Ricerca personalizzata

lunedì 30 marzo 2009

VENDITA

Roby Roma

Ho letto molte cose sulla vendita. Vi sono testi enormi e libercoli da poco. Ho cercato, nella mia ignoranza, di trovare un senso di ciò che è la vendita ma non riesco a trovare una spiegazione che lo dia in poche parole. E' impossibile?

Mio caro Roby,
non è impossibile ma certo è che conoscere, come vuoi Tu, il senso della filosofia della vendita in quattro parole, serve a poco se poi non approfondisci.
Comunque, poiché mi parli di testi enormi e libercoli, significa che qualcosa hai letto. Probabilmente non hai trovato “la definizione” per eccellenza della vendita e la chiedi a me.
EccoTi accontentato in poche parole.
La vendita è il risultato di una serie di semplici azioni che vanno però gestite in sequenza. Conoscerle non ci vuol molto ma importante è metterle in atto, proprio in sequenza, altrimenti la vendita non si avvera.
Ti faccio un esempio banale per far comprendere immediatamente cosa intendo. La guida dell'auto è fatta da azioni semplici, automatiche che impariamo facilmente con la teoria.
Mi assicuro che l'auto sia in folle. Controllo se è stato dato il freno a mano. Metto la chiavetta. Giro. Schiaccio la frizione, inserisco la marcia; lascio andare leggermente la frizione e schiaccio l'acceleratore. La macchina inizia ad andare.
Ebbene, ho semplicemente messo in atto tutta una serie di atti secondo una logica sequenza. Quando si sono imparati, non ci si pensa più e guidare diventa facile.
Proviamo però a pensare se, pur conoscendo bene a memoria questi atti da fare, decidessimo di non farli in sequenza o, se, senza accorgercene, non li dovessimo fare in sequenza. L'auto non partirebbe. Potremmo tentare e ritentare ma se non seguiamo la sequenza logica, stiamo fermi.
Nella vendita è la stessa cosa. Dobbiamo conoscere le azioni da fare; dobbiamo imparare a metterle in sequenza; dobbiamo memorizzare i contenuti ed i meccanismi delle singole azioni e ci troveremo ad essere perfetti venditori.
Dopo aver imparato le azioni, condiamo questa tecnica con qualche nozione psicologica di comunicazione imparando a conoscere meglio noi stessi, i nostri limiti e la capacità di porci in relazione agli altri.
Dopo aver imparato a gestire noi stessi, se uniremo questo alle azioni della vendita, arriveremo ad essere grandi professionisti e nulla potrà più fermarci.
Ecco in poche parole ed un esempio, tutta la filosofia della vendita.
Ciao

CHE FARE?

n.n.
Permettetemi di non dire il nome ed il motivo lo capirete fra poco.
La scorsa estate, in vacanza, mentre aspettavo ad un tavolo del bar la mia ragazza, ho sentito accanto a me due persone parlare liberamente tra loro di alcune cose piuttosto non chiare. Fingendo di leggere un giornale, ho prestato orecchio a fondo ed anche se spesso parlavano sottovoce, è apparso subito chiaro che stavano discutendo di affari personali, di come “prendere” nel senso di rubare e di non farsi accorgere. Capivo che potevano agire così grazie alla posizione che godevano sul posto di lavoro. La cosa è finita lì.
Poi, con mio grande stupore, nei mesi scorsi sono andato ad un colloquio di lavoro e sono assunto in un'azienda. Il giorno che ho iniziato il lavoro, durante le presentazioni di rito, mi è stato presentato il mio Capo che altri non era che una delle due persone che avevo visto e sentito discutere al bar.
Sono rimasto male pensando che mi riconoscesse ma evidentemente così non è stato perchè ho iniziato il lavoro e nulla mi è stato detto. Con spirito investigativo però, seguendo bene il suo modo di fare, come agisce e cosa fa, mi rendo conto che effettivamente mette quotidianamente in atto quanto discuteva con l'altro, forse complice in un'altra azienda o posizione.
Non sono ancora riuscito a comprendere l'entità del danno che può creare ma, a parte questo, mi verrebbe la voglia di andare all'alta direzione per dire quanto so. Faccio bene ?
E' la prima volta che mi capita e non vorrei sbagliare. Che faccio?

Mio caro n.n.
comprendo il motivo che non Ti fa dire il nome ma stai tranquillo. Se anche Tu lo avessi scritto, non lo avrei pubblicato comunque.
Dunque: che fare quando ci si accorge che il Capo presumibilmente ruba? Nel Tuo specifico caso, proprio nulla. Sei in periodo di prova, non hai esperienza nel lavoro che hai iniziato ed hai un'anzianità che non Ti permetterebbe di passare nella stessa posizione in nessun'altra azienda.
Allora, buttati a capofitto nel lavoro. Tanto, la cosa è nata prima del Tuo arrivo, chissà da quanto va avanti e chissà pure se è vera o se, al tavolo del bar, i due non stessero giocando a “so come si potrebbe rubare”.
Non puoi però rischiare nulla. Vedi, n.,n., se Tu fossi in azienda da diversi anni, avessi un'esperienza tale da poter pensare di prendere l'eventuale posizione del Tuo capo, allora potresTi pure osare, ma oggi no. Ti troveresTi in men che non si dica sbattuto fuori, senza nemmeno capire perchè è successo. Prima di esporTi dovresTi conoscere a fondo tutto l'ambiente e tutte le persone. Chi Ti dice, ammesso che tutto sia vero, che ciò che accade non avvenga con il bene placido del Suo stesso Capo o addirittura della Proprietà per scaricare da altre parti qualcosa che non potrebbero fare altrimenti?
No, no. Devi proprio star fermo e, ripeto, pensar solo al Tuo lavoro. Fatti una bella esperienza, rafforza la Tua posizione e poi magari, un domani, tra qualche anno, se la cosa non si sarà sistemata da sola (ma quando avrai le spalle solide e sarai certo che l'azienda tiene a Te) se proprio lo vorrai fare, lo farai.
Oggi, preferisco che Tu Ti metta a pensare al Tuo futuro piuttosto che a quello di altri.
Se vuoi, comunque, puoi sempre scrivermi.
Ciao

mercoledì 25 marzo 2009

COMUNICAZIONE

Pietro S. Forlì

Egregi signori, mentre vi ringrazio per le belle e interessanti cose che continuo a leggere voglio chiedere una cosa.
Tempo fa ricordo d'aver sentito parlare della difficoltà della comunicazione. Non so perchè si dica di questa difficoltà e come avvenga. Sono curioso di saperne di più se potete. Grazie

