Ricerca personalizzata

lunedì 21 maggio 2012


RICHIAMO
lettera firmata


Buon giorno,
venerdì ho ricevuto la mia prima lettera di richiamo in cui il mio titolare mi sta accusando di aver utilizzato un tono di sfida e che ho chiesto di essere licenziata ,dopo di che ho abbandonato il posto di lavoro, questi sono i suoi motivi.
Vorrei chiedere come faccio a scrivere le mie giustificazioni in riguardo le sue accuse, dato che sono stata costretta a abbandonare il posto di lavoro dopo che il mio titolare mi ha insultato e umiliato e ha utilizzato un tono minaccioso. La mia richiesta di essere licenziata si deve al fatto che lui dall'inizio del mese mi sta chiedendo le dimissioni  e gli ho detto solo che se mi vuole licenziare deve essere lui a farlo e non io.
Grazie


Cara,
più volte ho detto che una lettera di richiamo ha valore quanto la risposta che si è tenuti a dare. Con la lettera viene contestato qualcosa e si chiede al ricevente di dare giustificazioni (ovvero chiarimenti) su quanto contestato.
I chiarimenti possono soddisfare o meno ma la cosa dovrebbe terminare lì, perchè  l'accusa e la difesa  si equivalgono e nessun giudice baserebbe una sentenza su una lettera.
Va detto che il primo richiamo scritto dovrebbe seguire un richiamo verbale  a cui, chi scrive, dovrebbe fare riferimento.  Se  prima non c'è stato richiamo verbale (ovvero una precisa accusa su una mancanza del lavoratore), la lettera di richiamo sarebbe addirittura   fuori regola.
Dopo la lettera e la risposta del lavoratore tutto potrebbe finire. Se invece il datore torna a vedere  nuovamente  la stessa o altre mancanze del lavoratore, può inviare la seconda lettera. Con la terza e ultima lettera può avviare le pratiche di licenziamento passando però attraverso la solita prassi e dovendosela vedere con il Sindacato a cui  eventualmente il lavoratore chiederebbe aiuto.
Detto questo, veniamo al Suo caso.
Preciso, innanzitutto, che quando mi si scrive come  Lei ha fatto, io devo prendere le cose che mi si dicono e su queste basare le mie risposte.
Ciò non significa che io risponda il giusto in quanto non posso sapere se le cose sono come vengono scritte o queste sono, come spesso accade, una visione di parte di un problema.
In altri termini, per dare un vero e buon suggerimento dovrei conoscere anche le motivazioni del datore di lavoro; motivazioni che non ci sono mai.
In questo caso un po' di confusione c'è.
Dunque: il Suo Capo l'accusa di aver avuto un atteggiamento di sfida; d'aver chiesto di licenziarla e d'aver abbandonato il lavoro.
Non credo che questo sia improvvisamente nato o scoppiato dal nulla.  Cosa c'è stato prima? Quanti lavoratori e colleghi ci sono in questa fabbrica o ufficio?
E perchè il datore si è proprio rivolto a Lei e non ad altri se il suo scopo è solo quello di ridurre personale?
L'aver abbandonato il  lavoro è piuttosto significativo dell'atteggiamento che Lei ha avuto in quella situazione. Non avrebbe dovuto farlo. Anche se si è ritenuta offesa doveva starsene al Suo posto.  Non può dire che è stata costretta, a meno che non sia stato il Datore a chiederLe di lasciare il lavoro ma se lo avesse fatto, oggi non glielo contesterebbe.
Se Lei è stata offesa ed umiliata senza ragione ed ha testimoni che possono confermarlo, può agire Lei contro un atteggiamento sbagliato del Capo. Ma, e dico ma, occorre prima che Lei si faccia un esame di coscienza per vedere se non ci sono state mancanze da parte Sua che hanno portato il Capo all'esasperazione.
Lei scrive poi che dall'inizio del mese il Suo capo Le chiede di dare le dimissioni. Perchè lo fa? Cosa c'è sotto  tutto questo?  Lei avrà mille ragioni ma sinceramente mi è capitato molto ma molto raramente  vedere un Capo che voglia disfarsi di un valido elemento, creandosi ulteriori problemi sul lavoro, a meno che non sia un po' matto.
Concordo con Lei sulla risposta data: se il Suo Capo non è soddisfatto di Lei sta a lui licenziarLa. Se non lo vuole fare, sbaglia.
Si chieda però sempre perchè voglia licenziare proprio Lei.
Comunque, le risposte da dare per iscritto alla lettera di richiamo, sono semplici: le stesse che Lei ha scritto a me.
         Dall'inizio del mese Lei ha ricevuto verbalmente e più volte la richiesta di licenziarsi, senza motivazione
         rifiutando,  vi è stata una reazione non consona da parte del Suo Capo che ha preso ad insultarLa ed umiliarLa  (faccio nuovamente presente che uso termini da Lei scritti) per istigarLa a chiudere il rapporto di lavoro.
         È stato inoltre usato un tono minaccioso tale da farLe valutare l'opportunità di lasciare momentaneamente il luogo di lavoro al fine  di far si che si calmasse la situazione e non certo per altri motivi. Se ne scusi ma dica anche che se fosse rimasta, probabilmente il tono della discussione da parte del Suo Capo sarebbe ulteriormente aumentato e solo lasciando il lavoro ha bloccato questo stato di cose.

