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martedì 21 luglio 2009

MOBBING

lettera non firmata

Buongiorno. Ho scoperto per caso il vostro sito e non so neppure se questa mia storia può essere catalogata nelle vostre pubblicazioni. Sembrerà comunque una storia come altre ma ogni esperienza purtroppo per chi la subisce merita attenzione, ma soprattutto per le persone che hanno provato questa esperienza serve anche sapere che, purtroppo oggi come oggi è quasi l'ordine del giorno, alle persone viene negato un diritto umano. Diventi mamma e non servi più.
La cosa più bella che una donna possa desiderare è diventare MAMMA.Dopo tanti anni ho realizzato il mio sogno è nata un angelo, veramente è una angelo di bambina.Tutto questo ti ricopre di gioia poi un bel giorno devi fare i conti con l’invidia, la gelosia e soprattutto con la cattiveria umana.Diventi mamma e perdi il Lavoro.Perdere il lavoro ai tempi d’oggi è una cosa molto tragica ma la cosa ancora più allucinante è che lo perdi non per mancanza di lavoro, per fallimento aziendale ecc ma perché ti fanno MOBBING.Oggi se ne parla tanto ma fondamentalmente nessuno lo conosce bene o, mi spiego meglio nessuno è in grado di aiutarti.Leggo tutti i giorni che esistono centri, sindacati, associazioni ma alla fine sei sempre sola con te stessa, se poi aggiungiamo che per sfortuna sei anche economicamente in difficoltà sei proprio allo sbaraglio!!! La devastazione arriva quando meno te lo aspetti ma non ci credi finché non la provi. Te lo fanno trovare su un piatto d’argento: è il mobbing, peggio che avere un cancro perché l’informazione ci documenta che da esso ti puoi anche salvare, il mobbing ti conquista e non ti lascia maiQuel lavoro era tutta la mia vita. Ho dedicato anni per essere sempre più corretta, leale ma alla fine mi sono trovata sola… ho abbandonato il posto di lavoro dopo 10 anni di servizio, mi sono e mi hanno umiliata, ho pianto, ho pregato e alla fine mi sono ammalata.Quando leggo esperienze come le mie mi sento impotente perché vorrei aiutare tutti ma purtroppo non riesco a fare nulla, come del resto ho fatto con la mia persona, non sono stata brava mi sono dovuta arrendere e dopo 5 anni stò ancora pagando le conseguenze. Dove ho sbagliato!!!!!!.Una mattina come le altre, vai in ufficio sembra tutto ok ma invece inizia l’incubo.All’inizio non riesci tanto a comprende cosa stia succedendo anche perché ti colpiscono quando stai vivendo una momento della tua vita abbastanza impegnato, a me è successo in un periodo meraviglioso.Poi i giorni, i mesi passano e ti rendi conto che qualcuno ti sta guardano, parlano in modo diverso, allora ti fermi, fai un esame di coscienza e ti chiedi cosa sta succedendo? devo dire che, per la mia esperienza personale, ancora oggi dopo 5 anni mi chiedo ancora dove ho sbagliato, dove potevo tamponare, dove non sono riuscita a capire e soprattutto PERCHÉ non ho capito cosa mi stava facendo quella DONNA prima di ammalarmi e dimettermi.Mi ha rovinato la vita ma quello che mi fa più soffrire è che oltre alla mia di conseguenza ha rovinato quella di mio marito, che devo dire è sempre stato al mio fianco senza parlare ma c’era e c’è tutt’ora, ma del mio piccolo angelo che chiedeva solo una mamma che sorridesse come prima e di non vederla sempre triste chiedendomi persino se la colpa fosse sua.Devo dire che se non avessi avuto lei in certi momenti ma no non lo voglio ricordare.Ho tanto pianto, mi sono fatte tante domande ma non ho risolto nulla.L’unica cosa che volevo e che ho fatto, nella speranza che paghi per la sofferenza che mi ha REGALATO, ho intrapreso una causa di lavoro. Mi guardo allo specchio e mi vedo invecchiata di 20 anni però mi dico che devo essere forte, se non per me per il mio angelo che ha tanto bisogno di una mamma serena e mi auguro e voglio credere che i Giudici che esamineranno la mia causa non siano solo bravi legislatori ma siano anche persone umane. Vorrei augurare a tutti quelli come me di poter riprendere a vivere
UNA MAMMA

Gentile Signora,
ho letto più volte la Sua lettera perchè, spesso, anche se non vogliamo, nei nostri scritti e soprattutto tra le righe dei nostri scritti è possibile comprendere molto di noi.
