Ricerca personalizzata

lunedì 28 giugno 2010

ASPETTATIVE ED INSODDISFAZIONE

Marco (Lombardia)

Buongiorno,
 
sono arrivato al vostro interessantissimo blog perchè su Google ho digitato questa ricerca: "Idealizzare il lavoro". Perchè stavo ricercando proprio questo? Perchè penso di essere affetto da questo fastidiosissimo problemino! Cercherò di spiegarmi meglio...
 Ho 34 anni e negli ultimi 9 anni, dopo essermi laureato, ho lavorato per diverse società in diverse mansioni. Ho sviluppato una mia visione di "quello che voglio fare" e penso di aver seguito un percorso lavorativo che, se agli occhi di un selezionatore potrebbe sembrare dispersivo, ha comunque un suo filo logico. Non sono stato fortunato come chi, uscendo dall'università di economia (quella che ho frequentato io), inizia a fare il revisore, cresce fino ad associarsi in una big 4, e poi va a fare il cfo per una società sua cliente, e poi magari diventa anche l'AD della stessa. Non avevo le idee così chiare ma ho dovuto scontrarmi con la realtà e modificare in itinere le mie convinzioni e aspettative. 
Io non ho avuto questo percorso, anche perchè la carriera lavorativa si è fusa con la vita familiare  e ci sono scelte, assolutamente spontanee e che rifarei tuttora, che sono state orientate in favore dell'equilibrio familiare piuttosto che in favore degli obiettivi professionali. 
 In 9 anni ho lavorato per una piccola società di informatica nella città del nord in cui vivo, sono entrato poi in una grande azienda italiana solida e stabile e in quattro anni e mezzo, partendo dalla base come semplice impiegato, sono arrivato all'ufficio direzionale a cui puntavo. Poi mi sono reso conto che i miei obiettivi professionali e quelli del mio datore di lavoro non erano conciliabili, e così ho lasciato per frequentare un master che mi ha dato la possibilità di entrare nell'azienda per la quale lavoro oggi, da più di un anno e mezzo. Mi occupo di export e sono arrivato alla consapevolezza che quello che mi aspettavo anche da questa azienda (e non tanto dalla posizione che ricopro e che mi piace) non è in realtà quello che mi può offrire. E quindi mi ritrovo a rimettermi alla ricerca di una posizione come la mia ma in aziende differenti. Perchè mi ritrovo sempre in questa situazione di disaffezione? Forse perchè ho sempre troppe aspettative, troppi sogni (si, sono affetto dalla malattia del "sognatore") riposti nell'azienda per cui vorrei lavorare. Ma mi rendo però anche conto che mi è capitato poche volte di avere degli obiettivi concreti su cui posso confrontare i risultati che porto a casa (parliamo di budget, parliamo di risultati quantitativamente misurabili):" per cui questo mio approccio diciamo "creativo" o "strategico" prende il sopravvento e inizio a costruire una mia visione di "come dovrebbe essere". E rimango immancabilmente deluso perchè la realtà è diversa. Mi ritrovo oggi a dover smontare le aspettative che ripongo nel lavoro, nell'azienda, e ricercare altro perchè forse non riesco a scendere a compromessi con la realtà.
Sicuramente, se riuscissi a trovare un altro posto, dopo un po' di tempo questa disaffezione tornerebbe a  bussare alla mia porta. E allora come posso fare per sgonfiare a priori le mie aspettative e come posso essere più realista e non idealizzare troppo il mio lavoro o l'azienda per la quale lavoro?
Grazie per la vostra cortese attenzione.
Marco.