Se le cose stanno come ha detto, Le chiarisca così come sono. Usi toni calmi e sereni nella risposta alla lettera.
Può terminarla scrivendo che non comprende le motivazioni per cui il Suo Capo  abbia  agito proprio contro Lei, malgrado non vi siano mai stati (ammesso sia vero)  motivi  di lagnanze precedenti.
Infine, il suggerimento che do sempre. 
Indipendentemente da come la faccenda dovesse finire  ed ipotizzando che tutto si calmi, si dia comunque da fare per cercare un'altra occupazione.
Lavorare in un ambiente in cui non si è graditi o apprezzati, alla lunga crea tensione e stress, anche se si è dalla parte della ragione. Si finisce spesso per  demoralizzarsi e si inizia a lavorare male. Tutto allora diventa pesante ed inizia la demotivazione che è l'unica cosa da cui si dovrebbe cercare di stare alla larga.
Poi magari, quando sarà il momento, si prenderà Lei la soddisfazione di dire che se ne va, e magari nel momento più sbagliato per il Suo datore.
Cordiali saluti.

domenica 20 maggio 2012

PENTITO DAL RITORNO


Andrea     (loc. n.c.)

Buongiorno,
leggendo il Vostro blog ho trovato spesso spunti di riflessione interessanti ed è per questo che vorrei chiederVi un parere su una decisione intrapresa e che non si è rivelata oculata.
Dopo quasi 6 anni trascorsi in una azienda (come primo lavoro), a settembre scorso ho accettato una nuova offerta perchè la situazione finanziaria della ditta in cui operavo non era delle migliori. Il nuovo lavoro mi ha offerto condizioni nettamente migliori, ma mi ha obbligato a trasferirmi, anche se non era nelle mie intenzioni per motivi familiari.
Dopo 7 mesi sono stato ricontattato dalla precedente azienda per un possibile reinserimento. Nonostante le mie perplessità, più fonti mi avevano garantito l'entrata di alcune commesse piuttosto sostanziose, con prospettive più rassicuranti; anche un cambio nella direzione amministrativa mi  aveva fatto pensare ad aria nuova.
Dopo lunga riflessione ho poi deciso di accettare, più per motivi logistici personali, e di rientrare nella prima azienda, rinunciando anche alla posizione più appetibile che ricoprivo nella seconda.
Una volta rientrato ho dovuto constatare, purtroppo, che quanto dichiarato è ancora in fase di "evoluzione" e subordinato ad alcuni sviluppi, ed ho dovuto ricredermi su quanto si diceva in merito di non tornare sui propri passi. E' stato certo un rischio che ho accettato di assumermi, ma adesso mi trovo nella scomoda situazione di aver rinunciato ad un buon posto per tornare esattamente al punto di partenza.
Quindi adesso che fare? Attendere le evoluzioni o nel frattempo mettersi nuovamente in gioco alla ricerca di una nuova possibilità? E come inserire in modo accettabile questi cambi nel proprio curriculum?
Vi ringrazio per il vostro aiuto.

