Ricerca personalizzata

venerdì 31 ottobre 2008

Nuovi prodotti 2

Anna B. Bari

“ho letto la vostra risposta all'imprenditore di cui avete pubblicato tempo fa, per me che leggo, la lettera. Si tratta di un imprenditore che ha un'idea e che vorrebbe lanciarla sul mercato. Perchè voi ritenete che non debba farlo? Perchè pensate che un imprenditore non debba avere idee geniali? Perchè se ha trovato una soluzione ad un problema non può farlo presente? Anch'io sono una giovane imprenditrice. Anch'io ho avuto ed ho idee che non ho però potuto portare avanti per mancanza di fondi e sapere il vostro parere in modo più approfondito mi interessa. La mia non è una lettera di contestazione perchè apprezzo molto quello che fate, ma a volte un approfondimento farebbe piacere. Grazie”

Gentilissima Anna,
l'approfondimento a volte è difficile darlo per motivi di spazio. Già le risposte risultano sempre più lunghe di quanto si vorrebbe; se poi andassi in profondità, ne verrebbe fuori ogni volta un mezzo testo. C'è però di buono che chi vuole saperne di più può sempre scrivere, come Lei ha fatto, ed ecco che il discorso può proseguire.
Veniamo a quanto detto, se ricordo, al Sig. Ulrico per chiarire una cosa: c'è differenza tra problema e bisogno. Tenga ben conto di questo, altrimenti non ne usciremmo. Potremmo disquisire all'infinito ma sono due condizioni ben diverse.
Ulrico aveva un problema e tanto ha fatto sino a quando non l'ho ha risolto con un'idea venutagli alla mente. Un problema nasce quando c'è già stata una necessità e quando questa è già stata coperta, ma non in modo che serva a noi. Diverso è il bisogno che sta a significare che vi è una necessità ancora da coprire. Il bisogno può essere mentalmente coperto con un prodotto che non esiste ancora ed ecco, in questo caso, che se riesco a pensarlo in modo completo, crearlo ed immetterlo sul mercato (sempre avendone i fondi) posso forse avere successo in quanto sono andato a coprire un bisogno insoddisfatto e forse inespresso.
“Se ci fosse un prodotto che...” è la frase che ci informa della necessità di coprire un bisogno.
“Se ci fosse qualcosa che mi permettesse di risolvere questo problema...” è la frase che ci informa della necessità di dover arrivare a risolvere un problema che l'uso di un eventuale prodotto esistente non ci risolve. Ma il fatto che non lo risolva a noi non significa che non lo risolva ad altri. Così come non significa che quel tale problema da risolvere sia così continuo e ripetitivo da giustificare acquisti multipli nel tempo.
Quindi, cara Anna, anche se sembra di fare sottigliezze, pensi sempre al problema da risolvere o al bisogno da coprire.
Per le altre domande che Lei pone, Le rispondo.
Penso che un imprenditore debba poter fare ciò che vuole se ha un'idea, Non nego assolutamente a nessuno questo diritto. Ma se qualcuno chiede aiuto (ed io ho ricevuto sempre tante richieste) devo dire se, a parer mio, sia giusto o meno rischiare.
Penso che al mondo siamo in così tanti, che quando un'idea viene a me, come minimo ci hanno già pensato in mille. Ed allora occorre fermarsi un attimo e chiedersi sul perchè qualcuno degli altri mille non abbia pensato a sfruttare l'idea così geniale venuta anche a me. Solo per mancanza di fondi o, forse, anche perchè, in qualche particolare non è poi così geniale od anche perchè alla fine risulterebbe non commerciabile?
Insomma, ho tanto rispetto del danaro che ritengo non si debba buttarlo in azioni affrettate. Dopo aver fatto tutte le possibili analisi ed avere una sufficiente percentuale di sicurezza, si può far tutto. Ma dopo.
Anche Lei ha avuto idee e questo conferma la propensione, giusta, dell'imprenditore ad avere idee. Ma l'imprenditore assieme alle idee ha spesso la convinzione assolutamente unica, d'essere un po' solo lui capace di fare. Non ho mai conosciuto un imprenditore che non sapesse fare le cose meglio dei concorrenti. Ma se così fosse, se tutti fanno meglio degli altri, nessuno fa meglio degli altri.
L'imprenditore ha un difetto. Ritiene, molto spesso, che un suo prodotto debba essere acquistato dal mercato solo per il fatto che, avendolo fatto lui, è il migliore, indipendentemente dal prezzo o da qualsiasi altra considerazione. Ed è sempre su queste convinzioni che poi le imprese finiscono a gambe all'aria. Ho visto imprenditori scegliere, tra due strade, quella a loro più comoda (non la più profittevole o adatta al mercato, ma solo quella più comoda e, sempre, quella più comoda era anche quella pensata da loro e non magari quella suggerita e supportata da fatti e calcoli). Ed ho anche visto imprenditori pagare caramente queste scelte.
Poiché è assurdo che ciò avvenga quando se ne può far a meno, ecco che, se mi si chiede cosa ne penso, cerco di essere volutamente da choc per far aprire gli occhi. Malgrado questo, le iniziative folli che non hanno un briciolo di possibilità di riuscita, continuano a nascere ed a morire.
Cordiali saluti

lunedì 27 ottobre 2008

Compromessi, perchè?

XXXXXX (loc. n.c.)

Salve,
Ho lavorato per una ditta di pulizie per un periodo non in regola (pur essendo retribuita come se lo fossi).
Ad oggi dopo due mesi circa di lavoro in regola visto che la situazione è diventata per me insostenibile a causa loro ,volevo chiedervi: mi spetta la quattordicesima per il periodo in nero? il versamento dei contributi per quest'ultimi mi verrà considerato? Il preavviso con quanti giorni deve essere dato e con che modalità? visto che sul mio contratto non c'è scritto nulla.

Gentilissima,
Non avrei voluto risponderLe, poi ho capito che questo caso può, in realtà, essere utile a tanti altri giovani per cui lo faccio, anche se malvolentieri.
Non diamo risposte relative a problematiche di contratto perchè le norme che li regolano esulano dalle ns. competenze.
Tuttavia ci sentiamo di dirLe che, avendo Lei accettato di lavorare in nero per quel periodo, di fatto si è resa complice di una frode e quindi, purtroppo per Lei non credo possa pretendere nulla.
Può darsi che un sindacato possa aiutarLa sulla questione, facendoLa magari uscire senza problemi da questa situazione, ma Lei dovrebbe comunque fare una denuncia.
Potrebbe, volendo, far solo presente al datore di lavoro che Lei si aspetta, ( mi sembra di capire che il rapporto si andrà a rompere) , il conteggio della quattordicesima anche su quel periodo ma....non può avere la forza di insistere.
Anche il pretendere che vi siano oggi versamenti di contributi sul nero fatto in passato, per un periodo piuttosto lungo,....mi pare un po troppo. Se ci fossero, di fatto, il datore confermerebbe quello che ha fatto.
Insomma, un bel pasticcio in cui ci si butta senza pensarci ,salvo poi pretendere.
Il preavviso, avendo Lei lavorato ufficialmente solo due mesi, penso proprio sia ininfluente. Trovo però che, al di là dei problemi (e sopratutto se vuole ottenere qualcosa) sia giusto che Lei dia un preavviso anche minimo per dimostrare comunque la Sua correttezza. Potrebbero essere anche dieci o quindici giorni.
Visto che si è trattato di un rapporto "tutto particolare", anche la modalità del preavviso può esserlo altrettanto: solitamente va fatto per iscritto a mezzo raccomandata, ma nel Suo caso magari anche a voce. Mi chiedo però perchè mai ci si debba mettere in queste situazioni. E' vero che il lavoro può mancare ed è vero che, piuttosto di niente, si accetta tutto, ma così facendo si dà forza ai furbi per divenire ancora più furbi ed ai deboli di continuare ad esserlo.
E' vero, come dice, che era pagata come se fosse in regola, ma il Suo datore non ha fatto versamenti (guadagnando due volte) e Lei non ha accantonamenti pensionistici per quel periodo. Ora magari può essere abbastanza ininfluente ma, col passare degli anni vedrà che anche per quel periodo Le sarebbe stato utile averli. E se, sempre in quel periodo Le fosse accaduto qualcosa? Un banale incidente sul lavoro? Come la metteva?
Penso sempre che i furbi ci sono perchè ci sono persone che lo permettono, andando contro il loro stesso interesse. Calcoli che permettere che accada questo significa poi ritrovarci tutti a pagare qualcosa come dieci punti in più di tassazione di ciò che dovremmo se tutti pagassero regolarmente. Accettare il nero per poi magari lamentarsi contro le tasse troppo alte è quanto di più illogico ci sia ed il cui costo cade sulle spalle di chi lo accetta ma anche di chi non pensa d'accettarlo. Si ricordi: tutti pagheremmo 10 punti in meno di tasse se pagassimo tutti regolarmente. Mi auguro che Lei abbia capito che non valga proprio la pena di avvantaggiare qualcuno che già può, per andarsi a mettere in queste situazioni. E ciò che scrivo spero serva anche ad altri che leggeranno questa risposta che, confesso, mi lascia l'amaro in bocca e tristezza nel cuore.

