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venerdì 20 gennaio 2012

CURRICULA A CASO

Ieri è arrivata una mail di cui riporto il testo introduttivo:
Spettabile Ditta,
con la presente allego il mio curriclum vitae e la mia lettera di presentazione.
Ringraziando per l'attenzione, porgo Cordiali Saluti

Nessuno ha chiesto alla persona che ha scritto di inviare un curriculum anche perchè, non essendocene necessità avremmo fatto perdere tempo inutile ed illuso per niente lo scrivente. Per curiosità, comunque, ho aperto gli allegati.
Il primo iniziava così:
Spettabile Ditta,
vi allego il mio curriculum vitae dettagliato in modo che possiate prendere in considerazione la mia candidatura.


Basta questo per comprendere come lo scrivente stia commettendo errori con azioni inutili che a nulla porteranno.
Pur avendo detto e ridetto che non si devono inviare curricula a caso, torno a spiegare perchè non lo si deve fare, in modo che altri non continuino a cadere nei soliti errori.

Non si inviano lettere a caso alla Spettabile azienda, senza il nome dell'azienda, perchè si dimostra subito scarsa “intelligenza” di presentazione. Tra l'altro è fastidioso per l'azienda ricevente vedere che chi ha scritto, in realtà, non pensava a quell'azienda ma a tutto il mercato.

Una sconosciuto scrive al ricevente, sia quest'ultimo persona fisica o azienda, non conoscendolo ; senza sapere il settore in cui questi opera; senza sapere se vi sia una ricerca di personale; senza sapere il profilo eventuale richiesto; senza conoscere in pratica nulla e poi nulla.
Nel primo allegato (lettera di presentazione) offre a caso la sua candidatura in modo generico. Ma per cosa? Per quale compito?
Cosa vuol dire “in modo che possiate prendere in considerazione la mia candidatura” ?
Ipotizziamo che l'azienda, in quel momento, stia casualmente cercando un facchino o un autista internazionale e lo scrivente che offre la candidatura sia una laureata in lettere. Appare evidente che la pura offerta di una candidatura, quando non richiesta, abbia una percentuale di venir cestinata superiore al 100%, se mai fosse possibile.

Gli invii a caso, spesso o sempre, inviati a tappeto ad una serie di indirizzi mail della propria provincia o città dimostrano l'assoluta inaffidabilità di chi scrive.
Non c'è dietro ad una presentazione un preciso programma; una volontà di indirizzo verso un settore o un altro. La mail arriva, inesorabile, all'azienda che produce granaglie, ferro, consulenza, come al negozio di scarpe che magari ha un indirizzo mail la cui sigla non sia così identificabile con il lavoro svolto.
Arriva all'associazione profughi come all'istituto di beneficenza. Insomma, dato che le mail non costano fatica, con un clic si invia a tutti nella speranza che sparando nel mucchio, si colpisca qualcosa.
Questo è l'unico, vero modo per illudersi e poi demotivarsi; per sperare e poi piangere dicendo che non c'è lavoro.
Se si invia un curriculum ad un'azienda interessata con cui si è entrati in contatto attraverso un'inserzione o un ufficio di ricerca, si potrà essere convocati o no. Nel primo caso si discuterà; nel secondo si capirà che non si è adatti al ruolo. Stop.
Delusi? Forse un po', ma si tratta di un caso. Un contatto solo non fa primavera. Ci saranno altre occasioni.
Ma se si invia un curriculum a cento indirizzi e nessuno risponde, la delusione che prende è ovviamente ingigantita, moltiplicata per cento.
Non si penserà “oddio, ho spedito a caso e probabilmente a chi non era interessato quindi ci sta che non risponda nessuno...” . Si penserà invece: “ sono sfortunato (è sempre colpa della fortuna) ho scritto a mezzo mondo e nessuno mi considera. Qui c'è crisi, altro che lavoro. Se va avanti così, cosa farò? E' pazzesco. Devo riprovare a spedire ancora ad un maggior numero di indirizzi per aumentare le probabilità...”
Le probabilità aumenteranno sicuramente ma solo quelle relative a sentirsi un perdente.
Occorre tener presente che le aziende ricevono quotidianamente curricula inviati a caso da giovani che continuano a non comprendere che è la strada sbagliata e che obbligano le aziende a cestinare senza rispondere con finte lettere che sino a poco tempo fa si inviavano:
“Egregio Sig. Pippo, abbiamo ricevuto il Suo curriculum. La informiamo che dopo un'attenta lettura e pur riconoscendo una Sua preparazione e le Sue esperienze di ottimo valore, momentaneamente non vi è la necessità di un supporto quale Lei può dare. Siamo quindi spiacenti ecc...ecc.., ma La informiamo che terremo sicuramente il Suo nominativo in evidenza. “ (ovvero, nel cestino).

Basta! Non fatelo. Risparmiate tempo, Vi prego.
PreparateVi un curriculum, aggiornatelo, rileggetelo mille volte per “arrotondare” le frasi ed i concetti, studiate un'impostazione di presentazione buona e pulita eppoi tenetelo in un cassetto.
Cercate sui quotidiani, in internet, presso agenzie di collocamento ogni richiesta che possa far per Voi. Dev'essere una richiesta specifica, tale da farVi dire “questa è proprio per me. E' fatta su misura..”
Ed allora, su quella e solo su quella fate affidamento. A quella spedite; su quella cercate di ottenere un incontro. Insomma, anziché sparare nel mucchio con la quasi certezza di non centrare nulla; prendete di mira una sola occasione o possibilità per volta e su quella concentrateVi.
Ricordate sempre che esiste il rischio che il nominativo inviato sia per qualche strano motivo veramente archiviato in un cassetto e non nel cestino. Se a distanza di tempo doveste tornare in contatto con lo stesso indirizzo, magari inviando nuovamente il curriculum o addirittura attraverso un incontro, apparireste come coloro che sono sempre alla ricerca di un lavoro, lasciando o inculcando il dubbio che, se non lo avete fin lì trovato, forse qualcosa in Voi che non va, c'è.
Vale la pena di mettersi in questa posizione? Riflettete.
Potrei proseguire ancora ma spero di essermi spiegato a sufficienza. Se volete entrare nel mondo del lavoro o se volete rimanerci e migliorare, agite di conseguenza e non a casaccio.
Del resto, se ci si pensa, offrire la propria immagine e la propria disponibilità a cani e porci, sminuisce anche il valore dell'offerta stessa.
Forza quindi. Curricula ben studiati ed inviati solo a chi li chiede. Chi non li chiede forse non è interessato ad assumere. Che ne dite?

martedì 17 gennaio 2012

IMPIEGATO O OPERAIO ?