Andrea



Caro Andrea,
ciò che spesso ci rovina sono le fonti. Qualcuno dice; altri mi hanno detto; sembra che...; dovrebbe accadere...; probabilmente avverrà..; o ancor peggio, al posto del condizionale viene usato il futuro prossimo
o  il presente.
L'azienda sta avendo; a giorni arriveranno nuove commesse  ecc.ecc...
Nel momento in cui Lei stesso, dall'interno e quando c'era  si è reso conto che l'azienda non navigava in ottime acque tanto da farLe intuire che sarebbe stato meglio uscirne togliendosi dalle spalle quello che sarebbe potuto divenire un peso ed un problema; nel momento che è riuscito nell'intento trovandosi un altro posto che, a detta Sua, Le ha dato condizioni nettamente migliori, perchè tornare?
Posso capire che la Sua molla sia stata il rientro in famiglia ma avendo già accettato  mentalmente o per necessità il trasferimento, perchè non mantenere questa linea più certa e sicura?
Ogni trasferimento di lavoro è pesante all'inizio, poi, come tutto nella vita, si accetta, ci si adatta ed alla fine non è così tragico sopratutto quando dietro vi è la sicurezza di un lavoro che premia.
Quando viene richiesto un trasferimento che non è nella logica di chi lo deve sopportare ci si deve porre subito se farlo o meno. Si può non accettarlo e si torna a cercare un'occupazione sotto casa ma se lo si accetta si dovrebbe andare avanti.
Lei sa bene che, oltretutto, se ci si tiene alla carriera, in fase di un colloquio di lavoro chi è disponibile a trasferimenti o si è trasferito per lavoro è meglio considerato perchè dimostra una maggiore libertà e apertura mentale.
Non Le chiedo se nel lavoro che svolgeva nella seconda azienda si stava trovando bene perchè Lei stesso scrive che  tornando ha rinunciato ad un posto più appetibile che ricopriva e  ad un buon posto.
Ricordiamoci che la famiglia è felice se è unita e si vive serenamente ma, se pur essendo unita  non c'è serenità e sicurezza nel lavoro per garantire il proseguo come lo si vorrebbe, ne soffre anche la famiglia stessa.
La prima azienda Lo ha ricontattato dopo  sette mesi. Diffido sempre di un'azienda che ricontatta chi se n'è andato. Perchè lo fa?  Possibile che non abbia  all'interno qualcuno da far crescere? Necessita proprio di colui che è uscito? Ed allora perchè lo ha lasciato andare?
Già questo dimostra un po' di confusione nella gestione delle risorse, confusione che crea sempre grossi malumori tra il personale rimasto che vede, quando accade, il ritorno di uno che è uscito e che torna  magari con compiti maggiori e stipendio più alto.
La ricerca di riavere chi se n'è uscito dimostra spesso un vuoto gestionale delle risorse  che non è rassicurante. Se tanto mi dà tanto....anche il resto andrà nello stesso modo.
Veniamo al presente. Ora Lei è tornato per rendersi conto che poco è cambiato e che le promesse e quanto dichiarato sono ancora in fase di evoluzione (il che, sa bene, spesso significa, che non avverranno per niente).
Mi par di capire che Lei sia un Amministrativo, quindi più idoneo a sapere in che acque versi l'azienda. Non è un commerciale ma vivendo nell'azienda non dovrebbe essere difficile anche sapere come viene gestita la parte commerciale.
La gestione è ciò che vale. Quando sento parlare di arrivo di nuove commesse che “dovrebbero salvare il futuro” tremo un poco. Lo sento sempre dire quando le aziende non hanno più nulla da dare.
Forse, questo unito al fatto che il direttore amministrativo se n'era andato, avrebbe dovuto farLa riflettere un po'.
Ad ogni buon conto oggi Lei è lì. E' un rischio che ha accettato. Cosa devo dirLe?   Cambiando azienda ed andando verso qualcosa che non si conosce, vuol dire accettare un rischio. Tornare  in una situazione  che La fatta allontanare volontariamente ...non è un rischio, è un errore.
Dice bene quando scrive che  è al punto di partenza.  Ed ora che fare?
Rimanga, faccia al meglio il Suo lavoro; speri che arrivino questi cambiamenti e sviluppi ma non perda occasione per rimettersi sul mercato.
Il Suo curriculum può effettivamente soffrirne perchè è sempre poco giustificabile un rientro (che io tra l'altro sconsiglio sempre).  In un contatto diretto con un'azienda potrebbe anche essere non valutato ma se dovesse trattare con un'agenzia o un cacciatore di teste, lo noterebbero subito.
Vediamo cosa fare.  Lei potrebbe seguire questa logica:
non dire che se n'è andato dalla prima azienda perchè non tirava buon vento ma solo perchè la seconda Le offriva incrementi di guadagno e di carriera.
Inoltre: la prima azienda era dispiaciuta della Sua uscita e sin da subito aveva iniziato a contattarLa per un rientro.  La seconda azienda che Le aveva promesso carriera, a seguito di ristrutturazioni interne improvvise, aveva accantonato quello che doveva essere fatto quasi subito per Lei.
Insomma, un buon posto ma quasi certamente chiuso, facendo così venir meno le motivazioni del cambiamento.
Detto questo, tenga a mente questo filo conduttore: Lei ha una parola a cui tiene e vuole che anche gli altri l'abbiano con Lei. Se questa vien meno; se l'azienda in cui è andato ha promesso e non mantenuto, vien meno il Suo impegno a collaborare con l'azienda stessa.
Ad un ulteriore nuovo contatto avuto direttamente dalla Direzione per farLa tornare, con adeguamenti più che soddisfacenti di stipendio e ruolo, Lei ha così deciso di tornare anche se.....il ritorno in un'azienda lasciata non lo avrebbe voluto fare.
Questo è il filo più logico che intravedo nella Sua situazione.
Rimanga ma cerchi.
Cordiali saluti.

