Ricerca personalizzata

domenica 30 marzo 2008

Parlare in pubblico

Antonio M. Brescia
“.....seguo sin dall'inizio il vostro blog. E' la prima cosa che guardo il mattino. Prendo nota di tutte le cose che possono interessarmi e mi sto facendo una bella cultura. Complimenti. Spero che continuiate. Avete già parlato diverse volte di come tenere una riunione o come prepararla. Devo dire che seguendo i consigli che avete dato ad altre persone, ho potuto io stesso gestire bene una riunione che trovavo difficile da realizzare. Ho solo una cosa da chiedervi. Io ho uno spiccato accento bresciano. Non so se sapete com'è, ma non è eccessivamente bello per chi parla in pubblico. Come posso fare per cambiare? Quando parlo mi viene sempre in mente ed allora cerca di correggermi un po' ma non so se ci riesco. Quello che riesco a fare invece è che pensando a come parlare bene, dimentico cosa dire...........”

Caro Antonio di Brescia,
La ringrazio dei complimenti. Ciò che mi rende più felice è il sapere che Lei segue quanto scrivo e che, archiviando altre risposte, queste Le sono state d'aiuto.
E' lo scopo di questo sforzo e sapere che serve, ci aiuta a proseguire. Se Le interessa posso dire che conosco molto bene Brescia, i bresciani ed il Vostro modo di parlare che, effettivamente non è il massimo per chi vuole tenere un discorso con una dizione neutra di flessioni. Io però non mi farei un grosso problema visto che Lei mi scrive in altra parte della lettera che comunque i Suoi meeting li tiene a Brescia con bresciani. Potrei suggerirLe qualche corso di dizione ma certe inflessioni sono dure da togliere per chi non è completamente coinvolto quotidianamente in situazioni di gestione di un auditorio.
Focalizzerei invece la riflessione su un punto molto importante per un oratore, soprattutto se, non svolgendo questa mansione in via continuativa, si ritrova ad ogni nuovo incontro, con lo stesso problema.
Non pensi più a parlare senza inflessioni perchè, Lei stesso lo ha capito e scrive: “quando penso a cercar di parlar bene, dimentico le cose da dire”.
Questo è il vero punto ed è il cruccio della maggior parte delle persone che, messe davanti ad una platea, ad un gruppo o ad un microfono, nel tentativo di apparire brave, non sanno più cosa esce loro di bocca. (La televisione è piena di questi esempi). Tutti vogliono solo arrivare in fondo ad un discorso o ad una argomentazione pubblica per sentirsi dire “bravo” o “complimenti”, senza sapere che questi elogi vengono fatti gratuitamente a tutti, anche se l'oratore ha fatto proprio schifo. Se qualcuno chiedesse poi a questi oratori cosa pensano il pubblico abbia recepito, non sanno che dire. Pochi sono attenti alle parole che dicono. Importante è aver finito ed essersi sentiti dire “bravo”.
Questo purtroppo è anche il motivo per cui molti meeting di vendita non ottengono poi i risultati sperati. Chi ascolta, capisce molto bene quando l'oratore parla per loro o per se stesso. Se comprendono che costui parla solo per se stesso, l'atteggiamento del gruppo cambia: da attenzione al testo, ad attenzione al comportamento dell'oratore. Alla fine quindi, tutti sapranno che magari l'oratore non è stato bravo (perchè il tempo è passato nella valutazione della persona) ma nessuno o pochi avranno invece compreso appieno gli obiettivi, le strategie ed altro.
E' importante, in qualche modo, capire ed imparare come comportarsi nella gestione della comunicazione. E' importante imparare come parlare in pubblico, ma ciò che invece conta molto di più è imparare a convincere un gruppo. C'è una grossa differenza. Imparare a convincere un gruppo significa studiare e argomentare ciò che si vuol dire in modo che tutto sia reso semplice e comprensibile a tutti (che è poi ciò che veramente vale nel lavoro che Lei fa o che anch'io faccio). Fermarsi invece alla prima parte, ovvero imparare solo a gestire se stessi, può portare a quello che Lei ha detto: “mentre penso a come dirlo, non so cosa dico”.
Mi riscriva se vuole.

venerdì 28 marzo 2008

Vendita

Gianni T. Bari
“.....vendo olio e olive per una società del sud con sede dalle mie parti. Ho iniziato da poco ma non sono giovane cioè ho ventisette anni. Rientro nel vostro aiuto? Il padrone mi dice che devo darmi da fare anche cambiando anche il mio luk perchè devo dare l'immagine di un venditore......Com'è l'immagine del venditore? Io vendo taniche di olio in magazzini che sono anche unti, anche se non consegno col camion e giro in macchina. A volte non riesco a convincere i nuovi clienti che se non comprano perdono il meglio che ci sia....”