F.M. (loc. n.c.)

Buongiorno,
l'azienda dove attualmente lavoro sta attraversando un momento di fortissima crisi.
In questa azienda sono stato assunto nel 2XXX e nonostante avendo inizialmente mansioni di coordinatore di magazzino per la produzione macchine, sono stato inquadrato come operaio ma con la promessa di diventare impiegato.
A lungo degli anni per la stessa azienda ma in divisioni diverse ho svolto varie mansioni, a mio avviso, impiegatizie. Ne elenco alcune per dare un esempio
ACQUISTI - buyer/approvvigionatore e contrattazione sui prezzi, gestione offerte per codici a clienti, gestione e manutenzione dei listini di acquisto, riordino settimanale delle scorte, sollecito materiale ordinato
EXPEDITING - emissioni di ordini di produzione e controllo avanzamento anche su DRP, ricerca dei codici a fronte di richieste aspecifiche provenienti da clienti.
GESTIONE MAGAZZINO RICAMBI: programmazione missioni di prelievo, gestione logistica di magazzino, inserimento a sistema degli ordini evasi, e bollettazione finale.
Durante tutto questo tempo ho sempre chiesto che venisse rispettata la promessa di diventare impiegato a tutti gli effetti, ma la risposta e' sempre stata negativa motivata dal fatto che l'azienda e' in crisi.
Tutto questo per dire che quasi sicuramente verro' ricollocato come operaio montatore macchine oppure in carpenteria di produzione.
La mia domande e' se l'azienda può fare questo cambio mansioni visto il mio passato da impiegato a tutti gli
effetti.
grazie e saluti




Caro F.M.,
Lei, come scrive, è stato inquadrato come operaio e con la bella promessa di passaggio a livello impiegatizio.
Successivamente, per quanto è chiaramente visibile dai compiti svolti, Lei di fatto è divenuto impiegato ma se, come sempre, non si chiariscono subito le cose, poi finiscono per perdere valore.
Le richieste vanno fatte al momento giusto e sempre per iscritto perchè è solo in quel modo che un domani si può dimostrare che ciò che si pretende era stato detto.
Ora Lei non ha in mano nulla e le Sue rivendicazioni è come se partissero da oggi o dal giorno in cui le farà. Ed in quel momento sarà facile dire che, non essendoci stata nessuna rivendicazione, di fatto Lei aveva accettato lo stato di cose.
Oggi Lei vorrebbe salvaguardare il Suo futuro con un giusto ricollocamento ma per far questo dovrebbe provare che ha svolto le mansioni che ha svolto.
Può farlo? Ha colleghi pronti a confermarlo come testimoni? Ha qualche scritto dell'azienda da cui si possa capire il ruolo che Lei ha svolto?
A volte basta una comunicazione tra uffici in cui uno dichiara all'altro di rivolgersi a X per risolvere un problema in quanto è compito di X seguirlo. Se esistono documenti, memorandum, note, lettere o altro, raccogliendole potrà avere una base su cui poggiare le Sue pretese.
Personalmente sui colleghi farei poco affidamento perchè quando si tratta di testimoniare per un collega contro l'azienda....è obiettivamente dura e chiedere di fare questo ottiene spesso solo la rottura di un'amicizia.
Lo si può fare solo se con un ex collega non più in azienda ma che, quando c'era era consapevole del lavoro che Lei svolgeva o, meglio ancora, era partecipe. Può trovarlo?

Ed ora devo farLe un discorso che faccio sempre ed ultimamente sin troppo.
Quando si decide di intraprendere un'azione contro l'azienda per cui si lavora, la si può vincere o perdere ma anche se la si vincesse è difficile pensare di poter rimanere serenamente al proprio posto serenamente. Quando si rompono gli equilibri non si rimettono in sesto. Un dipendente che vince una causa può ottenere un risarcimento ma, quasi sempre, se ne deve andare perchè il Suo reinserimento nell'organigramma creerebbe situazioni imbarazzanti e potrebbe creare precedenti pericolosi facendo venir voglia ad altri di seguire la stessa strada.
Lei dirà: ma allora dobbiamo sempre soccombere, accettare e tacere anche quando si ha ragione? Le rispondo: si, se non si hanno altre strade. No, se si può vivere senza quel lavoro o se si hanno pronte altre soluzioni.
I colpi di testa non hanno mai fatto bene ad alcuno e le vittorie di principio riempiono le strade di disoccupati.
Se Lei ha documentazioni inoppugnabili o amici ex dipendenti che non hanno nulla da perdere a testimoniare, porti avanti le Sue pretese, sapendo però che poi sarà difficile tornare a vivere bene in azienda.
Altra soluzione potrebbe essere di accettare il ricollocamento e nello stesso tempo mettersi sul mercato vendendosi per le funzioni che ha effettivamente svolto e che, proprio per questo, dimostrerà di saper fare. Se poi sul libretto di lavoro risulterà “operaio” starà a Lei dire senza problemi che rimanendo in azienda avrebbe avuto il passaggio a breve, passaggio già concordato, ma che per Sue scelte aveva poi accantonato per non creare all'azienda ulteriori difficoltà oltre a quelli già esistenti, preferendo uscire.
Altra possibilità: accantoni le prove delle mansioni svolte. Poi cerchi un lavoro esterno. Quando lo avrà trovato, chieda un colloquio in azienda e dica che Lei è pronto ad uscirne, aiutando quindi a risolvere una situazione di crisi ma per far questo Lei chiede il passaggio di mansioni. Ovviamente Lei firmerà la lettera di dimissioni che consegnerà nel momento in cui verrà a maturare quanto chiede.
L'azienda risolve un problema e Lei un altro.
Veda Lei.
Cordiali saluti..

lunedì 16 gennaio 2012

BONUS NON PAGATI

A.. O. Emilia

Buongiorno,
Mi chiamo A.O ho XX anni, lavoro da XX anni, al momento sono responsabile della divisione ricambi di un'azienda metalmeccanica.
Quando sono stato assunto, ho accettato di trasformare l'aumento salariale (rispetto alla precedente azienda) in BONUS ad obiettivi, ovviamente definito sul contratto.
Per i primi due anni mi è stata data la lettera con gli obiettivi, li ho abbondantemente raggiunti e ho ricevuto il bonus.
Gli anni seguenti, nonostante i miei solleciti (purtroppo verbali), l'azienda non mi ha mai consegnato una nuova lettera con nuovi obiettivi, e MAI mi ha pagato il bonus. Ho nettamente migliorato servizio e fatturato, raggiungendo tutti gli obiettivi di budget, avrei certamente ottenuto il bonus, invece perdo 5,000 € all'anno solo perché l'azienda non mi considera.
Vorrei, tramite un legale, pretendere i bonus non elargiti negli anni passati, in quanto previsti dal contratto di assunzione ma non elargiti perché l'azienda non mi ha volutamente dato annualmente un documento.
Pensate possa aver senso? Ho ragione io oppure l'azienda?
Grazie per una risposta.




