Ricerca personalizzata

giovedì 30 settembre 2010

DISASTRI PREVEDIBILI

A. R. (loc. conosciuta)


Non sapevo cosa fare. Ho 24 anni e mi rendo conto di non poter sempre dipendere dalla paga dei miei per tirare avanti. Così, avendo il vuoto davanti a me nel senso che non ho la minima idea di cosa fare come lavoro, ho cercato di capire cosa potevo fare. Alla fine, ho deciso di aprire un bar. Un locale per giovani come quelli che io frequento. Potevo basarmi su una rete di amici che avrei portato nel mio locale.
I miei genitori non erano molto d'accordo. Avrebbero preferito qualsiasi altro lavoro ma non questo che ha richiesto un grosso capitale che mi hanno dato loro. Io però li ho convinti che sarebbe stato un buon affar e così ho iniziato a guardarmi attorno.
Non c'era niente di disponibile in zone centrali ed i costi erano fuori dalla portata di quanto pensassi. Allora ho deciso di guardare nella cinta esterna ed a fianco di un supermercato su una strada statale, ho visto un locale già adibito a bar ma chiuso ed in vendita. Era tutto arredato e molto bene. Mi sono informato e dopo la trattativa sono riuscito a comperarlo. Qualche miglioramento con nemmeno molta spesa e finalmente ho aperto il mio locale.
Facevo conto sulla gente che andava al supermercato e che, con un bar aperto,si sarebbe fermata a bere un caffè, ed anche della gente di passaggio. Invece, mi sono accorto quasi subito che chi andava al supermercato non gliene fregava nulla del caffè; che non c'era passaggio e le macchine ed i camion tiravano dritto malgrado i miei cartelli. Nemmeno i miei amici vengono. Dicono che sono fuori giro e mi hanno mollato.
Ho avuto la sensazione di aver fatto una cosa sbagliata ed ho cominciato a pensare che i miei mi avevano dato tutti i loro soldi e se il locale non si fosse messo a lavorare, sarebbe stato un disastro. Ora mi ritrovo a ricevere pressanti richieste di pagamento dai fornitori ed io non ho un euro.
Ho provato a mettere in vendita il locale ma non trovo nessuno. Cosa devo fare?
Grazie


Caro A.,
la Tua lettera è disarmante. Tante e troppo volte ho risposto sull'argomento e, forse fortunatamente per chi leggeva, sono riuscito a bloccare colpi di testa che rovinano la vita. Tu arrivi tardi. Ormai il danno l'hai fatto. Che posso dirTi, benedetto ragazzo?
Quando si fanno le cose con leggerezza; quando non esiste alle spalle alcuno studio di fattibilità; alcuna sia pur misera e alla buona ricerca di mercato; quando si arriva a pensare di spendere tanti soldi per un'attività iper-inflazionata, senza alcuna base (Tu nemmeno quella dell'esperienza di barista avevi!), quando si pensa di essere più furbi degli altri e quando si hanno genitori che vogliono bene e che sono disposti a rovinarsi per un figlio, accadono queste cose.
Tutto, nella Tua lettera, indica che sei andato incontro al disastro senza accorgerTene, ad occhi chiusi quando, chiunque con un briciolo (ma solo un briciolo) di esperienza o di buonsenso Ti avrebbe detto di non farlo.
Rimango stupefatto con quanta disarmante ingenuità, oggi, molti giovani pensano di crearsi un futuro sopratutto approfittando di quanto la famiglia ha magari accantonato con fatica per decenni.
Ecco, ragazzo mio, ora hai esperienza di come si fa a travolgere un'intera famiglia in una situazione che probabilmente cambierà in peggio tutta la vostra vita e sopratutto quella dei Tuoi.
Perchè a 24 anni, senza nulla alle spalle, senza aver mai svolto un lavoro, senza alcuna esperienza, si crede di essere imprenditori a tal punto di non aver bisogno di nulla se non del proprio intuito e ci si butta in situazioni da cui, scusa se lo scrivo, anche con poca intelligenza, chiunque sarebbe stato lontano?
Cosa posso dirTi per aiutarTi? Nulla, purtroppo.
Hai fatto tutto da solo. Se tenere aperto il locale Ti costa, come è ovvio, ogni giorno di più, chiudi. Inventati una malattia, un impegno e chiudi e cerca di trovare un altro come Te che lo compri.
Poiché però ritengo sia difficile, vedi almeno di cercare di vendere, fin tanto che è nuovo, tutto l'arredamento per recuperare almeno qualcosa che forse non Ti basterà nemmeno per accontentare i creditori.
Non posso darTi suggerimenti per raddrizzare una situazione che Tu stesso vedi essere disastrosa. Il luogo scelto non è tra i più sbagliati ma il più sbagliato in assoluto. Non c'è ovviamente passaggio a piedi; le auto ed i camion che passano non sono interessati. I clienti del supermercato sono persone anziane della zona che non frequentano bar...
Coinvolgere qualcuno in qualità di socio è impensabile perchè non hai nulla da mostrare se non una situazione debitoria. Non Ti suggerirei nemmeno di spendere danaro per promozionare l'attività perchè aumenteresTi il debito.
Non ho davvero altro da dirTi se non che penso ai Tuoi con molta pena.

mercoledì 22 settembre 2010

MARKETING E PUBBLICITA'

R.B. Milano


Egregi Signori,
in autunno entrerò, come primo lavoro, in un'agenzia pubblicitaria. Sono emozionato ma anche timoroso per ciò che mi aspetta perchè non ho la più pallida idea di ciò che andrò a fare o di ciò che mi verrà chiesto di fare. Tuttavia sto cercando, per non fare una pessima figura, di interessarmi il più possibile di campagne pubblicitarie guardandomi attorno, cercando di leggere cosa sta dietro a varie campagne. Mi sforzo di capire perchè sono state fatte in quel modo. In questo modo mi sembra di prepararmi meglio. Non sarà così ma è un tentativo.
Gradirei un vostro parere.


