Ricerca personalizzata

lunedì 26 aprile 2010

NEGOZIANTE CHE PASSIONE 8

L.C. Ancona

“.....In passato ho letto alcune sue risposte relativamente a ciò che riguarda il lavoro del negoziante o a tematiche simili. Erano però risposte frazionate che tenevano conto delle domande che venivano poste.
Ora, da quando ho iniziato a leggere quel suo racconto, tra l'altro bellissimo e utile, del profilo del buon venditore, mi sto chiedendo se non può scrivere il profilo del buon negoziante o se non può, con la sua fantasia, riunire tutte le raccomandazioni che possono essere fatte ad un negoziante in un solo testo, proprio come quello del venditore. Sarebbe utile a me ma anche a migliaia di altri negozianti. E' possibile? Ci può pensare?
La ringrazio per la risposta che attendo.


Fine settima parte


Occorre ammettere che la presentazione segue una certa logica; mica lavorano male. E' la loro eccessiva grandezza che crea problemi. Bene, dopo aver messo sottobraccio le mie cose e dopo aver osservato ciò che le dirò più avanti, mi sono recato alla cassa. Ho pagato ed il primo problema l'ho avuto quando ho chiesto come fare per timbrare la garanzia.



Inizio ottava parte


“La ragazza, con uno scarso sorriso, mi disse che avrei dovuto aprire la confezione a casa, estrarre il foglio della garanzia e riportarlo successivamente. Importante era tenere lo scontrino fiscale. Alla mia richiesta di un timbro del punto vendita fatto al momento sulla garanzia, la commessa entrò in crisi e mi chiese di andare all'ufficio informazioni per avere ulteriori chiarimenti.
Guardai dov'era posizionato e vidi che tra me e quell'ufficio c'erano qualcosa come trenta casse. In pratica avrei dovuto riattaversare tutto il centro commerciale e così decidi di accettare il suo consiglio: tornarmene a casa, aprire la confezione, estrarre la garanzia e tornare una seconda volta. Questo – continuò – se ci pensiamo non è poi un gran danno ma non è neppure certo il modo migliore per RISOLVERE UN PROBLEMA E SODDISFARE UN CLIENTE. E se, una volta a casa, si scopre che per qualche motivo il prodotto non funziona? O se per nostra mancata predisposizione non riusciamo a farlo funzionare? Ci ha mai pensato? “- mi chiese.
“ Già – risposi – è sempre la mia unica paura quando acquisto qualcosa in un centro commerciale”
“Esatto – disse sorridendomi – questo è proprio il timore che tutti hanno. Ed in quei punti vendita poi, le cose fastidiose non finiscono qui. Vien sempre detto che non esistono problemi ma poi, per alcuni articoli viene effettuata la sostituzione immediata; per altri il centro commerciale si avvale subito del centro assistenza. Come dire che il cliente acquista un prodotto nuovo che ancor prima d'essere usato viene messo nelle mani di un centro assistenza che lo apre, lo ripara e ritorna qualcosa di riparato, pagato come nuovo. Immagini di aver bisogno di un attrezzo per un lavoro. Lo acquista, non funziona. Lo riporta, viene trattenuto per qualche settimana.... ed il lavoro che lei doveva fare? Ecco, questa è una realtà e questa loro debolezza è il mio punto di forza. Ma non è finita e questo è ancor peggio, se il cliente ha deciso che non vuole più quel prodotto che non funziona, non riavrà i suoi soldi ma un bel buono spesa di pari valore. E se non vuole fare la spesa? - disse con enfasi. Ricorda ieri quando le ho detto che per battere i giganti occorre usare la loro stessa forza? Così ho fato. E qui dentro non esce articolo che non sia controllato davanti al cliente, con il cliente, ancor prima che questi lo acquisti. Anche il più piccolo oggetto. Io non ritengo che questa sia una perdita di tempo ma solo un SERVIZIO DOVUTO. Io desidero che i miei AMICI-CLIENTI siano rassicurati su tutto. I miei collaboratori non vendono, CONSIGLIANO. Ecco perchè allora, e so di stupirla, l'ultima fase della vendita è la prova col cliente. Sa cosa vuol dire? Significa che proviamo l'oggetto spiegando per filo e per segno al cliente cosa dovrà fare quando si troverà ad usare lui ciò che ha acquistato. Ed il cliente esce soddisfatto. Non si troverà a casa a provare un attrezzo semi sconosciuto. Il cliente ha comperato, ha provato qui da noi ad usare l'oggetto ed è sicuro che saprà farlo anche a casa....”
“Si – dissi ad alta voce, mentre riflettevo – mi rendo conto della grande differenza. Lei mi sta dicendo cose che tutti pensiamo dovrebbero accadere, anche se poi accettiamo che ciò non avvenga.”
“ E non è solo questo – riprese il mio amico negoziante – Vuole un'altra prova di come sfruttare un'altra debolezza del gigante? Uscendo dal centro commerciale trovai davanti a me una persona che trasportava, con un carrello, un enorme cartone. Dallo sforzo che appariva sul viso doveva essere certamente molto pesante, tanto che ad un certo punto mi ritrovai a chiedere se desiderasse un aiuto, che peraltro rifiutò, ringraziandomi. Credo che si ritrovò a rimpiangere quel rifiuto quando, cercando di caricarlo in auto, quel cartone cadde con probabile danno a ciò che conteneva. Ed anche questo mi fece riflettere. Così, da me, il cliente trova un addetto a disposizione per queste cose. Ricorda – mi domandò – quando si meravigliò della persona a cui dare le chiavi dell'auto ed io dissi che tra i suoi compiti c'era anche questo servizio di cortesia? La stessa persona aiuta i clienti a caricare gli oggetti pesanti e...mi creda, non gli manca il lavoro. Anzi, da quando ho istituito questa cortesia, che lei creda o no, il lavoro è aumentato...”
“Sa una cosa – dissi interrompendolo - continuo ad apprezzare i termini che lei usa per definire le incombenze. Un compito che normalmente verrebbe chiamato “grossa scocciatura che è meglio non fare”, da lei viene presentato come “una cortesia che ho istituito”. Continuo a credere che la differenza tra lei e gli altri sia nel SUO MODO DI PENSARE E DI VIVERE IL SUO LAVORO.”
“Eh, si! Lo credo anch'io – rispose – ed è un peccato per chi non mi imita. Ma così va il mondo, per mia fortuna! Ricordo che in altre visite successive, perchè ne ho fatte parecchie per capire come ed in cosa superarli, gironzolando tra le corsie, m'ero ritrovato a vedere persone in difficoltà che borbottavano per il fatto di trovarsi davanti a scaffali pieni di tutto, tanto da confondere anziché aiutare nelle scelte. Sopratutto nel nostro settore, le possibilità di assortimento sono tali che è facile riempire metri lineari di codici relativi allo stesso articolo. Spesso poi, sono articoli e confezioni così piccole che, poste una a fianco dell'altra, diventano una vera muraglia che confonde. E sa cosa NON c'è? - mi domandò senza aspettarsi la risposta? - NON C'E' UN ADDETTO CHE POSSA CONSIGLIARE. Nessuno nelle corsie. E' come dire: ciò che offro è tutto qui. Se comprendi e sai scegliere, bene, se non lo sai fare, arrangiati. Arrangiati a scegliere; prendi qual,cosa e vai. Le informazioni trovatele, non possiamo dar retta a tutti. E questa, ovviamente, è un'altra cosa su cui ho puntato. Il nostro settore necessità di una comunicazione continua tra venditore ed acquirente. Nei centri commerciali; nei giganti della vendita, queste cose non ci sono. Allora – proseguì – il gioco è stato semplice. Loro non possono dare questo servizio? Ne farò un punto di forza ed ecco perchè i miei commessi trattano i clienti come amici e con essi parlano e parlano....Ma adesso penso sia ora di un buon caffè. Che ne dice?”
“Ottima idea” – risposi – e ci avvicinammo al banco bar per un breve relax. E dopo aver bevuto un ottimo caffè, posando la tazzina, riprese: “Devo ammettere che le grandi unità di vendita hanno fatto molti sforzi su questo punto. Oggi è più facile trovare alcuni spazi, lungo le corsie, dove esiste qualche foglietto di informazioni generali sui prodotti della corsia stessa. Hanno cercato cioè di dimostrare una loro presenza. Ma...i foglietti sono muti. Non rispondono alle domande e se lei ci pensa, quando vogliamo un chiarimento o qualche informazione e leggiamo un libretto di istruzioni, il più delle volte troviamo tutto tranne la risposta al problema.


