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domenica 27 settembre 2009

CASSA INTEGRAZIONE

M.M. (loc. n.c.)

Buongiorno, volevo chiedervi: un amico è in cassa integrazione presso la sua azienda(contratto a tempo indeterminato) da circa 2 anni, lui è laureato ed abilitato all'insegnamento ed ha ricevuto la chiamata da un istituto per una supplenza di 4 ore(< al 50% del orario pieno che è di 18 ore): deve rinunciare comunque alla cassa integrazione o può mantenere entrambe dato che la retribuzione è < alla cassa integrazione come si deve comportare con la scuola e l'azienda? deve rifiutare la supplenza dato il basso pagamento percepito perdendo così la possibilità del punteggio? Vi ringrazio della vostra cortese attenzione e spero in un vostro consiglio. Cordiali Saluti

Cara amica,
quando si è in cassa integrazione non si può svolgere altra attività a meno che non si rinunci alla stessa.
Ovviamente in via ufficiale ma poiché a chiamarlo è stato un Istituto, ritengo proprio che non sia disponibile a giochetti, per altro pericolosi anche il Suo amico.
O sceglie la nuova strada o rimane in cassa. Dipende da ciò che ritiene meglio in un'ottica di sviluppo futuro.
Forse non ho ben capito: è in cassa integrazione da due anni o operava da due anni? Perchè se fosse in cassa da due anni....e da due anni non lavora, farebbe meglio a trovarsi qualcos'altro velocemente perchè come curriculum si troverebbe a presentare una situazione che farebbe storcere il naso a non poche aziende.
Spero di essermi fatto comprendere.
Cordiali saluti.

domenica 20 settembre 2009

PLAN SLIP terza parte.

“.....Per questo, ragazzi miei, il plan slip è uno strumento vitale ai fini dell'ottenimento della sua fiducia e dell'approvazione di ciò che avete presentato.”

“Ci hanno insegnato tutto – dice uno dei due – e ci hanno fornito tutto. Tabulati, dati, incidenze, proiezioni, informazioni di marketing; fatto fare corsi sulla gestione degli stocks, sulla rotazione ed ora lei ci dice che non conoscendo questo strumento ed il suo uso, manchiamo di qualcosa.....”

“Dico che mancate di molto! Purtroppo mancate di quello che io chiamo I FONDAMENTALI. Le regole, cioè, che creavano e creano i veri venditori vincenti. Vi ho già detto che la migliore attenzione è quella prestata con gli occhi oltre che con le orecchie. L'uso del plan slip permette di catturare globalmente l'attenzione del compratore e di ricordargli prodotti e formati che in quel momento, magari, non ricorda. E' utile poi per ricordare tutta la gamma che avete a chi deve effettuare la verifica delle giacenze. Serve ancora per dare un volto ai prodotti ed anche per lasciare al cliente le informazioni che chiede e mille cose ancora....”

Ma quando va usato; quando va presentato? - domanda il secondo venditore.

“Durante la trattativa. Provate a pensarci. Con una buona argomentazione voi avete stimolato l'interesse del cliente e siete riusciti a suscitare in lui il desiderio d'acquisto. E' in quel momento che il cliente pensa “quanto dovrei acquistarne?”. Non è facile per nessun compratore calcolare quanto prodotto debba acquistare ed in quanto tempo lo farà uscire. Ecco allora che con il plan slip voi gli eviterete questa fatica presentandogli il vostro suggerimento scritto, fatto davanti a lui in un attimo. In questo caso il plan slip diventa una proposta d'ordine .
Ci siamo fin qui? Allora andiamo avanti. Il momento giusto per presentarlo è immediatamente dopo che avete finito la presentazione delle novità. In questo secondo modo voi concretizzerete l'offerta scrivendo quanto, secondo voi, sarebbe corretto che il compratore acquistasse. Sapete cosa avete fatto in quel momento?...”

“Cominciamo a capire dove vuole arrivare “ rispondono quasi assieme.

“Avete rafforzato le argomentazioni con la proposta visiva ed immediata di quanto avete detto, senza ripetere più volte le stesse frasi; cosa che avviene sempre quando, non avendo a supporto il plan slip, si cerca di rafforzare le argomentazioni ripetendole più volte di seguito. La vostra azione aiuta il cliente a prendere una decisione; lo libera del peso della responsabilità che lo porta spesso ad acquistare sempre meno di quanto dovrebbe e vi aiuta a raggiungere un accordo rapido...E' sufficiente?”

“Pensiamo di si, ma dopo averci detto QUANDO presentarlo, ora ci deve dire COME presentarlo...”

“Vi dico prima lo scopo finale del suo uso, scopo che vi lascerà sorpresi. Fate attenzione: lo scopo del plan slip è di poter vendere al cliente un assortimento dei prodotti in un solo blocco e nel minor tempo possibile. Ed alla fine, che ci crediate o no, venderete anche molto più di quanto pensiate. Su COME presentarlo poi, dovremmo parlarne più ampiamente ed io dovrei conoscere a fondo i vostri prodotti e le vostre promozionalità. Sappiate poi che lo potete usare per concludere superbamente le argomentazioni facendo LEVA SU UN PRODOTTO oppure PUNTARE SU UNO SCONTO od anche CONCLUDERE CON UN'ALTERNATIVA. Infine potrete fingere di LASCIAR ANDARE SU UN ARTICOLO per INSERIRENE UN ALTRO. Ecco, vedete, questi sono sono alcuni esempi di un ottimo uso del plan slip. Il foglio è solo cartaccia, con l'aggiunta delle immagini dei prodotti inserite ad hoc e tanto spazio bianco a lato di ogni articolo. Ecco prendete. Guardate bene....”

