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lunedì 29 marzo 2010

RISCHIO DI LICENZIAMENTO

Alessandra (lombardia)


Salve,
mi chiamo Alessandra e scrivo da una città lombarda. Vi ho trovato quasi per caso cercando in rete una soluzione al mio problema...Vi espongo il mio caso, sperando che possiate aiutarmi.
Da circa due anni lavoro presso una ditta che si occupa di ricambi e particolari per macchine industriali;una piccola realtà a carattere familiare. Nei primi mesi tutto filava liscio, i rapporti erano perfetti. Da parte della Proprietà c'erano tutti i presupposti per farmi crescere all'interno dell'azienda...seguivo corsi di lingue pagati dalla ditta, trasferte di lavoro...insomma tutto andava per il meglio... Premetto che il posto di lavoro dista 300 metri scarsi dalla mia abitazione, sono stata assunta a tempo indeterminato da subito, la ditta è sana e paga con regolarità...un posto ideale!
Purtroppo le cose oggi sono cambiate. Dopo circa un anno dalla mia assunzione i miei datori di lavoro hanno iniziato a manifestare disappunto su ogni cosa io svolgessi, senza una motivazione apparente. Su ogni cosa c'e da ridire. Tutto ciò che faccio è un errore, sono diventata col tempo il capro espiatorio dell'azienda, anche i miei 4 colleghi se ne sono accorti, tant'è che pure di fronte ad un palese errore di un altro la colpa ricade su di me!
La mia mansione consiste nel gestire ordini clienti e fornitori italiani ed esteri, e sono a stretto contatto
con il "figlio" del proprietario,il quale non mi permette di svolgere serenamente il mio lavoro subissandomi
di ordini e contrordini distogliendomi da quelle che sono le mie mansioni prioritarie e portandomi inevitabilmente all'errore. Questa situazione si è ripercossa sul mio stato di salute. Più volte sono ricorsa al medico (sempre con permessi personali, MAI con la mutua!)per patologie riconducibili allo stato di stress dovuto a questa situazione... Posso dire di essere disperata! Sono arrivata al punto di chiedere un consulto allo psicologo dell'ASL...non so proprio come uscirne... Come se non bastasse due giorni fa mi è stata consegnata una lettera di richiamo per alcuni errori fatti mesi fa;non posso certo dire con certezza di non averli commessi, ma anche verificare la veridicità degli stessi è impossibile! Ho deciso di rivolgermi al sindacato, perchè è ormai palese che la Proprietà ha deciso di "silurarmi", tant'è che sul giornale locale comparso un annuncio in cui la ditta richiede una figura identica alla mia (la ditta ha 6 dipendenti e ovviamente non ci sono 2 figure uguali). Vorrei chiedere quali sono gli strumenti disponibili per difendermi. Ho paura che possano licenziarmi da un giorno all'altro o recapitarmi altre lettere simili per poterlo fare ed avere una sorta di alibi. Io non ho voglia di fare cause, di "andare per avvocati",io voglio poter lavorare con serenità, tornare a casa stanca ed esausta per il lavoro e non con il magone e le lacrime da nervoso!!!!
Ho provato ad avere un dialogo con la Proprietà, capire quali siano stati i miei errori, le mie mancanze, dove ho sbagliato se ho sbagliato...Sono andata incontro stringendo i denti e ingoiando il rospo, anche quando con la consapevolezza di aver ragione dover dire di aver torto, perchè sarebbe da stupidi oggi perdere un lavoro con queste caratteristiche, ma non c'è stato verso di capire quali siano le cose che non vanno...
 Credo di aver fatto tutto il possibile per riconciliarmi ma penso che, comunque, anche se dopo una vertenza dovessi risultare "vincitrice", la sconterei in altri modi...purtroppo questa collaborazione è giunta al capolinea. A questo proposito ho anche pensato di licenziarmi in cambio di una "buona uscita"che potrebbe essere il corrispettivo di uno o due anni di lavoro... Questa è la mia storia e le domande per Voi sono:
come devo muovermi per tutelarmi e visto che comunque i rapporti sono compromessi, faccio bene ad andarmene di mia spontanea volontà? E legale la richiesta di denaro in cambio delle dimissioni?
Vi ringrazio in anticipo per l'aiuto.