Fine ottava parte

giovedì 22 aprile 2010

COMPORTAMENTI DI GRUPPO

Luisa M. Milano


Egregio Dottore,
posso chiedere una cosa? Ho un dubbio per un comportamento che ho notato ma a cui non so dare spiegazione. Nell'ambito del lavoro, opero in un gruppo piuttosto numeroso. Ci sono momenti in cui i colleghi dicono, fanno e agiscono con un certo modo di fare che non so nemmeno spiegare bene e spero anche che lei capisca e magari dopo poco, quando partecipiamo in gruppo a qualche riunione gli stessi colleghi hanno un comportamento del tutto diverso. A volte, da soli, dicono bianco e quando ci troviamo in gruppo, con la stessa facilità diventa nero. Io rimango allibita e non so capacitarmi di questi voltafaccia. Vedo persone che solitamente serie, improvvisamente diventano ridenti, quasi bambini nei comportamenti. Perchè accade ed anche, sono io che sbaglio e vedo qualcosa non dal giusto punto di vista?
La ringrazio per la risposta se vorrà darmela d intanto le dico che leggo sempre perchè ho avuto aiuto anche da altre risposte.
Grazie


Mia cara Luisa,
probabilmente in diverse altre risposte ho spiegato cosa accade nei comportamenti di gruppo. Ti informo anche che in un buon testo di psicologia che tratti l'argomento potrai leggere ciò che ora Ti accenno.
L'uomo tende, di norma, ad avere un proprio comportamento quando agisce da solo così come tende ad averne un altro quando si trova in gruppo. Nel gruppo, il comportamento del singolo individuo è molto più vicino al comportamento di un bambino che a quello di un adulto. Tu hai notato questo atteggiamento e questo modo di agire e non Te ne sei capacitata. Nel gruppo, il singolo è più portato al gioco, all'allegria, allo scherzo, proprio in virtù della presenza di altri. E la stessa presenza di altri aiuta ognuno a dar libero sfogo alle emozioni. Naturalmente il singolo non ha motivo di agire così quando è solo perchè viene a mancare il “contorno” che permette, accetta ed anche stimola questo comportamento. Del resto, quante volte abbiamo sentito dire o diciamo: “ tizio si trasforma. Da solo sembra un orso, tutto serio, poi quando è in compagnia diventa il mattatore. E' lui che tiene in piedi ed allegri tutti!”
Il gruppo fa affiorare in tutti noi la nostra parte infantile. Tra amici ci raccontiamo barzellette anche idiote; accettiamo scherzi, battute, facciamo ironia o gossip e tutto è permesso. Quando il gruppo si divide, le persone tornano ad essere adulte e chi un attimo prima agiva da buffone, ecco che improvvisamente si cala nuovamente nel ruolo dell'adulto. Un classico esempio che spesso faccio è relativo allo stadio. Sulla gradinata trovi operai, impiegati, dirigenti, avvocati medici, fannulloni ed altro. Durante la partita, le reazioni ed i comportamenti rendono uno uguale all'altro. Non c'è più il serio avvocato che in aula non fa un sorriso od un medico sempre accigliato. E' possibile vedere avvocati e notai o medici che urlano, gesticolano, offendono, si sbracciano sino ad apparire stravolti. Rossi in volto ma felici e senza voce. Terminata la partita, ognuno esce e l'avvocato torna ad avere il proprio classico modo di comportamento, così come il medico. Nel gruppo si tende a vivere da bambini ed a lasciar esplodere le emozioni. Nella quotidianità, ci si adegua.
I Tuoi colleghi di ufficio, vivono la quotidianità proprio in ufficio ed anche se lavorano in gruppo, il lavoro li porta ad avere un comportamento da adulti. La partecipazione ad una riunione è qualcosa che esula, va al di là della normalità; è quasi una situazione di festa ed ecco che il comportamento del gruppo prevale sul comportamento del singolo.
Ti basta?
Ciao

lunedì 19 aprile 2010

NEGOZIANTE CHE PASSIONE 7

L.C. Ancona

“.....In passato ho letto alcune sue risposte relativamente a ciò che riguarda il lavoro del negoziante o a tematiche simili. Erano però risposte frazionate che tenevano conto delle domande che venivano poste.
Ora, da quando ho iniziato a leggere quel suo racconto, tra l'altro bellissimo e utile, del profilo del buon venditore, mi sto chiedendo se non può scrivere il profilo del buon negoziante o se non può, con la sua fantasia, riunire tutte le raccomandazioni che possono essere fatte ad un negoziante in un solo testo, proprio come quello del venditore. Sarebbe utile a me ma anche a migliaia di altri negozianti. E' possibile? Ci può pensare?
La ringrazio per la risposta che attendo.