Mio caro R.B. di Milano,
gradiresTi un parere ma sinceramente non so su cosa. Forse se quello che stai facendo può essere utile o meno. Non scrivi altro e presumo che sia proprio su questo.
Non dicendomi in quale agenzia andrai non mi dai la possibilità di dirTi molto. Ben diverso è entrare in una grande agenzia o in una piccola. Comunque, essendo il Tuo primo lavoro ritengo che Tu debba innanzitutto assorbire, proprio assorbire, l'umore, gli odori, i rumori, i suoni, le sensazioni, le parole, insomma tutto di tutto.
Non pensare di entrare, ma probabilmente lo sai perchè lo scrivi, per metterTi a creare una nuova grande campagna. Non Te la affiderebbero, ovviamente, primo perchè sei nuovo e secondo perchè chi è dentro da tempo difende il proprio posto anche coi denti. Ti verrà chiesto di seguire gli altri e Tu fallo con molta e molta umiltà. Ascolta, ed incamera. Se l'agenzia è divisa in settori, farai training nei vari uffici. Potrai così avere un'infarinatura ed imparare il lavoro dei grafici, cinema, creativi, packaging, stampa.
Probabilmente seguirai un addetto al contatto con i clienti per capire anche come si raccolgono le richieste e come queste dovranno essere elaborate in agenzia per poi proporre l'idea al cliente e, sopratutto, venderla.
Ora distruggerò qualche Tuo sogno dicendoTi che, anche se magari i caffè verranno portati in sala riunione dalle segretarie e non da Te (ma non ci sarebbe alcun male se ciò avvenisse), probabilmente Ti verrà chiesto con la massima naturalezza di fare lavori di manovalanza da ufficio. Alcuni rimangono offesi da queste richieste; altri si sentono umiliati e se ne vanno. Ma, credimi, tutti hanno iniziato così ed i più grandi hanno trovato anche in queste mansioni poco importanti uno spunto per dimostrare a se stessi d'essere bravi. Molti, riandando ai tempi dei loro esordi, ricordano quei momenti come un periodo di esperienze che solo dopo anni si sono rilevate utili.
Segui quindi tutto e tutti. Fai domande, fissaTi in mente le risposte. Cerca di capire perchè le cose vengono fatte nei modi in cui son fatte. Potrai non essere d'accordo ma se non Ti viene chiesto un parere, non dirlo. Avrai modo successivamente di capire, da solo, se quanto pensavi Tu era giusto o meno.
Non so cos'altro dirTi. Forse le mie risposte non Ti bastano. Se così fosse, scrivi ancora e fammi domande più precise.
Ciao.

lunedì 13 settembre 2010

CONFUSIONI POST LAUREAM

Luigi (loc. dichiarata)



Buon giorno,
vi scrivo perché ho letto alcuni interventi sul vostro blog e sono rimasto piacevolmente colpito dalla franchezza e dalla schiettezza delle risposte per cui ho pensato di sottoporvi anche la mia problematica con la speranza che riusciate quanto meno a darmi uno scossone.
Ho 23 anni, mi sono laureato  in luglio in filosofia (3+2) e adesso sto cercando di porre le basi per cominciare a crearmi il mio posticino al sole. Il problema è che ho la sensazione di sparare a raffica a vuoto e di aver perso completamente la bussola. Mi spiego meglio, ho sempre avuto dei brillanti risultati sia a scuola sia all'università. Ho studiato per due semestri all'estero (in America e a Parigi), ho svolto due stage in azienda mentre studiavo, qualche attività di volontariato, quindi non posso dire di non essere soddisfatto di quello che ho combinato finora, né posso dire di essere rimasto con le mani in mano. Il problema è che non so dove indirizzarmi ora. Tutti mi dicono che sono una persona in gamba e che potrei riuscire in qualsiasi (con gli ovvi limiti) cosa volessi, ma io non ho la più pallida idea di ciò che voglio. Non mi mancano le opportunità, ma sono io a non capire che cosa riuscirebbe a gratificarmi in modo tale che potrei dedicarmi ad esso con tutto me stesso. Mi manca la motivazione. Ho scartato il dottorato perché (oltre a questioni di natura pratica) non ho la passione tale per intraprendere una strada che richiede dedizione e sacrifici per raggiungere un obiettivo a cui non aspiro. Sto inviando i curricula alle aziende che a volte si rivelano interessate però ho come la sensazione che non mi renderebbe felice perché io, in primis, sento di non essere adatto al meccanismo aziendale. Faccio richiesta per lavori dall'insegnante di italiano in Ecuador, al dialogatore per associazioni ambientalistiche, al commerciale esteri. Manco di prospettiva, non riesco a vedere che cosa vorrei diventare di conseguenza non riesco a capire quali strade imboccare per giungere alla meta e tutto mi sembra la cosa sbagliata. So di avere molte capacità (e anche molti limiti) e so anche che nel momento in cui credo in qualcosa non risparmio né forze né energie e sono disposto a lottare per ottenere ciò che voglio. È come se possedessi una Ferrari e la tenessi in garage perché non so dove andare. A quel punto sarebbe meglio avere una Cinquecento e dirigersi verso la destinazione desiderata, magari ci s'impiega più tempo, ma alla fine ci si arriva. Da un lato, non voglio continuare ad essere dispersivo, dall'altro non so dove convogliare le mie risorse. È come se fossi paralizzato. Mi viene detto di tentare di percorrere alcune delle strade che mi si sono offerte, mal che vada, mi si dice, si può sempre cambiare. Tuttavia io sento l'esigenza di prendere una rotta che, anche se è possibile che subisca variazioni  nel corso della vita, cominci ad essere abbastanza definita. Spero di essere riuscito a comunicare il mio stato d'animo (di profonda confusione).
Qualche consiglio?