Egregio Dottor Marco,
ho riletto molte volte la Sua lettera e con molta attenzione. Prima di mettermi a risponderLe mi sono per un attimo calato nei panni di tutte quelle altre persone che leggendo ciò che Lei ha scritto, La invidieranno. Eh si, caro Marco, chissà quanti vorrebbero trovarsi al Suo posto ed avere anche le capacità, la preparazione che ha Lei ed anche, perchè no, trovarsi nella Sua attuale posizione.
Scommetto che tanti se ne infischierebbero di aspettative che non vanno a buon fine, se arrivare dove è arrivato Lei significa aspettative non arrivate a buon fine.
Però, non siamo tutti uguali e ciò che va bene ad uno non va ad un altro. Inizio allora a rispondere partendo dalla fine della Sua lettera.
Non sgonfi le Sue aspettative, per carità. Esse sono un sogno ed i sogni vanno sempre portati avanti. Lei tuttalpiù eviti davvero di vedere l'azienda come qualcosa di perfetto; qualcosa da mettere su un piedistallo; un modello di riferimento certo, così come quell'entità che finalmente, capendoLa, soddisferà ogni Sua aspettativa.
Le aziende non sono formate che da gruppi di lavoratori, ognuno con pregi e difetti. Pregi e difetti che si uniscono o si scontrano; che si associano o si allontanano anche proporzionalmente alle visioni strategiche; alle necessità dei Soci o della Proprietà come anche, e forse ancor più, alle necessità dei lavoratori e dei problemi che le persone hanno.
Nelle aziende non trovano quasi mai spazio i desideri o le aspirazioni dei singoli. Sa meglio di me che l'azienda si pone obiettivi generali di gruppo e si affida proprio al Management ed al lavoro di tutto il team di addetti affinchè questi vengano raggiunti. Come ciò avvenga, a volte non è nemmeno chiaro ma avviene.
Potremmo, per questo, scomodare la psicologia di gruppo ma non è il caso.
Tenga i suoi sogni e continui a svilupparli ma li separi dalla realtà quotidiana.
Lei scrive “ ...mi rendo però anche conto che mi è capitato poche volte di avere degli obiettivi concreti su cui posso confrontare i risultati che porto a casa (parliamo di budget, parliamo di risultati quantitativamente misurabili):" per cui questo mio approccio diciamo "creativo" o "strategico" prende il sopravvento e inizio a costruire una mia visione di "come dovrebbe essere". E rimango immancabilmente deluso perchè la realtà è diversa.”