Fine sesta parte


“E quanti sono questi punti? “ domandai sempre più incuriosito.
“Non pochi – rispose – e se domani vorrà trovare a trovarmi, glieli dirò. Ora purtroppo devo chiudere negozio. S'è fatto tardi....”
“Purtroppo? - domandai sorpreso – Accidenti, è la prima volta che lo sento dire. Solitamente il negoziante non vede l'ora di chiudere. Verrò domani, ci conti – dissi alzandomi – non posso certo perdermi il seguito.”
Lo salutai, dopo che un addetto mi ebbe riconsegnato le chiavi della mia auto che era rimasta sotto il suo controllo.


Inizio settima parte


Il giorno successivo arrivai a metà mattinata. Confesso che desideravo poter conoscere tutti i suoi segreti entro quella visita. I suggerimenti avuti e le idee creative che , di continuo, mi presentava, avevano lasciato in me una curiosità che da tempo non ricordavo d'aver provato.
Entrando, non ebbi neppur bisogno di chiedere qualcosa. Al suo posto, all'ingresso, vi era un giovane collaboratore che vedendomi e riconoscendomi mi chiese se fossi arrivato in auto e nel caso l'avessi mal posteggiata, di consegnargli le chiavi per permettergli un'eventuale manovra. Trovai colui che, dentro di me, ormai consideravo amico, appoggiato al banco bar. Stava mostrando un nuovo articolo ad un paio di clienti mentre, poco distante, un collaboratore giocava con un attrezzo-giocattolo assieme ad un bambino.
Quando mi vide mi salutò da lontano ma mi fece capire che doveva, per cortesia verso il cliente, proseguire la trattativa.
Stando in disparte ad ascoltare; cosa che non mi dispiaceva; riuscii a vedere come un cliente, entrato per acquistare un oggetto, se ne andasse, alla fine, dopo aver comperato una serie di articoli collegati a quanto lui desiderava. Terminata che fu la trattativa, avvicinandomi e stringendogli la mano, dissi: “ Non riesco ancora a convincermi di questa sua realtà. E' sempre difficile da immaginare perchè appare stridente con la logica affaristica e fredda dei normali rapporti di lavoro tenuti da tutti...”
“Ci credo – rispose - che sia difficile da accettare. Anche i miei colleghi, quando vengono a trovarmi per vedere cosa ho fatto, rimangono scettici e ridono dentro. E' certamente molto lontano dal concetto attuale di vendita, me ne rendo conto, ma se vogliamo differenziarci e dare valore al nostro lavoro occorre avere idee creative ed innovative, al di là dei tempi. Vede – proseguì – all'inizio anch'io ebbi qualche timore. Mi domandavo se la gente fosse pronta a recepire un rapporto commerciale come se ci si trovasse tra amici; poi, dopo i primi tentativi, ho osato. Ho capito che comunque quella era la strada, la mia strada, e l'ho capito quando, appena fuori città hanno aperto il primo grosso centro. Là, c'era tutto. Posti auto; ampia scelta; orari comodi...insomma, dovevo far qualcosa e così un bel giorno sono andato in quel centro. Non come concorrente, sa? - disse – ma come acquirente. E questo è il primo insegnamento della giornata che voglio passarle, se me lo permette” – aggiunse sorridendo-
“Perchè no – risposi – sino ad oggi ho solo imparato da lei...”
Allora proseguì: “ Si, proprio come acquirente. E' solo in questo modo che ci si può render conto dei vantaggi ma anche degli eventuali problemi del nuovo punto vendita. E sa che le dico? Un acquisto fatto in quel luogo era ed è sfiancante. Si, questo è il termine esatto. E' stata la prima impressione che ho avuto e, mi creda, non volevo assolutamente essere critico. Ricordo che iniziai col posteggio auto. E' una grande comodità ma, accidenti, i posti...liberi, alla fine, sono sempre lontani e quand'anche fosse fortunato e trovasse un posto vicino, per raggiungere l'interno del centro...deve sempre fare una bella camminata. All'interno, il centro era certamente molto bello, curato, pieno di luci...anzi, troppe. E pieno di gente, questo si, veramente pieno. Tanto pieno che era difficoltoso poter girare tra le corsie e soffermarsi a guardare i prodotti esposti. Tanto pieno che ci si doveva spostare spesso per non intralciar altri carrelli...”
Mi guardò e mi chiese: “ E' mai andato in quel centro?” “Certo – risposi – ma, che mi creda o no, ogni volta sempre meno volentieri...”
“E' così – disse – e sa perchè? Ora glielo dico con qualche mio solito esempio.... - e continuò domandandomi - lei ci vede bene? Intendo, non porta lenti a contatto, vero?”
“ No – risposi – per il momento non ne ho bisogno...”
“Nel mio punto vendita lei vede bene. C'è luce ma non si sente accecato. Se osserva vedrà che la luce non è bianca e questo non stanca. Solitamente, invece, in un centro commerciale la luce è eccessiva ma purtroppo gli ambienti sono tanto ampi e alti che non è possibile fare diversamente. Il guaio però è che l'occhio si stanca velocemente. La luce fredda, tanto fredda da raffreddare anche l'ambiente più caldo; da renderlo impersonale e così, dopo un po', si comincia a sentire la stanchezza ed il solo guardare gli articoli, diventa pesante. Questa è la prima differenza tra questo punto vendita e quello. Qui lei, o qualunque persona può acquistare stando comodamente seduto. Basta avere un'idea di ciò che si vuole ed il seguito è solo un dialogo con i miei collaboratori. Ha un'idea – mi chiese – della strada che si è costretti a fare in un centro commerciale per cercare ciò che vogliamo? Ricordo che vidi un articolo dal prezzo interessante, così decisi di acquistarlo. In realtà avevo visto il campione, peraltro non spostabile dal supporto o, per meglio dire, non palpabile. L'acquisto quindi, lo dovetti fare prendendo in alto, dall'ultimo ripiano scorte dello scaffale, una confezione sigillata. Intorno non era presente nessun addetto, come sempre,e quindi dovetti, anche pericolosamente arrangiarmi. Con molte difficoltà perchè era pure pesante e delicato. Decisi poi di acquistare alcuni pezzi abbinabili e qualche articolo di consumo. Ciò che qui dentro avrei ottenuto in pochi attimi, mi costò uno spreco enorme di tempo. Non per disorganizzazione, per carità – proseguì - ma solo per troppa organizzazione. La corsia in cui ero, presentava un assortimento tanto grande di quello stesso articolo che avevo acquistato che, per trovare anche solo il primo pezzo aggiuntivo che desideravo, dovetti farmi un paio di corsie avanti e indietro, per cercarlo. E poi, altre ancora per altri pezzi. Tutto era lì. Occorre ammettere che la presentazione segue una certa logica; mica lavorano male. E' la loro eccessiva grandezza che crea problemi. Bene, dopo aver messo sottobraccio le mie cose e dopo aver osservato ciò che le dirò più avanti, mi sono recato alla cassa. Ho pagato ed il primo problema l'ho avuto quando ho chiesto come fare per timbrare la garanzia.