Cara Alessandra,
vorrei tanto non rispondere mai a lettere come la Tua perchè è sempre difficile consigliare soluzioni così personali ma mi sono sempre proposto di rispondere a tutti e quindi lo faccio.
Sei disperata! In una frase, nella lettera, dici “sono disperata” e questo è il succo della situazione in cui Ti trovi. Nella vita occorre tutto tranne che essere disperati. Le cose ci possono apparire brutte, orribili, ma c'è sempre, oltre questa soglia, qualcosa di più sereno che ci aspetta. Quando pensiamo di essere sull'orlo del baratro non vediamo alcuna luce. Invece c'è. C'è sempre. La disperazione fa vedere ovviamente tutto nero ma la vita è piena di situazioni negative a cui si pensava di non poter uscire e che poi ci si è lasciati alle spalle, felici d'averlo fatto.
Vediamo se mai sia possibile soffermarci su alcuni punti per aiutarTi. Il primo anno di lavoro è andato bene poi sono iniziate le difficoltà. E giusto questo il periodo più difficile perchè, di norma, non bastano pochi mesi per capire se la collaborazione può essere profittevole o no, da entrambe le parti. Si è come in un matrimonio. Nella luna di miele tutto va bene perchè la fase dell'innamoramento non fa mai essere obiettivi nei giudizi e nelle valutazioni. Nel lavoro è la stessa cosa. Inizialmente sia una parte che l'altra tendono a non esprimersi liberamente e non scoprendosi, è difficile che le cose non vadano bene. Poi...arriva il momento come è arrivato a Te.
Io non so la Tua situazione personale. Quanti anni hai e se sei sposata. (A parte che oggi val poco anche questo). Me lo domando perchè scrivi che sei a diretto contatto col figlio del proprietario da cui, praticamente, dipendi. C'è stato tra Voi qualche frizione per motivi...personali? Non è magari che Ti abbia chiesto qualcosa a cui Tu hai risposto picche? Forse ha un po' troppo attenzioni e Tu non Te lo fili? Per carità, magari nulla di questo, ma nelle ipotesi non posso non inserire questa possibilità. Non sarebbe il primo caso di difficoltà che ha proprio in questo la chiave di ciò che avviene. Non vado oltre, su questo puoi rispondere solo Tu.
Tornando ad altre ipotesi relative al lavoro, comprendo che davvero non sei messa molto bene. Mi presenti la solita situazione in cui la Proprietà (in questo caso il figlio), probabilmente non preparato a gestire collaboratori, agisce scaricando le proprie incapacità sugli altri, creando ciò che accade. Questi ordini e contrordini non possono evidentemente permettere un sereno e corretto lavoro, ma chi glielo dice? Lo sappiamo io e Te. Chi agisce così, solitamente non se ne rende conto e quindi non può correggere qualcosa di cui non è consapevole. Fare il Capo non è poi tanto facile; e se lo si fa senza preparazione o cultura interiore, si creano danni.
La lettera di richiamo è ovviamente un segnale forte a questo punto e se a questa aggiungiamo l'inserzione apparsa sul quotidiano...mi sembra che la strada sia segnata. Certamente la Proprietà si sta preparando, con la lettera di richiamo, la motivazione per agire col licenziamento che presumibilmente avverrà dopo la ricerca con l'inserzione.
Se Tu hai questa consapevolezza, e mi pare di si, non devi drammatizzare oltre perchè, alla fine, faresti male a Te stessa ed alla Tua salute. Cerca davvero di stare calma. Se vali e sai di valere, un altro posto lo trovi.
Veniamo ora ad un punto della lettera che sarebbe stato estremamente interessante ma su cui inaspettatamente sorvoli. Dici d'aver avuto un colloquio con l'azienda per conoscere i problemi senza aver avuto risposte chiare. Sarebbe stato molto utile sapere sopratutto cosa Ti hanno risposto loro, ma non lo dici.
Dici però e lo ammetti, che errori ne hai fatti ma solo perchè portata a farli dal comportamento del Capo. Tu pensi che i Proprietari siano disposti a credere che gli errori nascano da un comportamento non perfetto del loro figliolo? Non credo e quindi, Tu stessa capisci d'essere arrivata al capolinea.
Il problema, ora, anche per la Tua salute, è sapere come uscirne. Un Sindacato adesso Ti direbbe che può agire solo davanti ad un licenziamento da impugnare (ma se a questo licenziamento è allegata una o più lettere di richiamo, la cosa si fa più difficile). Comunque la strada del Sindacato la puoi sempre intraprendere successivamente ed anche l'eventuale strada legale è sempre successiva al licenziamento ma, come Tu hai ben capito, entrambe anche se a Te favorevoli non porterebbero (come dico spesso) a nessun buon risultato perchè quando i rapporti sono rotti non si ripianano per legge ed ogni eventuale reinserimento non farebbe altro che farTi ritrovare in un ambiente ed in una situazione peggiore di oggi.
L'uscita con una indennità è una strada percorribile....se la vogliono percorrere loro. Sta a Te capire.
Io, non avendo elementi su cui basarmi (perchè purtroppo non me li hai dati) posso dirTi cosa farei se la situazione mi coinvolgesse.
1° La salute. Poiché è il bene più prezioso che abbiamo, dobbiamo mantenerlo. Star bene con noi stessi ci dà la possibilità di essere al meglio e di dare il massimo. Io cercherei di rimanere calmo; di dividere il lavoro dalla vita privata staccando davvero la spina all'uscita dall'ufficio. E fuori, cercherei di vivere come se non avessi problemi. Portarseli dietro (è difficile non farlo, ma occorre tentare) non serve se non a deprimersi ed a minare la salute. Proverei a pensare che, in fondo, “chi se ne frega” . Io valgo e troverò qualcosa di ancor meglio. Anzi, mi metterei subito alla ricerca. (Cosa che Tu, in tutto questo tempo, non hai fatto, rimanendo tenacemente attaccata a qualcosa di sbagliato).
2° Chiederei un sereno colloquio con la Proprietà, ancora una volta. Se mi chiedessero il perchè, direi che “devo capire perchè sta accadendo tutto questo e, non capendolo, chiedo un colloquio proprio per chiarire.” Oggi poi, con l'arrivo della lettera è ancor più utile. Se proprio dovessi ammettere gli errori, agirei lealmente dicendo che questi sono nati da una situazione di caos di direttive che mi sono stati dati e che, anche cambiandomi con un'altra persona, la situazione di caos rimarrà.. Insisterei per sapere come mai per un anno tutto è filato liscio per poi scoprire che non vado bene. Chiederei davvero che mi venissero dette le motivazioni perchè solo facendo affiorare le cause si possono poi correggere.
3° per mia abitudine mi presenterei con un notes per segnarmi le cose che mi dicono ( i problemi che ho creato) e per avere sotto mano i punti a cui controbattere, con serenità. Chiederei il perchè di questo accanimento nei miei confronti, davanti ad un atteggiamento di leale massima collaborazione da parte mia.
4° l'obiettivo è quello di arrivare ad un punto di incontro. Se io parlassi con pacatezza, senza astio, dovrebbero prendere atto di questo atteggiamento e controbattere nello stesso modo.
5° Se non vedessi un rilassamento da parte loro, a quel punto, ma solo a quel punto, potrei proporre due soluzioni. Una collaborativa: “se non vado più bene nella posizione in cui sono, mettetemi in altra posizione (a parità di stipendio e grado) perchè non voglio creare problemi all'azienda.” Questa disponibilità potrebbe anche spiazzarli perchè solitamente nessuno la offre. Ma, avere un altro lavoro, anche inferiore, mantenendo quello che ho, mi permetterebbe di agire sul mercato con più calma nella ricerca di un altro lavoro e magari poi scoprirei che quella nuova mansione è più serena. La seconda opzione è appunto quella di “cercare assieme una forma di chiusura della collaborazione che mi permetta di non trovarmi sul lastrico e di lasciarci comunque con una stretta di mano. Poiché è evidente che volete liberarvi di me, datemi una mano. Credo che per trovarmi un nuovo lavoro oggi, potrei impiegare anche un anno e quindi copritemi per questo tempo. Sono certo che entro un anno tornerete a cercarmi perchè Vi accorgerete che forse le cose non erano come le state vedendo, ma poco importa oggi perchè non potete avere una prova.”