Caro Pietro,
la comunicazione, come ogni altro mezzo usato dall'uomo per esprimersi, soffre di problematiche che vengono dall'uomo stesso e che rendono difficoltosa l'operazione stessa. Ognuno di noi, quando comunica, sa e solitamente dovrebbe pensare quello che dice ma non sempre ciò che pensiamo di dire arriva chiaro come vorremmo. Da qui i problemi della comunicazione.
Voglio solo darTi una piccola scala sull'arteriosclerosi della comunicazione (una scala che ovviamente circola tra gli addetti ai lavori e che viene mostrata proprio per chiarire il tutto).
Eccola:
chi parla, solitamente dovrebbe sapere, di ciò che dice, il 100%
in realtà, chi parla, solitamente conosce il problema attorno all'80%
conoscendone circa l'80%, quando parla, riesce a passare all'altro circa il 60%
chi ascolta, tendenzialmente, anche prestando attenzione, sente il 50%
e sentendone il 50%, solitamente comprende circa il 40%
non sempre chi ascolta è d'accordo per cui, ne accetta, se va bene il 20%
se poi gli vien chiesto di ricordare, riuscirà probabilmente a farlo nella misura del 10%
e se ciò che è stato detto, era ad esempio, una raccomandazione su qualcosa da fare, chi ha ascoltato si ritroverà a fare il 5%
Capirai allora quanto sia importante comunicare chiaramente, chiedendo di tanto in tanto alla persona con cui si parla, se è tutto chiaro. Un passaggio di informazioni, anche tra amici, segue sempre queste regole. Le incomprensioni nascono proprio perchè chi parla è sempre convinto di essere stato chiaro e chi ascolta, ritiene d'aver capito. Ma la valutazione di entrambi è sempre soggettiva. Magari chi ha parlato ha detto cose molto confuse e chi ha ascoltato pensa, interpretando, di aver ben compreso.
Solitamente questa arteriosclerosi è alla base dei più comuni dissidi familiari.
Ti è ora più chiaro?
Ciao

lunedì 23 marzo 2009

PSICOLOGIA E LAVORO

Gabriella M. Aquila

“ho letto con molto interesse la risposta data ad un partecipante un corso formativo in cui erano presenti test che scoprono la personalità di chi partecipa. Vorrei saperne di più perchè la cosa mi affascina. Come vede io non ho un vero problema da sottoporre, però lavoro in un'azienda che è piuttosto attiva nella formazione e che quindi prima o poi potrebbe farci partecipare ad un corso simile. Perchè le aziende li vogliono e a cosa servono? Può per cortesia darmi queste spiegazioni, se non sono troppo invadente?
La ringrazio e mi complimento per il blog”

Cara Gabriella,
i test a cui Tu fai riferimento sono, di fatto, test psicologici e comportamentali. Sono in voga da decenni ma non così sfruttati come si potrebbe pensare. Per essere fatti e fatti bene, occorre un formatore di buona capacità e questo alle aziende costa. Davanti ad un corso dallo stesso titolo (non contenuti) che costa 10 ed un altro che costa 20, la tendenza è formare a 10. Poco importa se serve a poco. L'immagine è salva. L'azienda dimostra di tenere ai propri collaboratori in quanto li ha fatti partecipare a corsi formativi.
Ma Tu dici che l'azienda in cui operi è piuttosto portata alla formazione. Potrebbe quindi capitare, prima o poi, anche questa opportunità.
Perchè le aziende adottano questi corsi? Presto detto: mi tirerò addosso chissà quante proteste ma la preparazione universitaria o di studi in genere non sono mai garanzia di personale preparato. Per le aziende attente, trovare personale davvero pronto a sapersi integrare in gruppi di lavoro già esistenti è sempre difficile. Spesso non ci si pensa ma quando un giovane entra in un'azienda, non è mai il primo o il solo. Sicuramente troverà un gruppo di altri lavoratori con cui dovrà integrarsi e questo, credimi, è già un punto dolente. Molto spesso l'integrazione è difficile per colpa di uno o degli altri. Quando poi occorre operare assieme per un progetto comune, le cose si fanno difficili. Oggi nessuno opera più liberamente, svincolato da altri. Quindi, oltre alle capacità ed alle conoscenze specifiche, il manager deve necessariamente essere umanamente valido. Personalmente ritengo che spesso valga più un collaboratore non eccessivamente preparato ma più disponibile alla collaborazione che non un super tecnico che sappia lavorare da solo e non in gruppo.
Questi test aiutano quindi a trovare o a far affiorare ciò che è in noi e che a volte non sappiamo. La nostra capacità creativa; la predisposizione al comando; la capacità di far parte di un gruppo, le varie forme di intelligenza, le predisposizioni verso un settore o un compito piuttosto che un altro.... Questo e molto altro.
SemmaiTi capitasse di partecipare a questo tipo di training, partecipa con tutta Te stessa, senza risparmiarTi nulla. Ciò che ne uscirà, anche se potrà apparirTi negativo, Ti servirà eccome. Se Ti sarai data totalmente e senza chiusure per paura di scoprirTi, riceverai in cambio davvero molto.
Buon lavoro.

venerdì 20 marzo 2009

FAR VALERE LA LAUREA

Gianfilippo B. (loc. n.c.)

Egregio Dottore,
leggo sempre il vostro spazio con interesse e le risposte che da. Non sono però d'accordo con lei quando risponde a giovani laureati dicendo di non preoccuparsi di cercare una posizione adeguata ma di fare ciò che trovano.
Io sono laureato e voglio occupare nella società una posizione adeguata agli studi che ho fatto. Non vedo perchè una persona debba investire anni e poi accettare di fare mestieri che non sono adeguati.
Può darsi che io sbagli ma in questo pensiero sono anche supportato dalla famiglia. Quindi, anziché suggerire di cambiare mentalità, suggerisca cortesemente come fare per svolgere quello per cui ci si è preparati. Non vedo perchè io debba fare altre cose e lasciare che altri facciano magari il mio lavoro.
Cordiali saluti