Fine settima parte

giovedì 15 aprile 2010

ESSERE GRUPPO

N.N. (loc. detta ma non pubblicata)



Mi firmo per correttezza ma le chiedo cortesemente di non pubblicare il nome perché sarei probabilmente molto riconoscibile nell'ambito di quanto svolgo. Anzi, lascio a lei anche la possibilità di ridurre o togliere i passaggi della lettera che potrebbero, a suo modo di vedere, farmi riconoscere.
Sono un imprenditore, diciamo medio-piccolo, dell'imprenditoria italiana, ma piuttosto noto per quanto produce la mia azienda.
Sono venuto a conoscenza del suo blog casualmente perché un dipendente aveva lasciato il video acceso su una sua pagina al termine della giornata lavorativa.
Avrei potuto avere da ridire in quanto ciò significava che, almeno per qualche momento, non aveva pensato al lavoro da svolgere in ufficio. E' accaduto però che, per curiosità mi son messo a leggere quanto in quel momento era in video trovando utile ciò che leggevo. Così mi sono messo a cercare altre risposte e credo, a quel punto, d'aver non perso ma dedicato più tempo a leggerla che non a fare altro.
Ho quindi capito che non potevo dir nulla al mio dipendente grazie all'utilità che le sue risposte possono dare in decine di situazioni lavorative.
Perché oggi le scrivo? Perché gradirei un suo parere su una situazione che vede spesso aziende ed imprenditori in bilico tra il fare e non fare. Mi spiego meglio: abbiamo tutti tendenza a non far perdere tempo a chi lavora per noi. L'ottimizzazione del tempo; il sincronismo tra varie funzioni; i compiti precisi, il calcolo in percentuale dei risultati verso il tempo impiegato ed altre cose che non sto a dire perché lei ne sa quanto me se non di più.
In tutto questo modo anche piuttosto militare di vedere l'organizzazione c'è qualcosa che mi sfugge e che mi fa sospettare che, al di là dei vari dictat comportamentali, ci sia qualcosa che non va. Non so più se la rigidità intesa come precisione di ruoli e mansioni oltre cui non andare, sia ancora valida o se lo sia sempre stata.
Può dirmi il suo parere che terrò in doverosa attenzione? La ringrazio


Egregio Dottore,
ho cercato di togliere, come vedrà, dalla lettera ulteriori passaggi che avrebbero potuto farLa riconoscere sopratutto nel settore e nella zona in cui opera. Ho anche ridotto le sue domande, facendone un concentrato. Rispondo alla Sua richiesta anche se, tendenzialmente il sito è rivolto a giovani lavoratori e...un po' meno ad imprenditori arrivati. Ma poiché Lei mi chiede cortesemente un parere su qualcosa che, tutto sommato, vale anche per chi opera e non solo per chi guida, lo faccio volentieri e sarò anche piuttosto breve, proporzionalmente al mio modo di rispondere.
La gestione molto divisa in settori (ognuno pensi a fare il suo che in questo modo si arriva a fare tutto) è, a mio parere e per mia esperienza, piuttosto sorpassata. Viviamo nell'epoca della comunicazione; dei confronti; del passare le informazioni e pensare che si possa credere che se ognuno pensa al proprio piccolo compito si arriverà in minor tempo e con meno confusione a far sì che tutto funzioni perfettamente, è davvero arcaico. Se la mano sinistra non sa cosa fa o deve fare la destra, finirà che mentre la destra va in una direzione, la sinistra andrà nell'altra. Se la produzione non sa le necessità del cliente ma agisce in un determinato modo seguendo solo le istruzioni del Capo, potrebbe davvero non andare come dovrebbe. Faccio un esempio reale accaduto recentemente. L'ufficio acquisti di una importante fabbrica aveva pensato che se fosse riuscita a ridurre il numero dei codici dei cartoni da imballo acquistati, avrebbe portato un certo risparmio di tempo e danaro. Forti di questo vantaggio e sicuri di ricevere un grazie avevano sottoposto l'idea alla Proprietà che, non da meno, vedendo veramente un risparmio in tutto questo, ha acconsentito a far si che si operasse una rianalisi dei codici da gestire. Meno codici di cartoni da imballo da seguire, da acquistare, da tenere a stock ecc...ecc...
La produzione aveva gioito. Meno problemi. Insomma, finalmente una buona idea. Per far questo però si era arrivati anche a ritoccare leggermente alcuni articoli per far sì che potessero stare nei nuovi imballi. (Non ci crederà ma è vero). Una volta fatto tutto, quando la merce imballata nei nuovi cartoni è arrivata ai clienti, sono nate le prime grane. Qualcuno si è accorto che le misure dei cartoni non erano più quelle dichiarate; ed altri non riuscivano più ad impilare lo stesso numero di cartoni nelle scaffalature automatiche. Così col dubbio che qualcosa fosse cambiato, qualcun altro ha dato un'occhiata ai prodotti notando delle differenze, minime ma reali. Apriti cielo! Lamentele con la forza vendita che era assolutamente ignara del tutto.
E quello che poteva apparire una cosa normale, tanto da non coinvolgere tutte le funzioni aziendali nel cambiamento si è rilevata un autentico boomerang.
Io credo che un'azienda, oggi, anzi da tempo, dev'essere come un team sportivo in cui tutti devono giocare un ruolo assolutamente, però, consapevoli del ruolo degli altri. Il lavoro va visto come un gioco di squadra in cui non è possibile ne ignorare gli altri ne non sapere o vedere cosa fanno.
L'unione fa la forza è forse stato creato, come detto, ancor prima di quanto pensiamo da qualcuno lungimirante che s'è trovato a comprendere che per riuscire in qualcosa occorre lavorare in gruppo. Tutti i lavoratori dell'azienda devono essere consapevoli che il loro lavoro è utile proprio perchè, anche se apparentemente insignificante o di scarso valore, fa però parte di un insieme che lo rende importante. Quindi, ben vengano le riunioni in cui partecipano più settori aziendali anche se si pensa che non siano necessari o interessati. Ben vengano gli incontri di discussione tra gli impiegati e gli operai e non solo tra i Capi dei reparti. L'operaio che sa il valore che c'è dietro un oggetto “ben curato” piuttosto che un oggetto su cui si è chiuso un occhio per aumentare la produttività in termini quantitativi, lavorerà meglio e si sentirà maggiormente responsabilizzato. L'impiegato che comprende come una risposta rapida possa agevolare il venditore, permettendo magari nel tempo di ottenere un ordine in più del solito, è d'aiuto ai conti aziendali molto più di quanto non si pensi.
Ecco: Le ho risposto e Lei ha già compreso. Basta, per carità, compartimenti stagni o quasi; basta pensare che è importante solo che tutte le informazioni arrivino al boss, perchè poi sarà lui a decidere e la sua decisione sarà indiscutibilmente legge giusta. Migliaia di casi e di situazioni hanno sempre dimostrato l'opposto. Il Capo dev'essere e deve operare come un trainer; come il “mister” sportivo che più vale se riesce a “caricare” gli uomini facendoli ragionare da gruppo, da team.
Un buon manager in azienda deve portare lo stesso spirito. Creare gruppo per creare competizione verso l'esterno dando continue informazioni di ritorno sugli andamenti sia produttivi, sia amministrativi che di vendita. Insomma, tutti devono sapere tutto. E questo porterà paradossalmente anche una competizione sana all'interno.
La ringrazio d'avermi letto e d'aver compreso che quel Suo collaboratore leggendo, forse non stava perdendo tempo ma aggiornandosi su qualcosa che magari non trovava in azienda.
Cordiali saluti.