Periodi di prova

SILVIA (loc. n.c.)
“mi chiamo Silvia, ho 23 anni e giusto ieri ho perso il mio 4 lavoro per mancato superamento del periodo di prova. Girando per internet alla ricerca di un nuovo lavoro mi sono imbattuta nel vostro sito che mi ha molto colpito per chiedervi qualche suggerimento su come poter "tenersi un lavoro". Mi spiego brevemente: in quest'ultima azienda dovevo svolgere il lavoro di centralinista, con un' ulteriore funzione di supporto all'ufficio amministrativo e commerciale; questi compiti moltiplicati per 3, in quanto lavoravo per 3 aziende contemporaneamente(come la collega dell'ufficio amministrativo, non ero l'unica a dover svolgere il lavoro di 3 aziende). Ritengo di essermi sempre impegnata e comportata bene, svolgendo i miei compiti con senso del dovere (seppur sbagliando qualche volta.). eppure i titolari mi hanno riferito di non trovarmi "idonea per una futura espansione dell'azienda all'estero" ( e so ben 3 lingue abbastanza bene) e di trovarmi "troppo lenta". Io sono rimasta basita in quanto non ho mai trascorso le mie giornate su internet o alla macchinetta del caffè e ritengo anche leggermente ingiusto dirmi questo, in quanto ci vuole un periodo dove poter ingranare e abituarsi ai ritmi aziendali. Avevo anche trovato una specie di "disastro" (in quanto la precedente centralinista ha lasciato pile e pile di scartoffie da sistemare, fatture da registrare e quant'altro) credo sia impossibile poter sistemare un archivio intero e svolgere il lavoro abituale in una velocità supersonica, quando si è appena assunti.
Questi avvertimenti di "velocizzarmi" mi sono stati detti anche prima della comunicazione ufficiale, ma secondo le mie capacità mi è risultato impossibile poter fare di più. Non capisco chi abbia ragione. Sono loro che pretendono troppo? Sono io che sono troppo lenta?
Mi chiedo inoltre come far fruttare le mie capacità che so di avere, perchè nel mondo del lavoro divento molto insicura, cosa che non sono nella vita, in quanto sono spigliata e solare. Nei miei precedenti lavori sono sempre stata lasciata a casa dopo il periodo di prova (con la scusa della crisi, con la scusa che "il titolare non vuole" ecc..) . Non riesco a capire dove sbaglio: sono attenta, simpatica, cordiale gentile e precisa nel lavoro. ogni tanto sbaglio, e riconosco di essere un po distratta, ma cerco sempre di migliorarmi, organizzarmi e gestirmi.
Avete qualche suggerimento per me? Perchè non riesco a far capire chi sono?
Un altra cosa: sto studiando per diventare webmaser, il mio sogno è aprire in un futuro piu o meno lontano il mio studio. credo però che avverrà quando sarò più sicura di me nel mondo del lavoro.
Se vorrete rispondermi sarò molto contenta.
Grazie per l'attenzione e scusate per la "banalità" delle mie domande”