Mio caro Luigi,
ho letto e riletto diverse volte il Suo scritto per vedere da che parte iniziare per aiutarLa poi ho capito che questa risposta sarà tutto un collage della Sua stessa lettera perchè, in questo modo, potremo analizzare assieme le piccole sfumature che, spesso, involontariamente scriviamo senza accorgercene e che possono aiutarci a comprendere cosa pensiamo o vogliamo.
Appare evidente, nello scritto, tutta la situazione di disagio e confusione che confessa. Va detto però che dichiara 23 anni e, santo cielo, almeno a questa età il diritto alla confusione è lecito. Sino ad ora Lei ha studiato. Il rapporto col mondo esterno allo studio è stato marginale e quando ci si presenta davanti al “vuoto decisionale post studio” si ha un bel dire che occorre essere decisi. Si deve iniziare una nuova vita, totalmente differente, che non ha agganci con le esperienze vissute e questo angoscia.
A 23 anni, mi creda, anche se ci si crede uomini, oggi si è ancora ragazzi sopratutto se vissuti studiando. A 23 anni si è uomini quando le vicissitudini di vita portano ad iniziare a lavorare a 18 anni o ancor prima. Quindi, iniziamo col dire che i Suoi dubbi e le Sue confusioni sono quanto meno lecite.
Tenga inoltre presente, per quanto leggerà, che Lei si è laureato a Luglio ed oggi siamo a Settembre. Con Agosto di mezzo, credo Lei abbia avuto ben poco tempo e spazio per darsi una seria guardata attorno. Tuttavia, iniziamo.
Scrive: “...con la speranza che riusciate quanto meno a darmi uno scossone.” e poi ancora: “... Il problema è che ho la sensazione di sparare a raffica a vuoto e di aver perso completamente la bussola.”
Fermiamoci qui. Io non potrò certamente darLe uno scossone perché lo scossone nasce da uno choc che Lei dovrebbe subire e non penso proprio che le mie parole bastino. Comunque se proprio vuole qualcosa su cui riflettere, gliela dico: la smetta di filosofeggiare e si dia da fare. Tutta la Sua lettera è filosofia; il che è anche ovvio e giusto essendo Lei filosofo; tuttavia, un conto è studiare filosofia ed un altro è usarla anche nelle situazioni in cui occorre essere più pragmatici.
Detto questo, veniamo al concetto dello sparare a vuoto ed alla conseguente sensazione d'aver perso la bussola. La mancanza d'esperienza, caro Luigi, fa proprio questo. Si pensa che basti sparare nel mucchio e qualcosa cadrà, e ci si convince di questo. Così, quando non accade e non cade nulla, arriva l'angoscia, prima strisciante e poco invadente, ma che col tempo attecchisce assumendo proporzioni che iniziano a dare fastidio perchè non ci molla più. Così, anziché concentrarsi su un obiettivo, se ne abbozzano tanti e si punta velocemente o per poco tempo su ognuno; tanto poco tempo da non permettere ad alcuno di questi di svilupparsi. Tutto rimane in embrione. Ed ecco il Suo perdere la bussola.
Dice di aver avuto sempre brillanti risultati nello studio; risultati che a volte creano illusioni. Accidenti, quanto bello sarebbe stato se avesse avuto risultati discreti ma sofferti. Le sarebbero stati di maggior aiuto. E' piuttosto la norma che chi ottiene meno a scuola ha quasi maggiori possibilità di “cavarsela meglio” nella vita. Non tanto in tema di cultura e preparazione personale quanto piuttosto nell'arte di arrangiarsi; di sopportare meglio le sconfitte ed i rifiuti; di sapersi rialzare e ricominciare, di tentare e ritentare. L'aver magari sofferto un po' durante la vita di studi permette quella scorza di resistenza ai problemi ed alle disavventure che rendono più forti. Sconfitte o disagi che Lei mi pare non abbia avuto.
Ed ancora: “...Tutti dicono che sono una persona in gamba e che potrei riuscire in qualsiasi (con gli ovvi limiti) cosa volessi, ma io non ho la più pallida idea di ciò che voglio. “.
Lei vede che io riscrivo frasi del Suo scritto per farLe notare come, in ognuna, vi siano punti su cui soffermarci per aiutarLa a capire.
Luigi, Lei è una persona in gamba ma che significa “non ho la più pallida idea....?
Iniziamo a dire che forse sarebbe meglio se Lei si abituasse a pensare: “sono una persona in gamba ma non ho ancora un'idea precisa su quale strada incamminarmi.” Pensare di non avere la più pallida idea di ciò che si vuole, significa mandare messaggi negativi al cervello, e con messaggi negativi non potrà avere risposte positive. Se il Suo cervello potesse risponderLe Le direbbe: “Senti un po'. Ma se non sai Tu dove vuoi andare, come cavolo pensi che possa aiutarTi io? Pensaci un po', dammi almeno qualche opzione di preferenza e magari Ti aiuterò.....”
