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domenica 29 novembre 2009

IL PROFILO DI UN BUON VENDITORE parte nona

IL PROFILO DI UN BUON VENDITORE


Sotto il titolo “il profilo di un buon venditore” ha inizio una serie di riflessioni formative che, se sviluppate, formeranno coloro che sono interessati al tema. Questi scritti vanno presi come schizzi di preparazione di un quadro.
La tecnica che uso è quella a me molto cara: un racconto da leggere stando in poltrona, con tutti gli ingredienti per comprendere in modo davvero facile e divertente. Se vi appassionerà, sarete sulla buona strada.


Ultime righe della ottava parte


“Si, probabilmente si – riprese il venditore – ma desidero essere davvero molto chiaro perchè sono i particolari che costruiscono un insieme affinchè sia chiaro. Bene, dopo questa perfetta preparazione degli strumenti entrammo dal cliente e dovetti assistere a qualcosa che, ci creda o no, è facile trovare nei venditori. Una presentazione delle novità senza un argomentazione di supporto che motivasse il cliente ad acquistare il nuovo prodotto al posto di quello in listino, ormai obsoleto. Era un venditore che io chiamo “su domanda”.



Inizio nona parte


“Il cliente domanda ed il venditore è pronto, anche in modo assolutamente corretto, a dare le risposte. Questo è ciò che io chiamo “venditore a domanda”. Ebbene, il cliente fece non so quante domande di chiarimento relativamente al nuovo prodotto, a cui il venditore seppe rispondere, seppur con la difficoltà di chi non fa uso degli strumenti adatti. Su gli altri prodotti in riordino il venditore riuscì anche a commettere qualche errore madornale ma, anche in questo caso, mi creda, errori molto comuni nelle formazioni di vendita. In pratica si ritrovò più volte a chiedere che giacenze aveva di un tal o tale altro prodotto che mai il cliente aveva acquistato. Ecco, le ho detto alcuni tra i più nanali errori degli uomini di vendita....”
“Mi dica com'è andata a finire perchè mentre parlava ho visto nella mia mente alcuni miei uomini fatti in questo modo. Ma li vedo ora che lei mi ha spiegato....” interruppe il direttore generale.
“Beh, è andata a finire che ho ricostruito i due venditori, rammentando ad ognuno le loro visite, attimo per attimo, punto per punto, facendo loro prendere coscienza delle mancanze. Il pratica, il primo venditore affidava tutto il risultato della visita alla sua capacità di argomentazione, senza far alcun uso di campionari. Il secondo, sapeva d'aver delle difficoltà di esposizione, tanto per intenderci, di parlantina, e quindi affidava il buon esito della vendita ad una perfettissima presentazione del materiale a cui contemporaneamente faceva mancare le argomentazioni, limitandosi solo a rispondere alle domande poste dal cliente”


UNA MANCATA PREPARAZIONE

“Commettevano entrambi l'errore di una mancata preparazione della visita sotto gli aspetti delle loro mancanze. In pratica, ognuno aveva ciò che mancava all'altro. Risolto il problema, oggi sono i migliori venditori di quell'azienda. Da soli non sarebbero mai riusciti a correggere i rispettivi difetti. Sempre occorre qualcuno che parlando faccia prendere loro atto dei difetti. Solo in questo modo e solo dopo che ne hanno preso atto, possono cambiare. Pensi – proseguì il venditore – che molte vendite sono destinate al fallimento ancor prima di iniziare, proprio per queste situazioni che vanno al di là dell'immagine della persona, della capacità di parlare, di presentarsi o di saper catturare l'attenzione. Su questo le aziende dovrebbero riflettere a fondo...”
“Me ne rendo conto – disse il direttore generale – ma su questo punto....può darmi ancora riferimenti...come dire, più decisivi...? “
“Certo – disse il venditore – e lo farò. Eccoli. Nella pianificazione della vendita, oltre ad una preparazione approfondita del materiale di presentazione, come campioni, strumenti, scheda ed altro ancora, va preparata, come ho detto, la visita a livello mentale.


CINQUE PUNTI ESSENZIALI

“In pratica, del cliente che ci si appresta a visitare, si devono aver chiari quattro punti essenziali:

chi è
cosa si aspetta da noi
cosa possiamo offrirgli
come possiamo offrirlo.

Questo, per arrivare all'obiettivo vero, il quinto punto:

cosa vogliamo alla fine ottenere
Non è poi molto, vero? Solo che la maggioranza dei venditori ignora qualcuno di questi punti e molti venditori li ignorano tutti. Ed il risultato è, ovviamente, la crisi della vendita.
Ora, è pronto a seguirmi su questi cinque punti? Ecco, se mi da solo il tempo di scrivere sul mio foglietto promemoria un piccolo riferimento, parliamo subito dei punti in questione. Che ne dice?” - domandò, e prese il foglietto sul tavolo per scrivere il nono punto che aveva in testa.


Il venditore deve:
1)far sentire il cliente a proprio agio.
2)conoscere bene ciò che vende
3)poter vedere come nasce un prodotto
4)sentirsi fortemente coinvolto nell'azienda
5)realizzare comunicazioni il più possibile legate contemporaneamente alla vista ed all'udito.
6)saper argomentare e vendere la qualità dei propri prodotti
7)preparare le tracce delle argomentazioni
8)dare risposte chiare alle obiezioni
9)preparare la visita e pianificare il risultato che si vuole ottenere.


Fatto questo, il venditore depose il suo foglio sul tavolo e riprese:
“Vediamo il primo dei cinque punti di cui le ho parlato: sapere chi è il cliente - proseguì il venditore. Pare banale ma può essere più importante di quanto non si pensi, conoscerlo in modo approfondito. Il suo modo d'agire; di pensare; i suoi problemi sul lavoro o, perchè no, nella vita; le sue necessità; il suo potere decisionale nell'ambito della struttura in cui opera e...perchè no? Una piccola chicca di grande importanza che pochi usano: conoscere la sua data di nascita.


CONOSCERE IL CLIENTE

“Conoscere la sua data di nascita è importante ? – interruppe il direttore generale piuttosto sorpreso.
“Certo che lo è. Lei non può immaginare il valore di un biglietto personalizzato di auguri inviato dal venditore...ma su questo torneremo più avanti. E' essenziale iniziare a conoscere il cliente che si ha davanti. Troppe volte vanno in fumo trattative e vendite solo perchè non si conosce bene chi si ha di fronte. Poter fare una scheda con questi dati, che sembrano sciocchi, ma solo per gli sciocchi, può dare vantaggi incredibili.....”
“Si, ora me ne rendo conto – disse il direttore generale – Credo che lei voglia dire che tutti noi, spesso, ci affidiamo alla nostra capacità di improvvisazione o a una nostra sicurezza interiore che ci fa pensare di saper raddrizzare una situazione strana mentre, se fossimo più preparati....”
“Non c'è dubbio – proseguì il venditore – e con la conoscenza di questo primo punto abbiamo maggiori possibilità di poter rispondere anche al secondo e cioè: che cosa si aspetta il cliente da noi. Sembra facile, vero? Eppure, spesso, su questo secondo punto si fanno scivoloni spettacolari. Se ci ponessimo per un attimo nei panni del cliente vedremmo che tutto sommato ci piace acquistare perchè l'atto d'acquisto soddisfa il bisogno di avere, che è in tutti noi e ci permette di sentirci anche importanti nel momento in cui siamo noi ad avere il potere decisionale. Se noi fossimo il cliente noteremmo che il venditore che sta di fronte è spesso in posizione di inferiorità psicologica. Un nostro SI o un NO è per lui determinante.”


fine nona parte

giovedì 26 novembre 2009

IL PROFILO DI UN BUON VENDITORE - ottava parte

IL PROFILO DI UN BUON VENDITORE


Sotto il titolo “il profilo di un buon venditore” ha inizio una serie di riflessioni formative che, se sviluppate, formeranno coloro che sono interessati al tema. Questi scritti vanno presi come schizzi di preparazione di un quadro.
La tecnica che uso è quella a me molto cara: un racconto da leggere stando in poltrona, con tutti gli ingredienti per comprendere in modo davvero facile e divertente. Se vi appassionerà, sarete sulla buona strada.


Ultime righe della settima parte


“Già – disse il direttore generale – allentandosi la cravatta – ora capisco cosa è accaduto anche nella mia azienda. Forse non ci siamo nemmeno trovati in questa situazione perchè, ad onor del vero, io non ho mai insegnato a vendere diversamente da come facevo io, ma abbiamo probabilmente subito la situazione.”



inizio ottava parte


“Ricordo – proseguì il direttore generale - che il mio voler operare puntando sulla qualità, indipendentemente dai costi, trovò ostacoli infiniti. Mi sembra ancora di udire le richieste pressanti da parte del settore commerciale quando veniva detto alla sede che non era più possibile interessare i clienti e vendere perchè la concorrenza abbassava i prezzi ed i clienti acquistavano altrove. Resistetti non poco ma quando il direttore vendite insistette facendomi vedere gli andamenti, cedetti. Feci studiare, mio malgrado, tecniche produttive atte a risparmiare e feci cercare componenti dal costo inferiore....Sia chiaro, sempre meglio degli altri, ma anche per noi meno di prima”
“Mi rendo conto – interruppe il venditore – che era difficile resistere davanti ad una massa di simile portata. E' avvenuto un cambiamento enorme. Una politica di vendita diversa avrebbe dovuto prevedere anche e soprattutto una preparazione diversa della rete commerciale, a cui le aziende avrebbero dovuto porre rimedio con una nuova formazione adeguata, invece...l'ultima cosa a cui si è pensato e si pensa è sempre l'aggiornamento degli uomini. Ecco, questa è la storia. - disse il venditore allungandosi sulla poltrona su cui s'era seduto. Poi continuò - Lunga ma andava ricordata per capire meglio le difficoltà che oggi troviamo negli uomini di vendita. Ed ora, possiamo anche riprendere la nostra chiacchierata per identificare la figura del venditore ideale iniziando proprio dalla preparazione della visita. Se mi segue, forse avrà un aiuto per risolvere i suoi attuali problemi, ma che ne dice se ne parliamo dopo un buon caffè? - e così dicendo chiamò la segretaria.
“Ottima idea – rispose il direttore – un buon caffè non si rifiuta ed aiuta a ragionare meglio perchè ciò che ha detto poco fa abbisogna di un attimo di riflessione. Pensavo di sbrogliare la matassa dei miei problemi ma oggi mi pare ancor più ingarbugliata. Meno male che lei mi dice che tutto questo mi sarà d'aiuto per risolvere i miei problemi...”
“E' naturale – rispose sorridendo il venditore – uso la tattica dei consulenti. Se non creiamo problemi, come facciamo a risolverli? Anche noi dobbiamo mangiare, non crede?”
La risata esplosiva del direttore generale colse di sorpresa la segretaria che stava portando loro il caffè.
“Vede – proseguì il venditore – la preparazione della vista è forse il momento più importante di tutta l'azione di vendita. Del resto, non si dice che chi ben comincia è a metà dell'opera? Vale anche in questo caso: il venditore che pianifica bene la visita sarà notevolmente avvantaggiato.”