Cara Silvia,
ho letto molto attentamente la Tua lettera perchè, non conoscendoTi, dovevo cercare di trovare nei risvolti di quanto scrivi, le motivazioni di quanto Ti accade.
Vedi Silvia, se Tu avessi scritto che non eri riuscita a superare il periodo di prova del primo lavoro, avrei potuto credere ad un caso di timidezza, paura o altro. Ma scrivi che questo è il Tuo quarto periodo di prova che non superi; quindi qualcosa di cui forse Tu stessa non Ti accorgi, dev'esserci.
Parti dal principio che chi assume, non ha voglia di farlo ogni 3 o 6 mesi perchè questo porta inevitabilmente ad un continuo gestire persone nuove da formare. Chi assume lo fa sperando che quella che assume sia la persona (e la volta) buona per non pensarci più. Se ogni volta così non è stato, il danno è da entrambe le parti. Dico questo per farTi comprendere che l'azienda che ha chiuso con Te non lo ha fatto tanto per fare.
Posso subito consigliarTi una cosa:
se sei ancora in tempo, ma credo di si, dovresTi cortesemente chiedere un appuntamento proprio con chi ha deciso che Tu non andavi bene per quel lavoro, facendo presente che lo scopo dell'appuntamento è solo per aver chiare le cose che non andavano (chiedendo di dirteLe senza peli sulla lingua), perchè è fortemente Tua intenzione sapere ciò che non va per correggerTi in futuro.
Fai capire che incontrandoTi e dicendoTi queste cose, Ti aiuteranno ad inserirTi meglio nel mondo del lavoro. Fai presente che non farai perdere tempo e che sarai grata alla persona che Ti parlerà perchè Ti sarà d'aiuto.
Probabilmente, nel colloquio, se farai capire che lo scopo è di migliorarTi e di correggere eventuali mancanze che Tu potresTi non sapere d'avere, verresTi a conoscenza di difetti che forse, anche in buonafede, non vedi.
La loro conoscenza Ti sarà di forte aiuto per evitare di ricadere un'altra volta in questo problema.
Sappi che questo è davvero un problema perchè quattro periodi non andati a buon fine, sono un fardello nel curriculum che può davvero pesare e lasciare il segno.
Detto questo veniamo ora a quanto scrivi:
capirai, cara Silvia, che non posso suggerirTi come tenere un lavoro, non conoscendoTi. Sarei scorretto se lo facessi. Posso suggerirTi come cercare di capire e correggere eventuali mancanze, questo si. Ma per andare oltre dovrei davvero sentire, come si dice, entrambe le campane. Io sto leggendo solo la Tua versione.
Mi sembra di comprendere che, in quest'ultimo caso, il rimprovero più grosso sia stato quello di “devi velocizzarti”.
Ma tra le righe di quanto scrivi, io leggo:
Qualche volta ho sbagliato
forse sono lenta
riconosco di essere un po' distratta
non sono sicura di me sul lavoro
Di queste quattro considerazioni, se sono solo queste, una Te la passo come non “addossabile a Te” e precisamente “forse sono lenta”. Lo faccio perchè entrare in un nuovo lavoro e gestirne tre contemporaneamente, come scrivi d'aver fatto, non può permetterTi di essere velocissima. Probabilmente se Ti avessero assunto per fare un lavoro solo, Te la saresTi cavata (non so però nei precedenti 3 cos'hai combinato). Aver preteso da una nuova impiegata tre mansioni assieme, anche se magari semplici ma comunque forse non abbinabili tra loro, può essere stato un errore di chi Ti ha assunto.
Mi scrivi anche di Titolari, quindi presumo si sia trattato di un'azienda padronale ed anche questo va a Tua scusante. Il Titolare di un'attività, solitamente, è sempre convinto di saper far tutto e meglio di tutti. E con la stessa mentalità pretende che gli altri siano da subito come lui, altrimenti non vanno bene perchè gli fan perdere tempo e danaro.
Detto questo però, devo anche dirTi che le altre 3 considerazioni non depongono proprio a Tuo vantaggio: sai di sbagliare, qualche volta, o più volte; riconosci di essere distratta (e gli errori sono una conseguenza della distrazione) e termini dicendo che mentre nella vita sei sicura di Te, non lo sei sul lavoro.
Questo è perdonabile perchè dopo quattro flop, sfido chiunque a non aver paura e ad essere sicuri di se stessi.
Poi verremo alla “cura” se sarà possibile darTela.
Dici d'aver sempre agito con senso di dovere. Mi fa piacere che Tu lo scriva, ma a volte però non basta perchè il senso di dovere è talmente ovvio che debba esserci nel lavoro, che quello che per Te era un qualcosa che mettevi e di cui andar fiera, per il Tuo titolare era la norma.
Vorrei chiederTi, anche se non puoi rispondermi (e quindi rispondiTi da sola) come e perchè la Tua collega dell'ufficio amministrativo, di cui scrivi, operasse anche Lei in 3 lavori contemporaneamente senza però avere problemi. Forse era nella posizione da tempo e conosceva tutto o forse non è da far rientrare nelle quattro considerazioni che riguardano Te?
Sulle motivazioni date dai Tuoi principali e sulle Tue, non mi soffermo molto perchè quando si arriva alla situazione di rottura di un rapporto, quello che si dice, spesso, è banale.
Loro hanno detto che non sei adatta al lavoro futuro con l'estero mentre conosci 3 lingue e Tu, dal canto Tuo, dici che chi Ti aveva preceduto aveva lasciato un disastro. Classiche scusanti da entrambe le parti. Magari assolutamente vere ma da non considerare.
La rottura c'è stata per quello che hai o non hai fatto. Sul futuro nessuno può fare obiezioni. Forse loro pretendevano troppo, come ho già scritto, o forse Tu sei troppo lenta ed hai bisogno di più tempo.
Chissà perchè però, ma ho la sensazione che il Tuo problema possa essere solo di distrazione. Poca attenzione a quello che si fa, ma sopratutto poco interesse, porta a sentire pesante il lavoro e quindi ad essere obiettivamente lenti nello svolgimento. La mancanza di attenzione è la principale causa degli errori.
Ed ora cerco di darTi una ricetta di cura.
Leggo all'inizio della Tua lettera che stai cercando in internet un nuovo lavoro. Perchè non Ti affidi invece a qualche ufficio, anche di lavoro temporaneo che troverai nella Tua zona? Basta un breve colloquio e poi pensano loro a trovare qualcosa che possa andar bene. In internet non credo Tu possa trovare richieste interessanti. Non perchè internet non lo permetta ma perchè forse, l'azienda che si affida ad internet per posizioni come quelle che hai ricoperto, parte già con intenti non eccessivamente seri.
Inoltre, molto importante, ricordaTi nei futuri contatti che avrai, di non dire mai che non “hai superato quattro periodi di prova” perchè non Ti farebbero nemmeno iniziare il quinto. E' preferibile, se devi dire d'aver già lavorato, che Tu dica che l'esperienze passate avute erano relative a periodi a termine, già programmati sin dall'inizio e che, in quei momenti, Ti andavano bene rapporti in quel modo. Riesco a spiegarmi?
