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lunedì 13 settembre 2010

CONFUSIONI POST LAUREAM

Luigi (loc. dichiarata)



Buon giorno,
vi scrivo perché ho letto alcuni interventi sul vostro blog e sono rimasto piacevolmente colpito dalla franchezza e dalla schiettezza delle risposte per cui ho pensato di sottoporvi anche la mia problematica con la speranza che riusciate quanto meno a darmi uno scossone.
Ho 23 anni, mi sono laureato  in luglio in filosofia (3+2) e adesso sto cercando di porre le basi per cominciare a crearmi il mio posticino al sole. Il problema è che ho la sensazione di sparare a raffica a vuoto e di aver perso completamente la bussola. Mi spiego meglio, ho sempre avuto dei brillanti risultati sia a scuola sia all'università. Ho studiato per due semestri all'estero (in America e a Parigi), ho svolto due stage in azienda mentre studiavo, qualche attività di volontariato, quindi non posso dire di non essere soddisfatto di quello che ho combinato finora, né posso dire di essere rimasto con le mani in mano. Il problema è che non so dove indirizzarmi ora. Tutti mi dicono che sono una persona in gamba e che potrei riuscire in qualsiasi (con gli ovvi limiti) cosa volessi, ma io non ho la più pallida idea di ciò che voglio. Non mi mancano le opportunità, ma sono io a non capire che cosa riuscirebbe a gratificarmi in modo tale che potrei dedicarmi ad esso con tutto me stesso. Mi manca la motivazione. Ho scartato il dottorato perché (oltre a questioni di natura pratica) non ho la passione tale per intraprendere una strada che richiede dedizione e sacrifici per raggiungere un obiettivo a cui non aspiro. Sto inviando i curricula alle aziende che a volte si rivelano interessate però ho come la sensazione che non mi renderebbe felice perché io, in primis, sento di non essere adatto al meccanismo aziendale. Faccio richiesta per lavori dall'insegnante di italiano in Ecuador, al dialogatore per associazioni ambientalistiche, al commerciale esteri. Manco di prospettiva, non riesco a vedere che cosa vorrei diventare di conseguenza non riesco a capire quali strade imboccare per giungere alla meta e tutto mi sembra la cosa sbagliata. So di avere molte capacità (e anche molti limiti) e so anche che nel momento in cui credo in qualcosa non risparmio né forze né energie e sono disposto a lottare per ottenere ciò che voglio. È come se possedessi una Ferrari e la tenessi in garage perché non so dove andare. A quel punto sarebbe meglio avere una Cinquecento e dirigersi verso la destinazione desiderata, magari ci s'impiega più tempo, ma alla fine ci si arriva. Da un lato, non voglio continuare ad essere dispersivo, dall'altro non so dove convogliare le mie risorse. È come se fossi paralizzato. Mi viene detto di tentare di percorrere alcune delle strade che mi si sono offerte, mal che vada, mi si dice, si può sempre cambiare. Tuttavia io sento l'esigenza di prendere una rotta che, anche se è possibile che subisca variazioni  nel corso della vita, cominci ad essere abbastanza definita. Spero di essere riuscito a comunicare il mio stato d'animo (di profonda confusione).
Qualche consiglio?



Mio caro Luigi,
ho letto e riletto diverse volte il Suo scritto per vedere da che parte iniziare per aiutarLa poi ho capito che questa risposta sarà tutto un collage della Sua stessa lettera perchè, in questo modo, potremo analizzare assieme le piccole sfumature che, spesso, involontariamente scriviamo senza accorgercene e che possono aiutarci a comprendere cosa pensiamo o vogliamo.
Appare evidente, nello scritto, tutta la situazione di disagio e confusione che confessa. Va detto però che dichiara 23 anni e, santo cielo, almeno a questa età il diritto alla confusione è lecito. Sino ad ora Lei ha studiato. Il rapporto col mondo esterno allo studio è stato marginale e quando ci si presenta davanti al “vuoto decisionale post studio” si ha un bel dire che occorre essere decisi. Si deve iniziare una nuova vita, totalmente differente, che non ha agganci con le esperienze vissute e questo angoscia.
A 23 anni, mi creda, anche se ci si crede uomini, oggi si è ancora ragazzi sopratutto se vissuti studiando. A 23 anni si è uomini quando le vicissitudini di vita portano ad iniziare a lavorare a 18 anni o ancor prima. Quindi, iniziamo col dire che i Suoi dubbi e le Sue confusioni sono quanto meno lecite.
Tenga inoltre presente, per quanto leggerà, che Lei si è laureato a Luglio ed oggi siamo a Settembre. Con Agosto di mezzo, credo Lei abbia avuto ben poco tempo e spazio per darsi una seria guardata attorno. Tuttavia, iniziamo.