Caro Gianni,
Ti parlerò con estrema franchezza perchè è giusto così. Da ciò che scrivi si comprende bene che Tu sei una persona semplice che scrive come parla, senza tanti fronzoli o senza voler fingere d'essere un altro. Sei come sei. Vendi olio per una società del sud che ha sede...al sud. E' chiaro, lapalissiano.
Rispondo volentieri, Gianni, a questa richiesta perchè ho capito che dietro alla Tua semplicità c'è anche una forte voglia di fare e riuscire. Questo sta alla base di una soddisfazione personale che va al di là del successo e della carriera, a volte fine a se stessa.
Mi chiedi: come dev'essere l'immagine del venditore se deve andare in luoghi unti a parlare di taniche d'olio?
Mi fai sorridere perchè Ti immagino davvero e capisco che magari cerchi di non usare l'abito bello per non rischiare di sporcarti. Oggi poi, che tutti si vestono casual che significa l'immagine per il venditore?
Penso che se il Tuo datore di lavoro Ti ha scelto, vuol dire che sa bene che sei la persona giusta, e lo sei anche se magari, secondo lui non Ti sai presentare al meglio. Tu non comprendi perchè dovresti cambiare oppure cosa c'è che non va. Io purtroppo non Ti vedo e sto con quanto scrivi.
Vorrei allora iniziare da questa breve riflessione:

“Quando avrai imparato
a presentare bene te stesso,
potrai pensare
di convincere gli altri
sulla bontà delle tue idee.”

Presentare bene se stesso, vuol dire certamente presentarsi nel modo più giusto, proporzionalmente non tanto al luogo quanto alle persone a cui andrai a parlare. PotresTi trovare persone che ci tengono alla forma anche in un luogo “unto”. Devi quindi pensare al modo in cui vedono e vivono il loro ambiente, non a come lo vedi Tu. Presentare bene se stesso, significa anche dare un'impressione favorevole; un'immagine positiva, seria, di cui ci si possa commercialmente fidare. La nostra serietà interiore deve anche trasparire. A volte, come in questo caso, l'abito fa il monaco ovvero, il modo di presentarsi può impressionare più o meno favorevolmente il potenziale cliente. Oltre a questo, c'è un modo d'esprimersi che può essere gradito a chi non bada alla forma, ma forse meno a chi ci tiene.
Sai, Gianni, viviamo in un mondo in cui magari, sotto sotto c'è poco, ma la forma a volte vale più della sostanza. Noi tutti diffidiamo di chi si presenta male ed infatti i bidoni sono sempre dati da gente che si presenta molto bene. Lo sappiamo eppure viene naturale fidarsi proprio in base all'aspetto. E oltre all' aspetto, Gianni, intendo comprendere anche il linguaggio. Sii, semplice nelle argomentazioni, cercando tuttavia, se riesci, di essere magari meno diretto. Il cliente ha bisogno anche di ascoltare cose che sa bene non vere, ma che gli piacerebbe lo fossero.
Allora, analizza i Tuoi clienti. Comprendi come sono fatti e cerca di adeguare il comportamento ad ognuno di loro. Anche per le argomentazioni vale la stessa regola. Ricorda però che se imparerai a presentare bene te stesso, riuscirai a convincere meglio gli altri. Datti da fare, ce la farai!

giovedì 27 marzo 2008

Comunicazione e vendita

Michel M. Lugano
“......Siamo stati, io ed i miei colleghi , preparati su molte cose per svolgere bene il nostro lavoro di vendita. Eppure troviamo difficoltà Ci siamo incontrati tra noi per discuterne e guardando in internet per vedere se c'era qualcosa, abbiamo visto il vostro blog. Ci potete aiutare? Abbiamo pensato, anche se la troverete lunga, di esporre in modo lineare tutte le azioni che ci hanno suggerito di fare. Vanno bene? Manca qualcosa? Grazie...”

Egregio Michel,
non ho trascritto tutta la Vostra argomentazione ne tutti i punti che, con precisione svizzera, mi elencate. Sono stati però tanto chiari che credo d'aver trovato ciò che in effetti manca in quello che Vi è stato detto. A volte, nella preparazione di vendita e nella tenuta dei corsi, vengono dati per scontato punti che in realtà non lo sono per nulla. Nel Vostro caso, se riflettete bene e ripassate tutta la descrizione e le fasi della vendita, noterete che viene dato per scontato la conoscenza che il cliente dovrebbe avere della Vostra società. Ma è così? Tutti conoscono tutti di Voi? La Vostra è una nuova azienda. Questo è l'anello mancante nella presentazione.
Non credo di dover aggiungere molto. Sono certo che una volta compresa questa dimenticanza, risolverete agevolmente il tutto. Non ho neppure bisogno di usare molte parole. C'è una frase nella presentazione del nostro sito che sembra essere fatta apposta per Voi (ed è molto importante per tutti).

