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lunedì 13 dicembre 2010

PERDENTE? CHE FACCIO ?

Anna B. (Milano)


Non sono più giovanissima, secondo i canoni che voi richiedete per dare risposta, ma spero che ugualmente possiate darmi una mano. Ho 35 anni, laureata, con una posizione sociale che non mi soddisfa, certamente timida, carina e con una normale rete di amicizie.
Se penso a me comunque non mi sento vincente. Ho un grado di insoddisfazione molto alto, più nervosa di quanto sia la media e, ripeto, insoddisfatta. Vorrei in molte situazioni di lavoro dichiarare che non sono d'accordo; vorrei dire che sono gli altri a sbagliare ma le parole non mi escono e quindi termino sempre per accettare.
Per superare questa situazione presumo di dovermi rivolgere ad uno psicologo per una serie di sedute. Non voglio impegnarvi oltre e quindi vi chiedo solo se potete allargare la mia visione sul tema per capire sino a che punto sbaglio.
Grazie


Gentilissima Anna,
più volte ho risposto su questo tema. Il Suo problema, se ciò può rassicurarLa, è un problema di molti. Non tutti sono ottimisti; non tutti sono sempre certi di farcela; non tutti sanno rimanere freddi davanti alle situazioni della vita.
Devo dirLe che, tendenzialmente, noi tutti siamo vincenti. Vi sono situazioni in cui questo essere appare più evidente o vien fuori di prepotenza. Altre situazioni vedono la nostra parte perdente, prevalere. Il vincente è più portato a ricordare e ad affidarsi a situazioni che gli hanno dato soddisfazione; il perdente tende a ricordare l'opposto. Costui avrà sempre in mente la situazione in cui ha perso o non ha avuto coraggio. Col tempo, il perdente sarà inoltre portato a vedere l'essere perdente, come una situazione di cautela. Il vincente è colui che rischia e può sbagliare; il perdente, non rischia e quindi ha meno occasioni di farlo.
Malgrado questo, ripeto, siamo tutti vincenti e quindi anche Lei può tornare ad esserlo. Per iniziare, deve comprendere che si debbono accettare i rischi ben consapevoli che possono portare a fiaschi.
Poiché Lei accenna a problemi e situazioni di lavoro, su tanto mi soffermo.
Mi capita, nella mia vita lavorativa, di trovarmi a dire “cerchiamo di fare bene questa raccomandazione” e di sentire, nel gruppo di Assistenti, sempre qualcuno rispondere “ tanto la Casa Madre non approverà”.
Ecco questo è il primo esempio di atteggiamento perdente che Le faccio. Ma potrei continuare. Un assistente un giorno mi disse: “io ritengo di essere bravo e preparato ma credo anche di poter migliorare ancora...” ed altri invece che ripetevano spesso: “ non sarò il primo ma non sono neppure peggio dei colleghi”. (Lascio ovviamente a Lei capire chi si identifica come vincente o perdente in queste situazioni).
C'è un progetto da portare avanti. Non è difficile. Voglio solo capire a chi affidarlo. Chiamo un Assistente e glielo presento. Mi risponde “Molto bello. Interessante. Ci tento”.
Lo ringrazio e chiamo altri. (Il lavoro va svolto in team). Ad un certo punto, un Assistente risponde: “E' una cosa che non abbiamo mai fatto”.
Ricordi, cara Anna, che un vincente accetta il rischio di fare errori pur di migliorare. Il perdente tende a non fare le cose proprio per paura di sbagliare.
Un vincente, nel tentativo di essere utile, di migliorarsi e di risolvere un problema, tende a concentrarsi sul modo migliore di superare i problemi che si presenteranno inevitabilmente. Il perdente, tende solo a pensare ai problemi che incontrerà, ma non andrà oltre. Non cercherà le soluzioni.
Il vincente si sente sempre molto responsabile del proprio lavoro, qualunque esso sia. Il perdente, pensa che quello che fa è un lavoro come altri.

Come può capire, il comportamento del perdente non tende a mirare ad ottenere un risultato e la sua partecipazione sarà data dal non commentare.
Le ho fatto alcuni esempi e poiché sono certo che Lei sia intelligente ritengo siano sufficienti a farLa riflettere. In ogni situazione, personale o lavorativa, siamo noi che scegliamo quale comportamento mentale usare. Se impariamo ad accantonare gli atteggiamenti perdenti e puntiamo a parlare o a tenere atteggiamenti vincenti, arriveremo a divenire vincenti.
Mi chiede in cosa sbaglia. Il Suo nervosismo, la timidezza e la Sua insoddisfazione di fondo sono sintomi chiari di un malessere comportamentale che può essere curato anche direttamente da Lei se accantona per un attimo le visioni negative.
Ripeto: siamo tutti vincenti e tutti, in talune situazioni, rischiamo o diveniamo momentaneamente perdenti. Poi, il vincente torna sulla retta via. Il perdente...non lo fa.
Provi a fare qualcosa che Le vien bene. Uno sport; un piatto in cucina, un ballo. E dopo averlo fatto si sentirà soddisfatta e sicura. Lo rifaccia e di nuovo si sentirà soddisfatta e sicura.
Ora affronti altre cose o impegni anche nuovi, con lo stesso stato d'animo, pensando che se ha fatto bene ciò che ha fatto, non c'è motivo per cui non riesca a far bene anche quest'altra cosa.
Non pensi minimamente a cosa va incontro. Pensi che deve riuscire a dare il meglio di sé.
Lei scrive: “Vorrei in molte situazioni di lavoro dichiarare che non sono d'accordo; vorrei dire che sono gli altri a sbagliare ma le parole non mi escono e quindi termino sempre per accettare.”
Ecco l'errore che non deve più fare! Lei non è d'accordo ma le parole per controbattere non escono e quindi accetta e lascia fare.
Ora Le sarà più chiaro ciò che avviene nella Sua mente. Qualche vocina suggerisce: “Lascia perdere. Che Ti frega! Se gli altri vogliono far così perchè vuoi crearTi problemi? Stai zitta che non sbagli!”
Provi invece, nello stesso momento in cui il cervello Le suggerisce di star zitta, a controbattere, pensando: “Perchè devo star zitta? Se penso che questa cosa può essere fatta diversamente e bene, lo devo dire. Poi non sarà perfetta, ma poco importa. Si deve tentare ed io devo dire cosa penso”
Le parrà di prendere sulle Sue spalle un peso enorme e penserà che tutti stiano a vedere cosa mai farà. Non ci faccia caso. Quasi certamente non sarà così ma Lei agisca come se fosse così. Si impegni a trovare soluzioni ai problemi, insistendo mentalmente a pensare che ogni problema ha una soluzione e che Lei può arrivare a trovare quella migliore.
Partecipi alla vita di gruppo, si inserisca e la Sua timidezza diminuirà. Nel momento in cui discuterà con altri o prenderà decisioni, giuste o sbagliate che siano, anche il nervosismo tenderà a calare.
Cancelli dal Suo vocabolario termini come: “è difficile; è impossibile; non ci si riesce; non ho sufficienti elementi per valutare, ecc..ecc..” ed ogni volta che torneranno a presentarsi questi pensieri, si fermi e li ricacci semplicemente dicendosi che tutto è fattibile e Lei vuol provarci.
Mi scriva se pensa d'avere ulteriori necessità.
Cordiali saluti.