Mio caro Gianfilippo,
la Sua lettera non mi chiede aiuto per migliorare una Sua posizione lavorativa ne per capire come svolgere un compito in cui trova difficoltà. Dice già tutto Lei. E' laureato e vuole svolgere a tutti i costi quello per cui ha studiato. Bene. Sono contento per Lei. Lo cerchi! Allora perchè mi scrive? Lo fa per avere un beneplacito ? Per ottenere tacita conferma alla Sua linea di condotta? Per rassicurarsi che, in fondo, non sbaglia a pensarla così? No, mio caro Gianfilippo, non posso proprio confortarLa, ne rassicurarLa ne tanto meno dire che fa bene a pensarla come pensa.
Seppoi ci mettiamo di mezzo anche la famiglia per sostenere che la Sua tesi è corretta, allora andiamo proprio male.
Nella Sua lettera ci sono termini piuttosto precisi che la portano fuori strada. Lei scrive “posizione adeguata” “occupare nella società” “accettare mestieri non adeguati”. Quando parla di qualcosa che Lei merita, parla di posizione; quando si riferisce a qualcosa che non gradisce o non ritiene adatto a Lei, scrive di mestieri.
Sono concetti mentali che Le vietano di affrontare il problema con una visione più pacata e obiettivamente più vicina alla realtà. Non si studia per pretendere od aver garantita una posizione adeguata. E' la vita che fa le scelte. Siamo tutti messi in una specie di setaccio. Poi qualcuno muove, setaccia e molti scendono sotto finendo per fare un bel mucchietto tutto fine, tutto simile. E' la base. Alcuni, perchè diversi, rimangono nel setaccio e non vanno a finire con gli altri. Lei vorrebbe essere per imposizione tra quelli che rimangono nel setaccio ma non ci si rimane per legge ma per qualcosa che rende diversi. Nel lavoro, come nella vita (quante volte l'ho detto e ne ho un po' la nausea) niente ci è dato e tutto dobbiamo prendercelo con le nostre capacità. Non possiamo occupare posti nella società solo perchè lo pretendiamo; non ci sono posizioni adeguate se non le meritiamo; e non vi sono mansioni da non svolgere perchè offensive a ciò per cui ci si è preparati.
Io dovrei quindi non suggerire di affrontare la vita lavorativa con una giusta visione ma piuttosto dire come fare per tirare a campare nell'illusione?
Tendo sempre, caro Gianfilippo, a credere che chi la pensa come Lei sia un lavativo, con poca voglia di affrontare la vita, magari anche perchè ha le spalle coperte, oppure un illuso fuori misura. Guardi che non si va da nessuna parte ne in un caso come nell'altro. Si può solo vivere male, da frustati, aumentando le angosce nel tempo e finir male.
Come può pensare Gianfilippo che Lei “non deve fare lavori che non siano il Suo per lasciare che altri lo facciano al Suo posto ” Mi sembra un discorso talmente tortuoso che mi sorgono dubbi su tante cose.
Non può pretendere di occupare un posto nella Società solo perchè si è preparato, con gli studi, per questo! Lo studio è la base che ognuno di noi deve avere per propria ambizione di sapere ma da questo a dire che, avendo studiato si debba ottenere “quasi per legge” un posto adeguato....ce ne passa. Lei è sicuro di avere al di là della preparazione di studio, la capacità per occupare quella posizione che ritiene Le sia dovuta? Se non ha mai provato, come può dirlo? Guardi che nel mondo nel lavoro c'è ben poca sicurezza che allo studio fatto vi sia parità di capacità. Nel lavoro va avanti chi se lo merita, a dispetto delle solite frasi fatte e dei preconcetti di chi non ha voglia. Lei pensa che un imprenditore assuma un laureato e se lo tenga anche se non dimostrasse di meritarsi quel posto? Si illude. I gruppi di lavoro funzionano se ogni componente sa fare la propria parte. E' sufficiente un ingranaggio non in linea con gli altri per mandare tutto a rotoli.
Per finire caro Gianfilippo, Lei può continuare a credere ciò che crede; a pensare che Le sia dovuto un posto alla Sua altezza e che piuttosto che fare un altro lavoro per lasciare ad altri la possibilità di fare il Suo, sia meglio non far niente. Continui a pensare a questo ed a star fermo. Così altri, magari meno sofisticati nel modo di pensare ma più malleabili si piazzeranno là, dove vorrebbe andare Lei.
Purtroppo vedo che nei giovani sono in tanti a pensarla così. Vivete di frasi fatte; bevete concetti che vi vengono messi in testa; avete convinzioni errate e Vi riempite la bocca di quanto sentite dire da altri. E' un circolo vizioso di banalità che ha un solo e preciso scopo: trovare una scusante per giustificare la poca voglia di rimboccarsi le maniche.
“Non c'è lavoro” ecco la frase magica. E' l'unica frase che unisce i giovani di tutt'Italia ed è la più detta durante le vasche; nei pub, in discoteca, in palestra. Ovunque vi siano giovani non impegnati in qualcosa, si sente questa frase.
Caro Gianfilippo, mi rendo conto che spesso posso apparire duro ma essere crudi a volte può anche far aprire gli occhi (a meno che non sia troppo sforzo).
Rifletta.

martedì 17 marzo 2009

RICERCA DI SE STESSI

lettera firmata

Salve, data la lunghezza della mia lettera, va benissimo anche se mi potesse rispondere in forma privata. Nel ringraziarla anticipatamente le porgo i miei migliori saluti.

Ho circa 30 anni. Dopo gli studi superiori ho preso la facoltà di XXXXXX lavorando, come tutti, saltuariamente, facendo quello che mi capitava, per non dover chiedere i soldi ai genitori. Presi anche la borsa di studio. Superati i primi esami, con buoni risultati, complice una forma di depressione anche con attacchi di panico; crisi tuttora parzialmente superata, nonostante una cura andai a fare il militare avendo avuto l'opportunità di farlo nelle vicinanze di casa e con un compito particolare. Cercando di riprendere gli studi mi capitò l'opportunità di lavorare presso un neonato impianto sportivo della mia città. Il lavoro mi piaceva poiché era tutto da fare ed ho contribuito attivamente alla gestione dell'attività, facendo formazione, studiando regolamenti e normative, organizzando la segreteria, tenendo il rapporto con gli operatori, organizzando gli eventi, configurando la rete di computer e risolvendo gli inconvenienti tecnici. Questo per qualche anno. Poi, un'altra persona che nel frattempo era entrata a far parte della società, guadagnandosi la fiducia del capo, ha fatto si che non mi rinnovassero il contratto,. Così è arrivato il benservito. Sono quindi susseguiti miei tentativi di trovare un nuovo lavoro come operaio in un paio di fabbriche per pochi mesi lo scorso anno. Quest'anno sto ricominciando il lavoro in un magazzino, tramite una cooperativa. Il lavoro è duro e la paga non è granché, non è che mi piaccia però non posso starmene senza far nulla.
Arrivando al punto, il desiderio di finire gli studi non mi ha mai abbandonato ma visto le cose come si sono messe non so se possa essere così utile (lavorativamente parlando) finirli adesso, nel contempo ho pensato anche di sfruttare la mia esperienza lavorativa così da abbinarla a un corso professionale di amministratore di sistemi informatici. Di domande ne ho fatte molte ma, per adesso, senza successo.
Grazie