Proseguiamo con l'analisi dello scritto. Scrive: “...Non mi mancano le opportunità, ma sono io a non capire che cosa riuscirebbe a gratificarmi in modo tale che potrei dedicarmi ad esso con tutto me stesso. Mi manca la motivazione. “ Qui ci fermiamo ancora un po'. Dunque, per la prima volta dice che non Le mancano le opportunità ma Lei non riesce a capire cosa riuscirebbe a gratificarLa. Ricorda la storiella dell'asino che messo in mezzo a due balle di fieno, per non sapersi decidere verso quale indirizzarsi per mangiare, è morto di fame? Può aiutarLa questo ha capire meglio la Sua situazione?
Posso essere cattivo? Ma è proprio sicuro di averne comunque voglia di indirizzarsi verso qualcosa? In altri termini? E' sicuro di aver voglia di impegnarsi in un lavoro in questo tempo della Sua vita? La prego, non la prenda come una critica ma come pungolo.
Le scrivo questo perchè, davanti ad opportunità che dice di avere, l'indecisione sulla strada da prendere, coperta dalla giustificazione della gratificazione, fa sorgere molti dubbi. In altri termini, Lei sta dicendo:
“ Come faccio ad iniziare un lavoro se non so se mai riuscirà a gratificarmi tanto da dedicarmici con tutto me stesso? E se poi non fosse questo quello giusto? E se magari la gratificazione per dare tutto di me era nell'altra opportunità che ho scartato? “
Parrà evidente anche a Lei che prima di una mancanza di motivazione qui c'è forse una volontà a non avere motivazione.
Nessuno può sapere, prima di iniziare un lavoro, se questi gli darà soddisfazioni o dolori. Lo si inizia e si cerca di farlo al meglio. Se poi il tempo dirà che non siamo adatti o esso non è adatto a noi, ci si separerà. Ma la disquisizione sulla soddisfazione (molto filosofica) che potrebbe darci un lavoro è implicitamente una riserva che ci diamo per non iniziare. E se poi si dovesse trovare un'occasione migliore? No, meglio non iniziare.
Scrive: “...mi manca la motivazione....”
Allora, iniziamo a chiederci cos'è un motivo e cosa una motivazione.
Il motivo è quella guida interiore, o diciamo quel bisogno, quell'impulso che stimola all'azione. La motivazione, invece, è lo sforzo che dobbiamo esercitare per soddisfare tale impulso. Questo sforzo deve essere giustificato dal valore che attribuiamo al motivo.
Poiché si parla di lavoro e di motivazione o meno legata a questo ambito posso dirLe che l'unico elemento soddisfattivo a lungo termine, nel lavoro, è proprio il lavoro stesso. Questo è il motivatore principale.
Non Le manca quindi la motivazione, come scrive, ma il motivo.
Così, il non iniziare un lavoro solo perchè non si sa se sarà motivante o no...è piuttosto un'argomentazione o una scusa fragile.
Ancora scrive: “...Faccio richiesta per lavori dall'insegnante di italiano in Ecuador, al dialogatore per associazioni ambientalistiche, al commerciale esteri. Manco di prospettiva, non riesco a vedere che cosa vorrei diventare di conseguenza non riesco a capire quali strade imboccare per giungere alla meta e tutto mi sembra la cosa sbagliata.”
Troppa evidente confusione. Davvero sta lanciando frecce a casaccio. Andare in Ecuador per insegnare l'italiano è quasi una missione. Il dialogatore per associazioni ambientalistiche, ci vuole creatività anche solo a pensarlo; inserirsi al commerciale estero in un'azienda c'entra come i cavoli a merenda con le altre ipotetiche scelte.
E' ovvio che così facendo manderà in tilt il Suo cervello che non capirà più come aiutarLa. Riscrive ancora di non vedere cosa vorrebbe diventare ed è quindi ovvio che se non sa cosa vorrebbe diventare non potrà mai intraprendere quella strada.
Forse, anziché inviare curricula a destra e manca (cosa per altro negativa) perchè non si ferma a riflettere per decidere, o quanto meno per limitare la scelta delle strade da intraprendere a non più di due o tre? Solo successivamente, una volta deciso cosa vorrà fare o cosa Le piacerebbe divenire, potrà dedicare i Suoi sforzi verso quelle strade.
“Non riesco a capire quali strade imboccare per giungere alla meta”. Ma come può, Luigi, arrivare alla meta se non sa qual'è?
Proseguiamo: “...e so anche che nel momento in cui credo in qualcosa non risparmio né forze né energie e sono disposto a lottare per ottenere ciò che voglio.”
C'è sempre, in ciò che dice, un'enunciazione di volontà, ma sempre rivolta al poi, al dopo. “Nel momento in cui.... Quando sarà....io farò....” Riesco a farmi comprendere?
Ancora scrive: “...È come se possedessi una Ferrari e la tenessi in garage perché non so dove andare. A quel punto sarebbe meglio avere una Cinquecento e dirigersi verso la destinazione desiderata, magari ci s'impiega più tempo, ma alla fine ci si arriva.”