Questi sono i punti su cui focalizzerei la mia trattativa. La richiesta di danaro per andartene, è legale. Fa parte di una trattativa personale che si fa sempre. Non puoi chiedere due anni di stipendio perchè non Te li darebbero. Devi sempre tener conto anche che, mentre Tu parti da due anni, loro partono da zero e quindi dovete incontrarvi. Credo che l'incontro lo potreste avere con un anno, compreso la liquidazione. In pratica, se Tu sei impiegata da due anni, dovresTi, se il contratto è quello classico, avere due mesi di liquidazione. Il tentativo è di portare in tutto a 12 mesi (due + altri 10 aggiuntivi). Chiarisci subito che non è indispensabile una risposta immediata perchè la Tua è una proposta. Fai però intendere che non vuoi metterTi a mercanteggiare. Dico questo perchè sarà naturale, davanti alla Tua proposta di 12 mesi, arrivare ad offrirTene 6.
Tienti preparata anche ad una chiusura totale davanti alle richieste. Solo in questo caso e solo davanti ad atteggiamenti duri, puoi dire “mi spiace che davanti ad un approccio che voleva essere collaborativo e amichevole, manteniate questo atteggiamento così duro nei miei confronti. Non lo volevo, non lo voglio e non lo vorrei, ma se davvero volete proseguire così cattivamente nei miei confronti, dovrò necessariamente agire di conseguenza e mettere in mezzo il sindacato per una questione che poteva essere chiarita tra noi e che, finisca come finisca, creerà solo fastidi che non avrei, malgrado tutto, voluto crearVi”

