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giovedì 17 aprile 2008

Primo lavoro

Gioia L. Catania
“.....Non so come e cosa chiedere. Però ho bisogno di chiarimi le idee. Ho diciotto anni, scuole finite. Voglia di libertà ma anche necessità di costruirmi un futuro e di avere un lavoro. Penso al classico impiego presso un avvocato ma dev'essere barboso. Poi penso a fare la commessa in un negozio ma ci sono vincoli che non mi permetterebbero d'essere libera. Mi farei anche il cosiddetto mazzo se potessi davvero pensare che serve, ma se anche faccio la commessa, al massimo rimango tale fino alla fine. Cosa devo fare? Mi aiutate in questo amletico dubbio?....”

Gioia cara,
a diciotto anni ed ai nostri giorni è davvero dura pensare di chiudersi in un ufficio se non ci si sente portati. Lo è meno, per una ragazza, fare la commessa. Ma a Te non va molto bene nemmeno questo. Vuoi la libertà. Poi però dici che hai bisogno di lavorare e che Ti faresTi in quattro se pensassi che servisse a costruire qualcosa.
In fondo, forse, non sei poi ...tanto male. Fai anche capire che nella Tua vita ambisci a fare carriera.
I giovani oggi, hanno purtroppo un concetto sbagliato del lavoro ed è per questo che, non riescono ad inserirsi con soddisfazione. Il lavoro è visto ( l'ho già detto altre volte) come quella cosa che sta tra il divertimento ed il riposo. Un obbligo di cui, se si può, meglio farne a meno. Ecco allora che si pensa al lavoro solo come fornitore di una cifra necessaria per soddisfare il divertimento. Non sono pochi i giovani che decidono di andare a lavorare un paio di mesi sol per raccogliere qualche centinaio di euro che servono per andare a Ibiza, alle Maldive o altrove. Questo è l'obiettivo: lavorare quel tanto che basta per pagarsi la vacanza. Poi si vola a Ibiza, si spende, ci si diverte e si torna per cercarsi un'altra veloce attività per la futura vacanza.
Non c'è attaccamento al lavoro; non c'è ambizione; non c'è alcun pensiero sul domani. E molto più presto di quanto si creda, il domani sarà lì a chiedere conto di ciò che è stato fatto. Poi ci si accorgerà che il mondo del lavoro non sarà più ad attenderli. Allora ci si aggregherà alle proteste sociali, lamentandosi di tutto.
Appartengo ad un'altra generazione, quella in cui, quando si parlava di iniziare il lavoro, lo si faceva tra amici cambiando addirittura il tono di voce. Anche in una situazione allegra, parlando di lavoro la voce diveniva seria. Ognuno sentiva cioè il peso della responsabilità a cui sapeva dover andare incontro. Ma nessuno se ne sottraeva anzi, al primo lavoro, noi tutti quasi cambiavamo personalità. Improvvisamente si capiva d'essere divenuti uomini; una stagione della vita era finita e se n'era aperta un'altra, più impegnativa. E con il lavoro, si pensava a costruire qualcosa; ad accantonare, a crescere. E non c'era rivalità o invidia, o odio verso chi svolgeva un lavoro magari migliore. Era il lavoro in sé che ci faceva passare da uno stato all'altro. L'impiegato rimaneva amico del muratore e quest'ultimo con il negoziante. Tutto era onorevole. Dalle amicizie ed dai clan erano solo tenuti fuori coloro che “non ne avevano voglia”.
Oggi, molti giovani (fortunatamente non tutti) vorrebbero iniziare da una Direzione Generale, magari senza alcuna preparazione. Non vorrebbero regole, limiti, vincoli, obiettivi, pressioni (che tutti abbiamo avuto) ma solo danaro.
A Te Gioia, non posso che dire quanto penso e dico sempre. Non importa ciò che andrai a fare, tanto potrai cambiare quando vorrai. Solo Ti prego, quando lavorerai, fallo con il massimo impegno. Metticela tutta. Ecco, se Tu iniziassi un lavoro di vendita, tanto per rimanere nell'ambito delle mie massime conoscenze, Ti direi: fai il venditore pensando di essere il Direttore Commerciale di Te stesso.
Riesco a spiegarmi?
Ciao