Considerarsi una Ferrari in questo caso significa avere molta autostima e non è negativo se però si accetta di doverla guidare anche come una cinquecento. Riesco a farmi comprendere? C'è sempre qualcosa nello scritto, che lascia dubbi. In questo caso è “sarebbe meglio avere....”. Il condizionale porta nuovamente ad allontanare la presa di decisione. “Se avessi....potrei fare....Dato però che mi sembra d'essere un Ferrari, non posso fare come se fossi una cinquecento”. Ma anche una Ferrari può andare verso una metà; basta sapere quale meta si vuol raggiungere!
La Sua lettera termina con un accorato appello:
“... È come se fossi paralizzato. Mi viene detto di tentare di percorrere alcune delle strade che mi si sono offerte, mal che vada, mi si dice, si può sempre cambiare. Tuttavia io sento l'esigenza di prendere una rotta che, anche se è possibile che subisca variazioni  nel corso della vita, cominci ad essere abbastanza definita. Spero di essere riuscito a comunicare il mio stato d'animo (di profonda confusione). “
Ed ancora una volta torniamo sullo stesso tema. Paralizzato davanti ad una possibile decisione.
Vede, Luigi, chi Le ha suggerito di tentare di percorrere una strada tra alcune offerte, Le ha detto qualcosa di buon senso; di pratico. (Un familiare? Forse). L'indecisione è peggio di una scelta sbagliata. Non si può non far nulla per non sbagliare. Meglio iniziare e, strada facendo, correggere eventuali errori.
Ma so che sarà difficile convincerla in tal senso perchè proprio a fine lettera torna sul fatto che, davanti ad una reale possibilità d'inizio di un lavoro...preferisce aspettare per prendere la rotta che possa essere, in qualche modo, definitiva.
Bene, sin qui la Sua lettera.
Ora vediamo cosa suggerirLe ipotizzando di non saper nulla di quanto ha scritto.
Lei ha 23 anni, ha finito gli studi, deve trovare un lavoro e non sa che fare.
Vi sono di norma tre possibilità per chi non sa quale strada intraprendere. La prima, ovviamente, è legata a quanto studiato. Nel Suo caso Filosofia. Il Filosofo, di per sé, proprio per gli studi effettuati non sempre è aperto a tutti i possibili lavori. Potrebbe trovare problemi nell'ambito commerciale in cui occorre una rapidità di scelte, di decisioni e di stile di vita che forse sono poco adatte ad uno riflessivo.
Quindi, una possibilità è di indirizzarsi espressamente verso ciò che gravita nell'ambito degli studi fatti.
La seconda possibilità, che suggerisco di analizzare quando vi sono dubbi, è di rivolgersi all'ambito degli interessi personali ovvero, al mondo degli hobby.
Banale il motivo. Se io ho un hobby, significa che quella cosa o quel mondo mi interessa e quindi, se non ho capacità di valutare altre scelte, probabilmente se andrò ad agire nel mondo dell'hobby che mi piace, inizierò già mettendo, nel lavoro, almeno la passione personale che mi sarà da stimolo.
Anche a Le, quindi, suggerisco queste due linee. Forse l'insegnamento (non c'è bisogno di andare in Ecuador) o la libera professione nell'ambito del giornalismo; oppure, se Lei ha un hobby, capire se non sia possibile intraprendere una strada in questo settore. Gli studi fatti, probabilmente non serviranno a niente se non come preparazione culturale, ma almeno inizierà qualcosa in cui ha già qualche interesse.
Ed ora, stravolgiamo tutto con la terza possibilità. Ci vuol poco a rendersi conto che Lei davvero sta vivendo uno stato di profonda confusione; un caos interiore che la blocca. Sempre ammettendo che non sia una scusa interiore per allontanare il momento di rottura da uno stato senza responsabilità come quello di studente laureato ventitreenne a quello di un adulto che deve assumersi responsabilità (ma per questo dovrebbe incontrare personalmente uno psicologo) Le suggerirei di provare a buttare a mare tutti i dubbi, le paure, le strade definitive e quant'altro, e di iniziare il primo lavoro che trova. Non importa quale, non importa la posizione, quanto guadagna ne le ore impegnate.
In questi casi mi vien sempre, per esempio, in mente McDonald's, un inizio magari duro che secondo me forgia come pochi altri.
Si stancherà, si romperà le ossa, ma inizierà a capire solo in questo modo cos'è il mondo del lavoro. Cominci a fare i primi passi e strada facendo, vedrà che riuscirà a fare tutte le riflessioni e le scelte.
Quello che è certo, Luigi, è che prima deve guardarsi dentro e dire a se stesso se ciò che ha scritto è vero o se, di fondo, non vi sia una velata volontà a trovare confusione perchè il rimanerci dentro fa slittare il momento della verità sulla voglia o meno.
Se fosse vero quanto scritto e se non trova la volontà di buttarsi a corpo morto nella prima esperienza che le si dovesse presentare e se sentisse di rimaner bloccato davanti alla decisione, cerchi un dialogo con uno psicologo a Lei vicino per trovare lo sblocco.