UN MOMENTO DI RIFLESSIONE

“La preparazione non è solo relativa agli strumenti di lavoro ma va anche intesa come momento di riflessione. Pochi pensano a questo. Spesso i venditori, riferendosi alla preparazione, intendono voglia dire voler dare un'occhiata se la borsa o il computer contengono i dati che servono; se il campionario è pronto e cose del genere. Non penano che la preparazione significa anche preparare la testa alla visita. Le racconto un fatto che spiega molto bene il problema della preparazione. Mi sono trovato poco tempo fa ad analizzare i comportamenti di alcuni venditori. Un giorno mi capitò di uscire in training con uno di loro. Bella presenza, parlantina sciolta, capacità di argomentare....insomma, per certi versi un venditore che non avrebbe dovuto aver problemi. Durante la prima visita notai che eravamo arrivati in presenza del cliente, senza la borsa. Si, proprio la borsa; la classica, vecchia e scontatissima borsa del venditore. Non dissi nulla ovviamente ma attesi di analizzare e verificare l'andamento della trattativa che iniziò bene ma continuò con una certa difficoltà. Pensi che il venditore doveva, proprio in quel giro, presentare un nuovo prodotto. Prima di incontrare il cliente, in mia presenza si diede ad analizzare la scheda, calcolò il da farsi; si rinfrescò la memoria su alcuni dati importanti da ricordare;si diede un obiettivo ed entrammo. La sicurezza interiore di quella persona gli faceva credere di essere assolutamente capace di argomentare comunque una buona vendita, basandosi e mostrando il nuovo prodotto usando il catalogo fotografico che appariva sul personal. Vede – proseguì il venditore – già non credo assolutamente alle presentazioni multimediali fatte ai clienti perchè distraggono ed i clienti, guardandole, tutto pensano fuorché a quanto vorremmo pensassero. Ma così è, e se le aziende vogliono perdere vendite sono ben libere di farlo. Dunque, io vedevo la difficoltà del cliente ad accettare le pur ottime argomentazioni verbali senza poter materialmente vedere l'oggetto che avrebbe dovuto acquistare. Una delle più grosse armi della vendita è di usare e sfruttare il maggior numero di possibilità a disposizione. In quel caso, se ci pensa – proseguì il venditore - anzhè usare le tre armi : udito, tatto e parola, il venditore ne sfruttò solo due. Aveva deciso che poteva fare a meno dell'arma del “tatto”. Invece è molto importante mostrare e far toccare al cliente l'oggetto che gli si vuole vendere, proprio mentre se ne parla ed il cliente ascolta. In quel caso il cliente ascoltava e guardava una bella foto sullo schermo di un personal! Il quadro non era completo. Sarebbe stato evidente a qualsiasi osservatore”



ALTRA SITUAZIONE

Mi ritrovai pochi giorni dopo con una situazione diametralmente opposta. Un venditore, per certi versi modesto, insicuro come la maggioranza dei venditori; timido quanto basta per apparire falsamente estroverso. Questo venditore, prima di visitare il cliente, passò cinque buoni minuti a svuotare la borsa campionario ed a riempirla con ogni campione che riteneva potesse essergli utile. Con molta pignoleria si mise a controllare ogni oggetto, passandolo tra le mani per verificare che fosse perfetto, presentabile senza dar adito ad obiezioni. Mi disse anzi – proseguì il venditore - che questo era molto importante e che mai avrebbe presentato un campione danneggiato o che mostrasse l'usura di quei giorni di vendita.”
“Lei mi tiene sempre sulle spine – interruppe il direttore, muovendosi sulla poltrona ed accavallando le gambe.
“Si, probabilmente si – riprese il venditore – ma desidero essere davvero molto chiaro perchè sono i particolari che costruiscono un insieme affinchè sia chiaro. Bene, dopo questa perfetta preparazione degli strumenti entrammo dal cliente e dovetti assistere a qualcosa che, ci creda o no, è facile trovare nei venditori. Una presentazione delle novità senza un argomentazione di supporto che motivasse il cliente ad acquistare il nuovo prodotto al posto di quello in listino, ormai obsoleto. Era un venditore che io chiamo “su domanda”.



Fine ottava parte

martedì 24 novembre 2009

VISITE A CLIENTI

Maurizio (loc. n.c.)

Buongiorno
sono un giovane venditore  di prodotti  tecnologici per l'industria  (sensoristica per l'automazione per essere precisi). Nella mia  breve esperienza ho avuto modo di cambiare due aziende concorrenti nel settore ed in entrambe mi sono imbattuto in quella che è una gestione piuttosto rigida del numero di visite ai clienti. Per essere più preciso a fronte di una giornata in ufficio, per contattare i clienti, vengono richiesta 20 visite nei restanti 4 giorni. Questa rigidità, unita alla oggettiva difficoltà del riuscire a completare il numero di visite richiesto, porta spesso a dover "forzare" delle visite o peggio ancora a mentire sul database, se uniamo a questo il fatto che spesso i responsabili affiancano i venditori nella visite dando un preavviso quasi nullo, ho notato in queste due società lo stesso esagerato tourover dei venditori unito ad una situazione di forte
stress degli stessi. Mi domando, quale deve essere il numero "giusto" di visite,  ma soprattutto deve  essere fissato per legge? Io credo che questo sistema porti più danni che vantaggi reali. Per completezza, avendo letto che a volte il numero di visite è legato al costo del prodotto, Le dico che questo varia dai 100 ai 2000 euro.
Grazie in anticipo



Caro Maurizio,
la tematica del numero visite varia ovviamente da azienda ad azienda, dai prodotti offerti, dalla difficoltà di presentazione, dalla distribuzione dei clienti sul territorio e dalla loro reperibilità o problemi di raggiungimento. Non c'è però assolutamente nessun raggiungimento che sia di “legge”. Questo non esiste, a meno che Tu non voglia dire se l'azienda può obbligare i venditori alle visite che ritiene. In questo caso la risposta è si. Può chiedere ciò che vuole. Poi sta nell'elasticità dei Capi capire il giusto.
Devo dirTi subito che la rigidità nel numero visite da eseguire è “abbastanza” la norma. Teoricamente essa dovrebbe derivare da l'esperienza di precedenti venditori o meglio ancora da personale direttivo che in precedenza svolgeva il compito e che quindi conosce ciò che può essere fatto. Se ben capisco Tu parli di una parte di lavoro svolto in ufficio e 4 giorni in esterno in cui fare 20 visite globali. In pratica 5 visite al giorno. Accidenti! Mi tocca fare il medico per corrispondenza senza avere indicazioni e questo è un po' difficile. E' come se andassimo dal medico e gli dicessimo: “Dottore, non sto bene. Indovini lei cosa ho!” Capirai che senza le indicazioni di base devo obbligatoriamente presupporre ma ciò che dirò può non esser assolutamente abbinato al Tuo caso. Con estrema sincerità Ti dirò che, se i clienti sono facilmente raggiungibili e non necessitano ore di trasferimento dall'uno all'altro, cinque visite al giorno non dovrebbero essere impossibili. Mi prendo però il beneficio d'inventario, nel senso che non conoscendo i prodotti e la trattativa di vendita, non posso andare oltre.
Una buona norma, nel Tuo caso, è di pianificare tre visite al mattino e due al pomeriggio. Il mattino è sempre più proficuo. Sempre di norma, la prima visita dovrebbe essere pianificata presto. Alle 8 o comunque quanto prima, con disponibilità del cliente, in modo che rimanga poi il tempo per raggiungere gli altri. Anche l'itinerario dovrebbe essere seguito con logica; ma credo di dirTi cose che Tu saprai già molto bene e che, qualche volta, non è possibile seguire. Ma qui sono già in difficoltà. Vi sono visite fatte esclusivamente su appuntamento ed altre che invece vanno fatte senza alcun vincolo. Le prime sono piuttosto vincolanti e possono creare intoppi, le altre invece permettono maggiore elasticità. Poi, ad esempio, e credo di averne già parlato anche più volte in risposte che puoi trovare in archivio, va gestito il tempo visita. Anche su questo avrei potuto darTi un aiuto ma non dandomi informazioni, non posso. Molto spesso i venditori no sanno gestire il tempo da dedicare alla singola visita. Così si perde molto tempo senza accorgersene. Si è prolissi quando non serve o si chiude su qualcosa su cui sarebbe stato utile dilungarsi. Insomma, la gestione del tempo è ovviamente una buona base per poter tenere il passo. Purtroppo è una parte di lavoro che va proprio analizzata dal trainer direttamente in affiancamento per poter dire se è tutto corretto o no.
Anche il piano visite deve avere un proprio personale budget di raggiungimento. Parlo di un piano Tuo. Se ad esempio, un giorno, per qualche fortuito motivo, tutte le cose vanno per il verso giusto e Ti ritrovi ad aver fatto le cinque visite e ad avere ancora tempo, portati in anticipo sul giorno successivo e cerca di fare la sesta. Il giorno successivo sarai al sicuro da eventuali problemi ma se anche quel giorno Tu potessi farne cinque, lavorerai sempre con un margine di sicurezza per il domani.
Non so gli orari che Tu hai ma sappi che il venditore non ne può avere. Può benissimo iniziare più tardi di un impiegato ma dev'essere anche disponibile ad iniziare ben più presto ed a finire dopo. Certo è che se ci si deve trovare dal primo cliente per le 8 e c'è un trasferimento da effettuare è chiaro che l'alzata dal letto dovrà essere ancora col buio.
La rigidità del numero visite ha anche altri risvolti. Spesso si chiede al venditore di effettuare 5 visite al giorno perchè quantomeno si può contare sul fatto che ne faccia di media 4,5. Se si lasciasse libero il numero, credimi, scenderebbero subito a 3.
Lo stesso numero poi è soggetto a valutazioni di fatturato. Se Tu facessi una visita al giorno con un fatturato pari a 10 visite, nessuno avrebbe da obiettare o quasi. Dico quasi perchè ci sarebbe comunque qualcuno che direbbe che Tu, se fai quel fatturato con una visita, se ne facessi 2 sarebbe il doppio!
C'è del vero nel fatto che la visita sia legata non tanto al prodotto quanto al fatturato che da esso scaturisce. Il venditore ha un costo e questo costo deve necessariamente ritornare. L'azienda può calcolare il margine che deriva dal prodotto e vedere quante visite, o meglio quanto fatturato per visita deve nascere, per poter pagare le spese di vendita.
Capirai anche Tu che se si deve dare uno stipendio ad un venditore e costui a fine mese ha procurato un fatturato al di sotto delle sue spese, la cosa non può essere profittevole. Ecco quindi che si cerca di trovare una soluzione mediata. Si calcola un certo numero di visite perchè si ritiene che facendole ne derivi un fatturato equo da pagare le spese e da portare utili.
La storia di vendita insegna che, statistiche alla mano, aumentando le visite tende ad aumentare anche il fatturato che da queste scaturisce. Poi si può essere d'accordo o meno, ma una certa logica di base purtroppo c'è ed è evidente.
E veniamo al solito vecchio trucco del fingere d'aver fatto visite che non si sono potute fare. Il venditore le fa e l'azienda, quasi sempre, sa che il venditore le fa. Però, sino a quando le cose non sono dette e non sono chiare, c'è sempre il dubbio che non avvenga. Se tutti i venditori che non riescono a raggiungere il numero di visite desiderate, davvero lo dicessero, probabilmente l'azienda si troverebbe ad analizzarne i motivi, trovando eventuali soluzioni.
Devo farTi una domanda a cui Tu solo puoi dare risposta. Quando esce il personale direttivo in affiancamento, riesci a fare cinque visite? Perchè se in quei giorni ci si riesce....è più difficile dire di non riuscirci negli altri giorni. Poi: quando esce il Tuo Capo con Te, come va il fatturato rispetto agli altri giorni? E' uguale, più alto, più basso? Se si facessero 5 visite con fatturati più bassi della media, significherebbe che la forzatura per arrivare al numero visite porta via tempo per la trattativa e quindi al fatturato.
Certo è che, se quando esce il Capo, le visite arrivano a malapena a tre o quattro in modo sistematico, è ben difficile pretenderne di più, e dovrebbe essere più facile per i venditori chiedere (tutti assieme) maggiore elasticità. Sappi comunque che si può chiedere maggiore elasticità offrendo in cambio lo stesso fatturato, altrimenti il gioco non vale. Se so di poter fare quattro visite garantendo il fatturato che solitamente raggiungo con cinque, posso anche proporlo.
Non so, perchè non ne parli, di quello che forse è la parte più importante di tutto: la preparazione. L'azienda vi tiene preparati e vi aggiorna sulle tecniche di vendita? Vi ha dato informazioni su come preparare la visita e su come visitare il cliente ben a conoscenza di tutto? La preparazione fa risparmiare molto tempo e va fatta la sera precedente. Su questo, se vuoi puoi prendere spunti da “Il profilo del buon venditore”. Arrivare alla visita con le idee chiare da maggior sicurezza.
Tu scrivi che spesso i Capi escono con preavviso quasi nullo. Non è un buon metodo, anzi sarebbe da deplorare perchè nasce da ignoranza, da incapacità a gestire se stessi e gli altri ed anche dalla mancanza di rispetto verso il lavoro dei collaboratori. Se così avviene significa che costoro non sono essi stessi preparati a gestire personale. Un coordinatore dovrebbe pianificare le visite sul campo preavvisando la settimana precedente e decidendo in anticipo i giorni di uscita.
Le improvvisazioni sanno sempre tanto di incapacità a gestire anche se stessi; figurarsi gli altri. Il venditore deve operare sempre nella massima tranquillità. I giochini delle improvvisazioni possono effettivamente creare stress. Come sempre però devo vedere i due lati della faccenda ed allora Ti dirò che un venditore che sa il fatto suo e che non ha nulla da nascondere, se ben preparato non deve assolutamente avere alcun problema (ne farsene) se il Capo, pur con ineducazione, arriva improvvisamente. E' solo un fatto di gestione di rapporti interpersonali che un Capo dovrebbe ben conoscere. Tutto qua.
Infine mi dice che nell'azienda c'è un esagerato turn-over. La cosa dovrebbe preoccupare i vertici a meno che...i vertici non lo vogliano. Vi sono aziende, sopratutto piccole, che tendono a sfruttare l'entusiasmo dei venditori all'inizio. Solitamente per far bella figura il nuovo venditore ci dà dentro ed ottiene di più. Poi col tempo si adagia un po' ed allora, se anche se ne va, non è un problema.
E' sbagliato, fortemente sbagliato, ma ci sono aziende che operano ancora così.
Che dirTi quindi, Maurizio? Relativamente a Te, se puoi, creaTi un Tuo budget di visite, inizia presto al mattino e cerca sempre di recuperare una visita in più. Datti l'obiettivo ed insisti. Tieni sotto controllo i fatturati. Se fatturi bene, saranno accettate anche meno visite ma sappi che il numero, aiuta sempre. Non è il numero visite che conta ma quanto da queste tiri fuori. Se Tu Ti mettessi in testa che devi fare 6 visite al giorno, indipendentemente da ciò che vuole l'azienda, vedrai che 5 le fai senz'altro e probabilmente arriverai nel tempo anche a 6. Lavora serenamente, sii calmo, propositivo col cliente, sorridente, professionale, disponibile e...qualche forzatura di fatturato lo puoi anche chiedere al cliente. Se Ti ordina due pezzi portalo a ragionare sino a quando non arriva a 3. E' in questo modo che si aumenta il fatturato per visita. Non dimenticare poi di uscire dalla visita senza aver parlato di tutto quanto può esser utile al cliente. Ricordargli prodotti che ha acquistato può servire per verificare in magazzino.
E poi, che ci sia il Capo o no, poco importa. Impara a lavorare per Te. Immagina d'essere il Direttore di Te stesso. Ti fai il piano, cerchi di portarlo avanti; Ti dai degli obiettivi “sempre ambiziosi”, e non molli sino a quando non hai raggiunto ciò che volevi. All'ora vedrai che soddisfazione! Ti sembrerà d'essere su un altro piano.
Ciao, e se vuoi, riscrivi.