E' assolutamente chiaro che in Lei v'era un desiderio di maternità che sicuramente, in un certo periodo ha prevalso su ogni altra situazione. Ogni riga della Sua lettera è impostata e tende a soffermarsi sulla maternità. Maternità per anni desiderata; maternità all'apice dei sogni; maternità come coronamento femminile.
Quando si è così presi da un desiderio tanto forte, spesso si può anche non comprendere ciò che accade attorno a noi; si può, anche involontariamente, perdere forza in altre situazioni; si può non rendere più nel lavoro perchè la mente è occupata altrove e non riesce ad essere obiettiva.
Tanto più vi è difficoltà a divenire mamma, tanto più la mente si focalizza (sino a conseguenze che non è il caso di approfondire qui) su questo obiettivo, tralasciando o vedendo sotto un'altra luce gli altri impegni.
Il desiderio di maternità può divenire un'ossessione e davanti ad un'ossessione c'è ben poco che tenga e ben poco che stia, nella nostra mente, alla pari.
Si può arrivare a non vedere chiaramente le cose che ci circondano,con mente lucida, tant'è che poi forse a ragione ma forse anche a torto, si arriva a dare la colpa di ciò che non va a quello che ci circonda. Così, in ufficio, le persone alla nostra mente diventano ed appaiono improvvisamente invidiose, gelose e cattive. Perchè? Perchè improvvisamente dovrebbero divenire tutte nemiche? Non sarà forse stato che la Sua mente le ha viste così? Invidiose del Suo stato d'attesa? Gelose della Sua maternità? Cattive? E perchè mai? Solitamente la maternità porta a situazioni di tenerezza e coinvolgimento maggiore. Può darsi però che, come Le ho detto, quel Suo stato l'abbia portata all'estrema idealizzazione della maternità, tale da mettere in secondo piano tutto il resto.
Forse questo è stato notato dalle colleghe e dal Capo. Forse hanno visto in Lei una collega che non aveva più sul lavoro l'atteggiamento necessario. Forse.
Quel lavoro, scrive, era tutta la Sua vita. Ma poi, ha probabilmente travaso tutta la Sua vita sulla figlia.
Andava in ufficio e notava un atteggiamento strano. Leggendo la Sua lettera comprendo però poco sui motivi per cui ciò è successo e neppure comprendo se tutto ciò sia accaduto per colpa (mi pare) di una “donna”. E' solo chiaro un particolare del Suo modo d'agire. Lei ha visto le cose che non andavano e si domandava perchè? Si ammalava e si chiedeva “dove ho sbagliato?” Si è fatta tante domande ma non ha trovato risposte.
Solo che è inutile fare domande a se stessi. Le domande vanno fatte agli altri per avere risposte e per comprendere ciò che è successo. Lei, se mi permette, era in quei giorni che doveva chiarire con chi di dovere ciò che stava accadendo e non passare il tempo a piangersi addosso. Agire così non aiuta e non ha mai aiutato nessuno, tant'è che dopo 5 anni (credo di capire) sta ancora domandandosi il perchè.
Già il fatto che dopo un periodo così lungo di tempo Lei porti ancora dentro una visione che solitamente si prova a distanza di pochi giorni o settimane, significa una forte emotività non perfettamente gestita e forse, un astio, che dovrebbe essere ormai caduto “in prescrizione” per poter proseguire a vivere bene la Sua vita.
Ogni essere umano ha alti e bassi nella salute, nei rapporti, nella vita lavorativa. Di ogni cosa, prima o poi se ne fa una ragione, alza le spalle, fa un bel respiro profondo e tira avanti. La vita prosegue. Se ognuno stesse a piangersi addosso per qualcosa che è andato come non doveva, il mondo sarebbe un disastro.
Lei purtroppo, no. La Sua lettera ed il Suo modo dì esprimersi, dimostra che è ancora fortemente presente un dolore che non dovrebbe più esserci ed addirittura un dolore in cui ha coinvolto il marito e, quasi, la figlia.
C'è qualcos'altro che Lei non dice o che forse non sa e che avrebbe potuto sapere all'ora, se ne avesse parlato con il Capo.