I due venditori prendono dalle mie mani il plan slip che passo loro e li rigirano alla scoperta di chissà quale segreto.
“Si - dicono – ci rendiamo conto che potrebbe essere utile, se è come dice lei, ma ci dia una mano. Cosa possiamo fare?”

“Per usarlo bene occorre essere preparati a farlo ed occorre anche che sia preparato chi vi segue perchè altrimenti, dopo pochi giorni è facilissimo tornare a riprendere le cattive abitudini. E' molto meno faticoso e più tranquillizzante continuare a fare ciò che si fa sempre, anche se non rende. Il cambiamento è sempre duro, lo sapete. Certo è, però, che una volta abituati ad usarlo, il giorno che per caso lo dimenticaste in ufficio, parola mia ragazzi, vi trovereste nei guai. Vi sentireste persi...”

“A questo punto non può non darcene una copia per mostrarlo in azienda. RITORNO AI FONDAMENTALI ha detto...- dicono guardandosi --- e chissà quante altre cose avrebbe da raccontarci...”

“Si ragazzi, molte cose che vi aiuterebbero a vendere meglio. Vedete, noi continuiamo a guardare avanti con una tale fretta da dimenticare i FONDAMENTALI. Ogni tanto è necessario, credetemi, fermarci per un piccolo esame di coscienza e per chiederci se, prima del nuovo, sappiamo almeno mettere in pratica ciò che sta alla base del nostro lavoro. Si, avrei molte cose da dirvi; chissà che non vi possa rivedere - dissi tra me raccogliendo i miei vecchi plan slip e mettendoli nel cassetto. Poi, con un sospiro, mi uscì: “che bello vendere quando se ne conoscono i segreti!”

fine

giovedì 17 settembre 2009

SBAGLIARE SEMPRE 4

Bianca V. Vercelli

Gentili Signori,
ho letto con molta attenzione quanto avete risposto al Sig. Ferruccio di Firenze. Se posso dirlo, ammetto di essere pienamente d'accordo con voi anche se anch'io, per il lavoro che faccio e che è fortemente competitivo, mi sono trovata spesso nella condizione di lottare contro mulini a vento non tanto per raggiungere obiettivi che magari avrei raggiunto comunque ma quanto per superare gli altri che andavano nella stessa direzione.
C'è quasi una sorta di ipnotismo in quanto si fa. Se tutti gli altri vanno in quella direzione noi non possiamo rimanere indietro perchè si pensa che se alla fine costoro dovessero trovare qualcosa, noi non possiamo trovarci ad esserne tagliati fuori.
Quindi non si vuole essere svantaggiati, soprattutto in competizioni di gruppi di lavoro. E' terribile, a pensarci ma è così. Poi ci si accorge che magari tutti stavano andando nella direzione sbagliata e noi li abbiamo seguiti. Ma come fare?
Questo è solo uno sfogo e quindi non so nemmeno se potrò avere una risposta. Vi ringrazio comunque per avermi letto.

Gentilissima Bianca,
ciò che non vogliamo metterci in testa è che spesso le difficoltà e gli svantaggi “competitivi” a cui Lei accenna nell'ambito del lavoro (o della vita, perchè no?) posso anche essere trasformati in vantaggi. Lei stessa ammette e conferma per Sua diretta esperienza che, quando un gruppo va in una direzione si è portati a seguirlo per paura di rimanere indietro. Ricordo un detto popolare che riassumeva, forse senza saperlo, questo modo d'agire. Diceva pressapoco, rivolto a qualcuno “ ..è tanto sempliciotto che se qualcuno va nel fosso, lui ci va dietro”.
Quindi, la mania di seguire, accada quel accada, ciò che fanno gli altri, c'è sempre stata e fa parte del nostro modo d'essere.
Ma il seguire gli altri non porta assolutamente sicurezza ne certezza di farcela. Anzi, Bianca, io propendo per un pensiero opposto. Tutti gli svantaggi che derivano da una situazione possono improvvisamente divenire o tramutarsi in vantaggi per altri. Se un gruppo va in una direzione e per caso sbaglia, l'unico avvantaggiato è proprio chi non li ha seguiti. Occorre solo guardare all'insuccesso del gruppo per comprendere subito l'opportunità da sfruttare.
Il mondo è pieno di situazioni e di persone che sono arrivate al successo proprio sfruttando gli errori degli altri. Se un cattivo imprenditore vorrebbe trascinarci in un'impresa e ci chiede di partecipare con un capitale che non abbiamo, dicendoci che sarà peggio per noi se non lo seguiamo; se noi giudichiamo assurda e fallimentare l'idea, e lui parte malgrado nostri avvisi di allarme, possiamo solo tirarci indietro ed aspettare. Costui spenderà tutto per seguire l'obiettivo e forse, col nostro piccolo quanto non sufficiente capitale che ci aveva chiesto per entrare in società, potremo acquistare tutta l'azienda, una volta fallito.
Ecco come si può trasformare uno svantaggio iniziale in un vantaggio successivo. Di svantaggi tramutati in vantaggi è pieno il mondo e le cronache. La storia ci dà il caso più eclatante. Riguarda gli ebrei. Costoro erano rinchiusi in ghetti ed era vietato loro poter sviluppare qualsiasi lavoro fatto dai cristiani. I cristiani, ad esempio, non volevano avere a che fare, per religione, con il prestito di denaro. Ebbene, gli ebrei, hanno semplicemente usato il loro svantaggio, imparando molto bene a fare l'unica cosa che era permessa loro fare: prestare danaro. Sono così nati i banchieri che tenevano addirittura in piedi le grandi monarchie europee, sino ad arrivare ad essere i più abili gestori di ricchezza. Colpa loro? No. Hanno semplicemente sfruttato l'unica cosa che altri non volevano fare e lasciavano fare a loro.
Quindi, se e quando possiamo, cerchiamo di non seguire “l'onda”; di non andare dove vanno tutti perchè probabilmente lì non troveremo niente. Non sentiamoci inferiori a non seguire il gruppo. Troviamo piuttosto una nostra strada. Magari difficile, irta, lenta da percorrere ma di cui essere noi ad avere il potere decisionale.
Ciao