Egregio A.,
come sempre la linea di correttezza viaggia sul filo del rasoio perchè, se il contratto d'assunzione prevede il pagamento di un bonus legato ad obiettivi, questo dovrebbe essere pagato. Occorre però vedere se il bonus, in contratto viene visto come “parte integrante” dello stipendio o ha vita a sé.
Se è parte integrante, teoricamente Lei potrebbe far valere le Sue ragioni; se invece non lo è, l'azienda potrà rifugiarsi dietro la motivazione che, fin quando si è potuto o voluto per strategie aziendali, concedere un bonus, ciò è stato fatto; mentre successivamente, non ritenendolo più importante, si è semplicemente smesso di erogarlo e facendolo, contemporaneamente, non sono più stati richiesti obiettivi da raggiungere.
Cavillando e volendo essere precisi si potrebbe dire che avendolo goduto per due anni esso dovrebbe essere valutato come facente parte dello stipendio.
A questo, l'azienda probabilmente risponderebbe che il bonus è, di fatto un premio e come tale può essere concesso, ridotto, aumentato o tolto essendo un extra.
Gli Avvocati su questo andrebbero a nozze! Ci campano.
Veniamo ad un altra considerazione: mi pare di capire che l'azienda, comunque, non Le abbia mai comunicato per iscritto che il bonus veniva tolto. Questo può essere Suo vantaggio perchè Lei potrebbe dire che, avendolo saputo, avrebbe potuto fare scelte differenti.
Ma anche in questo caso, purtroppo pure Lei ha commesso una grossolana svista: non ha chiesto per iscritto nulla relativamente al bonus ed alla sua erogazione negli anni successivi.
Uno scritto avrebbe messo nero su bianco una richiesta che, se ben costruita, poteva divenire prova di un accordo tra le parti non mantenuto.
L'averlo detto verbalmente è come non averlo detto e quindi, in una eventuale causa, l'azienda potrebbe dire che non avendolo Lei più chiesto negli anni successivi, ha tacitamente accettato la sua eliminazione.
Ripeto: se l'azienda non Le ha più consegnato un budget di obiettivi può venir meno l'obbligatorietà del bonus ad essi legato. Anche questo non fa una grinza.
Se invece Lei ha ricevuto e riceve ogni anno un budget di obiettivi da raggiungere, esattamente come prima, con la sola eccezione che questo non è più legato al bonus, tornerebbe ad avere possibilità di ragione.
Ma se Lei dovesse aver raggiunti questi obiettivi senza, purtroppo, aver mai chiesto ufficialmente che fossero legati al bonus di sempre, torna a perdere la possibilità d'averla.
Ecco perchè ho detto che tutto sta sul filo del rasoio. Basta un nonnulla perchè il giusto possa essere visto come errato e viceversa.
Relativamente ad un'azione legale quindi, forse Le ho presentato le possibilità che Le si presenteranno. Tenga presente che un Avvocato campa facendo le cause anche se non le vince.
Se proprio vuole rivolgersi ad uno di essi, lo faccia semplicemente per chiedere un parere e verificare se esistono concrete possibilità di vincere la causa. Un buon avvocato del lavoro, dovrebbe saperLe dire subito o quasi, la percentuale di successo. Poi starà a Lei accettare o meno questo rischio.
Faccia comunque un po' di tara sulle percentuali di successo che le verranno dette.
Potrebbe anche dire che Lei vorrebbe intentare causa solo con la sicurezza di vincere. Poi stia a vedere il Suo comportamento anche se, si sa, un professionista lo si paga per il tempo impegnato e non tanto per il risultato.

Ed ora, come più volte ho detto in passato, ripeto ciò che penso.

Quando si entra in collisione (datore lavoro/dipendente o viceversa) occorre preventivare che poi le cose non potranno mai più rimanere quelle precedenti.
Impensabile che, dopo una divergenza che sfocia in una causa, tutto possa tornare come prima, sia che vinca l'azienda o il dipendente. Questo anche per l'armonia che deve esistere nell'ambiente di lavoro.
Pertanto quando si decide di percorrere questa strada si deve sicuramente mettere in preventivo che i rapporti si romperanno e che occorrerà trovare un altra occupazione.
Quindi, prima di agire rifletta sulla Sua situazione. Può lasciare l'azienda? Ha sottomano un'altra concreta e sicura possibilità? Può permettersi di accettare una rottura senza che questo si ritorca sul Suo futuro?
Se potrà rispondere si a queste e ad altre domande che potrà farsi, allora potrà anche agire. Ma se così non fosse, purtroppo dovrebbe ripensarci.
Mandar giù un boccone amaro, quando non si può far altro, è obbligatorio. Inutile perdere ciò che è certo per rincorrere qualcosa che magari non arriverà.
Se dopo aver parlato con un legale dovesse capire che non val la pena di agire, agisca direttamente con l'azienda. Siamo all'inizio dell'anno. Buon periodo per inviare, questa volta per iscritto, una richiesta (con ricevuta di ritorno) per richiedere all'azienda il rispetto dell'accordo relativo al bonus concesso i primi anni e poi improvvisamente sparito o, quantomeno, chieda la ridiscussione delle condizioni.
Solo Lei sa quale sia il Suo potere contrattuale con l'azienda e su questo dovrebbe fare affidamento. Se Lei sa di essere “quasi” insostituibile; se ritiene che la Sua uscita potrebbe creare disagio e se vede d'essere un riferimento per il lavoro, le Sue proteste potrebbero avere forza.
Non voglio mettere il dito nella piaga ma è giusto che l'avvisi che comunque l'azienda,semmai volesse agire da carogna, potrebbe farlo prendendosi gioco di Lei. Come? Basterebbe accettare e poi darLe un budget di obiettivi irragiungibili. Tanto è l'azienda che sa i limiti raggiungibili o no di un ipotetico target.