Ti chiedi come far fruttare le Tue capacità che sai d'avere.
Credo che Tu debba fare quello che sai fare; quello che vorresTi, che occupa la Tua testa e per cui Ti senti portata.
Non so cosa svolgessi nei precedenti lavori ma forse la chiave sta anche in quello. Svolgevi lavori che Ti interessavano e Ti appassionavano o no? Perchè se la risposta è no, rafforzi la mia idea che Tu sei il tipo che si deprime e si distrae quando deve far qualcosa che non è di Tuo massimo gradimento.
Cerchi di migliorarTi, organizzarTi e gestirTi, ma come lo fai? Difficilmente puoi migliorare se Tu stessa ammetti di essere distratta. Non vorrei che, come molti, Tu dicessi a Te stessa “adesso devo stare attenta; adesso devo migliorare”. Pensieri così, se non rafforzati da una volontà di ferro e specifici obiettivi da raggiungere, non servono ad un bel niente.
Non mi dici un'altra cosa importante: Tu hai bisogno del lavoro, di qualunque lavoro purchè ci sia o puoi vivere anche senza quest'assillo immediato? Ti dico questo perchè se non hai questo assillo non iniziare nuovamente a cercare un lavoro che non Ti interessa ma impegnaTi magari a sviluppare o cercare un'occupazione che Ti appassioni.
Non per niente chiudi la Tua lettera scrivendo:
“Un altra cosa: sto studiando per diventare webmaser, il mio sogno è aprire in un futuro più o meno lontano il mio studio. Credo però che avverrà quando sarò più sicura di me nel mondo del lavoro.”
Se stai studiando per questo, significa che questo è ciò che Ti interessa (ed è davvero ben distante dal lavoro di centralinista). DovresTi allora volgere le Tue attenzioni verso posizioni di aiuto webmaster o comunque aiuto in qualunque agenzia che agisca in settori vicini.
Ho scritto che la cura è cercare di fare ciò per cui ci si sente portati. Ora aggiungo: se le necessità della vita ci obbligano a svolgere altre mansioni, possiamo e dobbiamo farlo ma dovremo metterci una cura ed una passione (anche se non c'è) che davvero non molti riescono a mettere. Ma chi riesce, però, è colui che va avanti.
Le doti che abbiamo (quelle che Ti dai sono: simpatia, cordialità e gentilezza) non necessariamente valgono per ogni situazione. Una impiegata amministrativa, può non essere simpatica, cordiale e gentile, ma deve però saper di gestione. Una commessa o una venditrice invece, può non capire nulla di amministrazione ma dev'essere quello che Tu hai o sei.
Ora Ti racconto un fatto che potrà chiarire come un comportamento possa essere visto diversamente dall'impiegato e dall'azienda.
Tempo fa, in una grande azienda necessitava un aiuto all'assistente del Direttore Commerciale. La figura era di supporto e non era richiesto null'altro che buona volontà, attenzione e correttezza.
Ebbene, un giorno, la persona assunta spedì un fax ad una catena della grande distribuzione, con condizioni e listini destinati ad un altra catena concorrente. Ovviamente questi erano diversi e addirittura migliorativi. Quando la cosa venne scoperta, poiché fu il cliente incavolato a chiamare per avere chiarimenti del trattamento inferiore rispetto all'altro, la persona che aveva fatto questo, innocentemente disse ( e lo ripeté più volte a sua discolpa) che era stata solo disattenta. . Aveva solo inviato un foglio sbagliato!
Per Lei quindi, l'errore era solo nell'invio di un foglio ad un cliente diverso; per l'azienda il costo fu di qualche decina di migliaia di euro che dovette rimetterci per concedere quel listino al cliente che non lo aveva. Quando la persona fu cortesemente invitata a lasciare quel posto in quanto non adatta, continuò a portare a discolpa il fatto che, in fondo, s'era trattato solo dell'invio di un foglio sbagliato.
Probabilmente ancora oggi, quella ragazza penserà d'esser stata eliminata dalla posizione solo per un foglio sbagliato.
Capisci Silvia come un fatto possa essere visto e giudicato diversamente dalle parti? Non credo che questo riguardi Te ma l'ho raccontato per farTi comprendere che, a volte, ciò che noi pensiamo può non essere in linea con quanto pensano gli altri, anche se lo facciamo in buonafede.
Come finire quindi? Io insisto nel credere nella Tua distrazione come causa dei Tuoi guai che, credimi, non sono da poco dopo quattro flop. Posso suggerirTi di cercare in libreria qualche volumetto su come rafforzare la mente (piccoli e semplici esercizi). Potrebbe aiutarTi ad una maggiore capacità di concentrazione.
Ti suggerisco anche di vivere il Tuo lavoro come se Tu fossi il Capo responsabile di ciò che Ti viene affidato. Non l'impiegata che scrive a computer un foglio e che, alla fine, pur avendolo scritto perfettamente, non sa cosa ha scritto; ma colei che comprende il valore ed i significati di quello che sta facendo. Questo approccio porta le persone a sensibilizzarsi sul lavoro. Sentirsi partecipi, anche un poco, significa ritenere che quello che si fa è una parte di qualcosa di più grande. E quella cosa grande non funzionerebbe se mancasse anche solo quella parte piccola fatta da quella persona.
Sentirsi appartenenti al gruppo; sentirsi anche solo una rotellina dell'ingranaggio, capendo che l'ingranaggio non funzionerebbe senza quella rotellina, serve per dare valore al proprio lavoro.
Poi, mi piacerebbe che Tu (è un suggerimento che do spesso) iniziassi a mettere su carta quelli che sono i Tuoi obiettivi di lavoro, nel futuro e nell'immediato domani.
Pensali, scrivili, iniziando da quelli di domani (potrebbe essere la ricerca di un nuovo lavoro, possibilmente più adatto e che non Ti faccia sbadigliare appena lo provi). Datti un tempo massimo per raggiungere quest'obiettivo e poi impegnaTi a raggiungerlo entro il termine che Ti sei data.
Fatto questo, a fianco di questo primo obiettivo, mettici il Tuo sogno: webmaster.
Pensa entro quando vorrai realizzare il sogno: ipotizza tra due anni. Fatti dei piani per decidere dove o a che punto dovrai trovarTi tra sei mesi, poi dopo un anno e dopo un anno e mezzo.
Tra sei mesi potrai aver finito gli studi; tra un anno potrai aver raggiunto la fine di un apprendistato; tra un anno e mezzo, essere sicura delle Tue capacità e tra due anni....via con l'avventura.
E, per cortesia, non scrivere e soprattutto non pensare più a quel “quando sarò più sicura di me nel mondo del lavoro”. Hai 23 anni, sei giovanissima e sei anche scusata per la Tua insicurezza, ma proprio da questo devi partire per cambiare. La sicurezza viene col tempo e con l'esperienza. Non farTi quindi angosciare dal non averla ancora raggiunta. Non vedere questo fatto come un difetto. Scoprirai improvvisamente, quando avrai trovato la Tua strada ed un lavoro che Ti appassionerà, di non essere più insicura; tutto Ti apparirà più bello e Ti sentirai forte.
Scrivi ancora se hai bisogno.
Ciao