martedì 13 aprile 2010

NEGOZIANTE CHE PASSIONE 6

L.C. Ancona

“.....In passato ho letto alcune sue risposte relativamente a ciò che riguarda il lavoro del negoziante o a tematiche simili. Erano però risposte frazionate che tenevano conto delle domande che venivano poste.
Ora, da quando ho iniziato a leggere quel suo racconto, tra l'altro bellissimo e utile, del profilo del buon venditore, mi sto chiedendo se non può scrivere il profilo del buon negoziante o se non può, con la sua fantasia, riunire tutte le raccomandazioni che possono essere fatte ad un negoziante in un solo testo, proprio come quello del venditore. Sarebbe utile a me ma anche a migliaia di altri negozianti. E' possibile? Ci può pensare?
La ringrazio per la risposta che attendo.



Fine quinta parte

“No, per carità – rispose – è solo che anche un pizzico di psicologia fa parte o dovrebbe far parte del mio lavoro. Noi negozianti o commercianti dobbiamo smetterla di pensare ad essere solo un anello di congiunzione tra la produzione ed il cliente finale. Questo è molto riduttivo ed una figura simile, oltre ad essere anacronistica è anche poco professionale. Se non COSTRUIAMO NOI STESSI un nostro spazio, dando valore aggiunto alla nostra figura; se noi non riusciremo ad offrire magari qualcosa in più, di nostro, a ciò che vendiamo, rimarremo ancorati al passato e finiremo per essere travolti....”