giovedì 12 gennaio 2012

RICHIAMO DISCIPLINARE

D. (loc. n.c.)

Buongiorno,
ho ricevuto IL PRIMO RICHIAMO DISCIPLINARE dal mio titolare (in poche parole alla fine dell'anno essendo la ditta messa un po male, il mio titolare mi ha chiesto di licenziarmi e io ho rifiutato dicendogli che se vogliono mi licenziano loro; se no perderei il diritto alla disoccupazione e gli altri diritti di cui godrei. Da quel momento sono stato "preso di mira" e cercano di aggrapparsi a qualsiasi cosa per potermi lasciare a casa.
Il motivo del primo richiamo è che a fine anno, ho avuto la febbre e ho chiamato il titolare dicendogli che non mi sarei presentato perchè non mi sentivo bene e che avrei utilizzato i permessi in questi giorni PENSANDO APPUNTO DI FARGLI UN PIACERE, e lui mi ha risposto che non c'erano problemi), la lettera comunque dice:

Ai sensi di quanto previsto dall'art. 7 della legge 20/05/70 n.300 e dall'art. 99 del vigente CCNL PER I DIPENDENTI DELLE IMPRESE EDILI E AFFINI, siamo a contestarle quanto segue:

Il giorno 27/12/2011 abbiamo ricevuto una sua telefonata in cui informava che non sarebbe venuta a lavorare quel giorno visto che "non si sentiva bene":

Le ricordiamo che il CCNL da noi applicato all'art. 98, prevede che "in caso di assenza per malattia, il lavoratore deve inoltre trasmettere entro 3 giorni il relativo certificato medico".
Ad oggi 5/1/2012 non abbiamo ancora ricevuto alcunchè, pertanto lei risulta a tutti gli effetti assente dal posto di lavoro senza un giustificato motivo, situazione contemplata all'art. 99 del CCNL menzionato.
Tanto le contestiamo a norma della legge 300/70 e le comunichiamo che lei ha a disposizione 5 gg di tempo dalla data di ricevimento della presente , per sottoporre alla nostra attenzione le sue giustificazioni.
Qualora, trascorso il suddetto periodo, non ci sia prevenuta una valida giustificazione , ci consideriamo liberi di adottare il provvedimento disciplinare più idoneo. Siamo ad auspicare che nell'ottica di un corretto rapporto lavorativo non si vadano ma reiterare comportamenti similari.
Cordialmente
VOLEVO UN CONSIGLIO SU COSA RISPONDEGLI, VISTO CHE PENSO CHE IN TAL SETTORE VOI ABBIA COMPETENZE.
ASPETTO UNA VOSTRA RISPOSTA. GRAZIE



Egregio D.,
la mia risposta è piuttosto rapida.
Il Suo datore di lavoro mi pare un po' confuso perchè si tira la zappa sui piedi da solo.
Le invia un richiamo scritto senza prima averLa richiamato verbalmente (almeno Lei non mi parla di questo).
Torno a dire che la norma afferma che relativamente ai richiami, salvo eccezionali casi in cui questo non rientra, la prima volta si deve richiamare il dipendente in modo verbale.
Successivamente e se il problema persiste lo si potrà richiamare per iscritto, richiamandosi al precedente richiamo verbale non ascoltato.
Il lavoratore dovrà dare risposta scritta con le motivazioni. Se queste non dovessero essere prese in considerazione si potrà passare, con un terzo richiamo, al licenziamento.
Ma dal dire al fare...ce ne vuole.
Le ho detto che il Suo datore mi pare un po' confuso e Le spiego il motivo.
Le manda una lettera di richiamo in cui prima afferma d'aver ricevuto una Sua telefonata che informava del problema e poi scrive che non avendo ricevuto alcunchè, al 5 Gennaio, Lei risulta essere stato assente ingiustificato ecc..ecc..
Sotto un profilo di norme, non avendo inviato il documento medico, Lei sarebbe in effetti in torto ma il fatto d'aver telefonato per avvisare della malattia non dovrebbe permettere al datore di dire che non ne era al corrente. Se poi Lei ha detto che avrebbe usufruito giorni di permesso, non capisco perchè mai avrebbe dovuto mandare certificato medico.
Insomma, è più una storia di ripicca che altro perchè altrimenti logica e buonsenso dovrebbero darsi la mano.
Cosa rispondere?
Ovviamente Lei è libero di dare qualsiasi altra risposta e ciò che Le dico è una personale espressione di quanto penso. Potrebbe, innanzitutto rivolgersi ad un patronato di un qualsiasi Sindacato, anche se non è tesserato. Spiegando la faccenda potrebbe farsi predisporre la lettera da loro.

Se mi trovassi io in questa situazione, non so se facendo il giusto o no, risponderei mettendo per iscritto esattamente quanto Lei ha scritto aprendo questa lettera:

“alla fine dell'anno mi avete chiesto di licenziarmi e io ho rifiutato dicendo che se volete farlo dev'essere per vostra volontà. In caso contrario perderei il diritto alla disoccupazione e gli altri diritti di cui godrei. Da quel momento non vorrei essere stato "preso di mira" e non vorrei che questo richiamo fosse parte di una strategia per arrivare a quell'obiettivo.
Sperando che così non sia, mi vengono richieste giustificazioni al mio comportamento circa la mancanza dal lavoro. Premesso che avendo Voi stessi scritto che avevo prontamente avvisato della mancanza, trovo sorprendente che appena dopo scriviate che ero assente senza giustificato motivo, visto che ne eravate al corrente.
Certamente la mia comunicazione è stata solo verbale e non per iscritto. In termini tecnici questo potrebbe essere stato un errore di prassi e se così fosse, me ne scuso ma penso ancora e sempre che tra galantuomini una cosa detta verbalmente ed accettata, abbia valore. Se si vuole.
Al di là di questo, non ho mandato certificato medico in quanto telefonicamente avevo ben chiarito che avrei approfittato dei giorni di permesso, pensando di agevolarVi e di farVi un favore.
Non vi è stato dunque nel mio comportamento nulla che possa essere valutato contrario ad un buon rapporto e, se per qualche motivo, sono stato non compreso chiedo scusa per non esserci riuscito.
Non ho i altre motivazioni.
Faccio comunque presente che avete ritenuto di inviarmi un richiamo disciplinare scritto senza per altro aver mai ricevuto in precedenza, secondo prassi, alcun richiamo verbale.