lunedì 14 settembre 2009

PLAN SLIP parte seconda

Si, il plan slip è semplicemente un pezzo di carta.
Uno strumento base nella vendita, tanto importante che nessuna azienda d'oltre oceano si permetterebbe di far mancare alla propria forza vendita. Uno strumento che, una volta capito ed usato, sgomenta il venditore stesso quel malaugurato giorno che non dovesse trovarselo tra le mani.

Il plan slip, un pezzo di carta importato in Italia alcuni decenni fa da poche grandi multinazionali che hanno saputo farne un vantaggio competitivo rispetto agli altri concorrenti ma che successivamente si è perso nella ricerca di innovazioni e cambiamenti che le aziende tendono sempre a fare quando tutto va bene. Eppure parte dei grandi successi di vendita di queste multinazionali lo si deve proprio a questo semplice pezzo di carta, strumento fondamentale di organizzazioni vendita capaci di stravolgere i mercati.
Ma, ahimè, noi italiani siamo creativi e la creatività ha in un certo senso imbastardito questo strumento. Le generazioni successive che non avevano avuto una adeguata scuola, non riuscendo a capirne appieno l'uso, vedendolo come chissà cos'altro, hanno cercato di addobbarlo ed abbellirlo aggiungendo cose che nulla avevano a che fare col fine che il plan slip doveva raggiungere. Così se ne è talmente perso l'uso vero che oggi moltissimi non lo conoscono neppure e quei pochi che casualmente se lo trovano tra le mani, lo usano impropriamente spesso non conoscendo nemmeno lontanamente i vantaggi che potrebbe darne un uso corretto.

“Usa il plan slip, ragazzo”. Mi frullava nella mente questa frase mentre facevo ritorno a casa e poi, quando, aperto il cassetto, mi trovai a cercare i miei vecchi plan slip, quelli mi avevano seguito tutta una vita, quelli che avevo suggerito d'usare a molti venditori e che, per certi versi, hanno fatto la loro fortuna. E così, con le mani tra quei fogli, vedendo con la mente, davanti a me quei due venditori in difficoltà mi sono ritrovato a guardar loro negli occhi ed a dire:

“questo è il plan slip. Eccolo, guardatelo. Letteralmente è un pezzo di carta con evidenziata ad arte e resa appetibile la gamma dei prodotti o la parte di essi che ci interessa presentare in questo momento. Vedete? Capita a molti venditori, com'è capitato a voi oggi di sentire la necessità di poter mettere ordine nelle idee dell'offerta; di pote scrivere quello che stavate dicendo per farlo apparire più chiaro; di poter mostrare le offerte, le condizioni.... Senza il plan slip le idee vagano, i concetti non possono essere fissati, i prodotti e le offerte particolari perdono molto del loro valore prima che il cliente recepisca quanto volete passargli. Non ritrovarci tra le mani lo strumento adatto, finiamo per non far nulla o far tanta confusione ed iniziano i problemi. Il guaio è, cari miei, che senza il plan slip è pressoché impossibile comunicare tutte queste cose in modo chiaro al cliente , inducendolo ad aver fiducia in noi ed in quanto diciamo. Ed è impossibile gestire una concreta trattativa su cui lavorare. In parole povere, il plan slip è, nella vendita, la parte visiva delle nostre parole che rimane ferma mentre si sa, le parole vanno.”

“Perchè – mi sento domandare da uno dei due – non è sufficiente scrivere sul copia commissioni, dopo aver concluso l'ordine?”
“Scrivere l'ordine alla presenza del compratore, prima di aver ottenuto la sua completa approvazione – rispondo - è un'operazione azzardata e, spesso, molto spesso se ci pensate, disastrosa. Esattamente alla pari dell'uso del copia commissioni per trasferire soltanto ciò che il cliente richiede. Oggi voi avete avuto difficoltà proprio in questo e, credo di poter dire che l'ordine, se poi lo avete assunto, non è stato quanto avreste desiderato...”

“Beh certo, è andata così – interrompe il secondo - mentre parlavo, il cliente era d'accordo su tutto, poi al momento dell'ordine non gli andava più bene nulla . Ma questo è un problema di tutti...”
“Si, è vero – rispondo – è un problema di tutti i clienti e di tutti i venditori che non riescono a comunicare con i giusti strumenti, arrivando così a creare una confusione che si chiarisce solo al momento in cui si arriva ad usar la penna per scrivere l'ordine. In quel momento, solo in quel momento il cliente comprende cosa vuole vendergli il venditore ed allora...nell'attimo più delicato avvengono le contestazioni, i dubbi ed i problemi. Per questo, ragazzi miei, il plan slip è uno strumento vitale ai fini dell'ottenimento della sua fiducia e dell'approvazione di ciò che avete presentato.”