Caro amico,
come vedi non rispondo privatamente, non per non volontà ma perchè ogni quesito posto ed ogni risposta data possono servire ad altri e questo è un po' lo scopo del blog.
Tuttavia, vedrai nel leggere la Tua lettera che ho tolto tutti i punti che avrebbero semmai potuto farTi identificare.
Vai tranquillo.
La Tua è una lettera particolare. Un po' amara, con cui, di fatto, non chiedi forse nulla di preciso o di particolare ma con cui cerchi di trovare un appoggio; una parola che Ti aiuti a vedere nel Tuo futuro. E son queste lettere senza precise domande, le più difficili a cui dar risposta. Con tante lettere di giovani che non riescono a darsi da fare e cercano solo conferma delle loro scelte un po' scellerate, la Tua fa riflettere.
Ti eri iscritto all'università; hai fatto un po' di esami e nel frattempo Ti davi da fare a lavorare per mantenerTi. Ecco che arriva una subdola malattia che inizia a farTi vedere un po' nero ed a condizionare le Tue scelte. Ti fa onore l'essere riuscito, anche se non del tutto, ad uscirne, proseguendo col servizio militare.
Riprendi gli studi e contemporaneamente trovi anche la possibilità di lavorare come factotum per un nuovo impianto sportivo a cui presti l'opera seguendo diverse cose. E' il periodo migliore perchè riesci ad esprimerTi in modo globale. Ma il bello dura poco. Arriva qualcuno che, in qualche modo, mira alla Tua posizione e Tu, Ti ritrovi a spasso. Questi sono momenti difficili sopratutto se è latente una depressione. Ci si inizia a domandare se la colpa non è un po' nostra e, con questo dubbio vengono meno anche le sicurezze. Cerchi occupazione altrove e qualcosa trovi. Di bello in Te, credimi, c'è d'essere riuscito ad affrontare e superare il momento delicato della delusione precedente. Ti dai da fare, Ti rimbocchi le maniche e, senza guardare per il sottile, vai in fabbrica. Lavori per solo qualche mese ma tanto basta per dimostrare a Te stesso ed agli altri che sai ricominciare da zero. Ora hai da poco ripreso con un'altra semplice mansione che ha e deve avere per chi la svolge la dignità di qualunque altra.
Pesante, certamente, pagata poco, altrettanto certamente, ma pur sempre un nuovo inizio. Un uomo si valuta dalla volontà d'affrontare le difficoltà e dal modo in cui le affronta. Tu le stai affrontando con carattere. A Tuo vantaggio però, lo sai, hai comunque una cultura superiore che altri non hanno e che Ti fa riflettere sul domani. Non accetti che il futuro possa essere “sempre così” ma sfrutti il presente per necessità. Perfetto. Bravo.
Non vuoi buttare al vento le conoscenze già acquisite ed io Ti do ragione perchè le conoscenze che hai, Ti serviranno sempre, per cercare lavori più idonei o per approcciare meglio quello che stai facendo.
Personalmente Ti do un suggerimento che darei a mio figlio.
Prosegui il lavoro che fai mettendoci tutta la passione possibile. Trova in questo lavoro, anche nelle pieghe, ciò che di bello può darTi perchè anche un lavoro semplice ha qualcosa di utile ed interessante. Basta saperlo trovare.
Ti stai ponendo un quesito. Se, arrivato a questo punto ed alla Tua età valga ancora la pena riprendere o proseguire gli studi universitari visto che, in questo momento non possono certo esserTi d'aiuto nel lavoro che stai svolgendo. Pensi quindi di sfruttare meglio l'occasione che hai per investire in conoscenze che potrebbero migliorare l'attuale posizione.
E' un dubbio lecito che nasce però anche dal periodo un po' “psicologicamente pesante” che hai vissuto e stai vivendo.
Forse gli studi intrapresi non potranno servirTi mai, forse. Ma forse, si. Ed in ogni caso Ti darebbero una visione diversa di molte cose ed una sicurezza e conoscenza nell'affrontare i problemi che servono sempre.
Rinunciare a qualcosa quando non se n'è pienamente convinti significa poi potersi trovare a rimpiangerlo per tutta la vita. Se hai ancora qualche piccolo dubbio su interrompere o proseguire, prosegui. Datti maggiore tempo, prendila con più calma, ma vai avanti.
E vai avanti anche col lavoro ma organizzaTi. Puoi lavorare, studiare ed avere il tempo libero solo se Tu saprai organizzare e pianificare il Tuo tempo. Datti un obiettivo e puntaci sempre con decisione. (Su questo tema troverai nelle risposte date in passato molti suggerimenti da seguire).
Darsi un obiettivo ed organizzare il tempo significa pianificare il successo futuro.
Il giorno è di 24 ore. Ne stai dedicando otto al lavoro. Altrettante dovrebbero andare per il riposo. Le rimanenti otto suddividile tra studio universitario, studio relativo al corso professionale e tempo libero.
Fatti delle tabelle vere e proprie. SegnaTi la Tua giornata e suddividila. Le otto ore “libere” potranno essere divise in due/tre per l'università e due/tre per il corso professionale e le rimanenti per lo svago.
Nell'ambito della giornata potranno variare in più o in meno per una o l'altra cosa ma dovrai cercare di mantenere gli impegni per tutti gli obiettivi.
Se un giorno Ti prendi, per qualche motivo, più spazio per lo svago, dovrai recuperare questo tempo nei giorni a venire a favore dello studio. O viceversa. Nessun impegno va eliminato. Nessun obiettivo va escluso, nemmeno il tempo libero. Devi essere cosciente, anche durante lo studio, che dopo di esso avrai senz'altro le ore di svago e prima o dopo, avrai gli altri impegni.
Prenditi un bel foglio, dividilo in sette giornate e per ogni giornata scriviTi gli impegni con gli orari ed i tempi che Tu Ti darai. (Usa il classico: dalle ore...alle ore.... obiettivo: fare XXXX. Dalle ore ...alle ore...obiettivo: fare YYYY e così via)
Il Tuo primo impegno sarà quello di mantener fede al Tuo programma
Pensa poi al grande obiettivo finale. Al sogno. Non si deve vivere senza un grande sogno. Pensa a ciò che vorresTi essere o fare “da grande”. Coscienziosamente rifletti sui tempi che Ti possono servire e quindi...datti l'obiettivo. Fosse anche da raggiungere tra cinque anni o più, non importa; importante è avere l'obiettivo da raggiungere in modo che tutto quanto farai d'ora in poi sia mirato al suo raggiungimento.
Datti degli obiettivi intermedi (ad esempio, per l'università, il superamento di un certo numero di esami ogni anno. Entro il 2011 dovrò aver superato questi esami. Entro il 2012, qesti altri ecc.ecc.) e lavora per questi. Se raggiungi gli obiettivi intermedi entro i termini che Ti sarai dato, sentirai giorno dopo giorno che ce la farai a raggiungere quello finale e la forza diverrà sempre più grande.
Se saprai pianificare bene il tempo, non dovrai fare rinunce, ma se le farai non Ti appariranno così pesanti.
Se il lavoro attuale può mantenerTi, non impegnarTi più di tanto a trovare qualcosa altrove perchè le Tue attuali esperienze non Ti permettono di posizionarTi meglio, salvo che qualcuno non Ti conosca personalmente e sappia che hai volontà. Usa invece questo lavoro per crearTi gli spazi che Ti ho detto.
Rimanda dunque la ricerca di altri posti perchè quando si prolunga senza risultato crea ansia di cui Tu non hai bisogno. Certo, non rinunciare semmai Ti capitasse improvvisamente qualcosa di più idoneo, ma non impazzire per la ricerca.
Sai, caro XX, fare le domande ad aziende che non fanno richiesta è un po' come buttar via tempo ed accrescere la delusione. Tu hai bisogno di trovare sicurezza in Te stesso per vincere quel briciolo di depressione che ancora dici di avere. Buttati negli impegni, nei programmi, nello studio, nello svago e Ti passerà. Ma buttaTi in modo ponderato, pianificando il Tuo successo futuro. Più Ti impegnerai su questa strada è più velocemente vedrai che la crisi e gli attacchi di panico se ne andranno nel dimenticatoio.
Hai carattere, volontà, disponibilità. Vuoi che la crisi vinca su di Te? La crisi c'era solo perchè non hai mai trovato una linea su cui incanalare costruttivamente il Tuo pensiero.
Io cerco di darTela. Sono certo che tra qualche tempo mi dirai che seguendo i consigli stai proseguendo bene verso l'obiettivo del grande sogno.
Ciao