domenica 22 novembre 2009

ESPORTARE IN CINA

Carlo Torino

buongiorno,
Innanzi tutto vorrei congratularmi con Voi per l'aiuto che date a molti giovani, aiuto che oggi è sempre più difficile da trovare (gratis ovviamente!!) Vengo al dunque...ho bisogno di un aiuto sul "come si fa"! mi spiego: un conoscente, durante i suoi innumerevoli viaggi in Cina per lavoro, e venuto in contatto con alcuni titolari e direttori di ristoranti di livello medio-alto, i quali gli hanno chiesto di fare da tramite per l'acquisto di prodotti alimentari italiani, come pasta, marmellate,vino, oli aromatici ecc... Questa persona mi ha proposto di entrare in questo "business". Io gestisco un bar e qualcosa su come si trattano e si conservano gli alimenti lo so...il problema e che non ho proprio la minima idea di come si possa iniziare! Voglio dire, è il caso di creare subito una società con la quale presentare domanda di licenza export? Se casomai il tutto svanisse in una bolla di sapone avremmo perso parecchi soldi per l'apertura delle pratiche e della partita IVA e altri ne spenderemmo per chiudere il tutto e poi, basta presentarsi in un pastificio per esempio e chiedere il prodotto? E l'esclusiva su di esso? Poi non penso basti chiamare DHL e dire :"Mi porti questo pacco in Cina? Non vorrei "fare magazzino" sia per i costi ed anche perchè si andrebbe incontro a tutta una serie di pratiche come ASL, VVFF ecc... Sono molti i quesiti e molta è la difficoltà, ma non mi spaventa, anzi è anche un lavoro che può dare soddisfazioni...Mi affido a Voi, ringraziandoVi in anticipo,per una infarinatura sul come procedere e su quali possono essere le difficoltà che ora mi sfuggono.


Caro Carlo,
le domande che poni sono tante e ad alcune hai già di fatto anticipato le risposte. Ma analizziamo la cosa con calma.
Sono molte più di quanto pensi le persone che recandosi in Cina ed andando a pranzo in buoni ristoranti (anche perchè non si può rischiare di andare in altri) si mettono a parlare con gli addetti ed i direttori sui cibi e sempre, ma sempre, il discorso cade su quelli italiani, finendo sempre per arrivare all'idea di “importare prodotti italiani perchè, facendolo, si farebbero i soldi. Il mercato potenziale è non grande ma enorme ecc..ecc.. “ Così, si torna in Italia e si comincia a dire ad altri d'aver scoperto una possibilità grande.
Ma occorrerebbe fare una buona ricerca di mercato ed un piano di marketing prima ogni altra cosa. E quindi occorrerebbe tornare in Cina, ed analizzare:
l'attuale presenza di ristoranti o pizzerie italiane (che di fatto importano già)
la loro ubicazione, perchè ricordaTi che è vero che la Cina è grande ma i luoghi dove vi è possibilità di trovare mercato sono solo le grandi città (solo.. per modo di dire, perchè le grandi città sono popolose come nostre regioni)
i veri gusti alimentari dei Cinesi. L'alimentazione non è come la moda o l'abbigliamento. L'uomo rimane sempre legato a ciò che è della sua terra e, anche se fa piacere variare, questo accade di tanto in tanto, non sempre.
gli eventuali importatori che già ci sono. FiguraTi se in un mercato globale già non si sono importatori di nostri prodotti.
Le eventuali presenze di prodotti pseudo italiani con etichette nostrane che, per chi ignora, è come se fossero italiani.
Le loro leggi relative alle importazioni. Quali prodotti sono importabili e quali no.
La legislazione relativa alle tasse sui prodotti esteri.
Cercare di capire, intervistando decine di direttori di ristoranti, quanti possono essere i loro clienti interessati a pasti all'italiana o comunque a consumare prodotti italiani. Ti dirò una cosa: se Tu chiedi ad una persona se sarebbe disposto a comperare un certo prodotto, non avendo l'obbligo di farlo, Ti risponderà sempre di sì. (Effetto cortesia). Se però, alla stessa persona, dici che il prodotto puoi averlo e glielo offri, tutto cambia. Il sì di prima si tramuta quasi sempre in un no. Se trasportiamo questo concetto in un dialogo fatto con un ristoratore cinese, relativamente ai nostri prodotti, costui, che diceva d'essere interessato, davanti alla concreta possibilità, dirà che lui intendeva dire che sarebbe interessante sapere che c'è la possibilità di avere i prodotti, non intendeva dare la sua...disponibilità a comperare.
Occorrerebbe definire il target dei consumatori o acquirenti. Non puoi pensare che il mercato sia la Cina ma certamente devi pensare che i potenziali consumatori sono una nicchia di Cinesi. Non certo i Cinesi che vivono nelle campagne o nei paesi dell'interno. Non certo coloro che, per cultura o possibilità economica, non possono spendere più di tanto. Insomma, va definito il target di clienti potenziali: il numero cioè di chi può essere interessato ad acquistare.
Infine, ma potrei continuare ancora per molto, un piano per identificare il prezzo di vendita di un prodotto italiano così importato. Un prodotto non si vende solo perchè abbiamo deciso noi di venderlo. Si vende se tutte le condizioni che girano attorno ad esso sono eque ed accettabili dal mercato. Sugli acquisti in quantità parliamo dopo. Ora facciamo l'esempio singolo. Se Tu acquisti un pacco di pasta in Italia, pagandolo X, aggiungi a questo costo le Tue spese di gestione, il Tuo ricarico di margine, le spese relative all'esportazione e per l'invio in Cina, questo pacco di pasta molto probabilmente arriverà ad un costo in loco quasi raddoppiato. Ma una volta giunto in Cina, quel pacco deve andare in mano ad un rivenditore che ne cura la distribuzione. Quindi, nuovamente, avrai costi e margini ed infine un prezzo di vendita. Ipotizziamo che questo pacco vada al pubblico al triplo del suo valore. Fatti tutti questi conti (che vanno fatti passo a passo, chiedendo agli uffici competenti) dovrai capire quanti potranno essere i Cinesi interessati ad acquistare il Tuo pacco di pasta ad un valore che probabilmente per loro è esageratamente alto. Ci saranno e non ne dubito perchè tutto si vende a qualsiasi prezzo, ma è chiaro che maggiore è il prezzo e minore di conseguenza è il numero dei potenziali clienti disposti ad acquistarlo.

