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venerdì 17 febbraio 2012

RICHIAMO

A.C. Lombardia

Buongiorno, volevo un' informazione, al mio ragazzo a fine dicembre gli è stata consegnata una lettera di richiamo, poichè la mattina dello stesso giorno il direttore della ditta presso cui lavora gli ha ordinato tramite il suo responsabile(quindi non direttamente il direttore)di pulire i vetri, i muri dopo aver svolto le sue mansioni quotidiane; specifico è un 4° livello ccnl pubblici esercizi manutentore macchine da gioco(slot, bowling, ecc), il mio ragazzo ha contestato la cosa poichè gli era stato già chiesto la settimana prima, è lui l' ha svolto nonostante non fosse di sua competenza, ed anche perchè vengo chiesti sempre a lui sti lavori e sono in 5manutentori, nonostante il battibecco alla fine lui ha pulito le vetrate per non litigarci; a fine turno gli è stata consegnata questa lettera di richiamo, dove chiedevano spiegazioni del suo comportamento.Ha risposto entro i 5gg come da lettera allegata, il direttore ieri alla fine del turno gli ha dato un' altra lettera con su scritto che le sue motivazioni non sono valide, poichè quei lavori non li svolge tutti i giorni ma solo saltuariamente e che deve rispondere entro 20gg tramite ccnq. Ci dobbiamo preoccupare? Poichè sò che alla 3° lettera c'è il licenziamento, cosa ci consigliate di fare?
grazie mille



Mia cara A.,
dietro le lettere di richiamo quasi sempre ci sono motivazioni che nulla hanno a che fare con quanto contestato.
In altri termini, a volte sul lavoro si sviluppano tensioni, malumori, antipatie che possono nascere da un Capo che pretende, ordina e poco accetta, come da un dipendente che non ha voglia di fare nulla più di quanto non sia concordato o che ha rapporti difficili con l'ambiente o altro ancora.
Queste situazioni aumentano il livello di non sopportazione tra le parti in causa. Un dipendente diventa, così, antipatico ed il datore di lavoro lo vede diversamente da come lo vedeva prima o, il datore di lavoro, viene visto come un dittatore che comanda e non accetta risposte negative.
La verità di ciò che accade tra le parti in questi casi sta sempre, come si dice, nel mezzo.
Il Capo chiede qualcosa che non è di pertinenza del lavoratore presumendo che costui lo possa fare per collaborazione e scopre invece che il lavoratore si ribella per poca volontà o anche solo per principio.
Spesso dietro a queste situazioni ci sono insoddisfazioni sulla collaborazione.
Ancora: il Capo vede il collaboratore con poca voglia, distratto, pretenzioso, attento solo ai diritti e meno ai doveri e quindi capisce che se si libera di quell'aiuto, forse è meglio. Accantona quelle sensazioni ma alla prima occasione di dissidio, esse tornano prepotentemente alla ribalta e tutto si somma.
Spesso, scrivo che quando si entra in queste situazioni di richiami, la cosa migliore è di cercare un altro lavoro anche perchè, dopo, le cose non rimarranno più le stesse e, torto o ragione, anche la vita personale del dipendente ne soffrirà.
Circa il licenziamento, non credo che la situazione descritta sia tale da portare all'allontanamento. Probabilmente secondo me, c'è stato più desiderio di far capire al dipendente che quando viene chiesto qualcosa, sarebbe giusto farlo. Dare una mano, senza pensare “lo chiedono solo a me e non agli altri” può portare più vantaggi che altro.
Va ricordato sempre, ma sempre, che un datore di lavoro difficilmente si va a creare problemi eliminando un collaboratore che porta vantaggi e che svolge un ruolo di aiuto con coscienza.
E' così difficile trovare brava gente che quando la si trova la si tiene stretta. Perchè mettersi a discutere con chi è utile al gruppo? E che soddisfazione si può trovare seppoi quella persona se ne dovesse andare? Perdere un elemento valido per una ripicca è un po' da stupidi.
E, da parte del dipendente, volersi attenere strenuamente al mansionario relativo al proprio livello non porta vantaggi. Dimostra solo che si è puntigliosi e, mi scusi, non collaborativi.
Dire o anche solo pensare “io non faccio quella cosa perchè non è nel mio ruolo in quanto io sono di livello superiore a quanto mi si chiede” può essere giusto sotto l'aspetto delle norme contrattuali ma certamente dimostra una persona che svolge un lavoro non perchè lo sente suo o lo appassiona ma solo perchè è obbligato a farlo.
Nessuno fa testo, per carità, ma io stesso, mentre ricoprivo incarichi di notevole responsabilità, mi sono trovato più volte nella mia vita lavorativa, in situazioni improvvise, a rimboccarmi le maniche aiutando l'ultimo dei collaboratori per far si che il lavoro si svolgesse secondo i piani. Non ho mai pensato che quel lavoro non avrei dovuto farlo perchè non era degno del mio livello.
Questo per dire che in un gruppo, tutti dovrebbero essere pronti a fare tutto, senza tenere il conto delle volte che viene chiesto a lui o ad altri. Anzi, più un Capo si rivolge ad un collaboratore e lo vede pronto, maggiore sarà la considerazione che avrà in lui, relativamente alla disponibilità.
Ora, il Suo ragazzo agisca come crede. Sotto l'aspetto contrattuale e di livello ha, come Le ho detto, ragione. Insistere a puntualizzare non lo rende più colpevole ma lo pone sotto una cattiva luce.
Al di là della situazione attuale quindi, sta a lui vedere se vuole vivere di etichette o di contenuti.
Ora, cosa fare? Se volete andare avanti nella disputa, rispondete nuovamente. Fate scrivere la risposta a chi ha vi ha suggerito la prima (che andava bene) oppure rivolgeteVi ad un patronato di un qualsiasi Sindacato che Vi potrà dare ogni suggerimento utile.
In bocca al lupo!