Cerca davvero, se puoi, una soluzione interna perchè una lite giudiziaria, vedrebbe la Proprietà con in mano documentazioni che Tu non hai. Non so quando Ti è arrivata la lettera di richiamo ma se fosse giunta da poco, devi salvaguardarTi dando risposta (per raccomandata r.r.) su ogni punto che Ti viene contestato. Molto spesso i lavoratori non sanno che le cose vanno sempre scritte per poter avere un valore. E Tu sei l'unica che può controbattere a quanto detto. Puoi approfittare proprio della lettera per chiarire i Tuoi punti di vista dando, anche se in modo sereno e collaborativo, le responsabilità di quanto eventualmente contestato a “situazioni generali di mancata chiarezza negli ordini ricevuti, cosa che ha portato a difficoltà nella perfetta attuazione degli ordini stessi ed a cui non potevo collaborativamente esimermi”
Puoi anche dire, se vuoi, che “non comprendi la situazione che si è venuta a creare, dopo una fattiva e serena collaborazione durata oltre un anno e che Ti fa propendere per ritenere che dietro a tutto questo vi sia un piano per creare artificiosamente situazioni di mobbing atte ad una chiusura del rapporto e che Tu stai subendo con notevole danno biologico per la salute.”

Ti do i suggerimenti sopra scritti nell'ottica di quanto Tu ci hai scritto. In queste situazioni manca sempre di conoscere ciò che pensa la controparte e questo è un limite. Ovviamente non posso sapere se hai detto tutto o tutta la verità per cui, devi agire Tu come ritieni giusto.

In risposta alle Tue domande finali quindi:
devi tutelarTi rispondendo sempre per iscritto a ciò che Ti viene detto anche oralmente. Devi chiedere un colloquio per portare avanti il chiarimento e le eventuali proposte. Devi, per il tempo che Ti rimarrà, vivere comunque con filosofia questa situazione, pensando che non puoi fare lotte contro i mulini a vento. Devi contemporaneamente metterTi alla ricerca di un altro lavoro fin tanto che puoi presentare un curriculum con la descrizione di quanto svolgi oggi. Devi vivere bene, al di fuori del lavoro perchè la salute è Tua e se la perdi, perdi Tu. Devi far intervenire, se vuoi, il Sindacato, ma dopo l'eventuale licenziamento e se non c'è stato accordo. Infine, se non trovi soluzioni interne che Ti aggradano, fai bene ad andarTene perchè, come ho già detto, la vita è una è non val la pena rovinarsela in un ambiente di lavoro che non Ti accetta.
Se la situazione di attriti va avanti da un anno può darsi, ma lo sai solo Tu, che esistano tutte le motivazioni per un vero e proprio mobbing. In questo caso, anche una dichiarazione del medico specialista che attesti lo stato di stanchezza psicofisica sarebbe opportuno per un'eventuale mossa successiva.
In ogni caso, Ti auguro di risolvere al meglio la cosa tra di Voi.
RicordaTi che quando si chiude una porta, spesso si apre un portone.
Ciao