non è molto logico il comportamento del Suo datore di lavoro a tal punto che, obiettivamente è meglio girarci alla larga perchè davvero non potrebbe avere alcuna sicurezza futura pur se Le facesse un contratto a tempo indeterminato.
Ora mi immedesimo in Lei (poi mi metterò nei panni del Suo datore). Trovarsi assunta in prova a 2000 euro per un lavoro nuovo e, mi par di capire, senza esperienza è forse davvero un po' troppo al giorno d'oggi.
Lei ha fatto bene ad accettare ma certo questo dimostra che il Suo Capo non aveva idee chiare.
Ha fatto pure bene ad accettare un ridimensionamento pur di mantenere l'occupazione ma facendo questo ha anche acconsentito la chiusura del periodo di prova precedente.
Di fatto, firmando per il secondo periodo di prova Lei ha accettato che le cose andassero in questo modo. Solitamente le aziende, in questi casi, lasciano passare qualche tempo prima di riassumere in prova la stessa persona e la prassi è abbastanza diffusa. In questo caso però, poiché le condizioni sono variate rispetto al primo contratto, si viene a determinare un accordo nuovo e l'aver ripreso subito il lavoro può essere logico.
Ci sta pure che alla fine del secondo trimestre il datore si sia accorto che la spesa non valesse il risultato, tanto da decidere di interrompere l'esperimento.
Può darsi davvero che si sia trovato in situazioni difficili e forse l'averLe promesso quelle cifre nascondeva proprio la necessità di verificare se mai fosse stato possibile uscire da una situazione non bellissima magari portando a casa fatturati extra che poi non sono venuti.
Non so però sino a che punto sia stato sincero dicendo che dovendo fare dei tagli avrebbe dovuto rinunciare alla sola persona (mi pare sia così) che possa portare fatturati. I tagli si fanno sempre su ciò che porta costi e non su chi porta ordini.
Ed ora mi metto nei panni del Suo datore.
Evidentemente si è accorto, dopo averlo fatto, d'aver concesso uno stipendio troppo alto per un periodo di prova. E può pure essere che si sia accorto che Lei effettivamente mancasse d'esperienza tanto da fargli dire che Lei avrebbe dovuto ancora ampliare le Sue conoscenze.
Da qui l'ulteriore tentativo a costi più contenuti. E i risultati? Possono essere venuti ma forse non in modo sufficiente per coprire le spese. Ed ecco allora che il Capo La chiama e, avendoLe nei giorni precedenti fatto capire che tutto andava bene, non sapendo come venirne fuori Le dice che deve ridurre i costi.
Il contratto di prova lo permette e lui ...La saluta.
Che fare? Lei stessa dice che non tornerebbe mai quindi a che scopo rivolgersi ad un sindacato?
Il sindacato potrebbe tuttalpiù interessarsi per farla reintegrare ma le guerre per una persona si fanno solo a parole, mi creda.
Sono sempre stato dell'idea che le guerre non servano proprio, soprattutto al dipendente che deve poi cercarsi un altro lavoro nell'area dove risiede e dove risiede anche l'azienda.
Avere due periodi di prova sul curriculum può essere giustificato da Lei come un test che l'azienda voleva effettuare sul mercato e che Lei aveva accettato di portare avanti ben sapendo che si sarebbe poi chiuso. Avere una lite sindacale in corso annulla ovviamente la possibilità di vendere la Sua esperienza come sopra scritto (se vuole).
Magari non lo verrà a sapere nessuno ma se per qualche motivo il Suo ex Capo conoscesse qualcuno della nuova azienda in cui Lei potrebbe andare a lavorare, pensa che non vada a dire che Lei è una piantagrane?
O se la nuova azienda dovesse chiedere informazioni al Suo ex datore ?
Meglio sempre lasciarsi in buoni rapporti, assolutamente, a tal punto che Lei potrebbe chiedere al Suo ex datore di aiutarLa , in futuro, semmai qualcuno chiedesse informazioni.
Meglio così, mi creda. Agisca sempre con tatto pensando a ciò che può essere meglio per Lei e non a ciò che può essere peggio per altri.
In bocca al lupo.

domenica 2 ottobre 2011

PROBLEMI DI CASSA

lettera non firmata

Lavoro come cassiera in un supermercato da 7 anni.
I primi tempi sono stati difficili e ho ricevuto una lettera di richiamo per differenze di cassa di 100 euro e una volta di 50.
Circa 6 mesi fa ho ricevuto una lettera di biasimo per circa 30 euro (somma di 10 e 20 euro). Oggi mi sono mancate 50 euro. mi dicono che probabilmente ci sara’ una sospensione seguita da un possibile licenziamento se ciò riaccadesse.
Ma lavorare 7 ore in cassa consecutive senza mai sbagliare è possibile? Forse ho dei problemi io?
Tutto ciò mi sembra assurdo...


