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mercoledì 27 gennaio 2010

CONTESTARE LA SCELTA

Franco G. Milano



Gentili Signori,
ho partecipato nei mesi scorsi ad una specie di gara con cui un'azienda indiceva assunzioni di laureati per diverse posizioni. Si è trattato di un autentico esame sia scritto che orale. Sapendo di aver fatto tutto bene, grande e stata la mia sorpresa quando successivamente ho saputo che ero stato eliminato. Non ho digerito la cosa e così ho chiesto un collocuio con il direttore del personale per sapere come mai fui eliminato. Con molta gentilezza mi ha mostrato gli esiti ed i pareri degli esaminatori dicendo che il giudizio non era negativo del tutto ma c'erano cose che avevano fatto preferite altri. Perche! Se ho fatto tutto bene? Ho insistito ed è venuto fuori che avevo fatto numerosi errori di italiano, ero stato disordinato nelle esposizoni ed anche che mi ero presentato in tenuta sportiva e quindi non adatto al ruolo. Ma cosa c'entra tutto questo! Quello che vale è il lavoro non il modo in cui si presenta o scrive. Ora vorrei capire se è possibile fare una causa per farmi assumere. Ho 27 anni. Che devo fare?


Egregio Dr. Franco,
cosa deve fare? Direi, da padre di famiglia, che deve prima studiare bene l'italiano, poi curare il suo modo di abbigliarsi ed infine, se almeno la materia per cui ha studiato Le è familiare, si ripresenti ad un altro concorso o riscriva ad un'altra inserzione. Solitamente, per gentilezza, cerco di aggiustare gli eventuali errori di italiano che sono compresi nelle lettere che mi arrivano. Nel Suo caso, non l'ho fatto e se Lei dà una rilettura vedrà che manca qualche accento, c'è una “c” al posto di una “q” ed un punto esclamativo al posto di uno di domanda. E forse qualcos'altro. Se L'Università in cui ha studiato Le ha fatto passare questo, ha sbagliato ma sa cosa si dice? Se uno non ha tempo per prepararsi in aula, poco importa. E' la vita che farà la selezione e nel Suo caso si dà proprio da fare!
Per carità, ho anch'io i miei vezzi. Un purista dirà che sbaglio nell'accentare la “e” del perchè, ed ha ragione. So bene di sbagliare ma è un errore veniale che faccio, conscio di farlo, per comodità di tastiera. Nel Suo caso però, accidenti, pare davvero siano molti gli errori in queste poche righe. E forse è pure stato attento.
Circa l'abbigliamento, l'ho detto molte volte e ne troverà traccia anche in archivio. Occorre avere un po' di intelligenza, che va al di là delle capacità lavorative, per comprendere che al colloquio della vita (quello in cui c'è la possibilità d'essere assunti per il primo lavoro) ci si va vestiti in modo decoroso e presentabile. Questo anche per rispetto verso gli altri. L'inveterata abitudine dei giovani di ritenere che così ci si veste oggi e così gli altri devono accettarci, alla fine ripaga con belle batoste. Non sono gli altri a doverci accettare come siamo ma dobbiamo essere noi a presentarci come si deve, proporzionalmente al luogo e al motivo.
Ora vorrebbe fare causa. Per cosa? Ma perchè, mi scusi, appena qualcosa non va come si vuole si tende subito alla ribellione e si usano paroloni? Faccio causa! E quando pure l'avrà fatta? Spenderà un bel po' di soldi (dei Suoi genitori, presumo) per ottenere cosa?
Voglio aiutarLa a ragionare. Dunque: ipotizziamo che Lei sia un genio. Ed ipotizziamo pure che accanto a Lei all'esame, ci fosse un secondo genio. Ebbene, Lei è un genio che commette un piccolissimo errore qualunque, insignificante. Ma l'altro genio non lo commette. Chi di Voi dovrebbe scegliere la commissione? Anche a parità di bravura, se l'altro ha fatto tutto come lei, salvo una distrazione in meno, la scelta è ovvia. Oppure la commissione avrebbe dovuto scegliere Lei per forza?
Come vede qui non si entra nel merito dell'abbigliamento o del modo di presentarsi, anche perchè basta il resto.
Infine, eccoci ad un errore che molti fanno. Ipotizziamo che Lei faccia una causa e che, per assurdo, vinca. Che fa l'azienda o l'ente? Dovrebbe licenziare qualcuno già assunto per inserire Lei? Ma allora sarebbe poi l'altro a fare causa. Così l'azienda dovrebbe licenziare Lei per riassumere l'altro. Che ne dice?
E sa qual è l'errore nel Suo modo di ragionare? Esso sta nel non comprendere i rapporti interpersonali e professionali nelle organizzazioni. Abbiamo detto che Lei vince e viene assunto. Ebbene, dal giorno successivo all'assunzione come pensa possano essere i rapporti tra Lei e l'azienda? Ritiene di venir riverito o piuttosto vivrà per qualche mese (non di più) come in un limbo, accantonato ed isolato sino a che i nervi non Le cederanno? Non si impongono i collaboratori! E' già dura la vita lavorativa, figuriamoci se si deve avere tra le fila qualcuno che non si si voleva e che viene imposto. Eppure sembra che questo non sia mai considerato dai giovani.
Ascolti cosa Le ho scritto all'inizio. Si prepari, se vuole, studiando di nuovo la lingua italiana. Poi cerchi di vedere come ci si deve presentare ad un colloquio e quando è pronto, ritenti. Certo, se ci pensa, ha proprio buttato al vento un'occasione che poteva essere importante! Peccato!
In bocca al lupo.