Credo che possa servire anche una riflessione sui Cinesi che sono qui da noi e che gestiscono un ristorante. Ebbene, se ci sono ristoranti a buon prezzo sono proprio questi. Ciò significa anche che è insito in loro un certo atteggiamento di “risparmio” sulle spese alimentari.

Queste sono alcune valutazioni che vanno fatte prima di qualsiasi altra cosa. Ci vorrà tempo? Non importa. Un'iniziativa deve avere inizio solo quando si è convinti e si hanno tra le mani tutti gli elementi che possano dire che quel piano ha possibilità di riuscita. Le iniziative falliscono quando nascono da “discorsi da bar”. Non basta tornare dalla Cina e proporre all'amico di mettersi nel business. Di queste proposte se ne fanno decine al giorno tra amici. Prova a dire al Tuo amico di mettersi al tavolo con Te e discuti di tutto. Poi inviatalo a tornare in Cina ad approfondire le conoscenze del mercato e dei bisogni dei Cinesi. Solo così potreste iniziare col piede giusto.
Prima di creare una società di export, risolvi tutti questi punti. E' tipico del nostro modo di agire, il pensare a costruire prima il tetto delle fondamenta. Quasi che il creare la società di export risolva tutto. Invece, prima pensa al resto. Quando sarete pronti, chiederete la partita iva per l'export.
Ed eccomi agli altri Tuoi dubbi: puoi chiedere a chiunque un prodotto per esportarlo ma dimenticaTi che qualcuno, sopratutto oggi, Ti dia l'esclusiva per la Cina o per qualsiasi altro paese. Salvo che non sia un'azienda scassata, tutti hanno già contatti con questi paesi. Potranno quindi venderTi il prodotto e dirTi che Tu puoi farne ciò che vuoi ma mai, dico mai, si legheranno ad un'azienda nuova, senza esperienza ne garanzie di fatturati sicuri.
Circa il corriere, questo è forse il punto più facile. I corrieri internazionali sanno bene cosa fare ed anche la gestione delle pratiche viene seguita bene da loro. Essi potranno darTi tutte le informazioni circa le spese relativamente ai carichi ed ai tempi. Solitamente vengono inviati container di merce.
Ovviamente Ti sconsiglio anch'io di far magazzino. La strada più semplice è cercare semplicemente di mettere in contatto il cliente cinese potenziale acquirente con l'azienda italiana produttrice del prodotto che il cinese vuole acquistare. Il come è presto detto: il Cinese desidera acquistare vino. Ipotizziamo che non sappia quale. Sarà quindi Tua cura visitar alcune cantine in Italia ed avere da loro listini per quantità di prodotto da inviare in Cina. Ottenuto questo, dovrai far caricare dall'azienda un Tuo margine di mediazione che potrà essere del 5% o del 10% e farai fare dall'azienda, se interessata a questo business, un'offerta diretta al cliente. Le condizioni le deciderà essa stessa (solitamente la merce in questi casi viene data con un prezzo franco fabbrica. Ciò significa che dovrà essere cura del cliente pagare il trasporto o mandare un corriere a ritirare la merce. Va da sé che i pagamenti si intendono sempre con bonifico anticipato ovvero, prima si paga e poi viene inviata la merce.)
Da parte Tua dovrai, prima di mettere in contatto l'azienda col cliente, avere un accordo firmato tra Te e l'azienda stessa che Ti garantisca su tutte le vendite fatte a quel cliente (vendite a nominativo) da quel momento in poi. Altrimenti l'azienda potrebbe pagarTi per il primo invio e poi decidere di servire direttamente il cliente senza riconoscerTi più nulla.
Se invece ritieni di fare Tu da magazzino, puoi contattare le aziende, avere campioni e prezzi da sottoporre ai clienti cinesi. Dopo il loro ok alle condizioni che Tu darai, acquisterai la merce, Te la farai spedire al Tuo magazzino e da qui, in Cina (sempre con pagamento anticipato). In questo caso l'accordo con l'azienda fornitrice non serve perchè di fatto, sei Tu che acquisti.
Certo è che, per non esserci dentro non è che Tu Ti stia mettendo in una situazione facile da gestire. Va bene l'entusiasmo, ma un po' di pratica non guasterebbe.
Diciamo poi che tutto è anche legato ad una certa disponibilità economica. Se c'è ed è piuttosto ampia, inizia. Se non è così, pensaci un po'.
Due cose ancora ed ho terminato.
La prima riguarda internet. Pensa anche che qualsiasi cinese, in questo momento può, in pochi attimi, collegarsi ad internet e con un semplice tasto, contattare qualsiasi azienda italiana, produttrice o esportatrice, per avere condizioni e forniture di qualsiasi prodotto. Quindi, qualsiasi ristoratore o altro cliente cinese che davvero volesse prodotti italiani dovrebbe solo toccare un po' la tastiera e tutto si risolverebbe, Ecco perchè Ti ho detto prima che spesso, ciò che si dice quando si frequentano quei luoghi è solo un “tanto per parlare”.
La facilità di contattare è ormai tale che molti tipi di operazioni perdono valore. Diciamo che è molto più comodo sapere di trovare, magari a Canton per chi è di Canton, un magazzino con tanti prodotti italiani dove eventualmente recarsi se nasce la necessità. Questo, anche perchè non implica vincoli d'acquisto. Ma impiantare un magazzino a Canton....è tutta un'altra cosa, capisci?
Posso comunque, se vuoi, darTi anche questo secondo suggerimento. CostruisciTi una società virtuale in internet. Dopo aver chiesto all'ufficio commerciale cinese di Torino o eventualmente a Roma, quali sono le pratiche relative all'esportazione di prodotti in Cina e gli eventuali prodotti che non possono essere inviati e dopo aver preso accordi con le singole società, relativamente ai prezzi, potrai presentare con foto tutti i prodotti che vuoi, con i dati relativi alle consegne, imballi, costi di trasporto ecc...ecc..
Poi dovrai trovare un buon motore di ricerca che, a pagamento, metta in evidenza il Tuo sito. Parallelamente dovrai esser Tu a contattare via e.mail, con una buona lettera in inglese o cinese, tutti i potenziali clienti presentando il sito ed offrendo i prodotti. Questo è un tentativo meno impegnativo e meno rischioso che può servire anche per saggiare il terreno.
In questo caso può essere necessaria solo una partita iva, che Tu hai, su cui scaricare le fatture (peraltro con esenzione iva per esportazione). Questo, almeno sino a quando il lavoro non dovesse divenire tale da preferire la costituzione di una società a parte.
Infine, il secondo suggerimento. Tu gestisci un bar. Vuoi fare una pazzia? Fatti un viaggio in Cina, in una grossa città. InformaTi sulle possibilità e sui costi per aprire Tu, se non un ristorante, quantomeno una pizzeria italiana. Se le cose sono abbordabili e se hai voglia d'avventura, fallo. Una volta là, potrai importarTi tutto ciò che vorrai per Te e, lentamente, iniziare anche a rivendere.
Chi ha il coraggio di dare un taglio netto, lo deve fare ora. Domani sarà già tardi. Se invece il Tuo bar in Italia Ti dà soddisfazioni e non ami le cose estremamente rischiose, pensa a portare avanti questo impegno.
Tanti cari saluti.

venerdì 20 novembre 2009

IL PROFILO DI UN BUON VENDITORE - settima parte

Sotto il titolo “il profilo di un buon venditore” ha inizio una serie di riflessioni formative che, se sviluppate, formeranno coloro che sono interessati al tema. Questi scritti vanno presi come schizzi di preparazione di un quadro.
La tecnica che uso è quella a me molto cara: un racconto da leggere stando in poltrona, con tutti gli ingredienti per comprendere in modo davvero facile e divertente. Se vi appassionerà, sarete sulla buona strada.


Ultime righe della sesta parte


E con questa frase si arrivava al nocciolo della questione. Per vendere a meno e battere gli altri occorreva risparmiare. L'azienda, nel pensiero di quel periodo, sarebbe cresciuta solo proporzionalmente al prezzo inferiore di vendita dei propri prodotti. Ecco; ora ci siamo. Siamo arrivati al nòcciolo di tutto. “


settima parte


“Per poter vendere a meno – proseguì il venditore piazzando una pallina da golf sul tappeto e mirando un putt verso un bicchiere posato a terra che potesse sostituire una buca – e battere la concorrenza, la soluzione ideale trovata fu semplicemente quella di eliminare le spese. Finalmente si trovò la panacea di ogni guaio. L'azienda sarebbe cresciuta se avesse potuto essere competitiva. Dunque – proseguì il venditore mirando una seconda pallina in buca – tutto il problema fu relegato al prezzo.”
La pallina andò un buca ed il Direttore generale che osservava, si complimentò. “ Bravo, ottimo tiro, ma vada avanti. Mi sta dicendo cose che, ora capisco, hanno coinvolto anche noi e per la miseria, adesso mi deve dire la soluzione....”
“Calma, calma – riprese il venditore andando a raccogliere le palline entrate nel bicchiere - ora stia attento a ciò che dico perchè questa logica elementare del ricercare la soluzione di ogni problema nel prezzo di vendita è alla base di tutto quanto è accaduto dopo”


UNA LOGICA SBAGLIATA


“Innanzitutto doveva essere ovvio che un tale movimento generalizzato avrebbe portato solo ad un nuovo riallineamento verso il basso di tutti i produttori concorrenti, con l'automatica eliminazione stessa del vantaggio forsennatamente ricercato. E tutti caddero nel tranello perchè è più comodo e meno rischioso seguire l'onda, secondo la logica che “se lo fan tutti, ci sarà un motivo...” In breve, i mercati si trovarono con gli stessi problemi ma con profitti minori. Le aziende, anziché investire per trovare soluzioni innovative che rendessero i loro prodotti diversi dagli altri e quindi più interessanti, chiusero la borsa. Nessuna spesa; nessun investimento se non quello relativo eventualmente a nuovi macchinari che avrebbero permesso di produrre a costi inferiori e quindi...di vendere a meno. Torno su questo punto – riprese il venditore – mirando in buca l'ennesima pallina e meravigliando il direttore che osservava - ed ora le dico perchè. In quegli anni non si doveva spendere. Oddio, oggi non è che sia molto diverso, ma all'ora era davvero divieto assoluto. Figuriamoci quindi se un direttore commerciale si fosse azzardato a chiedere un budget per la formazione della propria rete. Sarebbe stato cacciato in pochi minuti. Nessuno così potè formare o aggiornare i propri venditori, adattandoli alla realtà del nuovo mercato che s'era venuto a creare.”