Mia cara,
nel mese di Luglio o Agosto, ora non ricordo, avevo risposto ad una lettera che è molto simile alla Tua e che chiedeva le stesse cose.
Puoi andare in archivio e la troverai senz'altro. Ciò che ho risposto in precedenza vale anche per Te.
Rispondo solo all'ultima parte della Tua lettera perchè mi poni o Ti poni una domanda (forse fai una riflessione) sul fatto che lavorare 7 ore ad una cassa senza sbagliare sia impossibile.
Capisci da sola che stai cercando una scusante per giustificare il Tuo operato ma la risposta è ovvia e la sai: è possibile lavorare senza sbagliare e lo fa la stragrande maggioranza delle cassiere. GuardaTi attorno anche dove lavori Tu e vedrai che probabilmente le Tue colleghe lavorano senza sbagliare.
Credo che un errore possa davvero capitare a tutti. Certo è che ad una cassiera è richiesta ovviamente la massima attenzione per la delicatezza del compito.
Ricordo un esempio che ho fatto nella risposta precedente: mentre da un ingegnere non ci si aspetta che sbagli un calcolo, ma proprio nemmeno uno, perchè da quell'errore potrebbe cadere una casa appena costruita, da una cassiera ci si aspetta che non sbagli a dare il resto. Viene scelta per quella mansione proprio perchè si pensa sia più brava di altre. Se non lo è, perchè tenerla in quella posizione?
Hai problemi Tu? Può darsi. Non conosco la Tua età ma posso intuire o pensare che forse sei figlia di quegli anni di scuola in cui occorreva promuovere per quieto vivere e perchè, tanto, se uno non studia a scuola, ci penserà la vita a farglielo capire.
Molto spesso quando mi reco in un supermercato vedo le cassiere che, mentre fanno passare i prodotti sullo scanner o (davvero) danno il resto, parlano liberamente con la collega della cassa dietro, con una abilità incredibile perchè non è facile parlare sottovoce guardando da un'altra parte. E molto spesso riflettendo, dico “nemmeno in questi momenti riescono a non parlare....”
Non sarà il Tuo caso, per carità, ma lo dico perchè è visibile un certo lassismo nel modo di fare anche delle cassiere; cosa che un tempo non c'era.
La cassiera era come una statua di cera, attenta, fissa, controllata. Ed andava in pensione dopo quarant'anni di onorato servizio, senza aver mai perso una lira e lavorando ben più di 7 ore al giorno.
Venendo a Te: la sospensione Te la daranno per forza, non possono non farlo perchè è la giustificazione futura ad un eventuale licenziamento.
Mi rendo conto che d'ora in poi per Te, lavorare potrebbe divenire un incubo perchè non c'è come aver paura che qualcosa vada storto per farcelo andare davvero. Devi non pensarci e metterci tutta l'attenzione possibile altrimenti non Ti resta che chiedere di spostarTi ad altro compito adducendo al fatto che con la pura di sbagliare ancora, non riesci a lavorare serenamente.
Ti auguro comunque di cuore tutto il bene possibile.

p.s. Ma sulla Tua cassa non appare il resto che devi dare?

lunedì 19 settembre 2011

CEDERE ATTIVITA'

lettera firmata

Buonasera, ho da un anno aperto un negozio piccolo di erboristeria circa 30 mq dove si vendono prodotti confezionati, buone marche, cortesia, competenza, in zona dove non ce ne sono altre con un buon bacino di utenza. Purtroppo non c'è stato il riscontro sperato, e faccio fatica ad arrivare a fine mese.
Ho deciso di metterla in vendita, sapendo che con una situazione così poco brillante sarà molto dura. Volevo sapere che possibilità ho e a chi devo rivolgermi, vorrei fare tutto con una certa discrezione, visto che è sita in una città di provincia.
Grazie per la cortese attenzione.

Cara amica,
è facile mettersi nei guai, vero? Il fatto è che troppo spesso si agisce con poche o nulle conoscenze, badando solo alle proprie sensazioni, con la falsa certezza che sia possibile far piacere al mercato ciò che piace a noi.
Leggendo la Tua breve lettera è facile capire come sono andate le cose; come cioè noi si sia sempre pronti a dare credito a ciò che pensiamo, come assolutamente giusto.
Tu scrivi: “ho aperto un negozio in zona dove non ce ne sono altri e con un buon bacino d'utenza.”
Troppo poco come analisi di marketing per aprire un negozio. (A dire il vero mi sembra la classica espressione gergale usata nella ricerca di una motivazione).
Non mi pare proprio che Tu abbia aperto il negozio in una zona in cui vi sia un buon bacino d'utenza, tant'è che subito dopo aggiungi: “Non c'è stato il riscontro sperato e faccio fatica ad arrivare a fine mese.”
Capisci da Te che se ci fosse stato un buon bacino d'utenza le cose sarebbero andate diversamente. Evidentemente non c'era.
Queste cose capitano spesso a chi, appassionato o interessato ad una specifica materia o, nel Tuo caso, ad un settore particolare, crede che perchè una cosa interessi o piaccia a lui, debba interessare o piacere agli
altri.
Così, ci si lancia in avventure azzardate senza una analisi di base che supporti l'iniziativa.
Vendere buone marche con cortesia e competenza non è sufficiente. Occorre che esista un bisogno da soddisfare. Questa è la prima regola a cui spesso non si pensa. E forse in quella zona e per quei residenti, il bisogno di una erboristeria, non c'è.
Se qualcosa piace a noi, ce ne innamoriamo a tal punto che “decidiamo” debba piacere anche agli altri e quando ci accorgiamo che così non è, non ne capiamo il motivo.
Può darsi che nella Tua cittadina di provincia si viva così bene che nessuno sente la necessità di rivolgersi all'erborista o può pure essere che in quella zona dove Tu hai aperto non ci fossero erboristerie perchè da qualche analisi più approfondita, altri si erano accorti che non sarebbe stata una buona idea aprirle.
Ed ora che fare?
Puoi metterla in vendita ma non si vende un'attività “con discrezione”. Se la voce deve circolare qualcuno deve pur saperlo.
Puoi affidarTi ad una agenzia di intermediazione che operi anche su altre cittadine del circondario nella speranza che qualcuno da fuori....abbocchi.
Stai certa che nella città in cui vivi sanno già che la Tua attività va poco e le speranze di liberarTi del negozio saranno scarse.
Tieni poi presente che un minimo di informazioni dovrai pur darLe e, se chi dovesse essere interessato non è proprio scemo, vorrà ben vedere i risultati delle vendite.
Basterà vedere gli acquisti di merce, le giacenze, le uscite, gli incassi e le spese fisse per capire subito come stanno le cose.
Alla fine, comunque, tutto starà nelle Tue pretese. Più la situazione è cattiva e meno valore avrà l'attività. Più avrai voglia di liberarTi dall'impegno e meno dovrai chiedere. Ti converrà dire che devi vendere per impegni improvvisi di famiglia; in ogni caso devi per forza dirlo in giro.