Non conosco l'azienda in cui Lei sta operando, ovviamente, ma mi pare di comprendere che Lei si trovi in una posizione di Responsabile Export. Da quanto Lei scrive ed ho sopra riportato, credo che nella posizione che occupa, a Lei non abbiano dato obiettivi misurabili da raggiungere e questo Le crea problemi. Sinceramente li creerebbe anche a me ed a qualunque Manager ma, proprio in quanto manager Lei, abituato a trovare soluzioni ai problemi, deve saper trovare una soluzione anche a questo che, se non è un problema dell'azienda, lo è divenuto per Lei..
Esistono aziende, quasi sempre padronali, in cui i Manager sono tenuti a capo di qualcosa per svolgere compiti assegnati che, spesso, non obbligatoriamente sono legati ad obiettivi perchè la Proprietà chiede solo la gestione, tenendo per sé la linea strategica.
In pratica, Manager a mezzo servizio ovvero, persone di cui il Padrone ha assoluta fiducia e che per questo tiene, ma che, di fatto, devono fare e disfare ciò che la Proprietà dice. Posizioni piuttosto demotivanti ma assai ambite proprio per mancanza di responsabilità.
Lei, questa mancanza di responsabilità la soffre. Vorrebbe avere obiettivi; lavorare per questi, trovando soddisfazione nel loro raggiungimento. Forse, dico forse, questo soffrire la mancanza di obiettivi e di conseguente valutazione del lavoro che svolge può significare una Sua volontà di voler vedere riconosciute i Suoi meriti e le capacità che ritiene avere ma che non vede formalmente accettate. Ecco il Suo sogno; il Suo idealizzare il lavoro. Tornerò più avanti su questo punto.
In altra parte della lettera, scrive: ““ho sviluppato una mia visione di "quello che voglio fare" .... Se ha sviluppato una Sua visione del lavoro e vuole vederla realizzata, credo che la strada per farlo sia solo un'attività in proprio. Sin quando opererà in altre aziende, difficilmente potrà veder realizzato questo sogno.
Se può farLe piacere sappia che nel nostro paese, se togliamo le multinazionali che, necessariamente ed obbligatoriamente operano con precisi budget da raggiungere e di cui i vari Manager sono responsabili e se a queste Società aggiungiamo qualche manciata di altre grosse società che hanno imparato ad operare con seri obiettivi, abbiamo una realtà ben diversa di gestione.
Solitamente, le aziende più o meno grandi o medie, si danno un obiettivo annuo senza poi viverlo veramente con l'attenzione mensile o trimestrale che dovrebbe avere, per conoscere ed eventualmente correggere gli andamenti. Di fatto, l'obiettivo (perchè sempre di obiettivo si parla) è qualcosa che occorre “tentare di raggiungere” ma, se strada facendo ciò non avviene, lo si accetta adducendo a scuse varie, e se invece lo si azzecca, forse nessuno sa esattamente perchè ciò sia avvenuto.
In questo panorama, se un Manager “sognatore” sogna che l'azienda in cui opera sia perfetta, idealizza il proprio lavoro e si ritrova quasi a non sapere se ha lavorato bene o no, perchè non è stato posto nella condizione di confrontare il proprio lavoro con un budget che gli avrebbe detto se è stato bravo....., certamente non può trovarsi bene. Gliene do atto, ma stia attento. Forse non troverà diverso ambiente in altre aziende.
Ecco quindi allora la necessità di prendere consapevolezza di questo andazzo, trovando in sé la soluzione. Ma gliela dirò più avanti.
Le aziende, caro Dottor Marco, hanno i limiti ed i vincoli di ogni organizzazione. O si accettano o, se la cosa non è sostenibile, ci si guarda attorno. Difficile credere di riuscire a cambiarle, a meno che la posizione sia tale da permetterlo.
Rileggendo nuovamente la Sua lettera, e questa volta dall'inizio, è chiara una Sua certa e probabilmente giusta intolleranza verso ciò che inizialmente appariva una cosa per poi scoprire che non è così.
Tralasci la parte iniziale delle Sue esperienze lavorative. Non mi sembra comunque che ne abbia avute di brutte ma anche se fosse, all'inizio, va tutto bene. Addirittura rafforzano.
Scrive: “... sono entrato poi in una grande azienda italiana solida e stabile e in quattro anni e mezzo, partendo dalla base come semplice impiegato, sono arrivato all'ufficio direzionale a cui puntavo. Poi mi sono reso conto che i miei obiettivi professionali e quelli del mio datore di lavoro non erano conciliabili, e così ho lasciato”.
Qui mi soffermerei un attimo. Si è trovato una buona azienda ed in quattro anni, dalla base è arrivato alla Direzione a cui puntava..... E dice poco? Questo doveva bastare per farLe comprendere che la stoffa c'è e da questo doveva partire per solidificare la posizione,mantenendola. Invece, ecco venir fuori che i Suoi obiettivi professionali non erano conciliabili con quelli del Suo Capo.
Sorrido perchè mi vien in mente che quando si inizia una collaborazione ed ancor prima, durante un colloquio di lavoro, ci si trova nella stessa posizione di due quasi innamorati che vedono solo rose e non spine. Non mi è mai capitato di partecipare o seguire un colloquio in cui tutto non fosse possibile, accettabile, assolutamente certo. In cui la disponibilità aziendale o del lavoratore non sia di totale apertura a qualunque futura richiesta.
Quasi sempre poi, finito il periodo di fidanzamento, l'azienda si scorda di qualche promessa o il lavoratore si scorda di qualcos'altro. Ed anche a Lei è accaduto di scoprire che i Suoi obiettivi non erano più conciliabili e se n'è andato.
Ha riposto i Suoi sogni e l'idealizzazione dell'azienda nella valigia ed ecco inserirsi in un'altra realtà (probabilmente con lo stesso approccio da innamorati) per accorgersi molto presto che anche qui, l'azienda non può darLe ciò che vorrebbe.
E qui mi fermo.
Se parliamo di sogni posso suggerirLe una ricetta semplice ma mi pare, a questo punto che ci sia qualcos'altro.
Lei dice che la posizione che svolge Le piace ma l'azienda non può seguirLa.