lunedì 16 marzo 2009

MARKETING

Aldo B. Faenza

Grazie d'avermi risposto. Ora ho la conferma che esistete davvero e che rispondete a tutti. La vostra risposta era esatta perchè dopo la vostra spiegazione ho potuto risalire, leggendo i documenti, al progetto che davvero doveva contenere quanto avete detto.
Mi è venuta un'idea. Perchè non pubblicate una specie di dizionario che possa essere utile a chi legge?
Vi dico questo perchè ho ancora da chiedervi qualcosa e non vorrei scrivere ogni giorno in futuro. Oggi ad esempio vorrei sapere, se potete, cosa si intende per price leadership e price taker.
Pretendo troppo?

Caro Aldo,
pretendi troppo quando chiedi addirittura un dizionario fatto da me in rete. Ce ne sono credo in vendita ed io non ho tempo per un progetto simile. Preferisco occuparlo rispondendo alle singole domande. Se Tu vuoi quindi potrai scrivermi tutte le volte che riterrai opportuno ed io risponderò. Dovrai solo premere qualche tasto sul computer. Vuoi fare almeno questo?
Oggi mi chiedi il significato di due termini che possono essere anche collegati quindi ritengo che Tu, ancora una volta, abbia trovato questi termini su qualche documento in cui erano citati assieme.
Price leadership è la situazione che si viene a creare quando un prezzo di un prodotto viene di fatto stabilito dall'azienda che lo ha lanciato e che è leader con quel prodotto. Raramente avviene che l'azienda leader dia un prezzo maggiore ad un analogo prodotto già esistente. Comunque, questo prezzo (solitamente soddisfacente per l'industria) viene poi adottato anche dai concorrenti che si avvantaggiano della possibilità di vendere prodotti simili ad un prezzo più alto rispetto a quanto avrebbero potuto sperare.
Con price taker invece ci troviamo davanti ad un'impresa che subisce il prezzo di mercato fatto dal concorrente e che quasi sempre punta al prezzo basso per prendere quote di vendita.
Devo comunque dire che queste terminologie a mio parere sono oggi, nel linguaggio corrente piuttosto inusuali a meno che non si operi in multinazionali con stampo USA in cui occorra avere un linguaggio comune per comprendersi in meeting o documentazioni internazionali.
Ciao

venerdì 13 marzo 2009

DIAMOCI UN AUMENTO

Pippo M. Treviso

“Ho scoperto questo sito e sono entusiasta. Sto leggendo tutte le lettere ma non trovo qualcosa che possa rispondere al mio quesito per cui vi scrivo per chiederlo.
Sono stato assunto da poco per il mio lavoro. Ho fatto fatica ma poi ho trovato. Devo dire subito che il lavoro è interessante ma lo stipendio che l'azienda mi da è davvero poco. Io ho usato da subito una strategia. Mi sono impegnato molto per far vedere che sono bravo in modo che alla fine del periodo di prova quando verrò confermato chiederò un aumento. Il lavoro è bello e vorrei tenerlo ma voglio guadagnare di più e non un pezzo di pane”

Caro Pippo, nel leggere la Tua lettera pubblicata vedrai che è stata ridotta perchè, alla fine, tutto quello che hai detto è stata solo una ripetizione di quanto scritto in questa prima parte.
Non so Pippo che posizione occupi ne conosco gli studi che hai fatto. Mi auguro che Tu non sia un laureato perchè il Tuo modo di ragionare, scusa se Te lo dico, mi fa credere che se Tu sei laureato, meglio scappare dalle Università.
Benedetto ragazzo, dici che hai fatto fatica a trovare un lavoro. Ce l'hai fatta; il lavoro in sé Ti piace; mi pare di capire che sei pure capace e poi Ti lasci andare a discorsi che, scusami ancora, non vorrei che facesse un ragazzino.
Ammetti addirittura d'esserTi impegnato non tanto per il lavoro in sé quanto perchè in questo modo, secondo la Tua strategia, una volta terminato il periodo di prova puoi chiedere subito un aumento!
Un periodo di prova può essere di tre o sei mesi. Ammettiamo che il Tuo sia almeno di sei mesi. Hai iniziato da zero, senza alcuna esperienza e già al momento dell'assunzione, anziché ubriacarTi per la gioia d'aver trovato lavoro, hai pensato che eri pagato poco e che avresTi poi chiesto di più.
Forse sono di un'altra epoca; di quando uno lavorava per soddisfazione anche personale e per dimostrare a se stesso, o agli altri, d'essere in gamba, sicuro che lavorando bene avrebbe prima o poi fatto capire al datore di lavoro d'essere meritevole di un adeguamento di stipendio. Forse sono dell'epoca in cui per orgoglio un lavoratore non chiedeva aumenti ma faceva si che il datore fosse obbligato a darli proprio per la mole e la qualità del lavoro svolto.
Ma Tu mi stai convincendo che effettivamente le cose non vanno più così. Un lavoratore non dev'essere pagato per quello che sa fare e rende ma dev'essere pagato per il solo fatto di lavorare. La qualità è un optional. Siamo arrivati a pensare che si possa lavorare “male” per avere uno stipendio. Seppoi, eventualmente il lavoratore mettesse qualcosa di più e lavorasse appena appena meglio, va subito premiato con un aumento. Questa logica è non solo terribile ma deprimente.
Vedi, caro Pippo, non so se in questi giorni hai terminato il periodo di prova e se hai già chiesto l'aumento. Mi auguro che Tu non l'abbia ancora fatto perchè un'azienda che dovesse sentirsi chiedere un aumento nel momento in cui conferma un nuovo lavoratore, a mio parere, dovrebbe ritrattare la conferma e dire al lavoratore di accomodarsi da un'altra parte dove magari può essere meglio compreso. Una bella stretta di mano, e via.
Ci sono momenti per ogni cosa e per ogni richiesta. Quello della conferma del posto di lavoro è in assoluto forse l'unico non adatto ad alcuna richiesta. Non si tratta di astuzia o furbizia ma solo di intelligenza. Scusami, perbacco, se Te lo dico, ma mi hai proprio tirato dentro.
Posso capire che, essendo Tu al primo impiego, non abbia esperienza e magari sei stato ad ascoltar discorsi di qualcuno più vecchio o di qualcuno che voleva prendersi gioco di Te, ma santo cielo, al momento della conferma dovresTi fare salti di gioia e brindare con gli amici per il solo fatto d'aver superato il periodo iniziale. Avrai davanti un futuro di possibilità in cui potrai dimostrare d'essere, per l'azienda, il miglior acquisto fatto da quando è stata fondata. Invece ecco dove Tu e purtroppo molti altri giovani che finiscono poi per sbattere la testa contro il muro scivolate con ingenuità elementare: “se l'azienda mi vuole, dato che confermandomi dimostra che sono bravo, mi deve dare di più”.
Non vuoi lavorare per un tozzo di pane. Espressione un po' datata. Lavorerai secondo quanto è concordato dai contratti di lavoro per la mansione che andrai ad occupare e sarai pagato di conseguenza.
Come ho scritto all'inizio, non conosco i Tuoi studi. PotresTi essere laureato perchè oggi una laurea non è più differenza di apertura mentale; e se Tu lo fossi, grazie a questa non apertura mentale, potresTi annoverarTi in quella schiera di giovani che ritengono, a torto, molto a torto, che per il solo fatto di avere una laurea, possono pretendere un certo tipo di lavoro ed un certo tipo di paga.
Non è così, per fortuna. Nel mondo del lavoro, differente da quello delle chiacchiere da bar o da quello familiare dove la mamma crede nella genialità del figlio solo perchè figlio, servono e vanno avanti coloro che sono disposti a partire da zero come tutti, pronti a dimostrare d'essere migliori di altri con l'apporto collaborativo che in un'organizzazione è l'unico elemento di differenziazione.
Tu puoi chiedere qualunque cosa, anche un raddoppio dello stipendio ma se poi dovessi trovarTi a spasso, dovrai anche essere così onesto nell'ammettere che, in fondo forse, hai sbagliato momento e tattica. A meno che, Tu non sia già stanco di dimostrare d'essere bravo e voglia dimostrare d'essere uno come altri, sostituibilissimo.
Posso parlarTi da padre? Lascia perdere, non commettere errori di cui Tu stesso, probabilmente, in questo momento non conosci la portata. Pensa ad accettare la conferma, se Ti sarà data, come già un grande premio e parti da lì per arrivare a far sì che un domani sia l'azienda a convocarTi per dirTi: “ Caro Pippo, hai dimostrato collaborando con noi d'essere davvero un elemento importante ed insostituibile per cui siamo contenti di poterTi premiare con questo aumento....”
Obiettivi, Pippo; datti degli obiettivi a cui mirare. Obiettivi di crescita e raggiungimento di scalini di carriera. Gli aumenti seguono di pari passo. E se adesso Ti servono più soldi per il sabato sera, accetta qualche rinuncia. Non ho mai visto nessuno arrivare in alto senza aver dovuto rinunciare a qualcosa.
Ti auguro davvero di riuscire ad essere più ponderato nelle Tue valutazioni e nelle Tue richieste.
Ciao