mercoledì 16 maggio 2012


VENDITE E CRISI

A.M.     Milano


Sono responsabile delle vendite in un'area del territorio italiano.  Da tempo mi sto preoccupando della situazione del commercio perchè mi rendo conto che i rischi di perdere il lavoro  ci siano, anche se ad oggi,  ho resistito abbastanza bene agli scossoni  dell'economia.
Posso sperare nel futuro? Posso, come tanti altri, pensare che si proseguirà e che questa crisi non sarà un nuovo 1929?
Può dirmi cosa ne pensa?



Mio caro A.M.,
cosa ne penso io vale poco ma poiché Lei me lo chiedi, Le rispondo.
Credo che non ci sarà un nuovo 29. Non c'eravamo  ma da ciò che sappiamo le situazioni erano effettivamente diverse.
Malgrado gli scandali e le banche che dovrebbero fare un lavoro e ne fanno un altro; malgrado un sottobosco di truffe legalmente accettate a scapito della collettività, malgrado i poteri della finanza abbiano preso il sopravvento mettendo loro uomini anche a capo di governi ritengo che la forza dei popoli delle nazioni sia più grande di tutto  questo.
Siamo stati tutti impoveriti e chi  ha permesso e promosso questo  si vanta pure di essere stato padre fondatore di questa situazione. Importante per lui o per  loro è ricordare solo le poche cose positive che ciò ha portato, dimenticando, ignorando o fingendo che non esistano le cose negative. Tutto qua.
Ma ce la faremo.
Da tempo è sotto gli occhi una situazione commerciale non certo positiva, in cui operare è davvero difficile. In queste situazioni valgono poche ma precise regole.
Tenere  a bada i conti. Se un tempo si era piuttosto tolleranti con i pagamenti dei clienti, oggi non lo si deve più accettare.
Vanno eliminati tutti i clienti che non mantengono le scadenze o, quantomeno, in caso non si vogliano perderli, inviare sempre ordini ridotti per diminuire il rischio.
Meglio vendere un po' meno ma incassare.
Consegnare merce solo ad avvenuto pagamento dell'ordine precedente, senza inventare cose astruse.
E' sufficiente dire ai clienti che l'azienda non può esporsi e che deve limitare i rischi. Se il cliente è intelligente capirà, perchè anche lui dovrebbe agire nello stesso modo con i propri clienti.
Circa le vendite poi, se Lei vende un prodotto qualitativamente buono, non dovrebbe temere scossoni più di tanto.
Solitamente le aziende che soffrono di queste  situazioni sono coloro che vendono prodotti di scarsa qualità. Nei periodi di crisi, si tende a spendere meno  ma quel poco che si acquista lo si  vuole di buona qualità.
Sono sempre le piccole aziende che hanno poco da dare a soffrire di più.
Sia più vicino ai clienti. Ascolti le loro difficoltà, dia loro suggerimenti ma sia cortesemente inflessibile. Dia loro aiuti per far capire come devono a loro volta agire, ma non ceda sui principi di correttezza che il cliente deve avere verso Lei che lo fornisce.
Tenga presente che un cliente non ha, oggi, alcun interesse a cambiare fornitore perchè con quello attuale ha già passato le forche caudine dell'analisi degli uffici amministrativi mentre con un fornitore nuovo, probabilmente non avrebbe alcun fido e quindi difficoltà ad iniziare un rapporto.
Forza allora. Si rimbocchi le maniche come certamente starà già facendo e prosegua il lavoro. Esca il mattino con entusiasmo; incontri i clienti col sorriso; li aiuti ad avere fiducia e vedrà che l'ottimismo alla fine sarà contagioso.
Tutti hanno bisogno di vedere che c'è qualcun altro che ha speranza.  Gliela dia e Le saranno riconoscenti.
Cordiali saluti