Fino ad ora ho risposto ipotizzando che l'errore sia stato nel valutare buona un'idea o una zona che non lo era. Adesso devo però anche farTi riflettere con una domanda che dovrai fare a Te stessa.
Sei certa che Tu stai usando, come dici, cortesia e competenza? Certamente sarà così. Ma se non lo fosse? Se magari il guaio fosse proprio lì?
Mi piacerebbe chiederTi come stai a capitali perchè potrebbe essere che con una buona iniezione di creatività, promozioni, pubblicità e danari, si possa far decollare quest'attività stagnante.
Come operano i Tuoi concorrenti? Lavorano? Gli affari vanno bene? Ed ancora (tanto per farTi riflettere) Tu sai fare gli acquisti? Sai ordinare le giuste quantità o sei facilmente convincibile da parte di venditori che mirano a svuotare le loro aziende per riempire i Tuoi magazzini? Sai approfittare, nel giusto modo, di azioni promozionali o, non volendo acquistare, rifiuti merce che poi, a prezzi ridotti arriva ai Tuoi concorrenti mettendo loro in vantaggio d'offerta ed apparendo Tu, agli occhi del cliente, non in linea col mercato?
Quante riflessioni e quante possibili cause possono esserci!
Sto pensando che potresTi tentare la strada di affiliazione a qualche gruppo erboristico che abbia negozi.
Potrei anche suggerirTi di cercare di “vendere” spazi di negozio (o di scansia) a qualche fornitore. Sarebbe sufficiente che Tu riuscissi a convincere un fornitore per settore, senza quindi doppioni, ad acquistare uno spazio che rimarrebbe solo a sua completa disposizione e che lui gestirebbe sia decidendo quale merce esporre, quale reclamizzare, quale movimentazione dare ed anche i prezzi di vendita o la politica promozionale. In pratica, Tu garantiresti la gestione e lui la politica che più gli aggradirebbe.
Puoi iniziare a parlarne con i due fornitori che ritieni più importanti e via via, se le risposte non dovessero essere positive, con gli altri. Agirei così perchè magari potrebbe capitarTi che quei due siano interessati ad avere più spazio di una semplice parte di scaffale. Che ne dici?
Se non trovi altre soluzioni per proseguire, ripeto: cerca di vendere, attraverso qualche agenzia e facendo circolare Tu stessa la voce cercando, alla fine, di rientrare almeno degli investimenti fatti. Sarebbe già un successo. Stando zitta, purtroppo, non farai nulla.
In bocca al lupo

giovedì 15 settembre 2011

ITALIA - ROMANIA

V.D. Romania

Egregio Dottore ,
Sono una cittadina rumena di professione ingegnere. Su un sito ho trovato una ditta italiana che vuole entrare con i suoi prodotti ( prodotti industriali -sistemi di tenuta )sul mercato rumeno. Io devo promuovere questi prodotti e trovare dei clienti.
Per iniziare , La prego di dirmi , come posso regolare questo tipo di rapporto? Quale e il tipo di contratto da stipulare ? Preferirei pagare in Romania le tasse per la salute e la pensione e in Italia soltanto l'imposta sul reddito ( risultato dalle provvigioni pagate dalla ditta italiana ).
Ho lavorato in Italia come dipendente domestico e possiedo codice fiscale e carta d'identità italiana, ma ho perso la residenza fisica e anche quella fiscale ( sono stata in Italia meno di 5 anni e sono ritornata più di 2 anni , nel aprile 2009).
Se e possibile , La prego di indicare passo-a-passo cosa dovrei fare.
In attesa della sua risposta porgo distinti saluti!



Caro ingegnere,
Lei ci sta chiedendo cose davvero un po' difficili da dirLe perchè i rapporti di lavoro che coinvolgono aziende in uno Stato e lo sviluppo del lavoro in un altro, sono sempre piuttosto complessi e delicati.
Lei vorrebbe pagare in Italia le tasse ed in Romania le trattenute per la pensione e malattia. Non so davvero se sia possibile, anche se lo credo. Ma non posso garantirlo e non lo faccio.
A volte le aziende che vorrebbero operare all'estero, aprono una agenzia in quel Paese e la persona assunta ha un contratto di lavoro con l'agenzia del proprio Paese.
Diciamo che questa è la strada più tranquilla per chi dovrà occuparsi delle vendite. Se l'azienda italiana ha sede solo in Italia e Lei opera in Romania, deve sperare di non avere mai nessuna controversia perchè essendo la sede in Italia, Lei dovrebbe discutere sempre in Italia, con le difficoltà che ciò comporta.
A volte le aziende, se sono poco serie, dopo aver sviluppato un buon lavoro, chiudono i rapporti col collaboratore sapendo che questi non verrà mai a intentare causa in Italia. (Speriamo però non sia mai il Suo caso).
Ma veniamo al contratto.
Si tratterebbe di un contratto d'agenzia ma essendo Lei residente fuori dallo Stato, presumibilmente si deve parlare di contratto di collaborazione “libera” o di consulenza di vendita.
In altre parole, l'azienda Le consegnerebbe una lettera di “procacciatore d'affari” in cui Le verrebbe detto che Lei offrirà e proporrà i prodotti dell'azienda ai clienti Rumeni, alle condizioni dette dall'azienda. Il Suo compito quindi sarà quello di procacciare ordini.
Sulle trattenute da fare e chi debba farle, non so risponderLe perchè se Lei fosse un Agente con un contratto italiano, le trattenute potrebbero essere fatte dal datore di lavoro in Italia ma se il contratto è di procacciatore o consulente commerciale per la Romania, Lei di fatto sarebbe un libero professionista e come tale, dovrebbe essere Lei a versare le tasse in Romania.
Sarebbe diverso se Lei avesse residenza in Italia: In questo caso il contratto potrebbe essere di agenzia, ma i versamenti andrebbero poi fatti in Italia.
Non so se possedere il codice fiscale e carta d'identità italiana avendo perso però la residenza fiscale possa crearLe difficoltà.
Immagino come possa trovarsi in queste situazioni di dubbi se anche noi, in Italia ne abbiamo tanti.
Per quanto ne sappiamo, solitamente, quando si lavora con società estere, il collaboratore informa l'azienda delle condizioni fiscali del proprio paese e l'azienda predispone i documenti di pagamento tenendo conto di queste. Il collaboratore poi, paga nel proprio paese ciò che deve.