inizio sesta parte

Lo osservavo mentre diceva queste cose e non potevo non notare quanta enfasi dava al proprio pensiero. Dimostrava di credere realmente e profondamente in ciò che diceva e questa era forse la differenza tra lui e gli altri.
“Quando dico che molti miei colleghi non vedono al di là del loro naso, forse non sbaglio. Oggi la vendita è complessa e va affrontata diversamente da come la si affrontava anche solo pochi anni fa. Occorre avere un'attenzione particolare per le persone che entrano nel punto vendita e se questo significa usare un pizzico di psicologia, ebbene, io la uso. Ma la prego – disse – venga che andiamo a berci un buon caffè o s'è dimenticato di questo servizio per le PERSONE SIMPATICHE?”
“No, no, non l'ho dimenticato, anzi. Un buon caffè è quello che ci vuole – risposi seguendolo verso il piccolo bar all'interno del suo punto vendita. La vedo sempre motivata - proseguii – lei non mi sembra mai senza idee.”
“Oh, guai se quelle mi mancassero. L'importante è che continuino a mancare ai miei concorrenti. Pensi – disse – un punto vendita vecchissimo e famoso di un mio collega è stato appena chiuso ed un altro è in gravi difficoltà, eppure, mentre si dibattevano in situazioni pesanti non hanno fatto nulla per trovare soluzioni ai loro problemi. Si sono, di fatto, lasciati morire. Questo è quanto dicevo prima: non possiamo lasciarci travolgere da chi, più grande e potente di noi, può farlo facilmente. Ora le spiego una cosa a cui ho pensato” – disse porgendomi una tazzina di caffè da cui sprigionava un intenso aroma.
“Credo che lei stia per darmi un suo nuovo insegnamento – interruppi, prendendo la calda tazza in mano.- Sarà bene stare ad ascoltarla con attenzione...”
“La ringrazio ma non voglio insegnare nulla. Desidero confidarmi con lei perchè so che lei capisce ciò che dico. Non mi ha mai detto del suo lavoro – proseguì – ma sono certo che qualcosa ci unisca, anche se non so cosa. Eppoi di lei mi fido...”
“Molto gentile, ma ora mi dica cosa ha pensato, sono curioso...”
“Io ed i miei colleghi siamo piccoli, inutile negarcelo. Per tanto che si possa fare non avremo mai la possibilità di controbattere, sul terreno della grandiosità, un centro commerciale o una multinazionale del bricolage o chi altro. Allora, la nostra forza sta nell'essere piccoli, nell'essere snelli, veloci nelle decisioni. Vede, chi è grande ha delle positività ma ha anche inevitabilmente DELLE NEGATIVITA'.
Ebbene, poiché io non posso combattere contro le loro positività, devo TROVARE I LORO PUNTI DEBOLI E LI', COLPIRE. Un po' la storia di Davide e Golia o, se vogliamo, la filosofia orientale della lotta, per cui non è la forza bruta che vince ma la tattica e la mente. Quella secondo cui, anche se sei piccolo e debole, in molte situazioni puoi battere uno enorme proprio sfruttando la sua forza contro lui stesso....”
“E' incredibile come lei sia sempre chiaro nei suoi concetti – lo interruppi – e sto intuendo la sua tecnica. Ma la prego, continui; io l'ho interrotta....”
“APPROFITTARE è la parola d'ordine. Approfittare dei loro difetti; del non servizio che danno; addirittura approfittare della loro organizzazione. Ma quanti lo fanno? Quanti di noi mettono piede fuori dal proprio punto vendita per andare a constatare ciò che fanno. Ma non per copiarli perchè non potremmo mai farlo, ma per capire cosa non fanno, per farlo noi! Riesco a spiegarmi? - domandò guardandomi.
“Si, si, e molto bene. Lei dice: NON GUARDIAMO I PUNTI FORTI DI CHI E' PIU' FORTE DI NOI, QUANTO PIUTTOSTO GUARDIAMO I PUNTI DEBOLI....E' incredibilmente semplice il suo concetto. Approfittare di queste debolezze per farle divenire vostri punti di forza piuttosto che imitarli sul loro stesso terreno. Anziché fare ciò che fanno loro, portar loro a non poter seguire ciò che fate voi....”
“Esatto. E' proprio questo che intendo – disse con entusiasmo – e l'ho fatto. Il mio punto v endita e le mie idee nascono da queste osservazioni. I miei colleghi possono sorridere dei miei metodi, ma loro chiudono ed io, no. Ma venga a sedersi – disse prendendomi come al solito sottobraccio – potemmo parlare più serenamente” - e mi accompagnò in quello che io avevo precedentemente definito “l'angolo bistrot” del negozio.
“Quando lei venne qui l'ultima volta a trovarmi – disse – ricordo che la lasciai dicendole questo concetto: IL CLIENTE DURANTE LA VISITA O DURANTE TUTTA LA TRATTATIVA VUOLE SEMPRE CAREZZE DA NOI...” Ricorda questa frase?”
“Se la ricordo? Buon Dio, l'avrò pensata mille volte. Ho sempre cercato di capire cosa mai avesse voluto intendere....”
“E' presto detto – rispose – il concetto delle CAREZZE viene da un'analisi psicologica del nostro comportamento. In parole povere, noi tutti teniamo alle gratificazioni, ai riconoscimenti, alle gentilezze ed alle cortesie che gli altri possono farci. In altri termini: ABBIAMO BISOGNO DI CAREZZE; DI SENTIRCI CONSIDERATI. Non moriremmo se ciò non accadesse ma è certo che viviamo meglio se ciò accade. Allora, se vediamo il cliente come persona, dobbiamo anche tener conto che quella persona è ben disposta ad accettare carezze, se trova chi gliene fa. E le persone che entrano nel mio punto vendita .....trovano CAREZZE AD OGNI PASSO. Dall'ingresso, sino al rapporto coi miei collaboratori; qui al bar o nel servizio al banco....insomma I CLIENTI SONO COCCOLATI e sa una cosa? Questo è il punto debole dei concorrenti-giganti. Non possono farlo. Non hanno il tempo; la struttura, la capacità. Cercano, ma lo possono fare sempre in modo impersonale. Se la CAREZZA che decidi di fare a me la offri a tutti in modo impersonale, non è più una CAREZZA. Non appare il riconoscimento riservato al cliente con cui si sta dialogando ma piuttosto una “trovata” commerciale che, alla fine, lascia il tempo che trova. Questo è il mio primo punto di differenza con gli altri....”
“E quanti sono questi punti? “ domandai sempre più incuriosito.
“Non pochi – rispose – e se domani vorrà trovare a trovarmi, glieli dirò. Ora purtroppo devo chiudere negozio. S'è fatto tardi....”
“Purtroppo? - domandai sorpreso – Accidenti, è la prima volta che lo sento dire. Solitamente il negoziante non vede l'ora di chiudere. Verrò domani, ci conti – dissi alzandomi – non posso certo perdermi il seguito.”
Lo salutai, dopo che un addetto mi ebbe riconsegnato le chiavi della mia auto che era rimasta sotto il suo controllo.


Fine sesta parte

venerdì 9 aprile 2010

COMUNICAZIONE

AnnaLuisa Milano


Vorrei il Suo parere su una situazione che non mi lascia tranquilla. Opero in una divisione di una società che pur non essendo multinazionale opera in alcuni paesi esteri con sede in Italia.
Giorni fa il mio Capo mi ha informata che per impegni improvvisi non potrà presentare un meeting che era in programma e che stava predisponendo.
Mi ha quindi chiesto di portarlo avanti io, dicendomi che tanto non c'è nulla di impegnativo, è tutto semplice e che occorre solo, dopo essersi preparati, dire le cose che lui aveva scritto.
Non ho potuto dire di no al momento ma poi sono nati i miei dubbi. Le carte che lui diceva d'aver preparato, in realtà sono bozze di ragionamenti scritte con una tale livello didattico che anche solo leggerle annoierebbero a morte.
Questo intervento, che dovrebbe avvenire entro breve tempo, tanto che non avrei la possibilità neppure di sapere con chi mi confronterò, parlerebbe di cose in cui non sono profonda conoscitrice e questo comincia ad innervosirmi.
Cosa devo fare visto che mancano dieci giorni a quella data?