Scrive: “...con la speranza che riusciate quanto meno a darmi uno scossone.” e poi ancora: “... Il problema è che ho la sensazione di sparare a raffica a vuoto e di aver perso completamente la bussola.”
Fermiamoci qui. Io non potrò certamente darLe uno scossone perché lo scossone nasce da uno choc che Lei dovrebbe subire e non penso proprio che le mie parole bastino. Comunque se proprio vuole qualcosa su cui riflettere, gliela dico: la smetta di filosofeggiare e si dia da fare. Tutta la Sua lettera è filosofia; il che è anche ovvio e giusto essendo Lei filosofo; tuttavia, un conto è studiare filosofia ed un altro è usarla anche nelle situazioni in cui occorre essere più pragmatici.
Detto questo, veniamo al concetto dello sparare a vuoto ed alla conseguente sensazione d'aver perso la bussola. La mancanza d'esperienza, caro Luigi, fa proprio questo. Si pensa che basti sparare nel mucchio e qualcosa cadrà, e ci si convince di questo. Così, quando non accade e non cade nulla, arriva l'angoscia, prima strisciante e poco invadente, ma che col tempo attecchisce assumendo proporzioni che iniziano a dare fastidio perchè non ci molla più. Così, anziché concentrarsi su un obiettivo, se ne abbozzano tanti e si punta velocemente o per poco tempo su ognuno; tanto poco tempo da non permettere ad alcuno di questi di svilupparsi. Tutto rimane in embrione. Ed ecco il Suo perdere la bussola.
Dice di aver avuto sempre brillanti risultati nello studio; risultati che a volte creano illusioni. Accidenti, quanto bello sarebbe stato se avesse avuto risultati discreti ma sofferti. Le sarebbero stati di maggior aiuto. E' piuttosto la norma che chi ottiene meno a scuola ha quasi maggiori possibilità di “cavarsela meglio” nella vita. Non tanto in tema di cultura e preparazione personale quanto piuttosto nell'arte di arrangiarsi; di sopportare meglio le sconfitte ed i rifiuti; di sapersi rialzare e ricominciare, di tentare e ritentare. L'aver magari sofferto un po' durante la vita di studi permette quella scorza di resistenza ai problemi ed alle disavventure che rendono più forti. Sconfitte o disagi che Lei mi pare non abbia avuto.
Ed ancora: “...Tutti dicono che sono una persona in gamba e che potrei riuscire in qualsiasi (con gli ovvi limiti) cosa volessi, ma io non ho la più pallida idea di ciò che voglio. “.
Lei vede che io riscrivo frasi del Suo scritto per farLe notare come, in ognuna, vi siano punti su cui soffermarci per aiutarLa a capire.
Luigi, Lei è una persona in gamba ma che significa “non ho la più pallida idea....?
Iniziamo a dire che forse sarebbe meglio se Lei si abituasse a pensare: “sono una persona in gamba ma non ho ancora un'idea precisa su quale strada incamminarmi.” Pensare di non avere la più pallida idea di ciò che si vuole, significa mandare messaggi negativi al cervello, e con messaggi negativi non potrà avere risposte positive. Se il Suo cervello potesse risponderLe Le direbbe: “Senti un po'. Ma se non sai Tu dove vuoi andare, come cavolo pensi che possa aiutarTi io? Pensaci un po', dammi almeno qualche opzione di preferenza e magari Ti aiuterò.....”
Proseguiamo con l'analisi dello scritto. Scrive: “...Non mi mancano le opportunità, ma sono io a non capire che cosa riuscirebbe a gratificarmi in modo tale che potrei dedicarmi ad esso con tutto me stesso. Mi manca la motivazione. “ Qui ci fermiamo ancora un po'. Dunque, per la prima volta dice che non Le mancano le opportunità ma Lei non riesce a capire cosa riuscirebbe a gratificarLa. Ricorda la storiella dell'asino che messo in mezzo a due balle di fieno, per non sapersi decidere verso quale indirizzarsi per mangiare, è morto di fame? Può aiutarLa questo ha capire meglio la Sua situazione?
Posso essere cattivo? Ma è proprio sicuro di averne comunque voglia di indirizzarsi verso qualcosa? In altri termini? E' sicuro di aver voglia di impegnarsi in un lavoro in questo tempo della Sua vita? La prego, non la prenda come una critica ma come pungolo.