IL PREZZO

“ Ed i venditori - disse - centrando ancora una volta la buca – si trovarono a vendere con una sola argomentazione ufficiale: il prezzo. Basta parlare di qualità; basta vantaggi per il cliente; basta margine per il negoziante. Unica argomentazione: il prezzo ribassato di vendita, che doveva essere più basso degli altri ma che alla fine, come ho detto, era tale e quale agli altri, solo posizionato più in basso. Al momento parve a tutti il vero toccasana. Una visita di vendita era più semplice; più veloce; senza fronzoli, astuzie, spiegazioni, stimoli al cliente. Il mio prodotto...costa meno!”
“E' proprio così “ – interruppe il direttore generale, facendo una riflessione a voce alta.
“ Si è stato proprio così – proseguì il venditore - ed alla fine, anche il miglior collaboratore si convinse che per vendere occorreva solo il prezzo. Ed i buyers? Pensi agli addetti agli acquisti: ma che importava loro sapere se un prodotto conteneva innovazioni od aveva vantaggi in più rispetto ad altri; bastava fare la domanda di norma all'ora: ed il prezzo? In pochi minuti la trattativa era fatta. Chi non voleva seguire quest'onda o chi, vedendo più avanti non aveva voluto seguire il gruppone, era tagliato fuori. Bastava costare un'inezia di più che il prodotto non era inserito in listino. Ecco: questo le fa capire perchè le aziende hanno avuto la responsabilità della cattiva formazione della clientela. Oggi, nessuno può lamentarsi se il cliente è sempre più difficile da trattare e discute solo il prezzo. Purtroppo le aziende hanno voluto questo ed oggi, che non lo vorrebbero e che anzi desidererebbero impostare trattative su altri livelli, mettendo sul piatto della bilancia il servizio o altri vantaggi, non riescono più a risalire la china o, se in qualche modo lo fanno, lo fanno a sforzi inumani.”
“ E' così, accidenti – disse il direttore gneerale – e per certi versi in ciò che ha detto vedo anche la mia azienda, il mio comportamento e quello dei miei collaboratori. Ma io forse sono un po' perdonato. Non avevo esperienza di tecniche di vendita. Avevo un prodotto, lo avevo migliorato rispetto agli altri ma per venderlo doveva costare meno ed anche noi abbiamo seguito l'onda. Voglio però un chiarimento. Ciò che ha detto è però molto legato anche a strategie aziendali. Come si lega questo con il problema dei venditori?.....”
“Semplice – riprese il nostro venditore – Le ho parlato dello svilimento della trattativa e così è stato. Nulla aveva più valore del prezzo. Una mancanza di assistenza da parte dell'azienda verso la propria rete vendita ha portato anche il venditore ad accettare la nuova linea di condotta. Sono andate perdute in poco tempo tutte le indicazioni formative date. Si sono perse la preparazione alla visita; le argomentazioni, che a quel punto non servivano più; le risposte alle obiezioni...insomma è andata persa la cultura ed il patrimonio che era in ognuno. Quando non vi è un uso costante delle tecniche, lentamente si dimenticano. E così accadde ai venditori. La vendita è stata ridotta ad una semplice presentazione delle condizioni. Se sono buone, si vende; sennò, amen! Ed oggi, persa la scuola ed i maestri di all'ora, la vendita nella maggior parte dei casi è così. Oggi, il venditore, senza una continua cura vede la vendita come una visita che serve per mostrare un prodotto, dicendo quanto costa e, semmai, aspettando che il cliente dica: lo compro. Ed i venditori senza scuola oggi perdono vendite per differenze anche di pochi centesimi rispetto agli altri. “
“Si, ma il venditore che fa? “ chiese il direttore generale.
“ Il venditore ..prende atto. Non ha nel suo bagaglio una storia ed una preparazione che gli dica come agire in quelle circostanze. Se vende è solo perchè in quel momento, probabilmente il suo prodotto costa meno di un altro. Che b rutta fine per la forza vendite....”
“Già – disse il direttore generale – allentandosi la cravatta – ora capisco cosa è accaduto anche nella mia azienda. Forse non ci siamo nemmeno trovati in questa situazione perchè, ad onor del vero, io non ho mai insegnato a vendere diversamente da come facevo io, ma abbiamo probabilmente subito la situazione.”



fine settima parte

mercoledì 18 novembre 2009

CAMBIO DI MANSIONE

lettera non firmata (loc. n.c.)

Buonasera
Sono un laureato in disegno industriale. A fine novembre saranno passati 4 anni dalla data di assunzione, con un contratto a tempo indeterminato, presso una srl del settore metalmeccanico. Sul mio contratto è riportato Qualifica: impiegato e livello 3°. Ho sempre lavorato all'interno dell'ufficio tecnico dell'azienda, occupandomi di vari aspetti tutti riguardanti progettazione, disegno e comunicazione, e che prevedono l'utilizzo del PC. Ultimamente è stata assunta un'altra persona all'interno dell'ufficio tecnico progressivamente si stanno spostando compiti che precedentemente erano miei, verso questa persona. A me è stato proposto di occuparmi di un laboratorio che non rientra nel campo della progettazione, bensì dei test e prove di prodotto. In questo laboratorio, ancora in ristrutturazione, si usano, oltre all'essenziale PC, delle macchine per effettuare le prove.
Secondo lei accettando in pieno questo cambiamento rischio di vedere bloccate le prospettive di crescita professionale e di miglioramento economico?Posso essere soggetto ad uno scadimento del percorso naturale di carriera?Eventualmente il datore di lavoro ha il dovere di istruirmi sull'utilizzo delle macchine che dovrò utilizzare?
Grazie

Egregio Dottore,
penso possa stare tranquillo sulla situazione che Le sta capitando. Non vedrei problemi, a meno che non lo siano per Lei.
Come sempre cercherò di aiutare a fare chiarezza. Dunque, vediamo. Da 4 anni in azienda, sta svolgendo il Suo ruolo nell'ambito dell'ufficio tecnico, occupandosi di aspetti riguardanti la progettazione. Ritengo abbia svolto e svolga bene il Suo lavoro senonché è stato assunto un altro impiegato a cui lentamente, Lei nota, viene passato parte del lavoro. Diciamo subito che questo non deve necessariamente crearLe dubbi. Se c'è una nuova persona, qualcosa dovrà pur fare e se il lavoro prima era tutto Suo, è evidente che almeno una parte dovrà divenire dell'altro.
Però, c'è un però. E' arrivato un altro ed a Lei è stato proposto di interessarsi di un laboratorio. Questo è il punto che può far sorgere dubbi. Lei viene spostato perchè i Suoi Capi ritengono che non sia adatto (o lo sia poco) per quello che sta facendo oppure perchè ritengono che sia maggiormente utile per l'azienda il Suo apporto nella nuova mansione?
E' evidente che la risposta è la chiave di tutto. Ed è questa risposta che Lei deve avere dai Suoi Capi. Se ancora non lo ha fatto ha sbagliato perchè era la prima cosa da chiedere. Comunque è ancora in tempo. Chieda con cortesia di avere le vere motivazioni di questo spostamento. Lo domandi da professionista, cercando da loro una risposta vera, onesta. Dica che desidera estrema lealtà e correttezza e li inviti a non nascondere nulla. Ovviamente, in base alla risposta, saprà se lo spostamento è un premio o no.
Devo dire che, volendo far la parte del diavolo, se di miglioramento si tratta, i Suoi Capi non sanno gestire bene la cosa perchè uno spostamento, se fatto per aumentare la responsabilità di un collaboratore andrebbe motivata in modo che il collaboratore si senta caricato dalla nuovo incarico. Solitamente le cose avvengono in questo modo:
si comunica al collaboratore che c'è la possibilità di un nuovo incarico ritenuto aziendalmente importante
per questo incarico, si ritiene che la persona più adatta in termini qualitativi è proprio il collaboratore (in questo caso Lei).
Lo si avverte che proprio per questo motivo e perchè l'azienda punta su di lui, verrà inserito una nuova persona che lentamente prenderà il suo posto ed a cui lui dovrà fare un po' di training
fatto questo, lo si sposta

Questa è la prassi solitamente usata anche per non incappare proprio in quanto sta accadendo a Lei e cioè il rischio di una delusione là dove dovrebbe esserci motivazione ed entusiasmo.
Ma spesso la prassi non viene seguita anche per ignoranza sul modo di trattare i collaboratori. Se invece c'è qualcosa di non chiaro o di cui Lei non è al corrente (stato di insoddisfazione su quanto Lei svolge) dalla risposta che chiederà, verrà fuori e Lei dovrà tenerne conto.
Se vediamo la cosa in termini di positività, personalmente vedrei bene lo spostamento perchè Lei allarga la base delle Sue conoscenze ed esperienze. Un curriculum che contenga più esperienze nell'ambito della stessa azienda non è male. Ed anche per Lei, se ci pensa, è buona cosa. Un domani dovesse o volesse uscire da quest'azienda, avrebbe un ventaglio maggiore di possibilità.
Se Lei accetta questa nuova mansione (non mi parla di posizione aumentata e credo che nemmeno i Suoi Capi ne parlino) non cambia nulla in termini di adeguamenti automatici dello stipendio. Non cambia nulla nemmeno in termini di avanzamento di carriera perchè, proprio cambiando, Lei si apre a maggiori possibilità. Circa il miglioramento economico, invece, il cambiamento non Le darà nulla di più se non è concordato e se non fa parte del pacchetto che i Capi avrebbero dovuto darLe per stimolarLa a cambiare.
Quando si opera in un'azienda piccola, come mi pare di capire sia la Sua, i miglioramenti economici se non messi su carta al momento dell'assunzione, sono quasi sempre lasciati al buon cuore del “patron”.
Proseguendo: lo scadimento del percorso professionale, come ho detto, non c'è se la mansione è di pari importanza o superiore a quella svolta, indipendentemente dallo stipendio.
Lei ha un terzo livello e presumibilmente l'azienda non glielo cambierà per non doverLa pagare di più. (Glielo dico brutalmente perchè spesso va proprio così). Detto questo, vediamo cosa deve fare dopo aver chiesto un colloquio per sapere da loro, con chiarezza, il motivo dello spostamento da una mansione a cui Lei, a quanto pare, teneva. Deve farsi dare un “job” (ovvero la descrizione scritta dei compiti e delle responsabilità insite nella nuova mansione. Grazie a questo, operando in azienda da quattro anni, Lei potrà farsi una chiara idea dell'importanza del nuovo lavoro. Capirà se è di livello inferiore o no rispetto all'attuale. Vedrà a chi dovrà rispondere (se allo stesso Capo di oggi o ad un altro magari di livello inferiore o superiore) e potrà capire se il ruolo riveste importanza o no nell'ambito della struttura aziendale.
Da questa descrizione dei compiti da svolgere tutto Le sarà chiaro. Le ricordo poi che nelle aziende, spesso vale molto di più il tam tam da corridoio che quanto detto dai Dirigenti. Non so quanti dipendenti Voi siate, ma se foste in buon numero, apra le orecchie e stia certo che qualcuno sa benese la nuova posizione è premiante o no.
Infine, il training. Non solo il datore di lavoro ha il dovere di istruirLa ma dovrà farlo al meglio per il proprio bene. Se La mettessero in quella posizione senza darLe un preciso training, devo tornare a dire che qualcosa non quadra, anche perchè nel Suo caso non si tratta di aver a che fare con persone, dove la maggior parte delle aziende ritiene che ognuno si debba arrangiare. Qui si tratta di macchinari da utilizzare e qual è il Capo che da macchinari in mano ad un collaboratore senza preoccuparsi che li sappia gestire?
Come detto, caro Dottore, deve muovere Lei qualche pedina per avere le risposte da cui trarre le giuste conclusioni.
Davvero in bocca al lupo!