Vogliate gradire ecc....ecc...


Come le ho scritto, può rivolgersi ad un Sindacato. Senza dubbio potrà darLe un parere legale più corretto e più affidabile. P uò prendere spunto da quello che io farei (è però ilmio pensiero) o può dire altro.
Sta a lei vedere se dietro a quel richiamo non ci sia stato in passato qualche altra situazione di tensione che potrebbe porre tutta la storia sotto un'altra luce.
Io non posso saperlo e quanto dico è sempre relativo a quanto chi scrive mi fa credere. Le mie risposte quindi sono subordinate a questo.
Mettere per iscritto la prima frase è certamente molto forte perchè significa tirare un diretto ad un avversario che non se lo aspetta. Veda Lei sino a che punto vuole spingersi.
Tenga presente che poiché il richiamo Le è stato inviato o consegnato per iscritto, la risposta dovrà essere sempre scritta ed inviata per raccomandata con ricevuta di ritorno, cosicchè lei possa avere una ricevuta dell'invio. Se invece vuole consegnarla a mano, deve farne una copia e farsela firmare, sul fondo, sotto la scritta “per ricevuta” prima di consegnare l'originale.
Cordiali saluti

mercoledì 11 gennaio 2012

CERCARE LAVORO

L (loc. n.c.)

Buongiorno,
ho letto quanto scrive A. N. (Milano), che non trova lavoro, e dice, tra le altre cose, che "I quotidiano continuano a dire che ci sono mille posti che aspettano noi e poi quando si va a vedere, sono tutti lavori che non sono quelli che si cercano."

Il mio problema è diverso: io ho 28 anni e mi sono laureata in Giurisprudenza (mannaggia! nei colloqui sembra un peso questa laurea! una colpa!), ho lavorato in call center, in centri estivi e un mese come pseudo-segretaria (a dire il vero qui era uno studio di consulenza del lavoro, uno direbbe che è un lavoro qualificato, sì, in realtà è stato il lavoro peggiore che ho fatto, perchè il consulente mi ha fatto un contratto di 2 mesi di COLLABORAZIONE OCCASIONALE, senza specificare lo stipendio, ma usando una formula generica: "retribuzione commisurata al lavoro svolto". Io da ingenua mi sono fidata. Vi assicuro che io entravo lì alle 8 e uscivo alle 5, mi alzavo solo per andare in bagno e lavoravo, facevo esattamente ciò che le impiegate mi dicevano. Morale? Lo stipendio di 1 mese e mezzo è stato di 105 euro pagati con buoni voucher. Un mese e mezzo perchè mi sono "licenziata" io in quanto la situazione mi era poco chiara, in effetti indovinai. Non immaginate che delusione è stata).

Attualmente sto cercando lavoro, QUALSIASI lavoro, ma trovo richieste strane: devi avere o esperienza, o almeno 25 anni, o il diploma+lingua fluente, o neodiplomata o neolaureata MA con esperienza pluriennale (??), insomma ho difficoltà.
Sono iscritta a varie agenzie interinali, e loro DI LORO INIZIATIVA NON MI CHIAMANO MAI (anche se mi dicono di aspettare una loro chiamata...che ci pensano loro. Io naturalmente non aspetto loro, e) ovviamente io cerco autonomamente lavoro, e capita persino che se mi candido 10 volte in 1 mese con la STESSA agenzia, devo andare lì in sede 10 volte in un mese a fare lo stesso colloquio (stile: parlaci di te; come ti vedi fra 10 anni?ecc.) magari con la stessa persona. Lo ho fatto presente che per me è assurdo ciò, e loro mi hanno detto che questa è la procedura...che anche se mi hanno vista e sentita 3 giorni prima, devo rifare il colloquio con loro........

Ho visto coi miei occhi due ragazze che in una agenzia dicevano che i curriculum di gente SENZA ESPERIENZA IN CALL CENTER dovevano strapparli, e bon. Si può?
Credo sia vero che parecchia gente non vuole fare i lavoro per cui non ha studiato, ma so che c'è tanta gente che vuole lavorare e BASTA, ogni lavoro va bene, e tra queste ci sono io.
Ma ho difficoltà.
L'ultimo mio lavoro è stato in un call center: dopo vari mesi di rinnovo e promesse di un contatto aziendal al posto di quello con l'agenzia, hanno silurato una decina di persone fra cui me, fingendo di ascoltare le nostre chiamate per vedere come andavamo: a me si è affiancato il team leader e NON mi ha corretto 1 sola volta, lui che di solito corregge anche chi fa giusto. So che magari pensate che racconto un fatto con enfasi, dipingendomi come la bravissima sul lavoro,e magari sono una schiappa che non lavora bene, ma sono sicura che in questo posto loro hanno intenzione ogni tot di tempo di tenere qualcun, alti mandarli a casa per prendere altri interinali PERCHè ECONOMICAMENTE GLI CONVIENE. Ne sono sicura.
Io mi trovavo bene lì, ed era un call center! E leggere ad oggi ancora lo stesso annuncio di lavoro....mi rattrista. Ci sono annunci che girano di continuo, spesso call center (ma non solo), è ovvio che lo fanno apposta!!

Vorrei un suggerimento, se potete, su come trovare lavoro. Io mi candido ovunque...
Grazie,