martedì 21 ottobre 2008

Dilemma pericoloso

Rosaria (loc. n.c.)
Ho 27 anni,da 3 mesi mi son laureata in Economia Aziendale. Mi trovo in una situazione per me difficile,anche se risolvibile. Sono indecisa se intraprendere la strada del tirocinio triennale,senza guadagnare un euro o prendere altri sbocchi,
Ma fin adesso non mi è capitato ancora nessun lavoro di mio gradimento. Tutti lavori come consulente commerciale, consulente di zona, addetti alla vendita che, non ritenendoli di mio gradimento ho scartato a priori e non so se pentirmene o meno perchè da Settembre che ho avuto queste offerte ad ora non mi è arrivato nessun altro contatto. Uscendo dal mondo universitario, mi sento in un mondo in cui mi sembra difficile entrare, perchè noto che quello che ci offre l'università (solo teoria) non è quello che richiede il mondo del lavoro.
Non voglio sprecare tempo nel decidere cosa fare o non fare,vorrei consigli da persone più esperte e mature di me. Vi ringrazio se mi date un consiglio.
Buona giornata.

Gentilissima Rosaria,
riceviamo abbastanza spesso lettere come la Sua e, personalmente, sono sempre piuttosto imbarazzato a rispondere perchè per certi versi vorrei scuotere chi scrive e per altri, mi rendo conto che ognuno di noi crea il proprio futuro modellandolo su se stesso, sulle proprie ambizioni e sulle proprie necessità. Questo fa si poi che nella vita ci siano coloro che raggiungono obiettivi, altri che lo fanno a metà ed altri ancora che se la prendono con la società perchè a loro non è caduto addosso nulla.
Lei è solo una laureata che, come innumerevoli altri, è uscita dall'Università sicura che dicendo d'avere una laurea Le si aprissero le porte. Poi, come tutti, si scontra con la realtà a muso duro e si accorge che la laurea è preparazione culturale e bagaglio personale ma ha ben poco a che fare con il mondo del lavoro. Ci si accorge quando si cerca un lavoro, che nessuno è indispensabile e che, anche senza di noi, il mondo ha funzionato, funziona e va avanti. Vediamo e leggiamo di persone che hanno ottenuto ciò che volevano; di altre che occupano ottime posizioni ed altre ancora che sono riuscite a ritagliarsi spazi profittevoli. Allora, ci vien da abbinare questi successi agli studi fatti, come se questo fosse automatico. Non lo è. Il solo automatismo, mi creda e se lo segni su un foglietto per non dimenticarlo, è nel rimboccarsi le maniche e mettersi a fare qualunque cosa serva per iniziare ad entrare in questo mondo. Se poi pensiamo dentro noi che qualcosa piace più di altro, prendiamo quella strada perchè saremo agevolati.
Il mondo del lavoro non è poi così difficile; basta affrontarlo proprio dalla parte opposta da come lo vorrebbe affrontare Lei. Sarebbe importante che il primo lavoro fosse di nostro gradimento ma non è un imperativo. E' molto più importante essere flessibili ed iniziare o accettare anche situazioni che possono non apparire per noi ma che comunque hanno il pregio di farci iniziare. Riesco a spiegarmi? Poi, ci pensi: come può dire che quanto Le hanno offerto (consulente commerciale, di zona, addetta alle vendite) non sono di Suo gradimento se prima non prova? Potrebbe scoprire un mondo diverso e piacevole. Potrebbe, con la Sua laurea, avere successivi sbocchi di carriera.
Non si scartano a priori le offerte quando non si ha fatto ancora nulla e non si ha alcuna esperienza. Non si meravigli se un'azienda Le offre un tirocinio senza compenso. Magari quell'azienda sta esagerando; potrebbero essercene altre che forse Le darebbero comunque un contributo ma, inizialmente, perchè un'azienda dovrebbe accollarsi la spesa di far fare esperienza ad un a persona che, per un certo periodo comunque occupa una posizione per una mansione che non sa ancora fare? Capisco che questo discorso possa non essere gradito ma è la realtà. Se un'azienda abbisogna di un impiegato o manager amministrativo, va a cercarsi qualcuno che sappia fare quel lavoro e non una persona che deve ancora imparare. Siamo sempre pronti a dire che così facendo chi non ha esperienza non potrà mai lavorare, ma, mi creda, se mai si trovasse un domani nella posizione dell'azienda, farebbe così anche Lei.
Il tirocinio è una strada che va quindi affrontata con umiltà e si dev'essere pronti ad accettare le condizioni. Mi sembra invece che, come tanti giovani, anche Lei voglia invece entrare nel mondo del lavoro dettando le regole.
Termina scrivendo che non vuole sprecare tempo nel decidere e quindi chiede un consiglio. Il mio consiglio è che dovrebbe invece impegnare tempo proprio per scegliere, valutare e decidere.
Il mio suggerimento può variare enormemente in proporzione a cose che non mi scrive. Ad esempio: può permettersi di mantenersi per qualche anno, facendo un tirocinio senza (come scrive) guadagnando un euro? Oppure ha necessità di guadagnare da subito? Poi ancora: il percorso di studi intrapreso è una via assoluta che vuole seguire o, come spesso accade, si sente attratta da qualcos'altro? Mi spiego meglio: vuole assolutamente operare nell'ambito amministrativo e tutto il resto non l'attira oppure ha altri interessi?
Quello che ha scartato ormai non torna più. Ma, La prego, non inizi con la solita tiritera dell'universitario che si sente rifiutato dal mondo del lavoro o che scopre improvvisamente che uscendo dalla scuola le cose sono diverse da come uno immaginava. Sono motivazioni talmente vecchie che è impossibile anche per uno studente non saperle, a meno che non sia vissuto in un limbo. Purtroppo (ed è per questo che tendo ad inquietarmi) questo pensiero o convinzione nasce per cercare una scusante al fatto di non aver fretta nella ricerca di un lavoro. “Se non lavoro ancora è perchè l'università non mi ha insegnato nulla e nessuno mi vuole”.
Per finire: se ritiene che la Sua strada sia, come ho detto, nell'amministrazione aziendale e basta, faccia nuove ricerche per vedere se nella Sua zona esistano aziende che comunque abbisognano di un neo laureato senza esperienza ma a cui possano dare un contributo. Per questa ricerca può avvalersi di qualche agenzia di ricerca del personale che opera nella Sua zona, telefonando e presentandosi. Non invii curricula a destra e manca, a caso, perchè non serve a nulla.
Se, riflettendo, riterrà che, per svariati motivi (iniziare a guadagnare da subito, fare esperienze diverse, provare strade a cui non pensava o altro) può andar bene qualsiasi occupazione, non ha che l'imbarazzo della scelta. Anche fare la commessa in un negozio appartenete ad una catena può dare sviluppi di carriera interessanti, sopratutto con una laurea in economia.
Circa quanto Le hanno offerto (consulente commerciale, consulente di zona ecc....ecc...) possono andar bene per iniziare ad entrare nel mondo del lavoro. Le suggerisco però, se non ha basi per mantenersi qualche tempo da sola, di optare per una consulenza che Le offra almeno un fisso che Le copra le spese. Iniziare da nulla, senza esperienza e magari a provvigioni, non è salutare per chi non è del mestiere.
Si fermi quindi a pensare a cosa vuole e poi si indirizzi verso la strada che più la attira.
Vedrà che troverà la via anche se oggi Le appare tutto difficile e contrario. Occorre solo buona volontà, umiltà e disponibilità. E se vuole ulteriori aiuti, mi riscriva.
Cordiali saluti.

domenica 19 ottobre 2008

Contratto

Maria (loc. n.c.)
“ avrei bisogno del vostro aiuto!
Una azienda di informatica vuole assumermi come centralinista, una specie di call-center. Quale tipo di contratto di lavoro devo cercare per informarmi e conoscere il modo in cui devo essere assunta?
Grazie”

Gentilissima Maria,
abbiamo detto più volte che la contrattualistica è un settore in cui non ci sentiamo di dare suggerimenti perchè occorre conoscere approfonditamente tutte le pieghe delle condizioni che un'azienda usa nel valutare il proprio lavoro o il settore in cui opera.
Detto questo, se un'azienda vuole assumerTi come centralinista, non devi preoccuparTi di sapere quale tipo di contratto cercare per conoscere il modo d'assunzione. Sta certa che lo sa bene l'azienda e avrà le idee chiare su cosa vuole e quindi, quello che vorresTi Tu, in questo preciso caso, vale poco.
Potrebbe essere un contratto a termine; oppure di formazione come a tempo indeterminato; in qualità di impiegata al livello idoneo alla mansione o altro ancora.
Forse quello che più conta se sei al primo impiego....è prendere questo lavoro. L'esperienza che potrai acquisire vale ogni contratto, bello o brutto che sia. Credimi: vale più il gruppo di lavoro e l'ambiente che non altro. Se Tu guadagnassi chissà quanto ma non Ti trovassi bene, al di là di quello che si pensa, non staresTi in quel posto più del necessario, salvo vivere male fuori e dentro.
Accetta quel contratto (che non sarà poi diverso da come può e dev'essere) e fatti esperienza. Poi, potrai sempre cambiare. Le valutazioni del contratto si possono fare quando si ha un'esperienza e un bagaglio professionale che ci rendono forti perchè coscienti di offrire qualcosa che altri magari non hanno.
Buon lavoro.

giovedì 16 ottobre 2008

Idea geniale

N.N. Benevento
“Sono stato qualche anno in Germania e da poso sono tornato in Italia. Ho 27 anni ed un diploma che mi porterebbe a fare quello che non voglio. Ho un'idea che mi è venuta all'estero e che sto pensando da tempo. Più ci penso e più ritengo che è davvero geniale. Mi mancano i soldi per attuarla. Voi mi dareste una mano? Diventereste soci con me e arricchireste....”

Mio caro N.N.,
a dire il vero ho letto e riletto qualche volta le Tue righe perchè non capivo se poteva essere uno scherzo o meno.
Dunque, vediamo: Tu hai un'idea geniale e vorresTi che io, che nemmeno conosci, Ti dessi del danaro. Non entro nemmeno nel merito della proposta ma mi chiedo solo se Tu pensi che, presentandoTi così, questo sia il modo migliore per dare di Te una buona immagine.
Come puoi pensare di trovare mai qualcuno che senza conoscerTi, senza aver mai neppure sentito quello che hai in testa, senza aver mai visto nulla, possa darTi del danaro per un'idea che Tu ritieni geniale e che Ti auguro lo sia davvero.
Suvvia N.N., sai quante idee nascono ogni secondo nel mondo? Sai quante sono ritenute geniali per il progresso? Sai quante dovrebbero arricchire chi le ha inventate? E sai quante riescono a malapena, dopo essere state immesse sul mercato con sforzi ed enormi spese, ad ottenere un ritorno di qualche spicciolo? Credo d'aver detto diverse altre volte che le idee che noi abbiamo sono tutte geniali, innanzittutto perchè sono nostre, poi perchè le vediamo con gli occhi dell'inventore e spesso non con quelli del consumatore.
La Tua però, Te ne do atto, potrebbe esserlo davvero e magari anche commerciabilissima. Non basta per avere successo. Vedi anche Tu che servono i soldi per crearla, brevettarla e lanciarla. Non puoi N.N. pensare che scrivendo a destra e a manca Tu possa trovare qualcuno che dica: “accidenti, un'idea geniale, potrei divenire milionario. Lo finanzio....” Credo sia davvero utopia.
No so se servono, secondo Te, pochi o tanti denari. Presumo non pochi, visto che li cerchi da sconosciuti, ma se fossero in quantità accettabile, cercaTi un prestito personale serio (non da amici degli amici) e fai produrre l'idea. Il rischio d'impresa, se si crede in qualcosa, dev'esserci. Se invece hai paura, lascia perdere perchè altrimenti perderesTi i soldi.
Ti prego, però, per il Tuo bene, di approfondire quello che hai in testa, magari parlandone con qualcuno che ne sappia di più, in zona, nell'ambito del marketing e del lancio di prodotti, per capire se, una volta attuato vi siano possibilità concrete di uno sbocco sul mercato e di un ritorno.
Ciao