Mia cara Anna,
la prima lezione che Ti dà questo caso è che quando ci si trova in situazioni del genere non si dice “si” alle richieste del Capo senza aver preso conoscenza della cosa. Dovevi dire che avresTi accettato solo dopo aver analizzato la documentazione ed aver fatto le Tue valutazioni. Quindi, con calma interiore guardavi il tutto ed ora non avresTi quel patema d'animo che hai.
Poiché tutto, come al solito è fatto, non Ti resta che proseguire (o pensi di poter rifiutare ancora?).
Perchè vedi, Anna, non si parla ad un pubblico che non si conosce e Tu scrivi che non sai nemmeno chi avrai di fronte. Non si parla ad un pubblico su documenti preparati da altri e Tu lo andrai a fare; non si presentano dati o fatti che, secondo Te, annoieranno a morte per il loro livello didattico.
Mi sembra che Tu Ti possa trovare davanti ad una possibilità anche importante, da affrontare davvero nel modo che più certamente può portarTi all'insuccesso.
Se proprio devi affrontare la cosa, non perdere tempo.
Approfondisci subito con qualcuno più addentro di Te (magari il Tuo capo se non è già in ferie con l'amante) le tematiche presenti in quelle carte. Arriva a comprendere le motivazioni di quel meeting e sopratutto gli obiettivi che si prefigge. Nel frattempo datti da fare e chiedi a chi di competenza, informazioni su chi interverrà. Nomi, posizioni, responsabilità di tutti i partecipanti. InformaTi sul loro stato aziendale, sulla anzianità nei ruoli, sulle loro conoscenze circa i temi che andrai a presentare.
Parti sempre dal principio che non è possibile parlare ad un gruppo di persone se non si conoscono tutti i singoli elementi. Senza queste conoscenze la comunicazione fallirebbe.
Ancora oggi vi sono moltissimi addetti ai lavori che non comprendono come la comunicazione funzioni solo in presenza di chiare conoscenze. Parlare ad un gruppo non significa, se si vuole far le cose per bene, mettersi davanti a loro e leggere qualche foglio di nozioni da passare. Per questo basterebbe, come più volte ho detto, consegnar loro gli stessi fogli e dire di leggerseli, con risparmio di tempo e danaro.
Quando si parla a qualcuno, indipendentemente da ciò che gli si vuole dire, va tenuto conto che i messaggi devono arrivargli nel modo più consono affinchè il vissuto di chi ascolta glieli faccia comprendere appieno. E per far questo occorre conoscere tutto di lui. Se Ti facessi un elenco delle conoscenze che si dovrebbero avere, Ti spaventeresTi, quindi Ti dico solo di cercare di sapere il più possibile di ognuno, anche sotto l'aspetto caratteriale. Pensa se per sdrammatizzare una situazione di tensione durante il meeting Tu Ti rivolgessi con una battuta spiritosa all'unico permaloso in sala oppure ad uno che ha avuto un lutto recente o che ha convinzioni religiose o politiche diametralmente opposte al gruppo stesso?
Bene, cerca di avere il maggior numero di informazioni su tutte queste persone. Fa poi sì che qualcuno dell'ufficio che le conosce sia presente come Tuo assistente in modo che possa darTi un'ultima mano in sala.
Mentre arrivano queste informazioni, avrai chiarito obiettivi e finalità del meeting. Prendi quindi in mano quei fogli scritti dal Tuo Capo e riscrivili tutti con parole e concetti Tuoi. Gli esempi da fare devono nascere dal Tuo pensiero perchè solo in questo modo Ti verranno spontanei e li saprai guidare.
Tienti solo le tabelle, se ce ne sono, ma tutto il resto dev'essere assorbito, analizzato e riproposto secondo il Tuo linguaggio abituale.
Solo così facendo prenderai sicurezza. Infine, non dimenticare mai di verificare il luogo dell'incontro e di prepararlo per bene. Non si va a parlare in una sala senza sapere bene come dev'essere predisposta. Arredamento, posizionamento del tavolo e sedie, acustica, luce, ventilazione, possibili rumori di disturbo, tutto va conosciuto. PrendiTi una sera, e vai in quella sala a fare le prove come se Tu parlassi al gruppo. ImmaginaTi le persone ai loro posti e cerca di capire se funziona. Il troppo freddo o il troppo caldo sono punti di negatività importanti alla pari di quanto dirai. L'essere troppo stretti o troppo sparsi, altrettanto.
Comprendi Anna che sto passandoTi in modo affrettato una quantità di nozioni che prevederebbero mesi di preparazione ma tant'è: il tempo che mi dai è poco.
Segui comunque questi suggerimenti ed alla fine, presentaTi serenamente. Usa parole e concetti semplici, semplicissimi. Fai esempi e chiedi spesso conferma a chi ascolta per sapere se tutto quanto dici sta passando nel migliore dei modi e sopratutto, iniziando il meeting, di loro che hai preparato quella riunione al meglio affinchè tutto possa essere chiaro ma che ognuno potrà intervenire in ogni momento per chiedere chiarimenti qualora la Tua presentazione lasciasse dubbi.
Come sempre, in bocca al lupo.

lunedì 5 aprile 2010

NEGOZIANTE CHE PASSIONE 5

L.C. Ancona

“.....In passato ho letto alcune sue risposte relativamente a ciò che riguarda il lavoro del negoziante o a tematiche simili. Erano però risposte frazionate che tenevano conto delle domande che venivano poste.
Ora, da quando ho iniziato a leggere quel suo racconto, tra l'altro bellissimo e utile, del profilo del buon venditore, mi sto chiedendo se non può scrivere il profilo del buon negoziante o se non può, con la sua fantasia, riunire tutte le raccomandazioni che possono essere fatte ad un negoziante in un solo testo, proprio come quello del venditore. Sarebbe utile a me ma anche a migliaia di altri negozianti. E' possibile? Ci può pensare?
La ringrazio per la risposta che attendo.



Fine quarta parte



Ho un concetto tutto mio di vendita e di trattativa ed i miei collaboratori la apprezzano incredibilmente. Non esiste stress ed è per questo che c'è passione per il lavoro.
Ognuno può decidere di invitare il cliente al bar o al tavolino e proseguire la vendita da lì: Scommetto che lei si starà chiedendo il costo di tutto questo.......”