Nel Suo scritto, ho cercato di trovare qualcosa che mi indicasse cos'era accaduto ma non sono riuscito a trovarlo. Credo sempre che in ogni nostra diatriba con altri, prima di dire che noi siamo vittime, dovremmo pensare sempre che quando puntiamo un dito contro gli altri, ne abbiamo tre puntati contro noi.
Questo per dirLe che i torti e le ragioni possono essere da entrambe le parti e solo dialogando si comprendono.
E se, a quei tempi, Lei avesse compreso che la “foga” della maternità Le aveva fatto perdere di vista il lavoro? Forse parlando lo avrebbe saputo ed avrebbe anche potuto gestire meglio la cosa. Ma ha preferito farsi domande senza potersi dare risposte; ha preferito non interrogare chi poteva rispondere; si è chiusa in se stessa sino ad ammalarsi per continuare in tutti questi anni a pensare che il mondo ce l'ha con Lei.
Ha pianto tanto ma piangere non serve. Dice che Le hanno distrutto la Sua vita e quella di Suo marito.
Brutti pensieri, se permette. Pensieri che portati dentro per tanto tempo possono arrivare a brutte soluzioni.
Sul mobbing, se Lei ha letto qualcosa in archivio, avrà visto che io non sono sempre così disponibile a comprendere il mobbizzato perchè spesso la situazione di mobbing si incancrenisce anche per volere della vittima che, anziché comprendere ciò che accade, i motivi che portano ad essere mobbizzati e le conseguenti rapide azioni da intraprendere, si blocca e si chiude in se stesso vedendo mobbing, a volte, anche dove non c'è. Chi si sente mobbizzato tende a vedere lo stato di cose come una situazione in cui lui deve pagare per chissà quale mancanza di altri. Si vede isolato, frustrato, colpevolizzato, ridicolizzato, messo in un angolo e quindi estraniato dal gruppo. Ed è questa la cosa che maggiormente fa male. Non tanto la perdita del lavoro in sé quanto il sentirsi isolato ed abbandonato dal gruppo che invece prosegue la propria strada.
Ora è in causa. Ed ancora scrive che l'unica soddisfazione che potrà avere è far pagare la sofferenza avuta (che poi forse dovrà consegnare al Suo avvocato). Dopo cinque anni ancora questi pensieri? Spera che il giudice sia buon gestore ma sopratutto “persona umana”.
I giudici devono giudicare secondo le leggi. L'umanità non può essere tirata in ballo. Anche perchè, solitamente entrambe le parti pensano d'aver ragione e quindi vorrebbero che i giudici la pensassero come loro. Ma alla fine, una parte perde necessariamente la causa pensando sempre d'averla persa ma d'essere comunque stato dalla parte della ragione.
Esca da uno stato mentale che non può portarle che male, perchè anche se dovesse vincere ( e vincerà perchè le cause del lavoro sono quasi totalmente vinte in partenza dai lavoratori e non dalle aziende) Lei proseguirà nel tempo a portare avanti quello che forse è divenuta una fissazione.
Anche vincendo troverà modo di rivangare il passato, di incolpare gli altri per i problemi ed i Suoi insuccessi. Ne esca. La smetta. Glielo chiedo anche duramente. Lo faccia. Mandi al diavolo tutti e tutto il Suo passato. Pensi che il mondo è andato avanti in questi cinque anni; solo Lei è rimasta ferma. Inizi a riprendersi il tempo perduto, galoppi verso il futuro; guardi in faccia Sua figlia con occhi diversi. Si apra mentalmente a nuove possibilità. Cerchi soluzioni, non ossessioni da coltivare.
Le difficoltà devono servire a renderci più forti, non a mantenerci “lagnosi”.
Lei è madre, come tante. Non so la Sua età ma se può, si cerchi un'occupazione a tempo pieno o part time. Torni a dimostrare a se stessa ad ai Suoi cari che Lei è ancora valida, attiva, capace. Solo così potrà tornare a vedersi “vincente” ai Suoi occhi.
Qualunque piccola occupazione Le sarà utile. Se dovesse trovare intoppi mentali per non agire come Le ho detto, dimostrerà che quel famoso mobbing era colpa Sua. Se tornerà a vivere ed a lavorare, dimostrerà a se stessa che aveva ragione Lei.
Che facciamo?