mercoledì 15 ottobre 2008

Contratto lavoro

Adele (città del Sud)
Sono stata contattata da una azienda metalmeccanica che mi ha proposto un lavoro. Attualmente sono impiegata presso un'azienda chimica settore vetro inquadramento C2. A parità di livello e inquadramento quale è il contratto più remunerativo ? E quale è il corrispondente del livello C2 nei chimici ?
Grazie

Gentilissima Adele,
più volte in passato, ma Lei non avrà avuto modo di leggere, ho risposto a questi quesiti rimandando ad altri un'interpretazione più corretta ed adeguata.
La ns. esperienza e quindi i ns. suggerimenti e consigli sono specifici nell'ambito di vendite, marketing, comunicazione, formazione, comportamento, relazioni interpersonali ma non nell'ambito della contrattualistica di lavoro che, aggiornandosi coi rinnovi dei contratti ed avendo innumerevoli sfumature di interpretazioni, azienda per azienda, possono rendere un suggerimento non corretto, traendo in inganno.
Posso dirLe che, solitamente, i contratti lavoratori chimici sono migliori rispetto a quelli dei metalmeccanici che, credo, siano forse quelli in assoluto meno appetibili. Ma questo è un parere e può essere smentito dai fatti.
Non tralasci il contatto avuto ma faccia i conti. Lei sa bene quanto guadagna (numero mensilità, eventuali premi, extra, straordinari, numero giorni ferie annue (vale anche questo) e tipo di lavoro che fa.
Per il totale guadagno guardi il Suo modello annuo ed avrà la cifra che comunque dovrà in qualche modo aumentare per avere un vantaggio economico dal cambiamento.
Poi, controlli sul libretto del contratto chimici (che tra l'altro dovrebbe essere dato gratuitamente ad ogni lavoratore ad ogni rinnovo) il Suo posizionamento C2 e le Sue mansioni.
Quindi:
guadagno annuo complessivo (se Lei ha 14 mensilità ed il contratto metalmeccanico ne contempla 13, dovrà tenerne conto nei calcoli)
eventuali extra
giorni ferie contrattuali
queste sono le prime valutazioni di base che deve fare nel confronto.
Dovrà poi farsi spiegare, o meglio, farsi dare per iscritto, il posizionamento e le mansioni che tale posizionamento le permette. Anche questo è un confronto che può fare.
Entrando nell'ambito di valutazioni più consone a noi, ritengo che Lei debba valutare la comodità di raggiungimento del posto di lavoro; la serietà dell'azienda; il fatturato e l'andamento sulla piazza o sul mercato nazionale; il numero di persone che vi lavorano, l'ambiente di lavoro; per finire con le prospettive di crescita professionale che quest'azienda può darLe.
Non manchi neppure, semmai avesse un colloquio con chi dovesse eventualmente divenire il Suo Capo, di sentire epidermicamente con chi ha a che fare. Voi donne siete specializzate nell'intuire queste cose!
Lascio per ultima, perchè ancor più importante, l'analisi che deve fare circa le motivazioni che la inducono a cambiare.
Il cambiamento va fatto non perchè si è richiesti ma perchè si capisce, per qualche motivo, che l'esperienza che si sta facendo è giunta al termine e che occorre rinnovarsi per trovare la nuova spinta a proseguire.
Cordiali saluti

domenica 12 ottobre 2008

Formazione

Fulvio A. (loc. n. c.)
“ Leggendo alcune vostre risposte relativamente alla comunicazione e formazione, al modo di comunicare e tenere meeting, noto che chi di voi scrive non ama o apprezza i nuovi sistemi di comunicazione che vanno per la maggiore. Poiché io opero in questo settore, chiedo cortesemente di saperne di più sul motivo. Grazie”

Gentilissimo Dr. Fulvio,
è verissimo. Chi scrive non ama le nuove tecniche di comunicazione se, per nuove tecniche, intende l'uso di materiali quali la presentazione creata sul computer e proiettata in aula su uno schermo. Trovo che sia l'assoluta morte della comunicazione. Anzi, non la ritengo comunicazione ma un semplice sistema di informazione e passaggio dati. La comunicazione, come la formazione che di comunicazione vive, è tutta altra cosa. E' passione, dialogo, approfondimento, discussione, sentimento e molto altro ancora. Può per caso abbinare questi concetti al un foglio elettronico proiettato su uno schermo?
Mi sono accorto che queste tecniche vengono usate e gradite proprio dai giovani perchè, non riuscendo a gestire un gruppo di lavoro; una sala o un meeting, tendono con questo sistema a dire senza essere interrotti ed a comunicare, con qualche colore o parola che entra e esce, tra una sorpresa e l'altra, quello che non saprebbero dire direttamente. Spesso ci si trincera dietro qualcosa che dà sicurezza per paura di ciò che può uscire da uno scambio di opinioni e quello che dà sicurezza oggi è proprio il gestire un meeting attraverso l'uso del computer.
Se però Lei, Dr. Fulvio, si svestisse dei Suoi abiti e si domandasse, non tanto quanto piace questo sistema di presentazione ma piuttosto quanto resta nella testa, di quanto presentato con questo sistema, probabilmente rimarrebbe sorpreso negativamente. Il fatto, come penso d'aver già più volte detto, è che seguendo sullo schermo le listate che appaiono e spariscono, tendenzialmente si legge e, se si fa una valutazione, non è mai sui contenuti ma sulla presentazione e cioè se questa è stata ben colorata, allegra, divertente.
D'accordo se dobbiamo presentare dati; meno bene già solo se gli stessi dati dobbiamo analizzarli; male se dobbiamo discutere con i partecipanti per coinvolgerli sui temi della riunione. I dati proiettati (vale la stessa cosa per le diapositive di un tempo, per carità) sono freddi. Le stesse frasi, gli stessi concetti, appaiono privi di vita. Non si discutono. Sono stampati e le cose stampate si leggono e basta. Non c'è vita, non c'è calore.
Provi a prendere le stesse cose che presenta attraverso lo schermo e le scriva a mano, con grossi pennarelli su dei fogli di una lavagna e mentre ne parla, li sottolinea; si sofferma su un punto, aggiunge punti esclamativi, li circonda; li cancella, Provi a scrivere una sola parola su un foglio e su questa, facendo parlare i convenuti o stuzzicandoli con una semplice domanda, rimanerci un'ora sino ad arrivare a chiarire perfettamente ciò che voleva dire; ecco, provi a fare questo e vedrà, se ci riesce, che sarà chiaro perchè non ritengo le tecniche che Lei dice, adatte alla comunicazione (che entrambi conosciamo). Se invece deve comunicare quattro dati è sufficiente che li scriva su un foglio e li spedisca a casa delle persone, anziché far loro perder tempo per leggerli su uno schermo.
Tutto qua.

mercoledì 8 ottobre 2008

Incuriosire

Amilcare M. Roma
“Grazie per il vostro blog. Mi serve molto. Vorrei chiedere una cosa. Devo tenere nei prossimi giorni (mi potete rispondere subito?) un nuovo meeting. Non sono preparatissimo ma devo pur imparare. Allora seguendo anche i suggerimenti che date, oltre ad avere già trovato dei benefici notevoli, mi sto preparando tutta la scaletta. Sta uscendo un buon lavoro ma vedo che ci sono mille cose da dire e il discorso risulterà interminabile. Nel precedente meeting ho presentato un prodotto nuovo. C'è la storia; il perchè è stato fatto; come; cosa si vuole, cosa fare; eccetera. Non finiva più. Io mi accorgevo ma non potevo farci niente. L'unico vantaggio è che avendo detto tutto per bene, non ci sono state domande di chiarimenti. Ora vorrei trovare qualcosa di diverso perchè anche la preparazione altrimenti diventa ossessionante per me.”