Io ho sempre suggerito, sino alla noia, che per riuscire in qualcosa occorre darsi ed avere un obiettivo. Qualcosa a cui si tiene. Ad esempio, una particolare posizione nell'ambito di un determinato lavoro o il raggiungimento di sogni se si lavora in proprio. Eppoi, darsi da fare per raggiungerlo.
Non ho letto, nella Sua lettera, l'obiettivo che vuole raggiungere nella vita. Forse, se se lo dà, avrà più chiara la strada da percorrere.
Davvero tanti cari auguri.

lunedì 6 settembre 2010

RAPPORTI TESI 2

lettera firmata (loc. non conosciuta)

Salve, sono finito per caso a leggere sul vostro blog un articolo di mercoledì 29 aprile 2009, dal titolo ‘Rapporti Tesi’ dove un ragazzo di 30 anni diceva di aver ricevuto un cambio mansione e la revoca dell’auto aziendale.
Mi chiamo V. ed ho XX anni, convivo ed ho due splendidi bambini…una bellissima bimba di 16 mesi e il secondo, un maschietto, che è nato proprio due giorni fa…direte che dovrei pensare ad altro giustamente, ma proprio un giorno prima della nascita di mio figlio il mio capo mi ha comunicato ciò che sto vivendo come UN INCUBO  e cioè che ha “pensato di affidarmi un ruolo diverso da quello che avevo ma questo però comporta la revoca dell’auto aziendale”. ..decisione senza opzione per me. Vi dettaglio meglio la situazione:
lavoro da oltre 5 anni nella funzione di Area Sales Manager (o se volete venditore di una macroarea geografica prefissata già nel colloquio d’assunzione e per la quale ho comprato casa nella zona d’interesse…con mutuo…)  ma il mio livello contrattuale sebbene il più alto del CCNL è una posizione  inferiore a quello di Quadro…( livello al quale aspiro da anni). Per assurdo questo permette all’azienda di non assegnarmi premi sui risultati ( che ho portato anno dopo anno)  che appunto vengono riconosciuti solo a quadri e dirigenti, secondo una politica aziendale interna al gruppo ( è un’azienda multinazionale)…pazienza, vendo tanto e vengono premiati gli altri…
Le mie responsabilità e funzioni( sono anche Laureato) non sono diverse da quelle di altri miei 2 colleghi più anziani di me sia anagraficamente che come anni di servizio, i quali invece sono diventati Quadri da alcuni anni…da semplici agenti di commercio con scolarizzazione bassa…ma il mio capo lo giustifica con l’anzianità di servizio ma comunque mi chiede un impegno e delle motivazioni sempre maggiori Quando sono stato assunto, sul mio contratto venne riportato come ruolo quello di ‘Addetto Commerciale vendite esterne con area prefissata’…ma una postilla sotto recita che l’azienda si riserva la facoltà di destinarmi ad altre sedi del Gruppo Inoltre, e qui vengo al punto, mi è stato consegnata una convenzione stipulata con l’azienda dove si stabilisce che per “motivi di servizio” mi viene data l’auto aziendale e che per motivi logistici mi viene assegnata anche per l’uso privato…e che l’azienda s’impegna a pagare la tassa di circolazione, l’assicurazione e la manutenzione del mezzo, al rimborso carburante…anche se non viene fatta distinzione tra carburante per uso privato e lavorativo…di fatto in questi anni io e altri miei colleghi siamo stati rimborsati di tutto il carburante usato.
3 giorni fa ( un giorno prima della nascita di mio figlio) il mio capo mi chiama e mi dice che a causa di una necessità riorganizzativa “ha pensato” ad un nuovo incarico per me…e cioè quello di Export Sales Manager per le vendite verso i Paesi considerati emergenti che già la mia sede gestisce da qualche tempo… e mi motiva il tutto dicendomi che ha bisogno di qualcuno che parli fluentemente inglese come me e che rimanga in ufficio dal lunedì al venerdì per seguire questi mercati col suo coordinamento. Io gli chiedo: ma come in ufficio? Un export sales manager non deve andare direttamente presso tali Paesi almeno ogni tanto?...la sua risposta è stata che non ce ne bisogno, in quanto la cosa può essere gestita telefonicamente o con e-mail visto che in quei paesi abbiamo già una clientela definita o degli agenti che dovrò coordinare…fin qui tutto bene…ma poi aggiunge CHE IL RUOLO PERO’ PREVEDE LA REVOCA DELL’AUTO AZIENDALE CHE IO DETENGO DA 5 ANNI IN QUANTO NON POTREBBE GIUSTIFICARE AD ALTRI DIRIGENTI LA NECESSITA’ DI LASCIARMELA…ovviamente da bravo Ponzio Pilato è sempre colpa di altri dirigenti….
Un ultima premessa: da qualche anno è entrato in azienda il figlio dell’ex amministratore delegato…più giovane ed inesperienze di me….che ha il mio stesso ruolo di Venditore d’area…ebbene, dovrebbe essere lui a ricoprire la zona di vendita dopo che io passerò alla mansione di Export Sales Manager…area che io attualmente ricopro ancora e che con fatica ho portato ad essere come una delle aree di vendita più redditizie per l’azienda…purtroppo non ho la possibilità di accusare il mio capo di tale “vomitevole coincidenza” ( costume nazionale purtroppo quello dei rampolli da mandare avanti a scapito di chi deve sudarsi il lavoro…)
 MI VIENE OFFERTO UN AUMENTO DI STIPENDIO IRRISORIO PER QUESTO CAMBIO MANSIONE…circa 100 euro lorde mensili…ma nessuna agevolazione per la perdita dell’auto che loro non definiscono un benefit ma bensì uno strumento di servizio legato alla mansione che viene meno col cambio di quest’ultima…
Ma di fatto l’auto ha rappresentato un valore aggiuntivo al mio stipendio…in busta paga mi detraggono il valore tabella ACI ma allo stesso tempo l’azienda mi versa una pari indennità compensativa…dunque pago solo le tasse che tale reddito mi genera…circa 120 euro mensili  se non sbaglio…ma a fronte di ciò non pago assicurazione, bollo, gasolio neanche per uso privato, pedaggi, etc…ed ho un auto nuova che viene cambiata ogni 4 anni col sistema noleggio leasing…
 
Vi chiedo:
L’azienda può cambiarmi la mansione anche senza il mio consenso?
Posso pretendere un  aumento di stipendio almeno pari alla perdita dell’auto aziendale?
 Grazie,