Qui termina la seconda parte. Il proseguimento sarà PLAN SLIP terza parte.

venerdì 11 settembre 2009

MATERNITA' E LAVORO

lettera firmata

Buongiorno,
ringrazio anticipatamente per l'attenzione e chi potrà rispondermi....
Ho 36 anni e sono assunta come impiegata 2 livello contratto commercio (in un negozio di una spa) dal febbraio 2003, ho sempre messo passione e impegno nel mio lavoro, mai fatto un giorno di mutua, sono sempre stata disponibile, tant'è vero che ho ricevuto premi ed aumenti, il mio superiore più diretto era ed è una donna di 20 anni più grande, senza figli non per scelta, insicura, falsa e 'bisognosa' di aiuto in molte cose (per esempio tutta la parte informatica che spettava a lei l'ho sempre fatta io a nome suo... però, si sa, nessuno è perfetto e andavamo abbastanza bene proprio perchè ci compensavamo, diciamo che a me andava benissimo essere il suo braccio destro perchè mi dedicava trattamenti di favore che io ritenevo giusti, perchè ripeto, arrivavo dove non arrivava lei. Un altro difetto di questa persona è giudicare purtroppo le persone per i rapporti personali e non solo per il lavoro (ad esempio l'ho vista accanirsi più volte contro una collega perchè appena sposata non la invitava a vedere casa sua.....)folle eh? Tornando a me, ero talmente felice e soddisfatta della mia vita che (sposata dal 2001, con il mio compagno dal 1992) non credevo ci fosse posto per i figli, fino a che ad aprile 2006 scopro di aspettare un bimbo.........lo comunico al lavoro, tutti felici a dire 'era ora', a giugno il mio medico decide per l'astensione anticipata dal lavoro e sto a casa, i rapporti con tutte le mie colleghe e il mio capo rimangono ottimi, tutto come prima, il mio bimbo nasce a dicembre e rimango veramente sconvolta dalla meravigliosità dell'essere mamma, come ho fatto a non pensarci prima! Tutto passa in secondo piano, conta solo il mio piccolo e decido anche di prendermi i 6 mesi di facoltativa, al termine dei quali mi propongono 1 mese di ferie, nel frattempo sono di nuovo in gravidanza, a rischio da subito, ma il bimbo non ce la fa e lo perdo....brutto colpo, sto un mese in mutua, non me la sentivo proprio di stare in mezzo alla gente e sorridere quando un soffio poteva farmi piangere....rientro in piena forma a gennaio 2008, trovo tutto e tutte cambiate, non sono più io la vice responsabile ma lo è la sposina che la responsabile criticava tanto....per quanto riguarda me addirittura da per scontato che diventerò part time, fa un sacco di allusioni alla maternità e ai figli, mi dice che potrei stare ancora a casa se volessi, basterebbe dire al mio medico che sono depressa(???qui le ho riso in faccia....), dice chiaramente che non assumerà mai una donna con figli........per me nessun problema, sorvolo su tante cose e vado avanti senza far pesare nulla (neanche che per tutto il primo mese non ho avuto mai una domenica libera, lavoro sempre di pomeriggio, quando avevo accennato una preferenza per il mattino ecc) anche perchè per scontare ferie e permessi accumulati lavoro 4 ore anzichè 8, da un lato è anche più giusto che chi è più presente si occupi di certe cose e poi infondo il mio stipendio non è cambiato......ad aprile 2008 apro di nuovo maternità anticipata....sono felice di starmene di nuovo a casa, non amo più il mio lavoro come prima e comunque certe situazioni messe in piedi apposta per provocarmi non aiutano......una collega mi dice che la mia capa ci è rimasta male perchè non le ho dato la notizia personalmente......sinceramente non mi importa e visti i trattamenti ricevuti non cerco il chiarimento ma nemmeno lei del resto......A dicembre nasce il mio piccolo al termine dell'obbligatoria mi propongono 3 mesi di ferie, accetto e, sorpresa, aspetto il mio terzo piccolo!!!!! Sembra quasi una barzelletta.......e comunque ora non mi possono più vedere, ieri mi ha telefonato la mia responsabile per dirmi di firmare la lettera che hanno lì per me dove l'azienda comunica che da spa diventa srl (credo che abbiano cambiato solo me così qualcun'altra può avere il mio livello.....)e non mi ha detto una parola, solo lo stretto necessario, sembrava un nastro registrato......da un lato non me ne importa nulla perchè da quando ho i miei piccoli il lavoro è passato in secondo piano (secondo però non ultimo, in circostanze diverse non sarei qui a pensare di licenziarmi in un prossimo futuro)dall'altro dico possibile io che mi sono sempre comportata bene, ed era più che riconosciuta sta cosa, devo ricevere un trattamento simile solo perchè sono diventata mamma? Un giorno forse svuoterò il sacco con la mia capa, mi sfogherò e la manderò a c......però non vorrei darle la soddisfazione che lei vorrebbe cioè farle capire che mi ha ferita e che quindi ha un pò di importanza nella mia vita.......come dovrei comportarmi? Mi scuso perchè mi sono dilungata e porgo i miei migliori saluti.