giovedì 12 marzo 2009

NEO LAUREATO

P.P. Loc. n.c.

Ho sentito alla radio giorni fa che il mercato del lavoro per i neo laureati è pari a zero. Il 100% di chi cerca lavoro non lo trova. La situazione mi pare drammatica. Io sono un neo laureato che sta predisponendosi per iniziare ad entrare nel mondo del lavoro. Troverò davvero difficoltà?

Mio caro P.P.
Ciò che hai sentito è vero, anche se forse è portato dai media al solito estremo. Diciamo che una maggiore difficoltà, rispetto ad anni addietro, esiste; ma c'era da aspettarselo. Non vedo come si possa improvvisamente esserne sorpresi. Personalmente sono anni che lo ripeto e non occorre essere maghi per saperlo.
Man mano che si amplia la base di chi frequenta l'Università, le possibilità di trovare un lavoro per quanto si studia diventano inevitabilmente più rarefatte. Ovvio, per paradosso, che se tutti si laureassero, non è possibile per tutti trovare posti dirigenziali. Qualcuno dovrà ben svolgere compiti di più basso livello. Per questo dico sempre che gli studi effettuati e la laurea presa deve essere vista come bagaglio di conoscenze personali. Lo studio dà un indirizzo anche mentale su come approcciare meglio certe situazioni di vita; non dà la sicurezza di trovare esattamente una posizione idonea allo studio stesso.
Oltretutto dirò che una laurea non è assolutamente garanzia di buone capacità lavorative. E' solo un biglietto da visita che può facilitare un incontro di lavoro.
Guardo sempre alla dignità dei lavoratori americani che, per la loro cultura totalmente differente dalla nostra, sanno comprendere come il lavoro è lavoro e basta. E' assolutamente la norma, negli USA trovare un laureato o pluri-laureato, con alle spalle lavori come venditore, posteggiatore, camionista, benzinaio, dirigente aziendale, poi disoccupato e poi nuovamente venditore di giornali o commesso ecc...ecc...
Il fatto è che la loro cultura non fa differenza tra lavoro e lavoro. Ciò che si fa, se lo si svolge con correttezza, va bene, perchè ciò che conta è lavorare. In pratica ci si tira su le maniche e si parte.
E da noi? Per carità! Il laureato non si mette a fare un lavoro manuale perchè è svilente. Preferisce non lavorare. Con questa mentalità, credimi, caro P.P. che se quel 100% di neo laureati che non trova posto è una percentuale magari ancora non vera, lo sarà presto.
Le grandi opere che il Governo sta varando per smuovere l'economia abbisogneranno di qualche centinaio di migliaia di lavoratori. Probabilmente queste centinaia di migliaia di lavoratori dovranno essere extracomunitari semplicemente perchè sarà difficile trovarne di italiani. Non credo che i laureati senza lavoro si faranno avanti se le posizioni non saranno adatte al loro titolo di studio. Ma certamente però saranno tutti pronti a lamentarsi del fatto che continuano ad entrare lavoratori esteri che tolgono il pane di bocca a noi italiani. Demagogia.
Veid, P.P., se quei neolaureati (non inserisco Te perchè non so cosa vuoi fare) si mettessero davanti ad una vetrina di offerta di lavoro interinale, troverebbero migliaia di altre occupazioni dignitose.
Troverai quindi difficoltà? Dipende dalla Tua mentalità, dal Tuo modo di approcciare il lavoro e dalla Tua necessità di portare a casa soldini o meno.
Metti in ordine decrescente le Tue priorità e poi vai per la strada scelta, accettandone sempre le conseguenze.

martedì 10 marzo 2009

VENDITA

Maura L. (loc. n.c.)

