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venerdì 3 settembre 2010

UNIVERSITA' E POI ?

Antonio B. Milano

Gentilissimo Dottore,
La leggo con sempre grande interesse e non nego che quanto da Lei o da Voi scritto mi sia servito spesse volte in Università. Sono agli sgoccioli ma mi rendo conto, facendo un'analisi a ritroso, che qualcosa non va nel modo d'insegnare.
Personalmente non ritengo di uscire dall'ateneo pronto per mettermi nel mondo del lavoro o quanto meno, preparato per il lavoro. Certo, qualcuno può illudersi o arrogantemente pensare che una laurea lo faccia divenire dottore in qualcosa ma non è così.
I miei docenti vengono in aula e fanno solo ed assolutamente teoria che, peraltro, non conoscono. Spiegano ciò che loro stessi hanno letto facendo, di un articolo, base per la costruzione di un nulla.
Mi rendo conto che costoro sono assolutamente teorici e non hanno idea di ciò che accade fuori, nelle aziende. Parlano e dicono probabilmente cose che a loro volta sono state dette. Pura teoria. Nelle Università occorrerebbero non insegnanti ma autentici professionisti aziendali che dedicano una parte del loro tempo a spiegare come agire veramente sul campo e nella realtà. Ed invece, abbiamo docenti annoiati che presentano i soliti casi di aziende famose, casi datati, e con questi cercano di riempire il tempo.
C'è scollamento con la realtà. Io ho avuto occasione di stare in azienda, mio padre è un manager ed ha potuto farmi toccare con mano la vita del lavoro nella sua pienezza ed è per questo che, tornando in aula, mi accordo che quanto ci viene detto è vecchio, trito e ritrito, assolutamente inutile.
Mi rendo conto che non Le sto chiedendo nulla e questo è solo uno sfogo di un futuro laureato che, uscendo laureato da una Università, non saprà nulla di concreto di quanto studiato. Teoria e solo teoria.
La ringrazio comunque d'avermi letto. Se vorrà pubblicarmi anche senza risposta, Le sarò grato.
Cordiali saluti


Caro Antonio,
hai detto tutto Tu. Nelle nostre Università i Docenti, in particolari indirizzi, spesso e volentieri (anche se fortunatamente non tutti) sono piuttosto impreparati a passare ad altri le giuste nozioni.
E' vero che l'Università va vista come cultura personale e basta (chissà, forse questo concetto è stato messo in circolazione apposta!) ma un impegno maggiore ci vorrebbe.
Invece, come Tu dici, si passa il tempo a parlare di una teoria che, una volta fuori, non serve perchè oltretutto è probabilmente pure superata. E ciò che dovrebbe rappresentare la concretezza, la realtà, viene affidata ad analisi di semplici, banalissimi casi che, essendo gli studenti totalmente a digiuno, permettono ai Docenti di fare dei figuroni.
Il vezzo dei Docenti, molto spesso è di fare banali domande a studenti assolutamente ignoranti (nel senso che ignorano) per ottenere una sicura risposta sbagliata, per poi dare un dato ad effetto che lascia tutti a bocca aperta. Giochini utili a far pensare agli studenti “accidenti quante ne sa”. Far sviluppare, cioè, nella mente di chi ascolta il culto dell'immagine di chi parla. Quanto siamo rimasti indietro!!
Ma tornando ai casi, n realtà, un caso, se ci si riflette, ha valore nel momento in cui è avvenuto. OK parlare di casi famosi venutisi a creare in aziende (quasi sempre d'oltre oceano e quindi pochissimo assimilabili alle nostre) ma solo per spiegare come in quei momenti storici, e solo in quei momenti, siano andate le cose.
In guaio è che si pretende di far passare come utili ed interessanti situazioni che non hanno riscontro con l'attualità. Qualunque problema ci sia stato e qualunque soluzione sia stata trovata ed abbia portato l'azienda al successo (perchè alla fine è sempre questa la solfa) non dimostra ne assolutamente garantisce che agendo nello stesso modo, si ottengano gli stessi risultati.
Il mercato ha troppe variabili: economiche, concorrenziali, strategiche a breve, medio o lungo termine. Un'azione ed il conseguente risultato può essere dovuto ad un Manager, molto spesso ad un caso, al fatto che i concorrenti abbiano agito in un modo piuttosto che in un altro, agli investimenti, all'umore stesso dei clienti finali, alla volontà aziendale di prendere una strada piuttosto che un'altra. Infinite variabili.
Ebbene, i Docenti parlano di un caso, magari degli anni 80 dicendo che è recente, anche se son passati trentanni, e su questo si infervorano come se presentassero il Vangelo.
Chi ascolta prende atto ma non sa che semmai un domani gli capitasse nella vita lavorativa una situazione identica a quella di un caso che gli era stato presentato, non ci sarà nulla che potrà essere usato, copiato o sfruttato e se lo facesse finirebbe probabilmente per creare un guaio.
La presentazione dei casi è utile per far discutere e ragionare gli astanti tra loro e da questa discussione il Docente deve comprendere chi è più o meno psicologicamente adatto o più predisposto alla linea di studio scelta. Le eventuali analisi specifiche andrebbero sviluppate e spiegate solo da quelli che Lei ha chiamato “professionisti aziendali” ovvero, Manager che possono spiegare oggi ciò che accade oggi, che sta accadendo o, al più tardi, ciò che è accaduto ieri. Quindi, strategie attuali, gestione del mercato di oggi, analisi della concorrenza “vivente” e, se proprio si vuole creare qualcosa di giusto, spingersi ad ipotizzare il futuro. Ma il futuro di oggi, non quello di trentanni fa.
Ecco perchè i neo laureati quando escono dall'Università solitamente entrano in azienda ed iniziano portando il caffè in sala riunione; cosa assolutamente non disprezzabile perchè è il modo migliore per far prendere atto di una realtà che nessuno ha insegnato loro.
In bocca al lupo!