Mio caro Amilcare,
grazie di tentare di seguire i nostri consigli. Davvero mi auguro che possano servire. Ci vorrà tempo ma credici. Farai nuovi errori, come hai già fatto, ma lentamente le cose andranno meglio. Non darTi mai per vinto.
Vuoi una risposta urgente. Eccola. Nella presentazione precedente forse hai fatto davvero un errore. Prova ne è che Te ne sei accorto e che non vorresTi ripeterlo. La lunghezza della presentazione e la volontà di dire tutto. Tanto che, alla fine, nessuno Ti ha fatto domande. Un po' perchè forse non ne potevano più ed un po' perchè avendo detto tutto Tu, cos'altro dovevano chiederTi?
Un buon metodo è sempre quello di dire le cose essenziali cercando di incuriosire chi ascolta e partecipa a saperne di più e quindi a domandare. La domanda è segno di partecipazione e di coinvolgimento. Se non c'è....
Rivedi la Tua presentazione. Riduci i punti. Elenca gli essenziali e su questi poi, approfondirai i temi. Ma lascia sempre qualcosa che crei curiosità e necessità di fare la domanda di chiarimento.
Non c'è nulla di peggio per un relatore (che difatti rimane sempre male) quando, alla fine, si mette a disposizione per rispondere a domande che, pur sollecitate, non arrivano. Perchè? E' stato tanto bravo o i partecipanti vedono l'ora di andarsene? E' stato troppo prolisso e chi ascolta ritiene non sia il caso di fargli aprire ancora bocca od è stato davvero bravissimo? Possibile che in un gruppo tutti abbiano compreso tutto?
Ti sei accorto che il discorso non finiva più probabilmente vedendo i loro visi ed il loro comportamento eppure, ma solo per mancanza di capacità di gestione di un aula, non hai saputo risvegliare l'interesse. A volte occorre cambiare il tono di voce; sparare una battuta; troncare un discorso o auto-criticarsi senza vergogna. Una frase come “ho detto certamente troppo e sto stancando ma essendo io uno che fatica a comprendere, per paura di non essere chiaro, preferisco dire qualcosa in più che in meno, e so che voi non ne potete più” potrebbe anche avvicinare i partecipanti e risvegliare l'interesse con qualche domanda. Rimane però il suggerimento che Ti ho dato: quando parli cerca di dire qualcosa in meno di ciò che vorresTi in modo da lasciare la possibilità di saperne di più e quindi di domandare.
Ciao

lunedì 6 ottobre 2008

Cambio lavoro

Antonella B. Milano
“ho avuto un'offerta davvero strepitosa ed ora mi trovo in uno stato di agitazione incredibile. Da un lato vorrei andarmene dal posto di lavoro attuale e dall'altra mi trovo in difficoltà perchè i rapporti con il Capo attuale e con i colleghi sono più che ottimi.
Vorrei iniziare a dirlo ai colleghi ma son che se lo facessi, dopo poco lo saprebbero tutti mentre al Capo vorrei dirlo io per chiedere anche aiuto nella scelta. Quindi, altro dilemma: prima il capo o i colleghi? Poi, davanti al Capo come mi devo comportare? Potrebbe inquietarsi o forse no. E se poi l'offerta avuta non andasse a buon fine? Che figura farei col mio attuale Capo? Magari poi non mi terrebbe più con fiducia. Sono in un bel casino....”

E si, cara Antonella, sei proprio in una situazione un po' confusa. Forse però lo è perchè sei Tu a non avere le idee chiarissime. Dunque, vediamo: hai avuto un'offerta strepitosa. Non so per cosa perchè non lo dici ma Ti credo. DovresTi allora iniziare con qualche riflessione come queste: dove sono, sto bene? Ciò che guadagno è sufficiente per le mie necessità? Le mie aspirazioni possono trovare sviluppo? L'ambiente è bello? Ciò che svolgo mi appassiona? I miei Capi pensano bene di me? Hanno dimostrato d'aver fiducia? Ho sufficiente delega? Mi vedo nel lavoro che faccio o in altra posizione, ma sempre in questa azienda tra dieci anni?
Poi, puoi proseguire con qualche altra domanda più banale: la sede per il posto di lavoro che andrei ad iniziare è più comoda rispetto all'attuale? Il tempo di trasferimento è meglio o peggio di oggi? Ci arriverei con la stessa spesa di oggi o avrei maggiori costi e tempi?
Infine. Ci sono le domande relative al nuovo lavoro: la posizione che mi viene offerta è superiore a quella attuale? (perchè se fosse la stessa ma solo pagata meglio, cambierebbe la valutazione). Vine offerto uno stipendio solo maggiore o vi sono anche incentivi? E questi sono legati a condizioni che dipendono da me o dall'insieme dei risultati del gruppo? L'azienda è solida? Conosciuta? Da quanto tempo è in azienda quello che dovrebbe divenire il mio Capo? Io prenderei il posto di altra persona od è una posizione nuova? E se prendo il posto di un'altra persona, perchè questa non c'è più? Se ne è andata di sua volontà; è andata in pensione, è stata allontanata; è stata promossa? Quanti anni è stata nella posizione la persona che andrei a sostituire? L'azienda, che posizione occupa nel mercato? Produce utili? E' padronale o società?
Ecco, cara Antonella, Ti ho scritto solo alcune delle decine di domande che possono e dovrebbero trovare risposta prima della decisione.
Ti suggerisco quindi questa linea di condotta: non dire nulla. Accetta un colloquio con la nuova azienda e vacci con le idee chiare. Studiati per bene tutte le domande che puoi e devi fare, per avere le risposte a quanto io stesso ho scritto. Poi, una volta a casa, mettiTi a tavolino, prendi un bel foglio, dividilo a metà, intesta una parte col nome della attuale azienda e l'altra col nome della nuova azienda. Poi di lato scrivi le domande e metti le risposte con i pro ed i contro sotto entrambe le società.
Alla fine avrai almeno una panoramica più chiara della differenza tra le due mansioni e le due aziende.
La Tua scelta potrebbe già essere nel foglio che compilerai.
Se la nuova azienda Ti convincerà di più, dovresTi proseguire con i colloqui sino ad accettare il nuovo posto, con una lettera di disponibilità dell'azienda ad assumerTi.
A questo punto potrai trovarTi ad un bivio. Il colloquio col Tuo Capo può avvenire solo se la Tua decisione propenderà per andartene. In questo caso, qualunque cosa succeda, sarai coperta. Potrai chiedere un colloquio al Tuo Capo per dire che Te ne andrai, oppure per dire che hai ricevuto un'offerta che Ti interessa.
Se il Tuo capo o l'azienda tengono davvero a Te, potrebbero offrirTi una mansione maggiore o comunque un miglioramento. Starà a Te valutare la convenienza. Se, come spesso accade, la risposta dovesse essere “siamo felici per Lei, tanti saluti”, Tu avrai comunque le spalle coperte dalla pre-assunzione avuta.
Voglio comunque dirTi che, tendenzialmente le aziende, se possono, tendono a non trattenere i dipendenti per svariati motivi: possono cercare per quel posto qualcuno che costi meno; chi ha deciso di andarsene una volta potrebbe farlo nuovamente e quindi non dà più sicurezza; l'azienda che per trattenere un dipendente dovesse dare più di quanto deve, potrebbe trovarsi in difficoltà con altri. Le aziende, inoltre, non gradiscono i piccoli ricatti che magari devono accettare obbligatoriamente in quel momento ma che cercheranno di riassorbire nel tempo.
Ogni scelta pone dubbi e paure ma nella vita, prima o poi le scelte si fanno. Importante è non pentirsi mai delle scelte fatte. Una volta prese, si deve andare a testa bassa.
In bocca al lupo.