Se ritiene che l'azienda sia “seria” ma veramente seria ed intenzionata a svilupparsi in Romania, perchè non chiede di aprire un ufficio con sede legale in Romania (basta una stanza) mettendo Lei ha capo di questa sede. Probabilmente sarebbe tutto più semplice che non gestire i rapporti di lavoro tra i due paesi.
L'esperienza e la storia ci hanno sempre insegnato che, nella maggioranza dei casi, questi inizi un po' provvisori, finiscono sempre poco bene perchè le aziende non si sentono impegnate.

In ogni caso, per saperne di più e con le dovute sicurezze, Lei dovrebbe informarsi presso l'ufficio di Commercio dell'Ambasciata Italiana nel Suo paese.
Perderà il tempo di un appuntamento ma almeno, saprà esattamente anche come comportarsi con questa azienda nel caso Le chiedessero qualcosa....che non sia corretto.
Le auguriamo davvero di riuscire nel Suo progetto.
Cordiali saluti

martedì 13 settembre 2011

CONGEDO MATRIMONIALE

C.P.

Buongiorno,

io avrei una domanda riguarda al congedo matrimoniale.
Nell' ambito del contratto metalmeccanico, quale è l'arco di tempo consentito per poter usufruire del congedo matrimoniale una volta fatto il matrimonio?
Grazie in anticipo.


Mia cara,
il quesito che mi viene sottoposto non è mia materia ed in questi casi, come sempre, lo dico per far si che la mia risposta non sia presa con ufficialità del caso.
In passato mi ero già interessato della cosa e devo dirLe che paradossalmente nei contratti di lavoro non si menziona di solito al periodo in cui il congedo può essere usufruito.
Ritengo che sia proprio perchè, mentalmente, si suppone che un congedo matrimoniale sia chiesto nel momento in cui avviene il matrimonio (preparativi e viaggio).
Può darsi che oggi le cose siano meglio chiarite e questo Te lo può dire il contratto collettivo di lavoro di cui Tu avrai (o dovresTi avere) il libretto. L'ufficio del Personale della Tua azienda può dirtelo, come anche la sede del sindacato metalmeccanici della Tua città. Basta una telefonata.
Ripeto: tendenzialmente lo si richiede nel periodo prossimo alle nozze. Può darsi però che una richiesta di congedo più in là nel tempo sia regolare ed accettata. (Come credo).
Penso che, in questo caso, sia norma discuterne con l'azienda. Se le Tue necessità sono per averlo più avanti, fallo presente e mettiTi d'accordo.
Del resto i giorni concessi devono essere dati. Che sia prima o dopo, dovrebbe essere poco importante. Devi comunque tener presente, sempre, le necessità di lavoro aziendali ed eventuali periodi in cui la mancanza di una persona potrebbe creare problemi. Credo sia l'unico ostacolo che vada discusso.
Ciao

giovedì 1 settembre 2011

SAPER FAR DI CONTO

S.P. Loc. n.c.

Buonasera,
Scrivo per chiedervi un parere su ciò che purtroppo mi sta accadendo in questa settimana. Lavoro in un centro commerciale come cassiera. Dopo una settimana affiancata ad una ragazza, lunedì è stato il mio primo giorno di lavoro completamente autonomo. Purtroppo ho sbagliato a consegnare il resto ad un cliente portando così a ricevere da parte della dirigenza un primo richiamo verbale. Oggi, mercoledì, a distanza di un giorno è accaduto di nuovo. Sono arrivata dunque ad avere nel giro di una settimana già due richiami verbali. A Vostro pare è molto grave la cosa?? E’ alto il rischio di non essere assunta?
Ringrazio anticipatamente

Mia cara,
non penso che se Lei fosse il proprietario accetterebbe con un'alzata di spalle che qualcuno non sappia fare i conti nell'unico punto del negozio in cui bisogna proprio saperli fare. I due richiami sono logici proprio per avvisare il dipendente che sta sbagliando. Viene accettato anche il fatto che Lei è alle prime armi ed è per questo che è stata solo richiamata verbalmente.
Il secondo richiamo è un po' più serio. Il terzo sarà scritto ed a questo seguirà il licenziamento. Mi rendo conto che l'ansia dei primi giorni sia grande e mi rendo pure conto che i due richiami aumentano ancor più l'ansia di commettere errori ma purtroppo non c'è via d'uscita.
Se Lei ritiene di trovarsi in una situazione che non sente Sua, chieda una mansione differente, altrimenti vivrà male.
Per quanto ne so, le casse dei centri commerciali oggi permettono di vedere sullo schermo non solo il valore del pagamento ma anche il resto che va dato al cliente. Lei dovrebbe quindi aver proprio sbagliato nel maneggiare la cartamoneta, anche se è quasi impossibile che oggi accada.
Accidenti! Non è che a scuola in matematica avrebbe dovuto impegnarsi di più?
Mi chiede se la cosa è grave: può non essere di vitale importanza non saper fare i conti ma certo è tutto proporzionato a ciò che si fa.
Se un ragazzo a scuola sbaglia un conto, avrà una sottolineatura rossa, un brutto voto, ma tutto finisce lì. Se invece a sbagliare un calcolo è un Ingegnere, potrebbe crollare un palazzo. Una cassiera di un centro commerciale (lo dice il termine stesso della mansione) ha come base del proprio lavoro la gestione della cassa. Se si sbaglia a gestirla, sono guai.
Rischia il licenziamento? Se le cose dovessero continuare così, certamente. Non è cattiveria o vessazione nei Suoi confronti ma è piuttosto logico che un Proprietario, è nel pieno del suo diritto.
Mi auguro comunque che tutto si calmi e che Lei possa conservare il posto. Deve solo rimanere calma, metterci la testa, riflettere e contare due volte i resti sino a che avrà preso dimestichezza con la mansione.
Cordiali saluti

lunedì 29 agosto 2011

TORMENTI E PASSIONI

TORMENTI E PASSIONI
A.M. (loc. n.c.)