lunedì 16 novembre 2009

LETTERE E RISPOSTE

Augusto M. Vigevano

Gentili Signori,
sto leggendo praticamente da quando è nato questo blog e mi segno tutte le risposte che ritengo possano interessarmi anche in futuro. Io non ho un problema da esporre ma solo un quesito per cui spero che mi rispondiate ugualmente.
Vedo che nel tempo, il numero di lettere a cui rispondete si è diradato. Perchè accade questo? La gente non ha più voglia di avere suggerimenti; siamo tutti bravi o siete voi che siete stanchi di rispondere?
Grazie


Mio caro Augusto,
questo blog, come più volte detto, ha lo scopo di rispondere ai “problemi” dei lettori, sopratutto giovani che ritengono di avere o di poter avere problemi nel mondo del lavoro. Nel tempo mi sono accorto che, a fianco dei giovani, scrivevano anche persone che forse non lo erano più e le richieste non riguardavano solo aspetti di lavoro o di inserimento ma toccavano anche problematiche di comportamento, rapporti interpersonali e tutto quanto gira attorno alle situazioni personali.
Poiché comunque questi aspetti rientrano nella sfera delle mie competenze, anche se non toccavano o non toccano veri e propri problemi lavorativi, ho dato e do risposte a tutti perchè vedo che molti hanno più bisogno di una parola e di un parere per superare un brutto momento, piuttosto che un vero e proprio aiuto su problematiche precise di lavoro.
Alcune lettere poi, per vari motivi, ricevono risposte riservate ed altre contengono richieste molto semplici a cui do una riposta diretta perchè non interesserebbero gli altri lettori.
In effetti comunque le lettere sono un poco diminuite ma questo non è un male. Ho lasciato proprio aperto l'archivio delle risposte date affinchè un lettore, prima di scrivere, se vuole può cercare e leggere altre risposte precedenti che potrebbero chiarire i suoi dubbi attuali. In questo modo, se è soddisfatto, può non scrivere ed io evito di ripetere magari qualcosa già detto.
In questo modo hoil tempo e la possibilità, come ho iniziato a fare, sempre dietro vostro suggerimento, di portare in rete un tipo di “racconto formativo” che, se sarà gradito, proseguirà con altre tematiche.
A questo proposito mi piacerebbe però sapere, con un semplice e veloce scritto da parte di chi legge, se questa iniziativa è gradita e ritenuta utile o meno. Non darò risposte in rete. Leggerò solo e prenderò buona nota.

Come vedi, Augusto, anche nel Tuo caso, non abbiamo parlato di problemi di lavoro ma era corretto darTi risposta.

Cordiali saluti

giovedì 12 novembre 2009

IL PROFILO DI UN BUON VENDITORE - sesta parte

Sotto il titolo “il profilo di un buon venditore” ha inizio una serie di riflessioni formative che, se sviluppate, formeranno coloro che sono interessati al tema. Questi scritti vanno presi come schizzi di preparazione di un quadro.
La tecnica che uso è quella a me molto cara: un racconto da leggere stando in poltrona, con tutti gli ingredienti per comprendere in modo davvero facile e divertente. Se vi appassionerà, sarete sulla buona strada.


Ultime righe della quinta parte


La preparazione della visita, ad esempio, insieme alla chiusura della trattativa, sono i perni su cui si gioca tutto il lavoro di vendita. Ma credo che per oggi sia sufficiente quanto abbiamo analizzato, che ne dice. Di carne al fuoco ne abbiamo messa parecchia, non crede?”
Il direttore si alzò dalla poltrona in cui era sprofondato, dicendo “ Fin troppa per questo primo incontro. Confesso che non mi aspettavo di passare qui una intera giornata con lei.”



sesta parte


“Vede – proseguì il direttore – io come tutti, sono a conoscenza delle cose che lei ha detto magari in modo imperfetto o imparziale ma il buon senso dice che sono cose tanto giuste da apparire ovvie, eppure dimentichiamo di metterle in pratica. Non vi è nulla di più proficuo che sostare ogni tanto per riflettere e fare qualche esame di coscienza. Mi rendo anche conto che l'errore, spesso – proseguì il direttore - che l'errore sta nel voler affrontare tutti i problemi da soli, senza parlarne con qualcuno....”
“ Sa cose dice il nostro comune amico che l'ha inviata da me? La comunicazione funziona bene solo quando è a due vie. Ogni confronto, dico io , è più formativo se evitiamo di farlo...con noi stessi, davanti ad uno specchio!”

“Oggi lei - disse il direttore – mi ha dato molto e desidero che in futuro dia le stesse cose ai miei uomini. Per ora, ha ragione lei. Fermiamoci qui. Ho materiale in testa per riflettere a lungo...questa notte e se permette, domattina sarò ancora qui. Non posso certo lasciar passar tempo, ora che l'ho conosciuta. E ora, visto l'orario, che ne dice di una bella cena? Potremmo parlare di golf: ho notato questi bei quadri e se lei li ha appesi significa che ama questo sport e lo pratica. Abbiamo in comune un bel gioco”
“Certamente sarò felice di farle compagnia – rispose il venditore – e parlerò volentieri di golf. Chissà, su questo forse avrò io da imparare da lei....”
“Diciamo che magari le potrò dare consigli per farla riflettere stanotte in modo che io non sia il solo a non dormire. Che ne dice?”
“Ottimo. Lo scambio di esperienze è ciò che porta maggior giovamento. Andiamo, prego”

Alle 7.30 del mattino successivo, puntuale all'appuntamento che si erano dati la sera precedente, il direttore si presentò nell'ufficio del venditore con una bellissima sacca da golf.
“Dopo quanto mi ha detto a cena su questo nostro splendido gioco, non potevo non darle questa. E' una sacca che ho acquistato negli Stati Uniti e che, come può accadere, non ho mai usato perchè sono troppo affezionato alla sacca vecchia che mi segue da una vita. Se lei sa dare un taglio col passato, questa potebbe prendere il nuovo posto. Ne sarei felice...” disse il direttore
“E' veramente splendida e la ringrazio di cuore. Chissà che non si possa provarla assieme in un giro sul campo, uno di questi giorni.... Ma si accomodi. Ci beviamo un buon caffè e proseguiamo da dove avevamo interrotto ieri, che ne dice? “ - disse il venditore cercando sul tavolo il foglietto su cui aveva appuntato i punti da memorizzare.
“ Lei – disse il direttore – mi ha veramente impedito un buon sonno, la notte scorsa. Ho pensato molto alle cose che ha detto e mi rendo conto di quanto sia importante formare, costruire e mantenere efficienti i venditori...”
“Eh si, mio caro amico – interruppe il venditore - troppo spesso si pensa sia sufficiente costruire un buon prodotto e venderlo attraverso una buona campagna. In realtà non è proprio così. Un venditore non può solo essere colui che va a proporre o, addirittura come spesso accade sempre più spesso oggi, a raccogliere.”


ANALIZZARE IL MERCATO

“Per questo i risultati oggi sono sempre più difficili da ottenere. Lei non crederà a quanto sto per dirle ma la cattiva capacità di gestione della visita al cliente, fatta negli scorsi anni da gran parte delle aziende, ha portato le reti vendita allo svilimento della trattativa sino al punto di essere responsabile della formazione, in negativo, della clientela. - disse il venditore giocherellando con la penna sul ripiano della scrivania, poi proseguì - Mi spiego meglio: nell'ultimo ventennio almeno il mercato ha subito evoluzioni e pressioni tali da creare grossi problemi alle aziende. Vi è stato un totale scoramento; ciò che era andato bene sino a quel momento, improvvisamente non rendeva più. Il marketing non riusciva più a trovare nuove idee o dare nuove motivazioni d'acquisto, perchè vede, la qualità dei prodotti, malgrado ciò che si pensa si è andata via via livellando, ed oggi ancor più, verso un buono standard, divenendo una norma. Oggi non si può più quasi vendere un prodotto puntando sulla qualità perchè è ben difficile che i concorrenti non siano allo stesso livello. Negli anni scorsi si è tentato di catturare l'attenzione dei potenziali clienti sfruttando l'arma delle emozioni I consumi, per mille motivi iniziarono a trovare ostacoli e le aziende sono entrate in crisi di identità. E così si sprecavano grandi meeting per trovare soluzioni; i cervelli venivano spremuti alla ricerca di nuove idee; consulenti e guru venivano coinvolti per trovare la via d'uscita....”
“Già – interruppe il direttore – e mi par di capire che in tutto questo nessuno pensò mai alle reti vendita”
“Non anticipi – disse sorridendo il venditore – aspetti di comprendere bene ciò che accadde. Tutti i meetings, gli studi ed i guru coinvolti portarono solo ad un'incredibile scoperta: la soluzione delle soluzioni doveva essere quella di ridurre i prezzi. Vendere a meno per catturare quei clienti ancora indecisi. Ma – proseguì il venditore alzandosi ed avvicinandosi alla sua sacca da golf per prelevarne un buon ferro da tenere in mano - ridurre i prezzi significò, come conseguenza, la ricerca di risparmiare sui costi. Non vi è mai stato nulla di più deleterio nelle aziende che il pronunciamento di queste poche sillabe: “risparmiare sui costi” perchè subito il risparmio fu visto come eliminazione di tutte le spese programmate e, tra queste, ovviamente, i fondi accantonati per la formazione e la professionalità dei venditori. Perchè se è vero che alcuni costi certamente potevano essere tagliati, è altrettanto vero che si raggiunsero livelli paranoici da caccia alle streghe. Addirittura per ridurre venivano assunti particolari manager, dal costo esorbitante, il cui compito era trovare dove e come ridurre. Pensi che venivano premiati i dipendenti che dimostravano d'aver ridotto il numero delle fotocopie o che davano la miglior idea per risparmiare qualche migliaio di euro. Ricordo – proseguì il venditore - che io chiamavo quella situazione: nevrosi da terrore. Era la peggior cosa che potesse capitare ad un'azienda. Il terrore non dava possibilità di riflettere. Ogni idea di trovare strade diverse finiva immancabilmente cassata dalle fatidiche frasi “ma non ha capito che per stare sul mercato dobbiamo ridurre assolutamente i costi? Proponga qualcosa che permetta di avere costi inferiori, riuscendo a vendere a meno...” E con questa frase si arrivava al nocciolo della questione. Per vendere a meno e battere gli altri occorreva risparmiare. L'azienda, nel pensiero di quel periodo, sarebbe cresciuta solo proporzionalmente al prezzo inferiore di vendita dei propri prodotti. Ecco; ora ci siamo. Siamo arrivati al nòcciolo di tutto. “


fine sesta parte

martedì 10 novembre 2009

AUMENTI DI MERITO

Giannina F. (Toscana)

Egregio Dottore,
si ricorda di me? Sono la giovane imprenditrice che le ha scritto pochi giorni fa per avere informazioni su come superare un momento difficile ed a cui lei ha risposto con estrema cortesia dando suggerimenti molto importanti e di cui non sapevo l'importanza. (scala di Maslow).
La ringrazio per le esaurientissime spiegazioni. Ora però, forse perchè vorrei sempre aggiungere qualcosa a ciò che mi viene detto, le chiedo se anziché discutere di un adeguamento parificato uguale per tutti non sia il caso, come mi pare stia divenendo di moda anche per gli impiegati pubblici, operare su un premio di merito.
Che ne dice? Potrebbe essere meglio?
Grazie ancora.