venerdì 4 maggio 2012


TORNARE O NON TORNARE 3



S.M.


Grazie mille!
Lei dice bene: e ora basta! Ho letto il Suo intervento e La ringrazio infinitamente. Approcciando il mondo del lavoro ho conosciuto meglio me stessa, cosa indispensabile per definire i propri obiettivi. Basta farsi dei problemi.
Ho accettato, comincio tra poco e ora voglio guardare solo avanti!
Grazie ancora.


Non sempre  ma,  a volte, sbagliare serve. Ora si dia  obiettivi anche ambiziosi di comprensione del lavoro, crescita,  tempi e  risultati. Li tenga controllati e faccia di tutto per  mantenere quanto si è prefissata.
Sono contento per Lei.

mercoledì 2 maggio 2012

TORNARE O NON TORNARE 2


PREMESSA

Alcuni giorni or sono era giunta una lettera a cui avevamo dato risposta sotto il titolo: “tornare o non tornare”. Alla risposta data  attraverso il blog erano seguite alcune corrispondenze dirette e private che non sono state pubblicate.
Oggi, rispondiamo a quest'ultima lettera, inserendola nuovamente nel blog perchè riteniamo che chiuda un cerchio con la prima ed anche che possa servire ad eventuali altri lettori.
Pur non avendo pubblicato ciò che c'è stato nel mezzo, non sarà difficile seguire lo sviluppo della storia.
Chi non avesse letto la prima parte, dovrà cercare in archivio (non molto lontano nel tempo) “tornare o non tornare”.



S.M.   (loc. n.c.)

Buonasera,
Le scrivo pechè ho piacere di aggiornarLa sugli ultimi sviluppi in merito alla mi situazione lavorativa. Sono la ragazza laureata  che aveva lasciato il posto di segretaria di direzione per una posto "truffa" nel settore marketing. Sono stata contattata dalla vecchia azienda e mi è stato proposto un contratto di apprendistato (mi pagano un pò di più e la durata è di 4 anni) e, viste le valutazioni fatte in merito ad una possibile carriera lavorativa, sto valutando di accettare pur sapendo che non è il lavoro della mia vita e sopratutto in quella specifica azienda.
Sicuramente mi darà la possibilità di conoscere una varietà di attività aziendali e come lavora un'azienda operante nel mercato estero. Considerata la situazione del mondo del lavoro per i giovani, mi sembra possa rappresentare una buona soluzione "anti-crisi".
Nel frattempo avrò modo di valutare con calma quale potrà essere il mio percorso professionale. L'unica cosa che mi spaventa è la durata del contratto: avrei preferito mi proponessero un contratto di breve durata, 4 anni sono tanti non so quanto resisterò e se me ne andrò prima non sarà così facile, perchè l'azienda ci rimarrà male e ciò potrebbe non giocare a mio favore per le referenze future.
Sono ancora un pò combattuta poichè un contratto così lungo tende a spaventare per le ragioni già elencate.
E' un momento difficile e mi piacerebbe potere avere alternative che non siano la disoccupazione.
Grazie ancora e cordiali saluti