Buongiorno,
mi chiamo A.M. e ho 32 anni. Vi scrivo perchè queste ultime settimane sono state le più intense in termini di opportunità e scelte da quando ho iniziato il mio percorso professionale. Vi chiedo un parere e un consiglio, racconto qui sotto la mia storia.
Dopo la laurea, ho iniziato la prima esperienza come stagista in una azienda in un ruolo produttivo. Dopo pochi mesi mi sono reso conto che non avevo possibilità di essere assunto (almeno a breve) e, sebbene mi ci trovassi benissimo, ho scelto di lasciare e ho colto un'opportunità in una grossa multinazionale che mi assumeva con incarico a tempo indeterminato e un ruolo di responsabilità sempre in ambito produttivo. Quello che sembrava un sogno si rivelò presto un incubo: i primi mesi sono stati a dir poco difficilissimi, il lavoro era a circa 80 km di distanza, la sveglia era all'alba e il viaggio pesante (nebbia, neve, pioggia ecc..) e l'ambiente era molto ostile, l'atmosfera in ufficio era pesantissima, i colleghi diffidenti e per nulla collaborativi a cui aggiungere il completo disinteresse da parte del capo essendo stato inserito in un ufficio solo per un periodo provvisorio in attesa di svolgere il ruolo per cui ero stato assunto. Non nego che, essendo stato abbandonato senza svolgere alcuna attività e in uno stato d'animo pessimo, non vedevo vie di uscita e più volte ho pensato di mollare tutto anche senza avere un altro lavoro "per le mani" ma poi ha sempre prevalso in me il desiderio di vincere e superare le difficoltà che sembravano insormontabili, in caso contrario mi sarei sentito sconfitto. Dopo un lunghissimo anno passato a cercare di cambiare lavoro disperatamente, nessuna occasione arrivava e sono passato quindi a svolgere il ruolo di responsabile produttivo per cui ero stato assunto. Dopo un breve periodo di rodaggio sono iniziate ad arrivare le prime gratificazioni, finalmente sentivo di essere parte dell'azienda, avere carte da giocare oltre che sentirmi a mio agio nel nuovo ruolo e ad essere apprezzato sia da collaboratori che dai superiori, il periodo buio sembrava un lontano ricordo. In quel momento esatto mi si è presentata la fatidica opportunità lavorativa che avevo cercato con tanta insistenza nell'anno precedente. Mi permetteva di mantenere stipendio e livello contrattuale, di andare a lavorare vicino casa in una azienda parte di un grosso gruppo multinazionale. Unica nota che non mi convinceva molto era abbandonare la produzione per svolgere un lavoro più commerciale, più impiegatizio da ufficio...Ho pensato molto poi alla fine ho deciso di accettare per diversi motivi: avevo cercato così tanto insistentemente fino a pochi mesi di trovare un lavoro più vicino e in un nuovo contesto che rifiutare la proposta mi sembrava come buttare via un"gratta e vinci" e poi, a 27 anni, avevo la possibilità comunque di arricchire il curriculum e diversificare l'esperienza. Approdato nella nuova azienda ho trovato una realtà completamente diversa, poche responsabilità, lavoro molto burocratico, sedentario e disorganizzato, poco stimolante, ambiente di colleghi molto immaturo rispetto a quanto ero abituato prima. Dopo poche settimane mi ero convinto di non aver fatto la scelta giusta e quella realtà mi stava già stretta ma dalla mia parte avevo dei grossi lati positivi ovvero lavoravo vicino casa e sicuramente avevo una qualità di vita più alta di prima e meno stressante. Allora mi decisi a rimettermi alla ricerca di qualcos'altro e soprattutto volevo tornare in produzione dove avevo avuto soddisfazioni e mi sentivo più responsabilizzato e caratterialmente più adatto. Purtroppo mi trovavo in un momento di crisi di mercato e per due-tre anni ho mandato CV senza alcun risultato, giusto un paio di colloqui senza seguito. In assenza di alternative decisi allora di ricontattare la mia vecchia azienda, mi fecero una buona offerta per rientrare (un livello in più e stipendio più alto), la voglia di tornare in produzione era alta ma alla fine decisi di non accettare perchè mi ero accorto che mi pesava tantissimo ritornare sui miei passi, mi sembrava una sconfitta e temevo di scontarmi di nuovo con un periodo iniziale simile a quello che avevo trovato anni prima. Passano altri due anni, sono quindi rimasto dov'ero, nel frattempo mi sono integrato bene nell'azienda ma rimane comunque il senso di insoddisfazione per i motivi sopra elencati. Al termine del quarto anno (oggi!!!), deciso a cambiare la mia situazione stallante sia in termini economici che di crescita professionale mi rimetto in cerca di opportunità e non so per quale congiunzione astrale mi arrivano moltissime chiamate da diverse aziende di selezione, colloqui, svariate proposte di assunzione.
La prima che arriva è per un lavoro simile a quello che sto svolgendo (quindi non produzione), sempre per una grossa azienda multinazionale nella mia città. Ci penso un po' e nonostante non fosse il tipo di lavoro a cui aspiravo , decido di accettare perchè mi permetteva finalmente di ottenere il livello in più e uno stipendio migliore senza alterare stile di vita e sicurezza derivante dal lavorare sempre in una grande realtà. Una volta presentate le dimissioni, il mio direttore inaspettatamente mi blocca e mi fa una contro-offerta ricalcando quella esterna che avevo appena accettato dandomi la possibilità di fare una nuova esperienza in una area aziendale il prossimo anno; a quel punto, venendo a mancare le motivazioni per cui avevo accettato l'offerta esterna decido di rimanere e ritiro le dimissioni. Contemporaneamente mi chiamano altre 2 aziende per fare selezioni. La prima è una bella azienda multinazionale, settore interessante, che cerca in un ruolo produttivo (identico a quello che svolgevo nella precedente azienda) e dopo il terzo colloquio mi dice di risentirci a settembre, cioè fra pochi giorni, per un'offerta di assunzione. La seconda è...sempre la mia vecchia azienda, ho incontrato i responsabili HR quasi per caso nei mesi scorsi e chiacchierando sul fatto che stavo facendo selezioni mi hanno profilato nuovamente un'opportunità di rientro. Fatti colloqui più approfonditi ecco arrivata l'offerta, molto molto interessante. Si tratterebbe di svolgere il ruolo del mio vecchio capo, gestione risorse, budget ecc.. in produzione, grossa responsabilità, livello in più e buon stipendio di ingresso. A questo punto sono molto confuso, non riesco a capire cosa sia giusto, se accettare o rifiutare. Tornare sui miei passi mi pesa molto, d'altronde due anni fa non avevo accettato anche per questo motivo ma è vero che stavolta tornerei indietro con un ruolo e uno stipendio più elevato di prima e soprattutto riuscirei a rientrare in produzione come volevo. Non mi convince la distanza, il fatto che a Curriculum un rientro possa costituire una pecca e che potrei trovarmi in una situazione di ostilità con ex-colleghi che si vedono magari "soffiare" il posto e in più dopo 4 anni sono cambiate molte persone e cose quindi potrei trovare una situazione ben lontana da quello che penso di trovare. Ho provato anche a sondare all'interno della mia azienda se ci possa essere la possibilità di andare in produzione, sembra che la possibilità ci possa essere, da approfondire a settembre (troppo tardi per le scelte che devo fare ora) sicuramente non in un ruolo di responsabilità come quello proposto dalla mia vecchia azienda; in più ho ancora la selezione aperta di cui parlavo prima che contribuisce a crearmi confusione. In questi giorni tra l'altro ho notato che i rapporti col mio responsabile diretto si sono deteriorati parecchio, proprio in virtù del fatto che mi ero cercato altre opportunità esterne e interne all'azienda ma fuori dal suo "orticello" e mi sta facendo pesare molto la mia permanenza e il fatto che l'azienda ha investito su di me con una contro offerta.
Vi chiedo un parere in un momento intenso in cui si sta svolgendo tutto in fretta e la posta in gioco è molto alta.
Grazie
Cordiali Saluti