Gentilissima,
quando ricevo lettere come la Sua rimango sempre un po' perplesso perchè, sono più che altro lettere di sfogo che tendono a presentare una situazione di cui c'è solo da prendere atto. Inoltre, quando si parla di maternità si tocca un argomento che spesso non rende obiettivi, anche giustamente, ma così è. A leggere bene, ci si accorge che in fondo in fondo Lei chiede solo se è giusto comportarsi come si comporta. Cosa posso dirLe? In fondo la Sua lunga lettera dice già tutto. In Lei è avvenuto un cambiamento straordinario, naturale. Cambiamento che, detto tra noi, è un po' il classico timore del datore di lavoro soprattutto quando la persona interessata è brava e lavora bene.
Lei era in gamba, collaborava bene ed aiutava anche il Suo Capo con una sorta di intesa per cui ciò che l'altra non sapeva fare veniva fatto da Lei. Poi, il tradimento. Tradimento nel senso di collaborazione; di improvvisa mancanza di certezze da parte del Suo Capo, di un aiuto che c'era e che inevitabilmente con l'assenza non ci sarebbe più stato. Insomma, la Sua prima maternità ha cambiato Lei ma, creando inevitabili problemi al Suo Capo, ha cambiato anche quest'ultima. Noi ci arrabbiamo sempre maggiormente quando a crearci i problemi sono gli amici piuttosto che i nemici ed il Suo Capo, probabilmente, ha pensato questo. In fondo, se ci pensa, la Sua assenza ha posto anche il Suo Capo nella condizione di svelare ad altri le Sue difficoltà per certi lavori che prima svolgeva Lei. C'era cioè tra Voi una intesa che è venuta meno. La gravidanza e la maternità creano situazioni anche mentali ovvie quanto giuste. Infatti, passato questo periodo, ecco cosa succede dalle Sue stesse parole, relativamente al lavoro: “Tutto passa in secondo piano, conta solo il mio piccolo e decido anche di prendermi i 6 mesi di facoltativa, al termine dei quali mi propongono 1 mese di ferie, nel frattempo sono di nuovo in gravidanza.....”
Non posso fare i conti di quanto lei sia mancata ma mi pare di capire che sia stato un periodo molto lungo. Secondo Lei, al di là della maternità che è una gioia tutta Sua, se guarda la cosa dall'ambito del lavoro, non penso possa pensare che le cose sarebbero rimaste o avrebbero dovuto rimanere uguali. Sul posto di lavoro manca una persona, tra l'altro necessaria, è quindi obbligatorio che la struttura venga riassestata per subire il colpo. Cosa che è stata fatta e che è giusto sia stata fatta. E' un rischio naturale che un lavoratore deve conoscere. Ci sono i nostri diritti ma ci sono anche le necessità aziendali che vanno fatte quadrare. Se in un ufficio dove solitamente operano donne, improvvisamente la maggioranza dovesse essere in maternità, che si fa? Si chiude l'azienda? Lei stessa pi, come Le ho fatto presente sopra, descrive ciò che è accaduto in Lei. Tutto passa in secondo piano tant'è che dopo essere mancata per il parto, decide di prendere anche 6 mesi di facoltativa. Evidentemente erano maturate le feria e decidono quindi di dargliele. Nel frattempo è ancora in attesa.
Credo che la situazione sia stata davvero delicata ed era assolutamente pensabile che Lei avrebbe poi trovato cambiamenti sia nel lavoro che nelle persone.
Torna, ma i giochi sono fatti. Si dà da fare, lavora e sgobba ma l'ambiente non è più lo stesso. Certamente è così, ma anche Lei non è più la stessa. Ci pensi. Parliamo di cambiamenti proprio perchè ci cambiano. Ed il Suo modo di vedere l'ambiente di lavoro e le colleghe non è più lo stesso di prima. Nota le sfumature e gli atteggiamenti. E come sempre, in queste situazioni, si tende a personalizzare, ad ampliare, a vedere tutto e tutti contro noi. Lei scrive, proprio a proposito di questo momento: “sono felice di starmene di nuovo a casa, non amo più il mio lavoro come prima e comunque certe situazioni messe in piedi apposta per provocarmi non aiutano......una collega mi dice che la mia capa ci è rimasta male perchè non le ho dato la notizia personalmente.....”
Come vede, il cambiamento c'è stato sul lavoro ma anche in Lei. Il lavoro non è più obiettivo primario; non è più in cima ai Suoi pensieri; è felice di starsene a casa. Quando noi ci troviamo a dire questo siamo già “di parte”. Vediamo la realtà con occhi diversi.
Ma destino, volontà o disattenzione fa si che le cose.... non finiscono lì. Ed ecco quindi che Lei nuovamente scrive: “al termine dell'obbligatoria mi propongono 3 mesi di ferie, accetto e, sorpresa, aspetto il mio terzo piccolo!!!!! Sembra quasi una barzelletta.......e comunque ora non mi possono più vedere, “
Si, sembra quasi una barzelletta ma, come si può dire che il datore di lavoro, in questi casi, deve far finta di niente. E' talmente tanto tempo che Lei manca, che inevitabilmente la struttura non può essere quella di prima. Ora, ci credo, che inizino a pensare che per Lei è difficile trovare un posto, anche perchè non vi è sicurezza di presenza. Da quanto scrive e da come si esprime non penso che il datore di lavoro si sia comportato male. Lei si è comportata bene, sin quando ha lavorato ed il datore si è comportato bene tenendoLe il “posto”.
Non sbagli ora dicendo che se la stanno prendendo “solo perchè sono diventata mamma”. Forse, mi scusi la battuta, lo è diventata...troppo.
Comunque, lei chiede un mio parere su come comportarsi. Come faccio? Che dico? Io credo che Lei oggi sia mamma a tutti gli effetti (il lavoro è passato in secondo piano, scrive) e davvero il lavoro non è più importante.
Vede, quando si fanno queste scelte, si cambia. D'ora in poi Lei troverà il lavoro sempre più noioso; poi pesante; poi non più motivante. Poi troverà sempre qualcosa che non va nelle colleghe ed in quello che fanno e continuerà a criticare il Suo Capo. Tenere in piedi lavoro e famiglia (con quel po' po' di famiglia che ha) è difficile perchè la testa...va.
Sta a Lei capire se può fare a meno del lavoro. Se si, si licenzi e si dedichi a ciò che, intimamente vede come Sua nuova missione; anche perchè continuando a lavorare, finirebbe per svolgere un po' meno bene entrambi i compiti. Ma credo che Lei abbia già dentro di sé la risposta alla domanda che mi ha posto e sappia già anche cosa fare. Forse chiede una conferma; una spintarella.
Se smettesse di lavorare vedrà diversamente anche le colleghe ed il Capo ed i rapporti torneranno quelli di prima. Va accettato che anche da parte loro vi sia stato un atteggiamento cambiato. E' naturale come è naturale che Lei si senta un po' estraniata dal gruppo. Ne faceva parte ma l'assenza che ha necessariamente rivoltato l'organizzazione l'ha posta in una situazione quasi esterna. Lei si sente “fuori dal gruppo” ed il gruppo stenta a reinserirla in quanto oggi è quasi un nuovo inserimento in un gruppo rifatto.
Valuti dunque obiettivamente e serenamente le Sue priorità di vita per il futuro. Poi, decida e se decidesse di abbandonare il lavoro lo faccia senza rancori verso nessuno. La vita va avanti e gli atteggiamenti che noi vediamo negli altri, a volte, sono caricati di nostre aspettative.
In bocca al lupo e.....se decidesse di proseguire il lavoro, si fermi nell'esplosione demografica, altrimenti li farà impazzire tutti.