“Aiutatemi. Sono una venditrice di ventiquattro anni. Ho una forte parlantina a detta degli amici. Ho un grosso problema. Nella mia zona, quando mi è stata affidata, mi sono trovata una serie infinita di clienti che acquistavano si, ma poco. Ebbene, con la mia abilità sono riuscita a vendere a tutti e molto bene. L'azienda si è anche meravigliata e si è complimentata per i risultati. Oggi però, a distanza di tempo, tutti i clienti non hanno mai più ricomperato ma non per problemi con me, ma perchè sono ancora forniti di merce che avevo loro venduto ed il mercato non assorbe. Io però devo pur vivere e se va avanti così che faccio? “

Che fai, cara Maura? Fai che prima di vendere devi riflettere sui clienti; il mercato, la rotazione dei Tuoi prodotti ed altro. Tu sei giovane e forse hai iniziato il lavoro senza una preparazione adeguata. Non hai pensato che il venditore che Ti ha preceduto e che gestiva questa quantità di piccoli clienti, li conosceva ed evitava di vendere loro più di quanto non potessero acquistare? Forse Ti sei affidata alla Tua grande parlantina ed hai cominciato a pensare che vendere vuol dire “caricare di merce” il cliente ma i tempi sono cambiati. Il mercato è cambiato. E' buona norma che il cliente abbia in stock qualcosa in più di quanto potrebbe vendere, ma non eccessivamente in più. Anche se nel frattempo il mercato non ha rallentato, l'aumento di stock però lo fa apparire agli occhi dei clienti che hanno la sensazione di non vendere come prima. La parlantina è un pregio molto difficile da gestire sopratutto se è un dono innato e se si è neofiti.
Occorre sempre pensare, durante la trattativa, al mercato ed agli sviluppi che può avere, in bene o in male, e agire di conseguenza. Riempire di merce un cliente (o tutti come hai fatto Tu) è da folli. Hai guadagnato, Ti sei presa i complimenti di un'azienda che, scusami, ha capito poco del mercato esattamente come Te ed ora mugugna perchè non ottieni più i risultati come prima. Pensa inoltre ai rischi che avete entrambi corso nella fase dei pagamenti? Pensa se i clienti avessero iniziato a non pagare?
Se vuoi uno spassionato consiglio, frena la Tua lingua mentre Ti prepari approfonditamente a conoscere il lavoro che hai iniziato a fare ed a cui, probabilmente, sei portata. Leggi, tienti informata, cerca di capire le quote che possono avere i Tuoi clienti nel mercato stesso della zona, cerca di capire i clienti stessi e mettiTi nei loro panni. Quando vuoi vendere prova a dirTi nella mente “cosa comprerei io se fossi in lui?” E vendigli esattamente quello che ritieni giusto e non quello che Ti fa guadagnare di più. Tanto il guadagno, lo hai visto, lo hai avuto una volta sola!
Zitta e....studia. Vedrai poi che soddisfazioni. Ciao

domenica 8 marzo 2009

MARKETING

G, G. (loc. n.c.)

Mi scuso se disturbo per poco ma ho una sola necessità oggi e la chiedo a Voi. Successivamente, quando avrò problemi sarà mia cura riscrivere perchè sto leggendo le risposte che date e che vedo davvero interessanti e piene di ottimi consigli.
Devo dire di essere davvero giovane e appena assunto. Ora, su un rapporto che ho letto in ufficio, ho trovato parecchie volte il termine ME TOO. Poiché non vorrei sbagliare se qualcuno mi chiedesse qualcosa, posso sapere il significato?
Vi ringrazio

Mio caro G.G.
(ma perchè non hai messo il Tuo nome?) il termine ME TOO letteralmente significa “anch'io”. In chiave di marketing, si definisce me too un prodotto che viene immesso sul mercato, senza studi e ricerche particolari e che dovrebbe viaggiare sull'onda del successo di un prodotto leader di cui questo è letteralmente una copia.
Accade che un'azienda lanci un prodotto e che questo ottenga, grazie a sforzi pubblicitari, packaging, ricerca ed innovazione, un buon successo. I concorrenti tendono allora ad approfittare di questo successo per lanciare prodotti del tutto simili nella formulazione e, molto spesso, anche nel ricordo del packaging e addirittura nei colori.
In pratica propongono subito alla consumatrice una variante da acquistare. Il me too, proprio per non aver alle spalle studi, ricerche e soprattutto spese di marketing, ha costi più limitati del prodotto leader e quindi viene offerto a prezzi più bassi.
Spesso la qualità è abbastanza simile. In alcuni casi addirittura migliore perchè il produttore del me too, non spendendo in promozioni e pubblicità, per farsi acquistare cerca di migliorare la formula con l'aggiunta di qualcosa di particolare.
Ciao

martedì 3 marzo 2009

COSA VALE DI PIU'

Antonio M. Padova

Leggo da tempo il vostro spazio e sono contento d'averlo scoperto. Io non lavoro ancora. Sto facendo un master e poi mi presenterò sul mercato. Non so cosa potrò trovare ma presumo sia piuttosto difficile e quindi penso che mi adatterò a qualsiasi occupazione, in attesa di occuparmi per quanto ho studiato. So però che spesso si finisce per svolgere mansioni e lavori ben differenti per quello a cui ci si è preparati ed anche in questo sono pronto.
Ora io vi scrivo solo per avere un vostro parere spassionato su un pensiero che spesso ho ma a cui non so dar risposta.
La domanda è: cosa è, per voi, più importante nello svolgimento di un lavoro o cosa deve dimostrare meglio la persona incaricata di un determinato lavoro?
Non credo sarà difficile darmi il vostro parere e vi ringrazio sin d'ora.

Certo Dr. Antonio, posso darLe un parere che ritengo, per esperienza, essere il più corretto.
Un'azienda cerca essenzialmente in un collaboratore, l'affidabilità. Perchè vede, Antonio, tutti noi all'inizio di qualsiasi avventura (ed il lavoro è un'avventura per chiunque lo inizi) non abbiamo mai le conoscenze tecniche e l'esperienza per affrontare con sicurezza quanto andremo a svolgere. La conoscenza non può essere qualcosa che è insita in noi ma la impariamo strada facendo. Un serio datore di lavoro quindi, sa bene che non potrà mai assumere un giovane o far collaborare un giovane ad un'iniziativa puntando sull'esperienza o conoscenza. Sa bene che questa verrà col tempo e quindi accetta anche possibili errori sul percorso.
Nessuno può, per certi versi, intervenire poi sull'aspetto caratteriale del lavoratore e questo è quindi un settore che deve essere gestito dal lavoratore stesso. Ognuno ha un modo di fare, calmo o irritabile, bellicoso o mansueto, collaborativo o individualista. Diciamo che su questo, il datore di lavoro può capire se la persona potrà rimanere inserita ed essere utile al gruppo ed allo sviluppo o se potrà avere difficoltà. Meglio, ovviamente, un carattere collaborativo che individualista, ma non credo di dirLe qualcosa che Lei non sappia. Sta quindi al lavoratore cercare di comprendere l'ambiente di lavoro e, conseguentemente, limare eventuali aspetti che potrebbero portarlo ad avere difficoltà d'inserimento. Ma ciò che più conta nella figura professionale del lavoratore è, in assoluto, l'affidabilità che può trasparire dal proprio comportamento. Il datore di lavoro sa che il giovane non avrà esperienza e se la dovrà fare; sa che sull'aspetto caratteriale non potrà intervenire più di tanto e toccherà quindi al giovane aggiustare il tiro su eventuali piccole pecche ma sa però con certezza che di quel giovane, messo in una determinata posizione, dovrà fare affidamento e se percepirà che questa persona è seria e che mantiene ciò che dice, si sentirà più tranquillo perchè saprà che potrà fidarsi.
Essere affidabili, quindi. Vuol dire promettere e mantenere; prendere un impegno e portarlo in fondo con serietà; prendersi a cuore i problemi e cercare in tutti i modi di risolversi o partecipare alla loro migliore soluzione.
Ecco quindi detto in davvero poche parole cosa è più importante dimostrare, per un giovane, nella fase di inserimento e successivamente nell'ambito del lavoro stesso.
Personalmente ho sempre preferito collaboratori anche assolutamente digiuni del lavoro che avrebbero dovuto iniziare ma che dimostrassero, dal comportamento, d'essere affidabili. Insegnare il lavoro stava a me; mostrare d'essere affidabili, stava a loro. Non mi sono mai pentito ed ho sempre visto solo le persone affidabili proseguire nella carriera, arrivando a posizioni importanti.
Le basta?
La saluto cordilamente.

domenica 1 marzo 2009

SENZA IDEE

G.G. (loc. n.c.)