Egregio Dr. V.
Il Suo caso, come ha potuto vedere, non è il solo. La questione dell'auto aziendale e dei rapporti che questa implica con altre strutture interne è un annoso problema che, venga alla luce o no, è piuttosto comune.
L'azienda, pur con tutti i difetti nei rapporti interpersonali ed i rischi che spesso questo comporta, quando si trova in situazioni come questa non può fare molto più di quanto non faccia. Come Le è stato spiegato, quando in azienda vi sono quadri che non hanno questo benefit operando in mansioni ed in livello simile, occorre mantenere gli equilibri prima che nascano, come nascono sempre, immediate richieste.
Ovvio che da parte del dipendente l'improvvisa eliminazione del benefit porti un disagio spesso difficilmente colmabile, sopratutto con i costi odierni.
Per quanto dice, l'azienda si è comportata correttamente nel calcolo del benefit che Le veniva concesso, seguendo le norme con addebiti e rimborsi.
Oggi, col nuovo incarico, l'auto non è prevista. Teoricamente ciò che dice l'azienda non fa una grinza ma, come sempre, valgono anche i rapporti personali ed è solo su questo che Lei può basare un'eventuale richiesta.
Lei può apertamente dire al Suo Capo che questa situazione le creerebbe un disagio enorme, difficilmente colmabile in quanto è nell'assoluta impossibilità di procurarsi un'auto personale il cui costo, per lavoro e familiare, non potrebbe mai essere tolto da quanto percepisce.
Può suggerire alcune opzioni nel tentativo di conciliare le Sue e e le loro necessità.
LasciarLe l'auto come giustificazione (interna) del fatto che un Export Manager può effettuare viaggi di lavoro all'estero (che poi entrambi sappiate che questo non avverrà, è affar vostro). La cosa può comunque apparire logica. E' sufficiente che l'azienda non dica che Lei non dovrà mai recarsi all'estero. In questo caso Lei può rinunciare al piccolo aumento.
Oppure, lasciarLe l'auto almeno sino a fine contratto leasing (nella speranza che termini il più in là possibile). In questo caso non sarebbe difficile per l'azienda giustificarne il possesso con gli altri Managers proprio in virtù di un contratto che deve andare a scadenza naturale.
Credo che, se i rapporti tra Lei e l'azienda sono buoni, il Capo od altri non possano rifiutarsi di darLe una mano.

Vi è poi un altro modo di vedere la questione sotto l'aspetto sindacale. Sta a Lei vedere se mettere di mezzo i sindacati o no. Le dico subito che se intraprende questa strada dev'essere disposto poi eventualmente ad andarsene perchè si metterebbe in conflitto.
Di fatto, c'è da dire che un benefit avuto per alcuni anni può essere tolto, cambiando mansione (il Suo caso) purchè il totale percepito non si riduca a svantaggio. Nel Suo caso occorrerebbe valutare il valore del benefit personale (non quanto percepiva usando l'auto per lavoro, quanto invece risparmiava per l'uso personale.). Questo totale è il vero benefit e non credo che possa essere nell'ambito di 100 euro lordi.
Un sindacato inizierebbe un contenzioso con l'azienda ma questi temi sono sempre sottovalutati perchè un lavoratore nella Sua posizione è pur sempre, per i sindacati, un privilegiato.
In ogni caso sappia che una capatina presso un sindacato per spiegare la cosa ed avere un parere, può sempre farla, anche se non è iscritto. Non fa mai male.

V'è da dire che l'aumento proposto non è ovviamente tale da giustificare la perdita del benefit e su questo può puntare, dialogando col Capo. Occorrerebbe arrivare quanto meno ad avere almeno un aumento netto che copra la perdita del bene tolto.
Mi chiede poi se l'azienda può cambiarLe mansione. Si, può farlo, anche perchè a dire il vero, Le dà comunque un posizionamento maggiore nella scala gerarchica ed un buon biglietto da visita per il Suo curriculum.
Spesso le persone non pensano a questo che è, invece, molto importante. Aver coperto per cinque anni un ruolo di Area Manager ed essere poi scelto per ricoprire l'incarico di Export Manager, non è sempre così facile. Scrivere nel proprio curriculum la nuova mansione, Le dà o Le darà maggiori spazi e maggiori occasioni qualora dovesse decidere di cambiare azienda.
Da quanto scrive non mi sembra che in questo momento Lei sia nelle condizioni economiche migliori per buttare tutto a mare ed andarsene ma, un po' di tattica, Lei che vende, dovrebbe averla.
Davanti ad un possibile non accordo faccia buon viso a cattivo gioco. Accetti (solo dopo aver tentato il tutto). Tiri la cinghia per un po' e nel frattempo inizi a guardarsi attorno. Mentre prima avrebbe potuto farlo solo per mansioni di Area Manager, ora il campo si allarga e diventa più interessante. Starà poi a Lei crearsi un mondo di viaggi effettuati e di visite a clienti o Agenti esteri che possano rafforzare questa posizione.
La giustificazione da dare per un cambiamento rapido dopo poco aver assunto una nuova mansione?
Il mancato mantenimento di parti dell'accordo economico, esempio premi o bonus di valore inferiori a quanto concordato, come pure il mancato passaggio a Dirigente che era stato promesso.

Torno a dirLe: agisca con tatto ma con estrema apertura verso il Suo Capo, ponendo alla azienda la questione morale di una situazione che metterebbe un corretto collaboratore in estrema difficoltà. Per il nuovo compito poi, si faccia vedere disponibile e tenga presente che, effettivamente oggi, con le comunicazioni via internet è possibile gestire molto lavoro anche stando in ufficio. Su questo l'azienda non avrà tutte le ragioni ma nemmeno tutti i torti.
Le auguro di cuore tutto il meglio possibile.

venerdì 3 settembre 2010

UNIVERSITA' E POI ?