mercoledì 9 settembre 2009

PLAN SLIP parte prima

Federico M. Forlì

Saltando di qua e di là sul blog che seguo da qualche tempo, ho letto in una risposta qualcosa che aveva a che fare con la tecnica di usare un foglio di carta per vendere. Purtroppo non ho segnato e successivamente non sono più stato in grado di ritrovarlo. Può dire qualcosa in proposito?
La ringrazio

Gentilissimo Federico,
la Sua richiesta mi permette di tornare su un argomento tanto importante quanto sottovalutato per non conoscenza. Ho cercato quindi tra miei articoli pubblicati su riviste di settore perchè ricordavo una bella spiegazione che avevo dato circa questo famoso pezzo di carta.
L'articolo, sotto forma di racconto, è a mio modo di vedere il miglior metodo di lettura per far appassionare e comprendere.
Così ho deciso di presentarlo a Lei e ad altri eventualmente interessati. Tenga presente che purtroppo non troverà chiare informazioni sulla sua tecnica d'uso e questo non per tenere un segreto ma perchè è davvero troppo difficile spiegarne l'uso senza avere questo pezzo di carta in mano e senza una chiara comunicazione a due vie tra chi spiega e chi ascolta per imparare. E' questa forse una delle poche situazioni in cui, non potendo mostrare questo famoso pezzo di carta, si comprende la difficoltà di spiegare una tecnica solo a parole.
In ogni caso, buona lettura.
“Stavo bevendo un caffè in compagnia di un amico quando sono stato attratto da un venditore che, con grande difficoltà, presentava un nuovo prodotto al suo cliente, comodamente appoggiato al bancone del bar. Poche parole che non convincevano nemmeno chi le stava dicendo; tanta confusione ed anche tanto silenzio in attesa che il cliente, vedendolo bisognoso di ordini acconsentisse.
Nello stesso giorno un'analoga esperienza in un negozio in cui ero casualmente entrato per curiosare. In questo secondo caso un venditore di ottima presenza era indaffaratissimo a rovesciare sul tavolo ogni possibile attrezzo che potesse dargli man forte per convincere il cliente che, acquistando, avrebbe fatto il suo più grande affare.
Due casi in un giorno erano troppi; statisticamente la percentuale volava alta verso un ipotetico cartello su cui avrebbe potuto esserci scritto “se riesci ad arrivare sin qui, ti ritrovi al punto di partenza. Riprovaci!”
In quel momento ho pensato a quanti sforzi inutili vengono fatti dai venditori per presentare e vendere ciò che potrebbe essere presentato e venduto con estrema semplicità. Ho pensato a quanti danari vengono buttati dalle aziende convinte che l'avere ottimi prodotti sia sufficiente per vendere, ignorando o avendo dimenticato che tutto il lavoro preparatorio dell'azienda è, alla fine, nelle mani e nella capacità di presentazione del venditore.
L'ultimo anello della catena, quello che dovrebbe essere il più forte e preparato, spesso è abbandonato a se stesso ed impreparato.
Mi venne quindi immediato di dire dentro di me: “ritorno ai fondamentali”. Si, ritorno all'uso degli strumenti fondamentali; ritorno alle tecniche fondamentali; ritorno alle conoscenze fondamentali.
Un tempo, quando i venditori erano culturalmente meno preparati, si poneva alle aziende la necessità di prepararli e di dar loro le basi per far “bella figura”. Oggi no. Oggi i venditori sono di alto livello, culturalmente preparati e le aziende, paradossalmente, spendono danaro per farli partecipare a stratosferici corsi, coreograficamente molto belli quanto sufficientemente inutili, senza però dar loro le conoscenze base che formano veramente, per sempre, un professionista della vendita.
“Ritorno ai fondamentali” ridissi dentro di me. Ritorno alla conoscenza delle tecniche che ancor oggi permetterebbero, se usate, di ottenere più vendite e vantaggi di quanto si pensi. Ed è stato proprio quel giorno, vedendo quei due venditori così diversi ma così affini nella incapacità di gestire le difficoltà che, senza che mi sentissero dissi loro: “ragazzo mio, usa il plan slip se vuoi vendere. Impara i concetti fondamentali e la tua azienda farà affari d'oro...”