Le scrivo questo perchè, davanti ad opportunità che dice di avere, l'indecisione sulla strada da prendere, coperta dalla giustificazione della gratificazione, fa sorgere molti dubbi. In altri termini, Lei sta dicendo:
“ Come faccio ad iniziare un lavoro se non so se mai riuscirà a gratificarmi tanto da dedicarmici con tutto me stesso? E se poi non fosse questo quello giusto? E se magari la gratificazione per dare tutto di me era nell'altra opportunità che ho scartato? “
Parrà evidente anche a Lei che prima di una mancanza di motivazione qui c'è forse una volontà a non avere motivazione.
Nessuno può sapere, prima di iniziare un lavoro, se questi gli darà soddisfazioni o dolori. Lo si inizia e si cerca di farlo al meglio. Se poi il tempo dirà che non siamo adatti o esso non è adatto a noi, ci si separerà. Ma la disquisizione sulla soddisfazione (molto filosofica) che potrebbe darci un lavoro è implicitamente una riserva che ci diamo per non iniziare. E se poi si dovesse trovare un'occasione migliore? No, meglio non iniziare.
Scrive: “...mi manca la motivazione....”
Allora, iniziamo a chiederci cos'è un motivo e cosa una motivazione.
Il motivo è quella guida interiore, o diciamo quel bisogno, quell'impulso che stimola all'azione. La motivazione, invece, è lo sforzo che dobbiamo esercitare per soddisfare tale impulso. Questo sforzo deve essere giustificato dal valore che attribuiamo al motivo.
Poiché si parla di lavoro e di motivazione o meno legata a questo ambito posso dirLe che l'unico elemento soddisfattivo a lungo termine, nel lavoro, è proprio il lavoro stesso. Questo è il motivatore principale.
Non Le manca quindi la motivazione, come scrive, ma il motivo.
Così, il non iniziare un lavoro solo perchè non si sa se sarà motivante o no...è piuttosto un'argomentazione o una scusa fragile.
Ancora scrive: “...Faccio richiesta per lavori dall'insegnante di italiano in Ecuador, al dialogatore per associazioni ambientalistiche, al commerciale esteri. Manco di prospettiva, non riesco a vedere che cosa vorrei diventare di conseguenza non riesco a capire quali strade imboccare per giungere alla meta e tutto mi sembra la cosa sbagliata.”
Troppa evidente confusione. Davvero sta lanciando frecce a casaccio. Andare in Ecuador per insegnare l'italiano è quasi una missione. Il dialogatore per associazioni ambientalistiche, ci vuole creatività anche solo a pensarlo; inserirsi al commerciale estero in un'azienda c'entra come i cavoli a merenda con le altre ipotetiche scelte.
E' ovvio che così facendo manderà in tilt il Suo cervello che non capirà più come aiutarLa. Riscrive ancora di non vedere cosa vorrebbe diventare ed è quindi ovvio che se non sa cosa vorrebbe diventare non potrà mai intraprendere quella strada.
Forse, anziché inviare curricula a destra e manca (cosa per altro negativa) perchè non si ferma a riflettere per decidere, o quanto meno per limitare la scelta delle strade da intraprendere a non più di due o tre? Solo successivamente, una volta deciso cosa vorrà fare o cosa Le piacerebbe divenire, potrà dedicare i Suoi sforzi verso quelle strade.
“Non riesco a capire quali strade imboccare per giungere alla meta”. Ma come può, Luigi, arrivare alla meta se non sa qual'è?
Proseguiamo: “...e so anche che nel momento in cui credo in qualcosa non risparmio né forze né energie e sono disposto a lottare per ottenere ciò che voglio.”
C'è sempre, in ciò che dice, un'enunciazione di volontà, ma sempre rivolta al poi, al dopo. “Nel momento in cui.... Quando sarà....io farò....” Riesco a farmi comprendere?
Ancora scrive: “...È come se possedessi una Ferrari e la tenessi in garage perché non so dove andare. A quel punto sarebbe meglio avere una Cinquecento e dirigersi verso la destinazione desiderata, magari ci s'impiega più tempo, ma alla fine ci si arriva.”
Considerarsi una Ferrari in questo caso significa avere molta autostima e non è negativo se però si accetta di doverla guidare anche come una cinquecento. Riesco a farmi comprendere? C'è sempre qualcosa nello scritto, che lascia dubbi. In questo caso è “sarebbe meglio avere....”. Il condizionale porta nuovamente ad allontanare la presa di decisione. “Se avessi....potrei fare....Dato però che mi sembra d'essere un Ferrari, non posso fare come se fossi una cinquecento”. Ma anche una Ferrari può andare verso una metà; basta sapere quale meta si vuol raggiungere!
La Sua lettera termina con un accorato appello:
“... È come se fossi paralizzato. Mi viene detto di tentare di percorrere alcune delle strade che mi si sono offerte, mal che vada, mi si dice, si può sempre cambiare. Tuttavia io sento l'esigenza di prendere una rotta che, anche se è possibile che subisca variazioni  nel corso della vita, cominci ad essere abbastanza definita. Spero di essere riuscito a comunicare il mio stato d'animo (di profonda confusione). “
Ed ancora una volta torniamo sullo stesso tema. Paralizzato davanti ad una possibile decisione.