Antonio B. Milano

Gentilissimo Dottore,
La leggo con sempre grande interesse e non nego che quanto da Lei o da Voi scritto mi sia servito spesse volte in Università. Sono agli sgoccioli ma mi rendo conto, facendo un'analisi a ritroso, che qualcosa non va nel modo d'insegnare.
Personalmente non ritengo di uscire dall'ateneo pronto per mettermi nel mondo del lavoro o quanto meno, preparato per il lavoro. Certo, qualcuno può illudersi o arrogantemente pensare che una laurea lo faccia divenire dottore in qualcosa ma non è così.
I miei docenti vengono in aula e fanno solo ed assolutamente teoria che, peraltro, non conoscono. Spiegano ciò che loro stessi hanno letto facendo, di un articolo, base per la costruzione di un nulla.
Mi rendo conto che costoro sono assolutamente teorici e non hanno idea di ciò che accade fuori, nelle aziende. Parlano e dicono probabilmente cose che a loro volta sono state dette. Pura teoria. Nelle Università occorrerebbero non insegnanti ma autentici professionisti aziendali che dedicano una parte del loro tempo a spiegare come agire veramente sul campo e nella realtà. Ed invece, abbiamo docenti annoiati che presentano i soliti casi di aziende famose, casi datati, e con questi cercano di riempire il tempo.
C'è scollamento con la realtà. Io ho avuto occasione di stare in azienda, mio padre è un manager ed ha potuto farmi toccare con mano la vita del lavoro nella sua pienezza ed è per questo che, tornando in aula, mi accordo che quanto ci viene detto è vecchio, trito e ritrito, assolutamente inutile.
Mi rendo conto che non Le sto chiedendo nulla e questo è solo uno sfogo di un futuro laureato che, uscendo laureato da una Università, non saprà nulla di concreto di quanto studiato. Teoria e solo teoria.
La ringrazio comunque d'avermi letto. Se vorrà pubblicarmi anche senza risposta, Le sarò grato.
Cordiali saluti


Caro Antonio,
hai detto tutto Tu. Nelle nostre Università i Docenti, in particolari indirizzi, spesso e volentieri (anche se fortunatamente non tutti) sono piuttosto impreparati a passare ad altri le giuste nozioni.
E' vero che l'Università va vista come cultura personale e basta (chissà, forse questo concetto è stato messo in circolazione apposta!) ma un impegno maggiore ci vorrebbe.
Invece, come Tu dici, si passa il tempo a parlare di una teoria che, una volta fuori, non serve perchè oltretutto è probabilmente pure superata. E ciò che dovrebbe rappresentare la concretezza, la realtà, viene affidata ad analisi di semplici, banalissimi casi che, essendo gli studenti totalmente a digiuno, permettono ai Docenti di fare dei figuroni.
Il vezzo dei Docenti, molto spesso è di fare banali domande a studenti assolutamente ignoranti (nel senso che ignorano) per ottenere una sicura risposta sbagliata, per poi dare un dato ad effetto che lascia tutti a bocca aperta. Giochini utili a far pensare agli studenti “accidenti quante ne sa”. Far sviluppare, cioè, nella mente di chi ascolta il culto dell'immagine di chi parla. Quanto siamo rimasti indietro!!
Ma tornando ai casi, n realtà, un caso, se ci si riflette, ha valore nel momento in cui è avvenuto. OK parlare di casi famosi venutisi a creare in aziende (quasi sempre d'oltre oceano e quindi pochissimo assimilabili alle nostre) ma solo per spiegare come in quei momenti storici, e solo in quei momenti, siano andate le cose.
In guaio è che si pretende di far passare come utili ed interessanti situazioni che non hanno riscontro con l'attualità. Qualunque problema ci sia stato e qualunque soluzione sia stata trovata ed abbia portato l'azienda al successo (perchè alla fine è sempre questa la solfa) non dimostra ne assolutamente garantisce che agendo nello stesso modo, si ottengano gli stessi risultati.
Il mercato ha troppe variabili: economiche, concorrenziali, strategiche a breve, medio o lungo termine. Un'azione ed il conseguente risultato può essere dovuto ad un Manager, molto spesso ad un caso, al fatto che i concorrenti abbiano agito in un modo piuttosto che in un altro, agli investimenti, all'umore stesso dei clienti finali, alla volontà aziendale di prendere una strada piuttosto che un'altra. Infinite variabili.
Ebbene, i Docenti parlano di un caso, magari degli anni 80 dicendo che è recente, anche se son passati trentanni, e su questo si infervorano come se presentassero il Vangelo.
Chi ascolta prende atto ma non sa che semmai un domani gli capitasse nella vita lavorativa una situazione identica a quella di un caso che gli era stato presentato, non ci sarà nulla che potrà essere usato, copiato o sfruttato e se lo facesse finirebbe probabilmente per creare un guaio.
La presentazione dei casi è utile per far discutere e ragionare gli astanti tra loro e da questa discussione il Docente deve comprendere chi è più o meno psicologicamente adatto o più predisposto alla linea di studio scelta. Le eventuali analisi specifiche andrebbero sviluppate e spiegate solo da quelli che Lei ha chiamato “professionisti aziendali” ovvero, Manager che possono spiegare oggi ciò che accade oggi, che sta accadendo o, al più tardi, ciò che è accaduto ieri. Quindi, strategie attuali, gestione del mercato di oggi, analisi della concorrenza “vivente” e, se proprio si vuole creare qualcosa di giusto, spingersi ad ipotizzare il futuro. Ma il futuro di oggi, non quello di trentanni fa.
Ecco perchè i neo laureati quando escono dall'Università solitamente entrano in azienda ed iniziano portando il caffè in sala riunione; cosa assolutamente non disprezzabile perchè è il modo migliore per far prendere atto di una realtà che nessuno ha insegnato loro.
In bocca al lupo!