Il PLAN SLIP
Molti di Voi non sapranno neppure cosa mai possa essere un plan slip e chi conosce l'inglese cercherà di dare un significato alla parola. Quei pochi che ne hanno sentito parlare o chi ha avuto la fortuna, secondo me, di usarlo, sanno cosa intendo e quale sia il suo valore.
Eppure in Italia il plan slip non è mai stato usato come arma di vendita, salvo rarissimi casi. Qualcuno ha tentato di scimmiottarne l'uso finendo per usarlo come depliant illustrativo. Non è mai stato capito e quindi non è mai stato spiegato. Chi lo usava era visto come un povero marziano “obbligato” a giocherellare con un pezzo di carta inutile perchè si, il plan slip è semplicemente un pezzo di carta.

Qui termina la prima parte. Il proseguimento sarà PLAN SLIP seconda parte.

lunedì 7 settembre 2009

SEGRETARIA

Gioia M. Roma
Ho vent'anni. Vedo che il vostro blog aiuta i giovani ad inserirsi nel mondo del lavoro con suggerimenti. Penso di entrare nel target giusto di età, vero?
Io vorrei fare la segretaria ma non so dove si comincia ne cosa devo fare. Potete aiutarmi?
Grazie

Mia cara Gioia,
diamo suggerimenti ai giovani che vogliono entrare nel mondo del lavoro o che già ci sono ma trovano qualche problema. VorresTi fare la segretaria e mi chiedi come si inizia e cosa devi fare.
La mia risposta è rapida. Studiare. Studiare ben oltre quanto ai fatto sino ad oggi alla Tua età. Pare impossibile e non ci si pensa ma la segretaria, di fatto, dovrebbe saperne quanto il Capo che cura. Invece si crede che fare la segretaria significhi prendere appuntamenti, ricevere telefonate e passare foglietti da un ufficio all'altro.
Esistono anche questi tipi di segretarie, la maggioranza; ciò non toglie che la vera professionista, quella ben pagata, sia l'altra. Colei che ne sa come il proprio Capo e che lo aiuta e addirittura lo guida. I Capi hanno bisogno di queste figure, non delle altre.
Vedi Gioia, il lavoro classico d'ufficio (telefono, computer, agenda ed altro) lo si impara presto e lo imparano tutti, anche senza studi scolastici. La preparazione specifica su alcune materie va invece approfondita. Tra le preparazioni metterei anche uno studio di comportamento; di capacità di gestione di eventuali collaboratori; capacità di operare in team, capacità di assumersi responsabilità in assenza del Capo. Insomma, se ci pensi, per fare la vera segretaria occorre studiare da Capo!
Prosegui quindi gli studi e vedi di laurearTi. Poi, in base alla laurea sceglierai il settore in cui inserirTi. Non pensare che la laurea sia troppo per svolgere il ruolo di segretaria. Oggi quelle che valgono davvero e che sono ben pagate, hanno una laurea in tasca. Sono finiti i tempi in cui esistevano le vecchie segretarie tuttofare che ne sapevano più di tutti in azienda, grazie ad un'esperienza di anni, anche in assenza di titoli di studio.
La vera segretaria deve saper valutare addirittura il lavoro del Capo e comprendere eventuali distrazioni, sviste, errori. La vera capace segretaria, per il Capo, ha maggior valore di un team di lavoro. A Lei si affida ciecamente e non è raro vedere addirittura (che è al di fuori non comprende) il Capo prendere quasi ordini dalla segretaria, nel senso che la segretaria dice cosa deve e non deve fare.
Se il rapporto è corretto, nessuno prevarica ed esce dal proprio ruolo. Se vi è intelligenza da parte di entrambi, ognuno comprende benissimo il lavoro e la posizione dell'altro. Il Capo che si ritrova una segretaria così, in cuor suo la ringrazia perchè gli toglie una serie infinita di pesi.
Sappi che svolgere il ruolo di segretaria in questo modo è di estrema importanza in un'azienda. Pensa che possono avvenire mille epurazioni, mille ristrutturazioni ma la segretaria in gamba rimane al proprio posto. Ti basta?
Studia quindi, studia tanto e dopo, non pensare che avendo studiato non puoi abbassarTi al ruolo di segretaria. Se Ti sarai preparata potrai pensare di innalzarTi al quel ruolo perchè è importante quanto e più quello di un'altra mansione aziendale che prevede un laureato.
Ciao