Vede, Luigi, chi Le ha suggerito di tentare di percorrere una strada tra alcune offerte, Le ha detto qualcosa di buon senso; di pratico. (Un familiare? Forse). L'indecisione è peggio di una scelta sbagliata. Non si può non far nulla per non sbagliare. Meglio iniziare e, strada facendo, correggere eventuali errori.
Ma so che sarà difficile convincerla in tal senso perchè proprio a fine lettera torna sul fatto che, davanti ad una reale possibilità d'inizio di un lavoro...preferisce aspettare per prendere la rotta che possa essere, in qualche modo, definitiva.
Bene, sin qui la Sua lettera.
Ora vediamo cosa suggerirLe ipotizzando di non saper nulla di quanto ha scritto.
Lei ha 23 anni, ha finito gli studi, deve trovare un lavoro e non sa che fare.
Vi sono di norma tre possibilità per chi non sa quale strada intraprendere. La prima, ovviamente, è legata a quanto studiato. Nel Suo caso Filosofia. Il Filosofo, di per sé, proprio per gli studi effettuati non sempre è aperto a tutti i possibili lavori. Potrebbe trovare problemi nell'ambito commerciale in cui occorre una rapidità di scelte, di decisioni e di stile di vita che forse sono poco adatte ad uno riflessivo.
Quindi, una possibilità è di indirizzarsi espressamente verso ciò che gravita nell'ambito degli studi fatti.
La seconda possibilità, che suggerisco di analizzare quando vi sono dubbi, è di rivolgersi all'ambito degli interessi personali ovvero, al mondo degli hobby.
Banale il motivo. Se io ho un hobby, significa che quella cosa o quel mondo mi interessa e quindi, se non ho capacità di valutare altre scelte, probabilmente se andrò ad agire nel mondo dell'hobby che mi piace, inizierò già mettendo, nel lavoro, almeno la passione personale che mi sarà da stimolo.
Anche a Le, quindi, suggerisco queste due linee. Forse l'insegnamento (non c'è bisogno di andare in Ecuador) o la libera professione nell'ambito del giornalismo; oppure, se Lei ha un hobby, capire se non sia possibile intraprendere una strada in questo settore. Gli studi fatti, probabilmente non serviranno a niente se non come preparazione culturale, ma almeno inizierà qualcosa in cui ha già qualche interesse.
Ed ora, stravolgiamo tutto con la terza possibilità. Ci vuol poco a rendersi conto che Lei davvero sta vivendo uno stato di profonda confusione; un caos interiore che la blocca. Sempre ammettendo che non sia una scusa interiore per allontanare il momento di rottura da uno stato senza responsabilità come quello di studente laureato ventitreenne a quello di un adulto che deve assumersi responsabilità (ma per questo dovrebbe incontrare personalmente uno psicologo) Le suggerirei di provare a buttare a mare tutti i dubbi, le paure, le strade definitive e quant'altro, e di iniziare il primo lavoro che trova. Non importa quale, non importa la posizione, quanto guadagna ne le ore impegnate.
In questi casi mi vien sempre, per esempio, in mente McDonald's, un inizio magari duro che secondo me forgia come pochi altri.
Si stancherà, si romperà le ossa, ma inizierà a capire solo in questo modo cos'è il mondo del lavoro. Cominci a fare i primi passi e strada facendo, vedrà che riuscirà a fare tutte le riflessioni e le scelte.
Quello che è certo, Luigi, è che prima deve guardarsi dentro e dire a se stesso se ciò che ha scritto è vero o se, di fondo, non vi sia una velata volontà a trovare confusione perchè il rimanerci dentro fa slittare il momento della verità sulla voglia o meno.
Se fosse vero quanto scritto e se non trova la volontà di buttarsi a corpo morto nella prima esperienza che le si dovesse presentare e se sentisse di rimaner bloccato davanti alla decisione, cerchi un dialogo con uno psicologo a Lei vicino per trovare lo sblocco.

Io ho sempre suggerito, sino alla noia, che per riuscire in qualcosa occorre darsi ed avere un obiettivo. Qualcosa a cui si tiene. Ad esempio, una particolare posizione nell'ambito di un determinato lavoro o il raggiungimento di sogni se si lavora in proprio. Eppoi, darsi da fare per raggiungerlo.
Non ho letto, nella Sua lettera, l'obiettivo che vuole raggiungere nella vita. Forse, se se lo dà, avrà più chiara la strada da percorrere.
Davvero tanti cari auguri.