Non voglio approfondire perchè è giusto che sia Lei a guardarsi dentro ma forse, riprendendo quanto ho scritto in precedenza in altro punto, c'è uno stato di insoddisfazione personale che Lei addebita all'azienda, piuttosto che uno stato di incapacità dell'azienda a soddisfarla. Mi pare davvero strano che nelle Sue esperienze, peraltro positive, sia sempre arrivato a questa conclusione.
Cosa cerca? L'azienda potrà darLe una posizione ma non può prendersi cura dei Suoi bisogni interiori. Non mettiamoci a cercare in un'istituzione come l'azienda la soddisfazione di nostre necessità personali. Da quanto Lei scrive credo che Lei abbia dato tanto alle aziende con cui ha operato ma mi pare che anche esse abbiano corrisposto con responsabilità. Probabilmente entro i limiti che le aziende avevano l'hanno portata a crescere, premiandoLa a modo loro. Lei desiderava o desidera “riconoscimenti, considerazione e conferme” che Le dicano “sei bravo”. Non ha riconosciuto e non ritiene di riconoscere nei metodi delle aziende che il modo usato sia quanto meno accettabile.
Non veda nell'azienda il padre o la madre. Veda nient'altro che un'organizzazione di lavoro a cui Lei può dare il massimo e da cui riceverà probabilmente sempre un po' meno di quanto possa aspettarsi. Stop.
Se non prenderà atto di questa realtà, vivrà sempre male un rapporto che invece mi sembra Lei possa portare avanti molto bene.
Il problema della disaffezione, che in Lei è, a questo punto, quasi normale, può derivare (mi scusi se mi azzardo pur non conoscendoLa) da una grande stima che Lei ha di sé stesso e che Le fa fare probabili giusti piani mentali senza poi che questi siano considerati o voluti o accettati dall'azienda. In altre parole, Lei pensa che le cose vadano fatte in un certo modo. L'azienda magari segue un'altra via. Questo, tendenzialmente porta il Manager che ha sviluppato un proprio piano strategico a sentire non riconosciuta la propria capacità e da qui, una lenta ma costante disaffezione.
Come dire: “non capiscono niente. Occorrerebbe fare così e non lo fanno. Se mi avessero ascoltato....”
Infine, eccoci alla Sua visione di “come dovrebbe essere” ed eccomi a parlare dei sogni.
Si può essere buoni Manager aziendali ma anche buoni Manager di sé stessi. Sappia che I sogni servono per realizzare noi stessi ancor prima di soddisfare gli altri.
Vero è che un Manager che non ha obiettivi arriva alla frustrazione ma un Manager può e deve darsi gli obiettivi. Deve farlo per una soddisfazione personale.
Lei ha scritto di non avere obiettivi quantificabili. Bene. Se li dia. Conosce il Suo lavoro; conosce la struttura; il mercato; i clienti, la concorrenza. Si dia degli obiettivi ambiziosi e poi, come più volte ho detto da queste pagine, (può trovare numerose risposte al merito in archivio) faccia tutto per raggiungerli. L'azienda non arriva a darglieli? Poco importa. Si scriva su un foglio dove vuole arrivare; cosa vuole costruire; quanto vuole vendere; che quote vuole prendere; quanti clienti, con quale struttura o rete vendita.
Non voglio assolutamente insegnarLe a ragionare in percentuali di sviluppo. Nella Sua posizione, che ci siano gli obiettivi aziendali o meno, poco importa. Se li dia Lei e faccia di tutto, tenendoli sotto controllo mensilmente, per arrivare a centrarli. Può anche dimostrare all'azienda di saper andar oltre, presentando Lei gli obiettivi che si è dato, tenendola aggiornata periodicamente degli andamenti e degli eventuali correttivi.
Ma non è così importante che questi siano resi pubblici. Se li costruisca e se li porti avanti Lei. Mi creda, se lo dovesse fare e dovesse centrarli, come credo, troverà in questo, tutte le soddisfazioni che non ha avuto e che forse poco avrà. Un po' come un gioco. Una sfida con sé stesso. Se altri non riconoscono le Sue capacità....peggio per loro. Lei sa di valere. Tutto il resto può tirare avanti.
Infine, ancora, se proprio dovesse decidere di cambiare azienda, si ricordi di presentarsi al colloquio con precise Sue richieste proprio sui punti che per Lei sono inderogabili, compresi, perchè no, la volontà di avere obiettivi aziendali a cui Lei affida la valutazione del Suo lavoro.
Se nelle Sue ambizioni c'è la volontà di dimostrare d'essere bravo tanto da voler arrivare ad essere il numero Due (non dica mai il numero Uno altrimenti non verrebbe mai assunto), chieda durante il colloquio se l'azienda può portarLa a questa posizione. Se la risposta è “no, oppure...vedremo al momento, od ancora...così in alto sarà difficile ma non si puoi mai sapere...” lasci perdere perchè altrimenti dopo poco Lei si troverà nuovamente davvero demoralizzato per le aspettative non realizzate.
Le aspettative che ha, Le tenga e Le sviluppi per Lei stesso. Sia solo più pragmatico nella valutazione del mondo del lavoro, sopratutto se deve dipendere da altri.
Vorrei dirLe che l'insoddisfazione che ha Lei è alla base di molte passate scelte di attuali imprenditori che, ritenevano di non essere riconosciuti nelle loro capacità, in precedenti occupazioni. Non voglio con questo spingerLa ad alcun gesto che, coi tempi attuali, è meglio non fare se non si è coperti per farlo, ma effettivamente molti imprenditori sono divenuti tali proprio perchè non accettavano di non veder riconosciute le loro idee. Sa però qual'è il rovescio della medaglia: quegli stessi manager una volta divenuti imprenditori hanno teso e tendono a portare avanti le loro idee...senza ascoltare quelle dei Manager, tipo Lei, che hanno alle dipendenze.
Ed il gioco si ripete.
Mi chiede: “...come posso essere più realista e non idealizzare troppo il mio lavoro o l'azienda per la quale lavoro?” Beh, può farlo semplicemente pensando che l'azienda, proprio in quanto conglomerato di uomini, racchiude in sé tutti gli splendori e le miserie umane, esattamente come nella vita, essendo proprio uno spaccato della stessa; un microcosmo in cui vivono gioie e dolori, simpatie ed antipatie, accordi e liti.
Veda l'azienda per quello che è.
Tanti in bocca al lupo per il Suo futuro.