giovedì 3 settembre 2009

SEGNALI D'ACQUISTO

Fulvio Catania

Gentilissimi Signori,
leggo da molto tempo il vostro blog. Io opero da poco tempo in qualità di venditore interno ed esterno per una piccola realtà locale. Mi interesso di vendita sia in sala esposizione per i clienti che vengono direttamente, sia andando io a visitare punti vendita che acquistano da noi. L'azienda in cui lavoro produce e vende lampadari. Nel salone si vende a privati e quindi ho a che fare con clienti diretti, visitando i negozi vendo invece a coloro che acquistano per rivendere.
In pratica seguo un po' tutta la linea di vendita con le problematiche di vendita diretta e non. Quando sono stato assunto il mio principale mi ha obbligato a seguire quello che faceva lui perchè io ho preso il suo posto. Così, guardando ho imparato il mestiere anche se ho ancora molto. Ad esempio, lui mi diceva sempre di stare attento ai segnali di acquisto che dovrebbero essere quei gesti o altro che il cliente, quando li fa, significa che vuole comperare. Io ogni tanto capivo ma altre volte non vedevo cosa avrei dovuto vedre. Così questi segnali dacquisto mi sono rimasti un po sullo stomaco nel senso che vorrei davvero sapere quali sono e quanti sono.
Potete dirmelo voi? Vi ringrazio e aspetto di leggere la risposta sul blog.
Grazie

Caro Fulvio,
Tu ti trovi a svolgere il compito di venditore nel modo più completo possibile, sia in sala esposizione che prezzo i Tuoi clienti. L'approccio non è poi così diverso se guardiamo alla vendita come ad un rapporto interpersonale in cui ognuna delle due persone deve ottenere un risultato.
In questo ruolo, come dice il Tuo Capo (che parla bene ma razzola male) è importante anche sapere (dico “anche”, perchè non è tutto) il concetto dei segnali d'acquisto.
Qualcuno l'hai notato da solo; altri non sei riuscito a decodificarli. Certamente li avrai visti ma non sai d'averlo fatto. Allora Ti do una mano.
I segnali d'acquisto vanno visti un po' come “gesti di approvazione” che il cliente esprime sia a parole come a gesti. Sono segnali di relazione che, nella vendita assumono particolare significato.
I segnali verbali puoi captarli da frasi anche semplici come: “vorrei un modello più semplice” (significa che il cliente è già interessato all'acquisto ma ciò che vede è un po' complicato per lui. Ancora: “si, questo mi piace”. Non credo che io debba aggiungere altro; se un cliente dovesse dire così, è fatta.
Poi, ancora: “lei lo comprerebbe? “ oppure “me lo garantisce?” Chi pronuncia frasi come queste significa che è già intenzionato ad acquistare ma cerca quella sicurezza in più che viene dal venditore. Solitamente queste frasi nascono da persone piuttosto indecise ed insicure che, con esse, dicono al venditore “convincimi a comprare, dimmi che è giusto che lo faccia”.
Segnali verbali possono essere molti altri, ma questi sono i più classici.
Quelli non verbali, vengono da espressioni del corpo e quindi il venditore deve porre maggiore attenzione per percepirli.
Potrei dirTi, ad esempio, che un segnale non verbale è quando il cliente, mentre Tu parli, fa cenni affermativi col capo, oppure tiene un'espressione del viso distesa e non corrucciata. Forse il segnale non verbale più importante da tener d'occhio è quando il cliente tocca il prodotto che Tu stai presentando. Il fatto di prenderlo in mano e di rigirarlo o guardarlo sta a significare che è molto interessato all'acquisto. Lo sente già suo e vuole quindi capire meglio com'è fatto e come funziona proprio davanti a Te, in modo che Tu possa suggerire qualcosa che a lui è scappato.
Come ci sono segnali positivi d'acquisto, ci sono però anche segnali negativi che mettono in pericolo la buona riuscita della vendita.
Voglio aiutarTi presentandoTene alcuni in modo che Tu possa percepirli. Se li noterai dovrai cercare immediatamente di cambiare registro, magari presentando un altro prodotto o rafforzando le argomentazioni su quello.
I segnali verbali che Ti avvertono che una vendita è in pericolo, sono dati da frasi come queste:
“ questo è troppo caro. Volevo qualcosa a meno” o anche “ quanto mi fa spendere per questo?” oppure “non avete qualcosa di più economico?” ed infine la frase classica “ ci devo pensare”.
Un po' peggio sono i segnali non verbali (quindi del corpo) che vanno seguiti con molta attenzione. Al contrario di quelli positivi detti prima, questi possono essere:
scuotimenti del capo mentre Tu parli; espressione negativa del viso; allontanamento spontaneo del prodotto con una mano; ascolto deconcentrato; sguardo che gira altrove mentre Tu parli; rifiuto preciso fatto con la mano.
Il Tuo Capo quindi Ti ha detto cose piuttosto giuste quando Ti ha suggerito di stare attento ai segnali. Probabilmente avrebbe dovuto anche dirTi quali erano. Non l'ha fatto, ma poiché Tu sei stato bravo a trovare questo blog, abbiamo risolto comunque.
Ti auguro di imparare bene e di avere tanto successo. Se avrai bisogno ancora, non mancare di scrivere.
Ciao