Gentilissima Dottoressa,
nella mia precedente risposta, suggerendoLe di intervenire, se può, con un adeguamento di base, non ho insistito su un'operazione “aumento di merito” perchè questa può essere svolta successivamente quando le cose in azienda saranno più serene.
Non l'ho inoltre proposto perchè per dare aumenti di merito occorre che prima qualcuno sia preparato per valutare e per far questo occorre una più che buona conoscenza dell'ambiente e delle persone. Occorre che il piano abbia basi corrette con cui dare giudizi, altrimenti si rischia di passare dalle valutazioni di merito a quelle di simpatia o antipatia.
Nel Suo caso, pur se è lodevole l'intento, va tenuto presente che non ha esperienza e non ha sufficiente conoscenza degli uomini per proporre o, anzi, imporre una valutazione con conseguenti aumenti di merito. Non trova che prima dovrebbe farsi una precisa conoscenza delle persone e del loro apporto allo sviluppo aziendale?
Una valutazione di merito va costruita nel tempo, seguendo passo a passo il lavoro e l'impegno delle persone che andranno valutate. E per far questo, l'imprenditore non può non appoggiarsi a chi è più vicino di lui a costoro. Esempio un Capo fabbrica che possa dire la Sua sul lavoro di ogni operaio. Ma, aggiungo io, anche il capo fabbrica a sua volta dev'essere prima valutato per capirne la predisposizione o la capacità di giudicare, non trova? Un Capo non è necessariamente “capace” in tutto per il solo fatto d'essere Capo. Può avere simpatie o antipatie o solo grandi meriti per il lavoro che svolge mentre può essere inadatto per altri. Non a caso, spesso, le persone che dovrebbero valutare si tirano indietro non sentendosi pronte a farlo.
Ben venga una successiva azione che coinvolga tutto il personale, ma non abbia fretta. Sappia che un programma di valutazione deve basarsi su punti chiari, precisi, indiscutibili su cui dare valutazioni nette. Occorre cioè che non vi sia possibilità di giudizi “espressi” dal Capo diretto in base a soggettività ma valutazioni oggettive solo su concreti punti. In altri termini non vale, come a scuola, il giudizio complessivo dato sino allo scorso anno ma va stilata una vera e propria pagellina con voti.
Per far questo è necessario comunque coinvolgere qualcuno che possa indirizzarla per lo meno nella stesura del piano di lavoro che sarà diverso negli obiettivi da valutare proporzionalmente al reparto di appartenenza del collaboratore. Gli obiettivi su cui valutare un operaio saranno diversi da quelli di un impiegato commerciale e questi da quelli di un impiegato dell'amministrazione.
Posso, per ora, dirLe che dopo aver calmato le acque (forse lo sta già facendo) quando si sarà tornati alla normalità, nei prossimi mesi potrà iniziare a comunicare al personale che d'ora in poi si passerà ogni anno ad una valutazione di merito con conseguenti premi cosicché ognuno possa regolarsi nei comportamenti e nella collaborazione.
Nel frattempo si preparerà Lei stessa a valutare coloro che da Lei dipendono e predisporrà incontri con questi per prepararli a saper valutare obiettivamente il lavoro dei collaboratori.
Va incontro ad un bel lavoro ma se saprà pianificarlo e gestirlo, mi creda, otterrà molto.
Cordiali saluti

domenica 8 novembre 2009

IL PROFILO DI UN BUON VENDITORE - parte 5

Sotto il titolo “il profilo di un buon venditore” ha inizio una serie di riflessioni formative che, se sviluppate, formeranno coloro che sono interessati al tema. Questi scritti vanno presi come schizzi di preparazione di un quadro.
La tecnica che uso è quella a me molto cara: un racconto da leggere stando in poltrona, con tutti gli ingredienti per comprendere in modo davvero facile e divertente. Se vi appassionerà, sarete sulla buona strada.


Ultime righe della quarta parte



“Già. Non si vuole un'argomentazione prefabbricata e non si vogliono risposte pronte, per poi arrivare ad usare risposte già usate....”
“Si, caro direttore. Proprio così. Vogliamo essere liberi ma finiamo per trovare sicurezza in qualcosa che abbiamo pronto dentro di noi.”



quinta parte


GLI ULTIMI PUNTI


“Vede Direttore - disse il venditore – anche le obiezioni vanno analizzate in precedenza e dare ai propri venditori una traccia per risposte più corrette è, alla fine, un grande aiuto.”
Il venditore ancora una volta si girò verso il tavolo e raccolse il suo foglietto degli appunti. “Un attimo solo – disse – poi ci berremo un buon caffè. Che ne dice? “ e iniziò ad aggiungere ai precedenti punti, il settimo e l'ottavo.

Il venditore deve:
1)far sentire il cliente a proprio agio.
2)Conoscere bene ciò che vende
3)poter vedere come nasce un prodotto
4)sentirsi fortemente coinvolto nell'azienda
5)realizzare comunicazioni il più possibile legate contemporaneamente alla vista ed all'udito.
6)Saper argomentare e vendere la qualità dei propri prodotti
7)Preparare le tracce delle argomentazioni
8)dare risposte chiare alle obiezioni

Riposto il foglio, chiamò la segretaria che fu pronta in pochi attimi con due fumanti caffè. Mentre beveva, il direttore incuriosito, domandò:
“Ma lei si definisce venditore. Vende ancora?”


IL LAVORO PIU' BELLO DEL MONDO


“Certo, come lei!. Ogni voglia che vogliamo ottenere qualcosa o convincere qualcuno, noi vendiamo. Mille volte al giorno cerchiamo di vendere noi stessi o la nostra immagine; le nostre idee o chissà cos'altro. Si, io sono un venditore e, del resto, mi permetta dirlo, se fatto bene è il più bel mestiere del mondo! Per questo amo contribuire al miglioramento di chi ha intrapreso questa strada ed amo aiutare i giovani a percorrerla. Importante è far si che venga iniziata col piede giusto. Occorre prepararsi a questo lavoro come occorre prepararsi ad ogni visita alla clientela. Del resto, direttore, se ci pensa, ogni visita ad un cliente racchiude in sé un intero ciclo di vita lavorativa.”
“Un ciclo di vita lavorativa? Non credo di capire bene ma con lei non mi meraviglio più di nulla. Cosa vuol dire?” - interruppe il direttore
“Vuol dire – rispose sorridendo il venditore – che una visita è tutto un mondo. Pensi: ci si prepara; nasce l'incontro; si discute ed in un breve arco di tempo ci si gioca tutta la preparazione. Si cerca cioè di ottenere il risultato per poi concludere. In ogni visita, tutto questo e ciò accade più volte al giorno. Ogni visita, un mondo a sé! In ogni visita si pone in discussione tutto quanto si è preparato in anni di lavoro. Se si conclude con l'ordine è stato raggiunto l'obiettivo e si è bravi. Se vi è un rifiuto, vi è l'insuccesso. Pensi - proseguì il venditore guardando negli occhi il direttore – che questo lavoro è il più stressante che ci sia perchè il venditore, quello vero e professionale, mette in discussione se stesso ad ogni visita e, contrariamente ad ogni altro lavoro dove i risultati sono semmai verificabili solo a tempi lunghi, in questo lavoro vi è la verifica delle proprie capacità e di se stessi, ad ogni visita. Nulla è più frustrante che porsi o essere sottoposti a giudizio addirittura più volte al giorno....”


L'IMPORTANZA DELL'AGGIORNAMENTO

“Si – intervenne il direttore – lei mi sta presentando, al solito, una realtà sulla figura del venditore che fa riflettere. Tutti noi probabilmente siamo a conoscenza delle difficoltà di questo lavoro ma, malgrado questo, non penso ci sia mai una chiara idea dei bisogni, delle necessità di preparazione e di aggiornamento costante di cui necessitano i venditori per rimanere ed essere al passo coi tempi. Mi rendo conto anch'io – mio caro Rossi – quanto sia facile ritenere che oggi si possa ancora svolgere questo lavoro con un po' di conoscenze tecniche e tanta faccia tosta. Lei mi sta dando lezioni continue e mi fa riflettere, accidenti! Ci saranno molte aziende non attente a questo problema. La mi certamente lo è, poiché vedo i risultati che vanno via via scemando ed ora capisco i motivi”
“E' vero – caro mio – ma vede, la formazione delle reti vendite è sempre all'ultimo posto degli investimenti aziendali. E badi bene che ho detto investimenti. Se andiamo nelle aziende a chiedere scopriamo che l'aggiornamento delle reti vendita è sotto la voce “spesa”. Questo le fa capire come ci sia sempre scarsa sensibilità al problema. Pensi che le aziende investono cifre assurde in pubblicità e devono sperare che i risultati tornino da soli perchè le reti vendita non sono più preparate a vendere. La formazione, caro direttore - proseguì il venditore guardando nel fondo della tazzina alla ricerca di una goccia di caffè dimenticato - quand'anche viene realizzata spesso ottiene risultati scadenti perchè pochi sono coloro che sanno trasmettere le esperienze positive, rimuovendo nei venditori i punti negativi che creano loro difficoltà. La preparazione della visita, ad esempio, insieme alla chiusura della trattativa, sono i perni su cui si gioca tutto il lavoro di vendita. Ma credo che per oggi sia sufficiente quanto abbiamo analizzato, che ne dice. Di carne al fuoco ne abbiamo messa parecchia, non crede?”
Il direttore si alzò dalla poltrona in cui era sprofondato, dicendo “ Fin troppa per questo primo incontro. Confesso che non mi aspettavo di passare qui una intera giornata con lei.”



fine quinta parte

martedì 3 novembre 2009

DIMENTICARE

Rita Perugia

Gentili signori,
leggo sempre con interesse quanto scrivete e mi sembra che, nel panorama di quanto pubblicato in rete, tra miriadi di scemenze il vostro sia davvero un ottimo e serio servizio. Complimenti.
Vengo alla mia richiesta. Opero in un ufficio con diverse altre colleghe. Il lavoro mi piace abbastanza, nel senso che essendo un lavoro amministrativo e di gestione, non è che ci sia da impazzire dalla gioia. Tuttavia cerco di farlo al meglio. Ho però un problema che spesso mi viene fatto notare e che, anche se non fosse, noterei io perchè mi prende sul lavoro ed anche nella vita privata. Alcune cose le ricordo perfettamente alla virgola, altre le dimentico dopo poco.
Il problema è che vi sono cose, situazioni, frasi o altro che come mi sono dette o spiegate, io dimentico. Ascolto quando se ne parla, capisco e sono certa di ricordare per cui non prendo precauzioni anche perchè non so come potrei fare, ma alla fine, dimentico. La cosa è abbastanza fastidiosa perchè sembra che io voglia snobbare certe cose o non seguire le direttive ma è così. Perchè accade? Potete aiutarmi?