“leggo le risposte che date. Io vorrei fare qualcosa. Sono giovane e voglio che il mio futuro lavoro sia indipendente. Solo che quando penso a cosa fare, non mi viene in mente nulla. Penso a tante cose, poi le scarto. Potete darmi un aiuto? Grazie”


Mio caro G.,
c'è chi ha poche idee ma confuse, Tu invece non ne hai affatto e forse è anche meglio. Sei giovane, forse anche troppo, dal modo di esprimere i Tuoi concetti. Hai però l'umiltà di chiedere aiuto e questo va a Tuo favore. Devi sapere, caro G., che per avere idee occorrono almeno due cose: un obiettivo da raggiungere o un problema da risolvere. Se Tu avessi un grosso problema (di quelli che non fanno dormire) vedresTi come Ti arriverebbero idee in abbondanza per cercare di uscirne! Fortunatamente però non hai di questi problemi. Devi allora trovare un obiettivo eppoi puntare tutto per raggiungerlo. Mi rendo conto che da giovani è difficile pure darsi un obiettivo ma, se vuoi fare qualcosa nella vita, prima o poi dovrai dartelo. MettiTi in una stanza da solo. Un luogo non disturbato, silenzioso, dove per un po' nessuno possa venire. Poi comincia col pensare seriamente almeno al settore in cui vorresTi operare. Identificato, inizia a pensare cosa vorrai fare in questo settore. Quello sarà il Tuo obiettivo, almeno per il momento. MettiTi a tavolino e su un foglio scrivi “voglio arrivare ad essere....” oppure “voglio arrivare a fare....” Fatto questo, converrai con me che un obiettivo detto, non inizia ad avverarsi sino a quando non vengono prese le corrette misure per arrivare al punto che si vuole. La strada è lunga, piena di ostacoli ed i tempi probabilmente anch'essi lunghi. Stendi allora un primo calendario. Decidi, con ragionevole obiettività, il tempo che secondo Te potrebbe occorrere o, comunque, il tempo entro cui vuoi assolutamente arrivare al Tuo obiettivo. Potrà essere qualche anno come assai di più. Dipende da ciò che vuoi.
Fatto questo suddividi questo tempo (che Tu Ti darai) in periodi più brevi, dandoTi un obiettivo intermedio per ogni periodo. L'obiettivo intermedio è uno scalino di un'ipotetica scala verso lo scalino finale.
Ora, guarda il primo obiettivo. Fissalo, poi chiudi gli occhi e pensa che entro il termine che Tu hai scritto, dovrai arrivare a raggiungere il primo obiettivo (scalino). Sarà in questo momento che inizierai inconsciamente o consciamente a cercare qualcosa che possa farTi camminare verso l'obiettivo. EccoTi con il problema da risolvere che dicevo all'inizio. Non stancarTi di tenere gli occhi chiusi. Pensa al primo obiettivo intermedio ed insisti nel domandarTi “devo arrivare lì. Cosa devo fare? Cosa mi serve?” Non avere paura di darTi risposte semplici, banali o irrealizzabili. A questo penserai dopo. In quel momento devi tirar fuori le idee. Fissatene qualcuna in mente, poi analizzale una per una. Vedrai che una di queste Ti apparirà migliore delle altre, ma non scartare nulla. Se alla fine di questo esercizio una sarà la più gradita, scrivila nel foglio che avrai davanti, sotto il primo obiettivo intermedio.
Ora hai un obiettivo ed un'idea abbozzata per raggiungerlo. A questo punto, approfondisci l'idea, suddividila in mini obiettivi più vicini, segmentala, ripensala, correggila. Fa si che i passi per raggiungere il primo scalino siano logici e fattibili.
Ti faccio un esempio banale: se Tu volessi aprire un Tuo punto vendita, l'obiettivo finale è ovvio ma gli obiettivi intermedi spesso non sono chiari e per questo le attività nascono e muoiono a velocità incredibile. In questo specifico esempio, dovrai prima pensare a valutare se l'attività è coerente con il luogo in cui vuoi aprila; poi dovresTi analizzare il mercato per capire quanta concorrenza c'è. DovresTi poi pensare a cercare il punto migliore dove aprire. Potrebbe essere in periferia se serve un parcheggio comodo od in pieno centro se occorre un passaggio obbligato di gente. Successivamente, l'obiettivo sarà di calcolare i costi di impianto e di gestione. Poi, capire se questi costi sono sopportabili da Te e se no, dove prendere i soldi ed a quale costo. Quindi interessarsi delle licenze; poi pensare all'arredamento, alla merce ecc...ecc..
Basta quest'esempio? Se noti, vedrai i vari scalini che devono essere fatti per raggiungere l'obiettivo. Gli scalini sono gli obiettivi intermedi.
Ecco. Per raggiungere il Tuo obiettivo Ti troverai a dover raggiungere tanti vari scalini. Come Ti ho detto, datti i tempi intermedi che dovrai assolutamente mantenere per arrivare alla fine.
Proseguiamo. Dato il primo obiettivo intermedio, scrivi sotto di esso i passi che secondo Te andranno fatti per raggiungerlo. PrendiTi il tempo che vuoi per pensare ma, una volta che sono scritti saranno legge sia come obiettivi che come tempo da rispettare.
Richiudi gli occhi ed inizia a pensare al secondo scalino. Ipotizza d'aver già raggiunto tutti i mini obiettivi dati. Parti da questo punto e torna a domandarTi: “entro il.....avrò fatto (o raggiunto) il primo obiettivo. Ora devo raggiungere il secondo scalino entro il..... Cosa devo fare? Cosa mi serve?” Ricomincia, con calma a fare le stesse riflessioni di prima e gli stessi passi che Ti ho suggerito.
Sembra macchinoso ma non lo è. Alla fine, dopo qualche ora o un giorno di riflessione, sarai arrivato ad avere chiara la strada da fare per arrivare in fondo. Ora hai degli obiettivi che Ti sei dato.
A questo punto, caro G. entra in ballo il carattere ed io mi faccio da parte. Se ne hai, non mollare e raggiungerai ciò che Ti eri prefissato.
Ciao