Cara L.,
Lei ha fatto una chiara panoramica della situazione in cui si viene a trovare un giovane, anche laureato, alle prese con il mondo del lavoro.
Cose e situazioni che conosco bene e che molti hanno provato o provano sulla loro pelle. Diciamo che il problema nasce tendenzialmente da una forte offerta (un numero di giovani che si offrono al mondo del lavoro) in un mondo che non ne necessita. In altri termini, ci sono più pretendenti al lavoro che lavoro per i pretendenti.
A questo punto si innesca un meccanismo “furbo”. Usare questa gente inesperta, pronta a tutto, per coprire il bisogno aziendale senza però che questo implichi legami duraturi che costano parecchio al datore di lavoro.
Ed ecco che nei call center, come Lei ha esperimentato, tutti vanno bene ma con una scusa o l'altra, dopo un certo periodo ci si priva della loro collaborazione perchè è possibile trovare altre persone a costo zero o quasi, pronte a prendere il posto lasciato da altri.
Un tempo, un buon lavoratore veniva tenuto e trattenuto a tutti i costi. Oggi, chiunque esso sia, se appena accenna al fatto di voler lasciare, lo aiutano a spingersi fuori ben sapendo che al suo posto possono trovare mille persone dal costo decisamente inferiore al suo.
La qualità del lavoro? Si vedrà dopo. Intanto, liberarsi dei costi alti e dei contratti.
Ha illustrato bene, da consueta frequentatrice, la realtà degli uffici di lavoro interinale. Ma chi lavora lì va capito. Gli addetti sono giovani come Lei che, al di là del fare scena e delle apparenze, seguono pedissequamente gli ordini ricevuti. Possono essere consapevoli del curriculum di una persona; possono avergli parlato più volte ma, se lo richiamano, ricominciano da capo con le solite domande da manuale, anche piuttosto tristi. “Come si vede tra 10 anni'” Che tristezza!
Domanda da analisi psicologica (che dovrebbe essere gestita da psicologi con esperienza) a cui si può rispondere di tutto e di più, senza che ciò abbia valore.
Questa specifica domanda veniva posta nei colloqui seri, fatti nelle grandi aziende, ai candidati a certi livelli di responsabilità al fine di cercare di scoprire se sulla persona, una volta assunta, si sarebbe potuto far affidamento negli anni o si sarebbe rischiato di investire su Lei per poi perderla dopo poco a fronte di una posizione diversa a cui aspirava.
Il senso della domanda quindi aveva logica; cosa che oggi non ha più assolutamente anche perchè viene posta in un contesto e da persone inadatte ad altre persone che, non avendo mai lavorato e non avendo esperienza non comprendono nemmeno il motivo della richiesta.
Cosa può saperne un giovane, oggi, con l'andazzo che c'è, di cosa farà o cosa potrebbe fare o cosa vorrebbe fare da lì a dieci anni? Rispondere che tra 10 anni si vorrebbe essere amministratore delegato della Fiat o manovale in cantiere vale la stessa cosa.
Poiché però queste domande piuttosto stupide vengono ancora fatte (più perchè fa molta scena farle e rende importanti agli occhi di chi si ha di fronte) voglio dirLe che a questa domanda occorre preparasi e rispondere non il vero, ma ciò che si pensa voglia sentirsi dire l'intervistatore.
Vediamo meglio: se Lei nel colloquio dichiara di essere laureata in giurisprudenza e partecipa per una ricerca relativa ad una mansione totalmente differente dal Suo indirizzo di studio, viene il dubbio che lo faccia per necessità impellente, per un periodo breve o comunque sino a quando non dovesse trovare un posizionamento più consono ai Suoi studi. L'intervistatore sa che offrire alla azienda cliente un laureato in giurisprudenza per una mansione più povera rischia di:
• di sentirsi rispondere che non vogliono persone che dopo un mese se ne vanno perchè hanno trovato di meglio
• che non vogliono persone il cui curriculum e la cui preparazione li ponga in posizione anche culturale troppo differente dalla media dei lavoratori con cui opererà
• che chi è troppo preparato cerca di far valere la superiore cultura creando frizioni all'interno del gruppo per dimostrare le proprie capacità
• che una persona che ha studiato non può essere soddisfatta di un lavoro diverso da ciò per cui si è preparata e quindi, pur rimanendo nella posizione, agirà sempre in modo demotivato.

Infine, c'è sempre il rischio che l'azienda cliente decida di rivolgersi ad altra agenzia che comprenda meglio le proprie richieste, visto che l'attuale sta offrendo un laureato per un lavoro che non lo richiede.
Riesco a spiegarmi?
Ora, dove Lei ha già dato il Suo curriculum non può cambiare nulla: ma per il futuro diventi volpe. In un ufficio di lavoro interinale, relativamente agli studi si fermi al liceo. Costruisca poi il Suo percorso lavorativo con “vari lavori” (i vari lavori sono quelli difficilmente controllabili quali: banconiera al bar, cameriera di pub, dog sitter e chi più ne ha più metta) che coprano gli anni successivi.
Quando e se dovesse trovarsi ad un colloquio che preveda posizioni interessanti e di livello alto, tiri fuori la Sua laurea.
Tenga sempre presente che un datore di lavoro assume personale al livello di quello che si aspetta gli serva. Non è un plus dire che si è laureati se chi cerca non cerca un laureato. Anzi, è controproducente.
Evito di giudicare le situazioni in cui si è trovata, come presso l'Ufficio del Consulente del lavoro, perchè sono certo che chi leggerà saprà rendersi conto personalmente degli abusi e delle storture che esistono.
Lei ora ha capito che, potendolo fare, non si devono accettare accordi poco chiari nelle definizioni. Se invece vuole vederlo in positivo, può pensare che, in ogni caso, è stata un'esperienza utile al fine della preparazione.
Per quanto riguarda la ricerca del lavoro Le direi che, tendenzialmente, gli uffici interinali cercano sempre livelli di lavoratori di bassa categoria e mansioni manuali. Lei in quegli uffici ha già dato. E' già presente e questo basta. (Prova ne è che, come Lei stessa ha visto, se non va Lei, nemmeno la chiamano. Hanno archiviato il curriculum perchè...non si sa mai, ma di fatto si rivolgono ad altri).
Le suggerirei quindi di cercare direttamente il lavoro.
Poiché Lei vuole lavorare ed è disposta a tutto, con molta dignità, pur non sapendo se abbia già tentato, Le suggerirei di fare le vie dello shopping della Sua città (spero abiti in una grosso centro) e di controllare sulle vetrine la ricerca di commesse o assistenti commesse.
Se non Le da fastidio, è un lavoro che, per una donna, è più interessante di quanto si creda. Non si offra, come Le ho detto, presentando la laurea. Se viene richiesta esperienza, non avendola, si offra come assistente, dove l'esperienza non è necessaria. Con la Sua preparazione passerà presto alla posizione superiore.
In ogni caso, dopo quell'esperienza di assistente, sarà pronta, in altro luogo, per la posizione che preveda espereinza.
Tenga presente che, in molte catene, c'è reale possibilità di carriera ed in questo caso, se un domani Le venisse offerta questa opportunità, potrà tirar fuori la laurea dimostrando così di non averlo fatto prima per far vedere che era interessata a quella carriera senza che il Suo curriculum servisse ad avvantaggiarla,
Per queste mansioni potrà poi cercare in internet, sui siti delle varie società. Solitamente vengono inserite le richieste di personale.
Vuole entrare o provare il mondo della vendita? Le donne, se ci sanno fare ed hanno carattere, funzionano meglio egli uomini. Dia un'occhiata anche in queste posizioni. Vi sono innumerevoli offerte.
Scelga Lei l'indirizzo che più potrebbe piacerLe e poi, via!
Valuti solo offerta d'assunzione diretta, a meno che non abbia alle spalle una famiglia che può mantenerLa per un certo periodo. In questo caso può valutare anche offerte provvigionali. I settori sono a Sua discrezione. Moda, finanziari o altro.
Ci sono poi gli amici; chi già lavora e il passa parola. Si affidi a queste vie per trovare magari fortunosamente un improvviso lavoro adatto a Lei.
Le suggerisco poi un'altra strada. Strana ma praticabile con un po' di faccia tosta. Non l'ho mai detta ed ora potranno seguirla tutti. Lo faccia Lei per prima.
Si faccia un elenco di studi di consulenza della Sua città o dell'area a cui potrebbe essere interessata. Semplicemente prenda il telefono ed inizi con il primo studio dell'elenco.
Chiami dicendo cortesemente di voler parlare con l'addetto o un addetto ai colloqui relativi alle ricerche del personale. Quasi certamente il filtro Le chiederà il motivo. A questo punto usi la Sua laurea. Risponda “sono l'avvocato XX. Le chiedo di poter parlare direttamente.”
Davanti alla Sua risposta, non sapendo se sia giusto bloccarla nuovamente magari sbagliando, credo proprio che Le venga passato qualcuno. A questo punto, il più è fatto. Alla persona che risponderà, dica (grosso modo):
“Mi chiamo XX. Ho una necessità e chiedo il Suo aiuto. So di crearLe forse qualche disagio ma Lei potrebbe aiutarmi. Le spiego il problema. Ho 28 anni, sono laureata e sto cercando lavoro. Mi sembra, paradossalmente, che la mia laurea sia un ostacolo piuttosto che un aiuto. Non capisco i motivi e mi rendo conto d'aver bisogno di un suggerimento che ritengo Lei, come esperto, possa darmi. Non le chiedo nulla se non dieci minuti del Suo tempo. Quando vuole e quando può verrei da Lei per farmi spiegare e capire come e cosa devo fare per smuovere questo ostacolo. Non ho problemi di lavoro o di mansioni, malgrado questo, non riesco. Dieci minuti del Suo tempo per un giovane che vuole lavorare. Mi può aiutare? La prego!”
Non credo rispondano no. Una volta alla sua presenza, spieghi tutto, cerchi un consiglio. Se capisco un po' di psicologia del comportamento, in quell'incontro Le verrà chiesto un curriculum. Dica innocentemente che non lo ha con sé perchè lo scopo della visita era l'aiuto e non la pretesa di un interessamento coatto, promettendo che lo invierà il giorno successivo.
Se sarà capace di incuriosire il Responsabile alla ricerca, qualcosa si muoverà. Un curriculum in più, in quegli uffici, è sempre utile.
Forza. Agisca correttamente ma ...da volpe!
Cordiali saluti