inizio quinta parte


“Ebbene, il costo è nullo! Che lei creda o no, non cè caffè che non sia seguito da un buon acquisto. Eppure, non è questo a cui miravo. Io desideravo solo che i clienti potessero trovare qui tutta la serenità che non trovano altrove. Avrei desiderato che questo punto divenisse un luogo di incontro, indipendentemente da ciò che vendiamo. E ammetto che è così; chiunque può entrare, leggersi il giornale, se lo vuole, bersi un caffè, fare due chiacchiere, guardare i nuovi prodotti ed uscire. Questo avviene, ma c'è sempre un FATTORE RICONOSCENZA che, alla fine, è premiante per noi. E adesso, posso offrirlle il buon caffè che le avevo promesso? “
Mentre eravamo al banco mi chiese un attimo di tempo perchè un cliente desiderava un suo parere. Ebbi così modo di guardarmi attorno per cercare di capire cosa c'era lì dentro di tanto diverso dagli altri magazzini; tanto diverso da incuriosirmi e attirarmi come non mai.
Poi capii. Fui interrotto nei miei pensieri dal suo ritorno. Dopo aver salutato alcune persone ed aver dato cosigli ad altre, mi disse di seguirlo in un giro nel suo punto vendita. Voleva ancora mostrarmi qualcosa; anzi, desiderava che fossi io a capire cosa c'era lì dentro di diverso dagli altri magazzini. Una cosa avevo notato: lì dentro c'era indiscutibilmente un'atmosfera che non si respirava altrove. Aveva ragione quando asseriva che i prodotti in vendita erano quasi un complemento.
Lì si entrava anche solo per guardare e proprio per questo entravano persone che mai avrebbero penato di potesi interessare davanti agli oggetti esposti. Eppure lo facevano.
“Ha mai visto quei magazzini freddi, impersonali, dove si è pensato solo a dare spazio ai prezzi quale forma di attrazione? - mi disse mentre passeggiavamo tra le corsie. - Sa cosa manca? L'atmosfera. Sembra incredibile ma i miei concorrenti pensano che l'unica arma a loro disposizione per attrarre, incuriosire e vendere, sia il prezzo. Questo è invece solo una componente ed anche piccola di tutto un insieme molto più grande. Spesso mi sono chiesto perchè un punto vendita di questo settore debba obbligatoriamente essere “tecnico”, termine che si identifica spesso con “povero e freddo”. In un ambiente tecnico entrano gli addetti, ma lei si ACCONTENTEREBBE DEI SOLI ADDETTI, QUANDO IL MERCATO E' MOLTO PIU' AMPIO? Perchè, allora, non attirare anche i non addetti, mi son chiesto? Ed acco allora che il mio negozio doveva essere interessante per tutti ed avere qualcosa che attirasse tutti. Insomma, quell'atmosfera in più che ha portato anche lei qui dentro la prima volta. Giusto?”
“Sempre giusto” – risposi pensando ancora una volta che non mancava mai di terminare le sue esposizioni con una domanda, permettendo così la classica comunicazione a due vie.
Purtroppo non potei fermarmi oltre a proseguire quell'incontro e seppur con dispiacere dovetti accomiatarmi.
“ Ero entrato per curiosità – dissi – desideravo solo verificare se mai lei si fosse ricordato di me e devo ammettere che non mi aveva detto il falso, la prima volta. Ora però devo davvero andarmene...” dissi.
“Spiace pure a me – rispose il mio cordiale amico - ma deve promettermi di tornare presto. Non ho neppure ancora iniziato a mostrarle ciò che rende differente il mio punto vendita dagli altri. Non le ho ancora detto cosa ho fatto per attirare più persone, così come non le ho parlato delle interviste ai clienti fatte...fuori dai centri commerciali concorrenti o del servizio tecnico di prova presso i clienti....”
“Mamma mia – interruppi – lei è una valanga! Mi domando quando finirà di scoprire tutto....”
“Forse la prossima volta – disse – ma deve seguirmi con calma e con tempo a disposizione. Per ora, voglio solo dirle una cosa, anche se credo che lei la conosca già: IL CLIENTE, ENTRANDO NEL PUNTO VENDITA E DURANTE TUTTA LA TRATTATIVA, VUOLE SOLO CAREZZE DA NOI. Ma avremo tempo di parlare anche di questo, va bene?”
“Pensavo che lei non avesse più altre idee, oltre a quelle già espresse ....Mi accorgo che non è così. Mi obbliga a tornare, ma lo farò volentieri...” e lo salutai ancor più incuriosito di quando ero entrato.
Così avvenne che a forza di pensare a questo strano negoziante, riuscii a capire (o così credetti) la sua logica commerciale.
IL CLIENTE visto come PERSONA e non come strumento da mungere, non è poi una cosa così naturale.
Ripensai al suo negozio. Si poteva chiamare negozio un luogo dove commessi felici avevano il sorriso ed erano disponibili a prendersi cura dei problemi dei clienti? E lui? Poteva essere definito negoziante una persona che capiva il cliente solo guardandolo; che concepiva...LA TRATTATIVA COME UN MEZZO PER COMUNICARE COL CLIENTE e che vedeva l'acquisto UN MEZZO PER SODDISFARE UN BISOGNO?
E' difficile pensare al classico ed un po' obsoleto negoziante quando ti senti dire : “NON VENDO OGGETTI MA SOLUZIONI AI PROBLEMI...”
Ed è proprio per tutte queste cose e per la curiosità che mi aveva lasciato durante l'ultima visita che decisi, dopo pochi giorni, di tornare a trovarlo. Chissà, forse avrei trovato nuovamente un gentile suo addetto a cui lasciare le chiavi dell'auto. Fu con questo pensiero tranquillizzante che mi avviai e, inutile dirlo, trovai ciò che mi ero atteso.
All'ingresso, il negoziante vedendomi, mi venne incontro come un amico, stendendo le braccia e salutandomi calorosamente. Fu lui a chiedermi subito se fossi arrivato in auto ed alla mia risposta affermativa mi chiese subito le chiavi da consegnare ad un commesso.
“Ha uno splendido abito - mi disse – senza apparire invadente. Lei è sempre attento agli accostamenti; cosa non sempre facile – proseguì -. Ha cura di se stesso e probabilmente ne ha anche del suo lavoro”.
“Ehi, ehi, qui stiamo andando nel campo della psicologia – interruppi sorridendo – semmai ne avessi bisogno, saprò da chi andare...”
“No, per carità – rispose – è solo che anche un pizzico di psicologia fa parte o dovrebbe far parte del mio lavoro. Noi negozianti o commercianti dobbiamo smetterla di pensare ad essere solo un anello di congiunzione tra la produzione ed il cliente finale. Questo è molto riduttivo ed una figura simile, oltre ad essere anacronistica è anche poco professionale. Se non COSTRUIAMO NOI STESSI un nostro spazio, dando valore aggiunto alla nostra figura; se noi non riusciremo ad offrire magari qualcosa in più, di nostro, a ciò che vendiamo, rimarremo ancorati al passato e finiremo per essere travolti....”



fine quinta parte