Si, egregio A.,
la Sua situazione è alquanto caotica ed in questi casi occorre, più di altre volte, agire con molta calma e freddezza.
Difficile, molto difficile dirLe cosa deve fare. Dare consigli, in questi casi, può solo far fare errori.
Potrei dirLe cosa farei io ma, attento, non significa che Le stia dicendo cosa dovrebbe fare Lei.
Tendenzialmente sarebbe sempre preferibile non tornare sui propri passi. Io non l'ho mai voluto fare. La realtà che di solito si presenta non è mai quella che abbiamo lasciato ne quella che si spera trovare.
Lei, con molta perspicacia, ha capito benissimo cosa accade:
l'azienda che si sente costretta a riassumere chi ha lasciato andar via sarà sempre un'azienda che digerirà male questo obbligato ritorno.
Se l'azienda paga di più il ritorno di chi se n'è andato, accetta una sconfitta; ma stia certo che è momentanea. Si rifarà nel tempo non concedendo dopo, ciò che ha dato prima per il rientro.
Direi poi che non si dovrebbe fare molto affidamento sulle possibilità di eventuali disponibilità future ecc..ecc..
Ci sono poi i colleghi che ritengono, a torto o a ragione, che chi rientra toglie loro una possibilità e quindi chi rientra non è da aiutare a reinserirsi.
Personalmente non mi piacerebbe che sul mio curriculum ci fosse un ritorno. Se taluni pensano che questo significa che c'è del valore nella persona che viene ripresa (altrimenti perchè mai un'azienda dovrebbe farlo?), credo che un rientro possa invece dimostrare un po' che, messa la testa fuori dal nido si sono prese scoppole e quindi...meglio tornare sotto l'ala protettrice.
E' vero che si torna per una posizione superiore ma che razza di azienda è che premia uno che se n'è andato piuttosto che altri dipendenti? Possibile che all'interno non ci sia nessuno all'altezza d'essere premiato?

Le altre offerte sono da valutare con serenità tenendo presente che sempre e poi sempre le aspettative, quando si entra in un'azienda sono molto più alte di quanto poi la mansione offre.
Del resto, in un colloquio d'assunzione ognuno tira l'acqua al proprio mulino. Può esserci un cacciatore di teste che dica ad un candidato che lo sta mandando in un'azienda di cultura media in cui non c'è poi da aspettarsi molto?
Ma anche se tutto fosse rosa, il nuovo che entra in un'azienda sviluppa una situazione semplice: da parte sua ci sarà la totale volontà di dimostrare a tutti che è bravo (rompendo quindi le uova nel paniere a chi è dentro) e, da parte dei colleghi una certa ovvia diffidenza verso chi arriva e che vuole far vedere d'essere bravo (come dire che loro non lo sono).
Non si aspetti che gli altri lavoratori facciano ponti d'oro al nuovo arrivato. Ciò non accadrà tornando nella vecchia azienda come non accadrà se Lei andasse in un'azienda nuova. Starà a lei agire con tanto tatto per farsi accettare.

Tenga presente che essere chiamati a colloqui non significa essere assunti. Anzi, si viene spesso chiamati a colloqui che poi non hanno seguito. Quindi non si angosci per le chiamate ricevute. Vada e discuta ma sempre con molta serenità e distacco.