lunedì 9 gennaio 2012

RICHIAMO

I.U. (loc. n.c.)

Dopo un richiamo verbale per problemi con altro dipendente ho ricevuto richiamo scritto .nel primo caso avevo ricevuto convocazione per via e mail senza motivazione due giorni prima poi la convocazione e ho dato motivazione scritta a cui ha fatto seguito una riunione in mia assenza in quanto in ferie.il mio capo ha letto nella riunione che non prevede verbale per stralci della mia lettera.tornata a lavoro i colleghi mi hanno chiesto perché avevo scritto anche frasi contro di loro .ho inviato a tutti la lettera permettendo che lo avevo fatto per richiesta ufficiale .il richiamo scritto é stato giustificato dalla aver scritto a tutti i nomi di un inchiesta di cui ero parte interessata ma di cui non ho mai ricevuto comunicazione scritta. Il richiamo non indice tempi di risposta e non so come fare. Grazie per help


Devo sinceramente dire che non tutto quanto scritto mi è parso chiaro, tanto che la risposta potrebbe non essere soddisfacente.
Cè stato un richiamo verbale per una discussione con un collega. Successivamente ha ricevuto, via e.mail avviso di convocazione, probabilmente per discutere e chiarire il fatto.
Mi pare di capire che Lei a quel punto abbia dato comunicazione di impossibilità di presenza in quanto in quei giorni sarebbe stata in ferie. La riunione è comunque avvenuta, senza di Lei. Certamente il comportamento non è stato corretto perchè sarebbe bastato spostare la riunione ed attendere il rientro dalle ferie. In questo modo, Lei avrebbe avuto modo di presenziare ed esporre le Sue ragioni.
Comunque, così è stato. Rimane il fatto che in quella riunione si è discusso del contenuto della Sua comunicazione e si sono letti alcuni stralci che, mi par di capire, coinvolgevano altri colleghi.
Al rientro, nuova bega. I colleghi Le hanno chiesto giustificazioni su questo operato. Qui, purtroppo non capisco, come si siano svolti i fatti. Probabilmente Lei ha scritto a tutti dando giustificazione delle motivazioni sul perchè li aveva coinvolti. A questo punto, l'azienda Le ha inviato richiamo scritto probabilmente per aver divulgato fatti di cui era parte interessata ma di cui l'azienda stessa non aveva ancora ufficializzato.
Mi pare e spero che sia andato tutto così.
Allora, che fare? Devo dirLe, come spesso dico, che quando ci si trova in tensione con l'azienda, occorrerebbe iniziare a guardarsi attorno per cercare un ambiente di lavoro meno stressante. In questo caso mi pare che oltre all'azienda ci siano anche problemi di rapporti con i colleghi. Il mio suggerimento perciò vale il doppio, perchè in un ambiente in cui si hanno contro un po' tutti, non è un ambiente in cui stare (indipendentemente dal fatto che la colpa sia da una o dall'altra parte).
Circa il richiamo scritto, se non è precisata una data di risposta, non la cerchi. Prenda penna e foglio (o computer) e scriva la risposta dicendo esattamente e con onestà ciò che è successo e perchè è successo. Ammetta che se le colpe sono Sue ne è dispiaciuta perchè probabilmente si è trattato di incomprensioni che possono essere appianate.
Fatto questo con la Direzione, parli con i colleghi per chiarire con loro. Ma lo faccia senza coinvolgere la Direzione e con molta franchezza. Magari davanti alla macchina del caffè. E se deve chiedere scusa ad uno o più colleghi, lo faccia. Le due situazioni sono e vanno gestite separatamente.
Attenda poi la risposta o la richiesta di incontro della Direzione. Se ci sarà, partecipi con serenità. Ma se vedesse un certo fastidio nei Suoi riguardi ...ne prenda atto e faccia come Le ho suggerito.
Cordiali saluti.