Mia cara Rita,
la risposta che posso darTi è rapidissima. Semplicemente noi dimentichiamo ciò che non ci interessa. Il nostro cervello opera alla meglio per catalogare quanto ritiene possa servirgli in futuro e scartare il resto. Quando noi non siamo interessati a qualcosa, nel senso vero del termine, inviamo al cervello un messaggio con cui gli diciamo di non accantonare, di non archiviare perchè tanto quell'informazione non è così utile e necessaria da essere tenuta in conto.
E lui agisce di conseguenza.
Quasi certamente Tu, che alla fine non mi sembri così interessata al lavoro che svolgi, Ti sei già data delle norme “personali” avvisando il Tuo cervello di ciò che deve ricordare o non vale la pena archiviare. Ascolti quindi ciò che Ti viene detto; al momento sei perfettamente cosciente ma se ritieni che l'informazione non sia così utile per Te, comunichi al cervello di non tenerne conto più di tanto. Magari verrà messa in lista d'attesa e dopo qualche ora o giorno, nulla variando, buttata nel cestino della memoria.
Come sul lavoro questo vale anche nella vita. Tendiamo a ricordarci maggiormente delle cose piacevoli, utili, emozionanti, accattivanti, necessarie ed invece, spesso, i problemi, le nozioni, le scadenze, gli impegni pesanti e tutto quanto non ci interessa poi molto, li mettiamo nel dimenticatoio.
E' una scala dei valori che diamo in automatico.
“Questo lo ricordo o lo devo ricordare perchè mi è utile”. “Questa cosa non mi interessa”. Con queste due frasi informiamo il cervello di come deve agire. Poi viene un automatismo. Non dobbiamo nemmeno più dirlo. E' tutto un insieme di atteggiamento mentale che dà le indicazioni e dice cosa fare. Così, quando magari dimentichiamo una cosa, ci domandiamo perchè capiti e siamo imbarazzati non avendo la sensazione d'essere intervenuti nella valutazione.
Per finire quindi: noi ricordiamo ciò che desideriamo ricordare e dimentichiamo ciò che, secondo noi, non è interessante ricordare.
Ora sta a Te fare un esame e capire come agire in futuro. Se quanto detto in ufficio Ti crea problemi e va ricordato; per riabituare il cervello a prenderne nota, usa la penna. ScriviTi, come un tempo si faceva e come ancora oggi si dovrebbe fare, le cose che Ti vengono dette. Apri un quaderno e prendi nota di tutto. In riunione, ascolta e scrivi. Se il Tuo Capo Ti dice qualcosa, apri il blocco e scrivi. Già l'azione dello scrivere avverte che la cosa va ricordata ed implica quindi un coinvolgimento del cervello che, in questo modo, tornerà ad abituarsi a ricordare.
Penso infine che anche la valutazione sul Tuo operato possa in qualche modo cambiare e Tu ne possa trarre un vantaggio professionale.
Ciao.

domenica 1 novembre 2009

IL PROFILO DI UN BUON VENDITORE

Sotto il titolo “il profilo di un buon venditore” ha inizio una serie di riflessioni formative che, se sviluppate, formeranno coloro che sono interessati al tema. Questi scritti vanno presi come schizzi di preparazione di un quadro.
La tecnica che uso è quella a me molto cara: un racconto da leggere stando in poltrona, con tutti gli ingredienti per comprendere in modo davvero facile e divertente. Se vi appassionerà, sarete sulla buona strada.


Ultime righe della terza parte


Una volta aggiunta la sesta riflessione, tornò a dialogare col suo ospite.
“Le argomentazioni di vendita. Si, non possono essere lasciate al caso ma devono essere preparate ed in questo, l'azienda ha una grande responsabilità. Le racconto una cosa che ripesco dai miei ricordi....” disse allungandosi sulla poltrona.


Quarta parte


“Molto tempo fa le grandi aziende, quelle multinazionali per intenderci, in cui nulla è lasciato al caso, usavano preparare la visita di vendita fornendo poi a tutti i venditori quello che in gergo era chiamato disco di vendita. Sa cos'era? Semplicemente la costruzione di tutta l'argomentazione o se vuole, la trattativa, fatta con l'esperienza del direttore vendite e dei suoi collaboratori. Veniva chiamato disco perchè l'argomentazione, che era scritta nelle circolari di vendita, doveva essere ripetuta esattamente ad ogni visita proprio come se si rimettesse, ogni volta, un disco su un piatto. In questo disco veniva programmato tutto; da come approcciare il cliente a come incuriosirlo; da come mostrare il prodotto a come preparare l'ordine e così via... Ricordo che, già allora, qualcuno sorrideva all'idea; altri adottavano esattamente questo metodo e magari ottenevano buoni risultati. Poi, anche in questo campo nacque un'ondata di ribellione. Basta con il disco vendita; non siamo robot, sappiamo bene come comportarci senza ripetere le cose meccanicamente.

Così – proseguì il venditore – lentamente passò di moda. In realtà non si tenne conto di due punti essenziali:

- il disco vendita, o per meglio dire, l'argomentazione, se era vero che veniva ripetuta dal venditore dieci o venti volte al giorno, era altresì vero che il cliente che la udiva, l'ascoltava una sola volta per la prima volta. Quindi, se ci pensiamo, nessuna paura di apparire robot ripetitivi sminuendo la propria personalità. Ripetere una buona argomentazione poteva quindi aiutare a raggiungere l'obiettivo per cui era stata pensata: esporre in breve e secondo un filo logico tutte le cose che andavano dette per arrivare alla fine della presentazione con la possibilità di effettuare un ordine.

- All'ora, come oggi e come sempre, non tutte le persone e non tutti i venditori erano e sono uguali. Alcuni possono essere più pronti di altri a trovare le giuste argomentazioni, è certamente vero, ma è anche vero che altri possono avere difficoltà ed il cosiddetto disco di vendita andava visto proprio come traccia che ognuno poteva o doveva aggiustare secondo la propria personalità p le proprie capacità.

“Fu un errore – proseguì il venditore, vedendo che il direttore generale ascoltava con attenzione - Questo patrimonio andò perso ed oggi, purtroppo si vedono venditori che non hanno argomentazioni; non sanno che dire e visitano la clientela solo per raccogliere ordini che potrebbero essere inviati tranquillamente via email. In un certo senso stanno distruggendo il loro stesso futuro.”


LA TRACCIA

Il direttore generale si alzò dalla poltrona stando un attimo a guardare nel vuoto quasi a volersi concentrare meglio. “ Quindi lei - disse – mi sta suggerendo di predisporre un'argomentazione per la vendita dei vari prodotti, in modo tale che i venditori abbiano una buona traccia su cui lavorare e, se ben capisco, la traccia deve contenere elementi che tutti possano e debbano usare....”
“A dire il vero – rispose il venditore – con molta schiettezza le suggerisco questo ma, se mi permette, in questo momento le dico anche che non può essere lei a creare queste argomentazioni così come neppure il suo direttore vendite....”
“Certo, ha perfettamente ragione – interruppe il direttore generale – in questo momento creerei argomentazioni non dissimili da quelle che ho sempre usato io; meglio farle preparare da un altro. Che ne direbbe di venirmi a trovare e di darmi una mano per i primi tempi? “
“La ringrazio e sono felice di poterle trasmettere la mia esperienza. Non è facile costruire un buon disco di vendita come non è facile costruire un buon venditore ma, con un po' di pazienza, possiamo identificare un profilo ideale. Che ne dice?”
“Si – rispose il direttore generale – credo di si e penso che una volta fatto questo cambieranno molte cose nella mia azienda.”


LE OBIEZIONI

“Bene, abbiamo parlato delle argomentazioni e di come, malgrado ciò che si può pensare, tornare alla costruzione di argomenti guidati sia utile in un periodo in cui vi è troppa confusione e poca personalità. Ma non basta ancora. Ricordo di essermi trovato spesso nella condizione di vedere all'opera dei venditori che riuscivano ad ottenere risultati solo quando potevano parlare senza essere interrotti dai clienti. Abili professionisti che scivolavano però sulle risposte alle obiezioni come su bucce di banana. Il fatto è, mio caro Direttore, che per qualcuno vedere altri che mettono in dubbio quanto si sta dicendo crea una situazione di disagio come se si mettesse in dubbio la loro credibilità. Ho visto persone crollare improvvisamente senza riuscire più a coordinare le idee e le argomentazioni in un filo logico. Eppure le obiezioni sono semplicemente le argomentazioni che il cliente fa per due soli motivi: non ha desiderio di acquistare e cerca di porre un argine oppure, molto più spesso, sono solo la richiesta di chiarimenti che nasce da un interesse per l'acquisto del prodotto presentato. In pratica, il desiderio di saperne di più. Le obiezioni sono un fatto naturale ed un venditore deve saperle affrontare con sicurezza e serenità. Anche su queste però – proseguì il venditore – tornando a sedersi in poltrona - occorre essere preparati, ne più ne meno che sulle argomentazioni di vendita.”
“ Mi sta dicendo – interruppe il direttore – che occorre predisporre una specie di tabella delle eventuali obiezioni e delle risposte da dare?”
“Proprio così. - rispose il venditore - vede, molti venditori ritengono che le argomentazioni e le risposte alle obiezioni non possano essere preparate prima ma vadano affrontate direttamente in base alla situazione che si presenta durante la visita. Sono convinti in questo modo di essere liberi di pensare ed agire come vogliono. In realtà, la cosa buffa è che senza saperlo finiscono inevitabilmente per costruirsi delle risposte standard, tirando fuori dalla memoria la risposta che precedentemente aveva dato loro un buon risultato in un incontro precedente. Accade infatti che inconsciamente noi ci troviamo, davanti ad una situazione, a gestirla nel modo in cui abbiamo gestito la stessa situazione quando ci si è presentata in precedenza. Insomma: abbiamo ottenuto un buon risultato dicendo determinate cose o agendo in un determinato modo e la nostra mente ci dice di agire esattamente come all'ora. Nulla di nuovo sotto il sole.”
“Già. Non si vuole un'argomentazione prefabbricata e non si vogliono risposte pronte, per poi arrivare ad usare risposte già usate....”
“Si, caro direttore. Proprio così. Vogliamo essere liberi ma finiamo per trovare sicurezza in qualcosa che abbiamo pronto dentro di noi.”


fine quarta parte