Ed ora, caro A. Le dico cosa farei io.
Prenderei un bel foglio.
In alto scriverei i punti che dovrebbero essere per me di vitale importanza. Più precisamente ciò che vorrei e ciò a cui tengo maggiormente.
In altri termini: i valori che do alle cose o le priorità della vita.
Per essere ancor più chiaro. Preferisco uno stipendio alto e 100 chilometri di strada da fare tutti i giorni o voglio una qualità di vita che mi permetta di fare anche altro?
Scriverò quindi (ad esempio)
stipendio
bonus
benefit
posizione
inquadramento e livello
orari lavoro presumibili
livello nella gerarchia aziendale
possibilità di carriera
numero collaboratori
immagine dell'azienda
fatturato aziendale
luogo di lavoro (ufficio, segretaria)
tempo di trasferimenti
distanza dalla abitazione
sicurezza futura
ed aggiungerei altro se mi interessasse.


Fatto questo farei semplicemente tre righe verticali se tre sono le opportunità che ho sottomano.
Infine, metterei una X nella riga dell'azienda che ritengo mi tratti meglio o che risponda meglio alle mie necessità.
Esempio se la prima azienda è quella che mi promette uno stipendio più alto, metterò la X a questa. Se ritengo che la seconda mi dia più benefit, metterò la X alla seconda. Se la posizione migliore è della terza azienda, metterò la X in quella colonna.
Alla fine avrò una scaletta che potrebbe aiutarmi a prendere una decisione.

Come Le ripeto, sono molte le variabili ed ognuno di noi, fortunatamente è diverso da altri. A qualcuno può pesare fare dieci chilometri di trasferimento; ad altri non pesano farne cento. Se poi uno ha famiglia può ovviamente preferire lavorare più vicino a casa per non perdere molto tempo (anche tenendo presente che più si è in alto nella scala gerarchica e più i tempi di lavoro si dilatano e la disponibilità di presenza deve aumentare).

Ciò a cui io darei molto peso, ad esempio, è la soddisfazione che quel lavoro potrebbe darmi; poi la passione per quel tipo di mansione; eppoi la libertà di gestirmi il lavoro come voglio ed infine la responsabilità degli obiettivi. Altri rifuggirebbero proprio da questi e sceglierebbero esclusivamente la sicurezza.
Veda Lei. So di non esserLe stato di grande aiuto ma non saprei come altro fare.
Cordiali saluti.

venerdì 26 agosto 2011

QUESTIONE DI SOLDI?

N.N. (loc. n.c.)

Salve,
sono un commerciante e ho un negozio di vendita al dettaglio di vernici, carte da parati, tendaggi ecc. Mi trovo in difficoltà con la mia azienda che malgrado è una rivendita con marchi di rispetto ed ha un personale competente e qualificato, posizionata in punto di alto passaggio non riesco nemmeno ad abbattere i costi fissi. Sto decidendo di chiudere ma nemmeno questo è facile. Non so che fare visto che se avessi più liquidità sarebbe una attività destinata a volare.


Egregio Signore,
iniziamo dalla fine della Sua lettera. Lei scrive che se avesse più liquidità la Sua attività sarebbe destinata a volare. Vorrei soffermarmi su questo per farLe notare che questo modo di pensare e di affrontare le eventuali difficoltà è molto di moda oggi. Mi pare di sentire la nostra classe dirigente politica che, davanti ad ogni problema pensa solo di riuscire a risolverlo con ulteriori danari presi ai cittadini.
Eppure sappiamo tutti, loro compresi, che ci sono altre forme per intervenire e rimettere in carreggiata andamenti non perfetti. Ecco, mi piacerebbe tanto che Lei, al di là di pensare che con altri fondi sarebbe capace di far volare la Sua attività, iniziasse a vedere le cose in altro modo.
Per carità, magari ci ha già pensato, senza riuscirci. Io però sinceramente non metterei ulteriore danaro in un'attività che non mi copre nemmeno le spese. Cosa farei? Conosco il settore in cui Lei opera. Un settore in cui gli stock e gli assortimenti sono sempre enormi, con centinaia o migliaia di codici da gestire, comperare, stoccare.
Ebbene, se ha tempo per raddrizzare la baracca, inizierei col verificare la rotazione dei codici dando un immediato aggiustamento agli stock. Analizzi le rotazioni e veda quali sono gli articoli che si vendono meno. Troverà che probabilmente potrà far a meno di parecchie decine o qualche centinaio di codici (che significano prodotti da non acquistare più). Metta in ordine decrescente i fatturati dei vari articoli e decida che tutti i prodotti che fatturano meno di X euro all'anno, vanno eliminati dal listino. Altra possibilità è quella di eliminare tutti gli articoli che in un anno non Le danno almeno X di utile. Metta Lei la cifra.
Inizierà così a dover fare meno acquisti, rimanere meno esposto, avere meno merce da stoccare e gestire. Spesso i negozianti sono restii a fare questo perchè sono convinti di dover avere l'assortimento più ampio possibile perchè questo permette di accontentare tutta la clientela.
Le faccio presente che il Suo punto vendita avrà sicuramente un numero di codici di molto superiore a quelli movimentati da un Iper specializzato; quindi non è l'assortimento vastissimo che porta clientela. Semmai è l'assortimento più centrato.
Una grande catena, non ha tutto. Ha però gli articoli che senza dubbio sono maggiormente richiesti ed hanno un'alta rotazione. Quindi: rivedere gli stock e gli assortimenti riducendo e togliendo tutto ciò che non permette una ragionevole movimentazione e, conseguentemente, un accettabile utile.
Eccoci poi ad un altro punto da considerare. Quando le cose non vanno benissimo, non si lascia tutto com'è pensando che solo altro denaro metterebbe a posto le cose. Se Lei investisse altro denaro nell'attività, senza modificare nulla, non crede che fra un anno si troverebbe allo stesso punto di oggi?
Mi scrive di personale altamente preparato. Ciò significa che nella Sua attività ha più di un addetto. Bene. Inizi col fare a meno di qualcuno. So che non è simpatico ma Lei è un imprenditore e un imprenditore deve pensare a far andar bene l'attività salvaguardando anche il lavoro di più persone possibili, anche rinunciando a qualcuno di loro. O preferisce, tra poco, lasciare a casa tutti?
A questo punto, abbiamo, un risparmio dovuto ad una migliore gestione dei prodotti trattati; un risparmio per la riduzione del personale a cui possiamo aggiungere (è solo una ipotesi che posso fare) una analisi degli altri costi.
Occupa locali di proprietà o è in affitto? E se è in affitto, è sicuro di dover necessitare di quel preciso locale e di quella metratura? Nelle vicinanze non è possibile trovare qualcosa a costi inferiori?
Ed ancora: è sicuro che sia assolutamente necessario rimanere in tutti i settori in cui Lei opera? Vernici, carte da parati, tendaggi, ferramenta. Nessuno di questi settori è tale che rinunciandovi, si troverebbe a far a meno di pochi utili ma di tanti impegni?
Mi parla di zona ad alto passaggio, di personale qualificato, di vasti assortimenti e....di non riuscire nemmeno a pagare le spese fisse.
C'è qualcosa che non va. Indubbiamente le spese fisse sono, a questo punto, superiori a ciò che il lavoro permetterebbe: su questo non ci sono dubbi. Ma probabilmente c'è altro. Come sta a prezzi di vendita? Come opera? Listini fissi o mentalità di marketing? Cerca di interessare la clientela con formule promozionali o aspetta che siano le aziende a darLe qualcosa?
Ed il rapporto con la clientela com'è? Serio e professionale o aperto, colloquiale e simpatico? Ha mai provato a chiedere in giro come viene visto il Suo negozio e come vengono giudicati i Suoi commessi? Molte volte i negozianti non hanno le giuste sensazioni di come i clienti vedono il rapporto che si tiene con loro.
Potremmo andare avanti ancora ma credo d'averLe dato sufficienti spunti di riflessione. Ora sta a Lei. Può aspettare nuovi fondi che, null'altro facendo, sparirebbero velocemente oppure decidere di ristrutturare in profondità, con attente analisi, tutte le cose che possono essere ritoccate.
Cordiali saluti.