giovedì 2 ottobre 2008

Nuovi prodotti

Ulrico M. Trento
“Sono un imprenditore piuttosto giovane e che può essere definito alle prime armi. Avendone la disponibilità ho fondato un'azienda per lo sviluppo di una mia idea. Strada facendo ho avuto una folgorazione. Un prodotto a cui nessuno ha pensato e che è davvero strabiliante. E' però tutto nella mia mente perchè per mettere in moto tutto ho bisogno di aiuto. XXXXXXXXXXXXXX ecc.ecc...”

Gentilissimo Sig. Ulrico,
come vede ho interrotto la Sua lettera con cui Lei mi descrive approfonditamente il prodotto che vorrebbe immettere sul mercato e con cui mi sta, di fatto, chiedendo un aiuto in termini di consulenza. Può darsi che in passato io abbia già risposto ad una lettera che presentava una situazione come la Sua. Purtroppo non ricordo e non ho tempo per cercarla per cui, semmai dirò cose già dette, mi si perdoni.
Nella mia vita professionale ho incontrato un numero elevato di imprenditori che avevano, tutti, un'idea geniale. Un prodotto a cui solo loro avevano pensato e che avrebbe sconvolto il mondo. Era, per loro, qualcosa di unico a cui avevano dato l'anima, non dormendo di notte per affinare ogni particolare. Quando venivo chiamato al “capezzale” e mi veniva descritta l'idea, ho sempre notato negli occhi di queste persone una soddisfazione unica; forse quella del genio, tanto che, dopo averne ascoltata la descrizione ed aver mentalmente valutato le possibilità di riuscita, m'è sempre dispiaciuto dover dir loro che non avrei fatto nulla per aiutarli. Risposte come la mia li distruggevano momentaneamente, ma per poco. C'è sempre in un imprenditore quel rigurgito di testardaggine che fa loro pensare che un'idea nata da loro stessi non possa che essere unica, a cui il mercato non potrà dire di no.
Posso tranquillamente dirLe, caro Ulrico, che non mi è mai capitato di vedere uno solo di quei prodotti strabilianti prendere una briciola di mercato, nel caso siano stati caparbiamente immessi nella vendita.
Il fatto è che non basta avere idee geniali perchè il mercato acquisti. Non basta pensare d'aver trovato la soluzione a chissà quale problema se non vi sono le basi affinchè l'ipotetico lancio possa funzionare. Il mondo è pieno di prodotti geniali che non sono mai usciti o che, se usciti, non si vendono semplicemente perchè il mercato non li vede come risolutori di un problema esistente.
Il Suo prodotto, Sig. Ulrico, è come questi. Vuole sapere perchè con altissima probabilità non potrebbe andare?
Per lanciare un prodotto occorre un'analisi sulla reale bisogno che lo ha fatto creare.. Questo risolve, come scrive, una necessità che Lei s'è trovato ad avere; ma non è detto che la Sua necessità sia quella di tutti o di molti. Ha chiesto ad amici o conoscenti (anche se non basta) se hanno lo stesso problema? E se si, quanto sarebbero disposti a pagare per risolverlo? Ed anche: quante volte potrebbe essere acquistato in un anno? Ovvero, quale può essere la rotazione di vendita?
Per rispondere a queste domande vanno fatte ricerche costose di mercato tenendo presente una serie di combinazioni che non sto a dirLe per mancanza di tempo e spazio. Il prodotto andrebbe poi comunque brevettato e non lo può fare per la sola Italia come nemmeno per la sola Europa. Se lo facesse ed il prodotto fosse davvero geniale, se lo troverebbe copiato in men che si dica. Quindi, dovrebbe pensare ad un bel brevetto internazionale (mondiale) escluso la Cina che non li accetta e che copierebbe subito. Un brevetto simile, sempre che qualcuno non lo abbia brevettato prima di Lei, avrebbe un costo che, pur non conoscendo la Sua azienda e le Sue disponibilità, definisco molto importante.
Occorrerebbe fare un'analisi di mercato per valutare il potenziale assorbimento che il mercato avrebbe ed anche il costo che il consumatore accetterebbe di pagare quel prodotto. (Sto dicendo in termini volutamente semplici una serie di azioni piuttosto complesse per essere compreso anche da chi, non essendo del settore, stia comunque leggendo). Certamente ci sono poi investimenti industriali che si intrecciano proprio con quanto il consumatore accetterebbe di pagare e che permettono una valutazione del rischio.
Vede Ulrico, io posso avere l'idea più geniale del mondo ma se per produrla, immetterla sul mercato e venderla devo arrivare ad un prezzo che nessuno pagherebbe, quell'idea e quel prodotto non valgono nulla. Un prodotto vale se è vendibile. Se non lo è......
Le sto distruggendo un sogno? Forse si, ma come Le dicevo, ho visto troppi piccoli imprenditori intestardirsi ed arrivare a creare problemi alle proprie aziende solo per non voler accettare questo.
Per finire: se Lei ritiene di poter sopportare un grosso (ma grosso) investimento con un forte rischio, senza che questo metta in difficoltà quanto sino ad oggi creato, provi. Non costruisca e produca con l'idea di andare poi a vendere sena aver fatto tutte le analisi del caso perchè avrebbe un fallimento sicuro. Prima quindi, si copra con ogni sorta di valutazione e solo davanti a risultati strepitosi, potrà decidere di entrare sul mercato. Sappia però che non esiste prodotto, anche il migliore che non debba essere lanciato con costi esorbitanti per farlo conoscere. Non creda nel passaparola, nella bontà del prodotto o negli acquisti dei negozi sotto casa. Se il prodotto non è conosciuto, non verrà acquistato a meno che Lei non voglia regalarlo. Ma non credo sia questo il Suo intento.
Mi spiace se questa risposta dovesse deluderLa ma, come ho detto all'inizio, non ho mai trovato un piccolo imprenditore che non avesse avuto “solo lui” l'idea del secolo, che voleva lanciare senza spendere un euro perchè sicuro che il prodotto si sarebbe venduto da solo, per il fatto d'averlo pensato lui!
Come siano poi andate le cose, l'ho già scritto.
Il mio suggerimento può solo essere questo. Se lei è così sicuro del prodotto e se ha la forte disponibilità necessaria per il brevetto, prima lo brevetti poi cerchi di venderlo a grosse aziende ricavandone una royalty. Se nessuna sarà disposta a collaborare o acquistare il prodotto, avrà solo perso il denaro del brevetto.
Le auguro davvero tanta fortuna.