venerdì 6 gennaio 2012

CONTESTAZIONE DI ADDEBITO

S. (loc. n.c.)


Salve,
lavoro in un'azienda da 4 anni e questa mattina mi sono vista recapitare a mezzo raccomandata una contestazione di addebito.
Per un errore di digitazione ho inserito la quantità 11 anzichè 1 (vendiamo mobili e io opero nell'ufficio addetto alle vendite) e ora ci ritroviamo con 10 mobili invenduti.
In pratica mi chiedono giustificazioni al riguardo e se entro 3 mesi il tentativo di vendita dei mobili darà esito negativo, recupereranno il danno subito quantificando nel 50% del valore commerciale dei mobili invenduti, nelle prossime buste paga.
Purtroppo lavorando e svolgendo diversi compiti contemporaneamente (siamo continuamente al telefono), può capitare che involontariamente ci sia un errore di battitura...
Come posso rispondere alla lettera?Devo spedirla entro domani!
Vi prego datemi una mano!!
grazie per la vostra disponibilità
Saluti



Mia cara S.
quasi certamente non arrivo in tempo per la risposta. In questi giorni i nostri uffici sono chiusi ed ho visto per puro caso la Sua lettera, solo oggi.
Immagino che Lei avrà risposto quanto ha qui scritto e cioè che un errore di battitura può capitare. Non c'è altro da scrivere. In effetti se i Suoi datori di lavoro riflettessero, capirebbero che l'errore è tipico di chi opera al computer. Battere leggermente un tasto può far scattare una doppia battitura. L'involontarietà dell'errore sta proprio nel 1 divenuto 11. Diverso e forse contestabile sarebbe stato battere più numeri senza nesso tra loro. 11 al posto di 1, ci sta e si dovrebbe capire.

Se non avesse ancora scritto, con molta cortesia, pur ammettendo l'errore assolutamente involontario, faccia capire che si è trattato veramente di una pressione del tasto che ha permesso la stampa della doppia cifra.
Dica poi che per evitare simili inconvenienti, per altro mai accaduti in passato ma non per questo impossibili ad avverarsi, sarebbe opportuno che gli ordini emessi, venissero siglati per conferma, da un Responsabile, proprio perchè un doppio controllo potrebbe evitare situazioni anomale come quella accaduta.
Dica poi che,trattandosi della prima volta e vista l'assoluta involontarietà dell'atto, ritiene ingiusto l'atteggiamento aziendale così come l'addebito e le trattenute. Addebito che La vedrebbe purtroppo in disaccordo.

Detto questo, proseguiamo:
Circa la responsabilità occorrerebbe comprendere i Suoi compiti nell'ambito del lavoro che svolge.
Comunque, Lei avrà già scritto ed ora ha tre mesi di tempo per vedere che fare.
Iniziamo quindi con qualche riflessione.
Se Lei è una normale impiegata e nell'ambito dei compiti non è dichiarata per iscritto la responsabilità personale nell'ambito dell'emissione di documenti, responsabilità che viene anche da un livello di categoria e da uno stipendio adeguato, Lei può non essere assolutamente colpevolizzata.
Mi faccio capire meglio. L'ufficio acquisti ha un Responsabile e una o più impiegate. L'impiegata gestisce la compilazione dei documenti d'acquisto ma la firma che comprova la correttezza del documento è quella che, alla fine, viene posta dal Capo Ufficio Acquisti che è Responsabile anche degli eventuali errori dei dipendenti.
Se Lei opera in un ufficio così formato e il documento d'acquisto è siglato dal Suo Capo, il Responsabile dell'errore è lui che prima di firmare doveva verificare l'esattezza dei dati.
Lei scrive però di essere addetta all'ufficio vendite e l'ufficio in cui opera non dovrebbe aver nulla a che fare con gli acquisti.
Questa è la verità.
C'è poi da dire, come spesso dico, che quando si arriva a puntualizzare queste cose occorre essere coscienti che poi il lavoro in quell'ufficio o in quell'azienda è terminato.
Difficile infatti proseguire quando si ha da ridire. Ciò non toglie che se si vuole essere obiettivi, i dati sono quelli che ho sopra scritto.
Circa la contestazione di addebito sui 10 mobili ..., personalmente credo che un datore di lavoro che arrivi a contestare sino a voler farsi rimborsare da un suo collaboratore il valore dei 10 pezzi si presenti per quello che è.
Un po' di intelligenza dovrebbe fargli capire ciò che veramente è accaduto!
Sul fatto di addebitarLe il valore dei 10 pezzi (al 50%) qualora non venissero venduti, occorrerebbe dire che se si vogliono vendere i pezzi a prezzo pieno, probabilmente in tre mesi se ne venderanno pochi.
Poiché però il datore dice che le addebiteranno il 50% del valore (ossia il reale costo del materiale), se proprio volesse togliersi i prodotti in più dovrebbe semplicemente mettere in vendita, in offerta, tutti i 10 pezzi al 50% di sconto.
Movimenterebbe il mercato, accontenterebbe probabili clienti che altrimenti non acquisterebbero, e risolverebbe ogni questione. Ovvio che è più facile vendere 10 pezzi a metà prezzo piuttosto che tentare di venderli a prezzo pieno arrivando fra tre mesi ad averne ancora 8.
Per finire: ora Lei si trova con tre mesi per risolvere il problema. Ha quindi il tempo di rivolgersi ad un ufficio sindacale della Sua città per chiedere se vi sono le reali motivazioni per addebitarle quanto contestato, anche proporzionalmente ai compiti che Lei svolge e per cui è pagata.
Poi potrà decidere, da parte Sua, se contestare quanto da loro scritto, rifiutando la loro decisione anche con l'appoggio del Sindacato o se sperare che tutto si appiani senza litigare.
Avrà anche il tempo per cercare di far loro comprendere ciò che è successo e, nel caso vedesse chiusura totale (sapendo che dovrà cercarsi un'altra posizione) iniziare a mettere i puntini sulle i, non accettando più di inserire ordini o compilare qualsiasi cosa che non sia siglata da un responsabile.
Forse....inizieranno a capire.
Cordiali saluti.