martedì 23 agosto 2011

PASSAGGIO DI CATEGORIA

Stefano (loc. n.c.)

Salve,
sono Stefano ed ho 24 anni, mi sono diplomato in perito elettronico nel 2006 e lavoro da 5 anni in un azienda che opera appunto nell’elettronica. Durante il mio percorso formativo ho seguito dei corsi extrascolastici (che comunque venivano proposti dalla scuola) e mi era stato detto che una volta conseguita l’ulteriore qualifica potevo ambire ad un lavoro senza dover iniziare come apprendista. Così non è stato e mi sono fatto 4 anni e mezzo di apprendistato, dovevano essere 5 ma sei mesi me li hanno abbonati riconoscendo che avevo un titolo di studio inerente al lavoro che svolgo. Ora sono assunto come operaio di 5° livello e io mi chiedo se posso ambire per lo meno ad un livello più alto a fronte anche delle mie maggiori conoscenze rispetto ad altri operai che possiedono soltanto la qualifica media inferiore?
Cordiali saluti



Caro Stefano,
ambire a migliorare e ad ottenere maggiori riconoscimenti è assolutamente lecito e, per molti versi, necessario.
Lei però si è trovato in una situazione in cui la scuola, ambiguamente, lo ha posto. Far vedere lucciole per lanterne è tipicamente italiano. DirLe che seguendo quei corsi avrebbe “saltato” l'apprendistato è stato dirLe una bugia, sapendo di dirla.
Quando si terminano le scuole e si inizia un lavoro, il datore ha il diritto di verificare per tutto il tempo necessario, se chi ha assunto dimostra d'essere capace di svolgere ciò per cui è stato assunto.
Probabilmente Lei era davvero preparato, tant'è che anziché 5 anni è stato ritenuto di chiudere l'apprendistato in anticipo. (E questo, mi creda, è già il riconoscimento di un merito.)
Terminato questo periodo l'assunto passa “contrattualmente e sindacalmente” al livello dello scalino che il contratto prevede.
Mi rendo conto che per Lei è un po' una delusione ma così è e così, purtroppo, deve accettare.
Voglio dirLe una cosa con molta franchezza: Lei potrebbe essere un ottimo elemento ed il Suo datore può darsi che lo sappia ma, non può far comunque nulla.
A questo si è arrivati con accordi sindacali che salvaguardando tutti, anche e sopratutto gli incompetenti e lavativi, hanno fatto si che non potessero e non possano esserci trattamenti diversi anche se questi dovessero avvenire per evidente capacità di uno rispetto ad un altro.
Pensi cosa succederebbe in azienda se si venisse a sapere (e si viene a sapere subito) che, contrariamente ad altri, a Lei è stato riconosciuto un livello diverso, saltando uno scalino?
Davanti a queste situazioni un imprenditore, anche consapevole che non tutti sono allo stesso livello di capacità, non si azzarderebbe mai a trattare e premiare qualcuno se questo può creare situazioni di instabilità
L'unica cosa che può fare il datore intelligente è tener d'occhio quella persona e, in futuro, premiarLa prima del tempo, ma sempre dopo un periodo che giustifichi un contratto nazionale di categoria.
Posso quindi suggerirLe di accettare questo attuale livello che La lega ad uno stipendio ma non La lega a dover operare per forza da 5° livello.
Lei agisca sempre al meglio; organizzi il Suo lavoro come se “fosse il Direttore di se stesso”. Si dia da fare, ce la metta tutta dimostrando al Suo datore di lavoro di meritarsi davvero un trattamento diverso.
Vedrà che prima o poi arriverà. Ho visto tanti datori di lavoro nella mia vita. Buoni e cattivi; duri e morbidi, intelligenti o meno, ma mai ho visto un datore che non abbia saputo tenersi e premiare qualcuno che non bisognava perdere perchè elemento valido.
Quando uno vale, un Capo lo vede sempre.
Forza dunque: agisca da Capo e vedrà che Capo un giorno lo diventerà.
In bocca al lupo.