Mia cara S.M.,
tutto è bene ciò che finisce bene.  Alla fine c'è stato il contatto con la vecchia azienda e la nuova proposta. Questo fa pensare che Lei abbia davvero lasciato un buona immagine di sé  perchè è ben difficile che le aziende da cui si esce, facciano proposte per riassumere chi se n'è andato.
Le auguro quindi di cuore che  Lei possa approfondire le tematiche che svolgeva; imparare del nuovo, fare esperienza e dare solide radici alle Sue conoscenze, pronta per nuovi incarichi futuri.
Lei però mi dà  occasione, lo devo fare per forza, per tirarLe le orecchie.
Cercava un posto migliore. Ha tentato. S'è un po' bruciacchiata ed ha avuto la fortuna di tornare senza pagare pegno.  Cercava un posto sicuro per non dover lottare con lo spettro della disoccupazione. C'è andata vicinissimo per entrare nella categoria ed oggi che le offrono un contratto che, anche se non è a tempo indeterminato, è comunque di quattro anni e Lei che fa?
Dice che le pare un po' troppo lungo e che avrebbe preferito un contratto più breve.
Insomma, si sente un po'  troppo legata (probabilmente nella vita Lei non ama i vincoli) e sta già pensando, ancor prima di iniziare,  se avrà mai la capacità di resistere  e cosa potrebbe succedere se se ne andasse prima.
Poiché è combattuta e spaventata, devo rasserenarLa.
Dov'è il problema?  Credo che non vi sia un lettore o qualunque altro giovane che, trovandosi nella Sua situazione, non andrebbe ad ubriacarsi per la gioia. Lei, invece.... si preoccupa.
Oggi si tenga ben stretto questo contratto quadriennale ed inizi il lavoro secondo i suggerimenti che Le ho dato.
Impari, approfondisca, rubi idee ed esperienza  facendosi le ossa. Poi, quando sarà il momento, ovvero quando sentirà di essere forte e sicura  per mettersi sul mercato, lo faccia.
Tenga presente però che secondo me, quattro anni passano velocemente e per rafforzare le Sue esperienze ci vogliono tutti.
Non sappiamo cosa ci riserva il domani. Magari scoprirà che i difetti di questa azienda non sono poi così male o scoprirà, nel tempo, di ottenere  uno spazio di libertà e di autonomia decisionale che Le daranno piena soddisfazione.  Non sarebbe il Suo il primo caso del genere.
In ogni modo, da anima in pena, se proprio vuole, dopo un po' di tempo, torni a guardarsi  attorno.
Non si faccia però sangue amaro sul fatto che l'azienda potrebbe rimanerci male e dare cattive referenze.
Il futuro è Suo e se dovesse decidere di andarsene, Lei deve guardare egoisticamente se stessa e non l'azienda.
Sul fatto che questa poi possa dare cattive referenze, anche in questo caso non se ne faccia un problema perchè nessuno chiede referenze su un lavoratore all'azienda che questi lascia.  Potrebbero non essere vere. Cattive, perchè l'azienda non vorrebbe  che se ne andasse o buone per la troppa gioia di vederlo andar via.  Quindi, inutili.
Durante un colloquio è l'intervistatore che valuta l'intervistato: Le referenze sono  cose d'altri tempi.
Chiarito questo: chiarito che quattro anni passeranno velocemente; chiarito pure che il Suo compito primario è di approfittare di questi anni per consolidare le Sue capacità e conoscenze; chiarito che, magari anche per solo gioco o per sentirsi richiesta, Lei può comunque guardarsi attorno alla ricerca dell'occasione d'oro (per cui però, Le ricordo,  ci vuole esperienza vera di conoscenza delle tematiche che si imparano solo immergendosi nella mansione); chiarito tutto questo e visto che l'azienda è ben disposta a riprenderLa, non posso che augurarLe davvero un buon futuro lavorativo.
Sappia farsi scivolare addosso le cose che inevitabilmente incontrerà e che non Le andranno; i problemi; le invidie di qualche collega;  magari qualche approccio; i punti di vista lavorativi che non combaceranno con i Suoi e che vorrebbe da subito rifiutare.  Insomma, dia poca o nulla importanza alle cose non gradite e pensi sempre ai Suoi obiettivi, che dovrà darsi e su cui troverà in archivio una serie ampia di suggerimenti.
Ed ora basta!  Forza ed in bocca al lupo.
Cordiali saluti.