Eccola:
“non conosco Lei
non conosco la Sua azienda
non conosco i prodotti della Sua azienda
non conosco gli obiettivi della Sua azienda
non conosco gli attuali clienti della Sua azienda
non conosco la storia della Sua azienda
non conosco neppure la reputazione della Sua azienda
...allora, mi dica, cosa voleva vendermi?”
(McGraw-Hill Publications)

Chiaro? Perchè un cliente dovrebbe acquistare se non gli vengono date informazioni su questi punti? Allora, al di là del conoscere bene la trattativa, fate conoscere prima Voi stessi, poi presentate l'azienda, i suoi prodotti, gli obiettivi, la storia, i clienti importanti....e solo dopo, quando il cliente avrà compreso chi ha di fronte, potrà essere più disponibile ad ascoltarVi. Credo proprio che all'ottima preparazione avuta, ci sia stata solo questa buccia di banana. Sappiatemi dire, se volete, com'è andata. Io sono goloso di cioccolato e gli orologi svizzeri sono tanto belli!
In bocca al lupo!

mercoledì 26 marzo 2008

Comportamento

nome e località non conosciuti
“.......dice bene quando scrive. Ma non è facile lavorare per tutti. Io non ho la fortuna che ha lei o che hanno tutti quelli che vanno a fare chissà cosa. Ho finito lo scorso anno la scuola e oggi guardando davanti a me vedo solo la possibilità se mi prendono di andare in una fabbrica a fare cosa non lo so. Io non ho il problema di sapere come avere successo ma come fare a sopravvivere comunque il lavoro che farò sarà come un altro per me.........”

Premessa
l'e.mail giunta non portava ne firma ne luogo. Poiché per principio non pubblico l'intestazione dell'e.mail, questa lettera appare non firmata.
Caro sconosciuto,
ho ridotto di molto la Tua lettera, togliendo tutte le imprecazioni e le parole sconvenienti che hai scritto e che non arricchiscono sia lo scritto che te stesso. Comprendo molto bene il Tuo sconforto per una situazione di disagio che stai vivendo ma, credimi, le imprecazioni per certi versi tollerabili nel contesto, non Ti aiutano a risolvere alcun problema e denotano davvero una certa confusione. La prima regola affinchè le cose possano andar meglio, in qualunque momento e situazione, sta nell'agire e pensare con calma. Le imprecazioni sono all'opposto. Denotano uno stato di tensione che non Ti permette di riflettere con serenità.
Sei giovane quindi posso chiamarTi “ragazzo mio”.
Vedi, ragazzo mio, un errore classico di chi vorrebbe ma ancora non ha è di immediatamente incolpare altri d'avere di più; d'essere riusciti maggiormente; d'essere nati fortunati e così via. Se ci pensi converrai con me essere un approccio davvero misero, senza contenuti. Noi non possiamo sapere se chi ha ottenuto di più, lo ha perchè è stato solo fortunato. Perchè non accetti anche l'ipotesi che possa essersi dato da fare con costanza e caparbietà sino ad arrivare a ciò che voleva?
Forse non sai che io sono forse uno dei pochi davvero convinto che la tenacia permetta a chiunque di riuscire dove vuole. Ho insegnato ed insegno appositamente come fare. Sai però qual'è il problema? Molti sono solo curiosi di sapere ma, già in partenza, non sono poi disposti a cambiare nulla del loro mondo, atteggiamento o abitudini. Cambiare è difficile e costa sforzo. Si cambia solo con profonde lacerazioni interiori. Sono pochissime le persone disposte ad accettarlo. Ecco quindi il perchè della selezione. Davanti ad un sacrificio, oggi si girano le spalle. Molto comodo e meglio quindi dire “ho tentato di tutto ma è impossibile”.
Sai, ragazzo mio, se riusciamo a dare ad altri la colpa dei nostri insuccessi, ci scarichiamo di pesi psicologici e possiamo vivere nel nostro trantran, continuando a portare avanti comportamenti/giochi, tra l'altro molto pericolosi.
Non ricordo che la fortuna mi sia mai venuta incontro. Posso però affermarTi che io ho sempre avuto il chiodo fisso di andare incontro “alla fortuna” (nel senso di voler arrivare dove volevo).
Oggi Tu hai davanti la possibilità di entrare in una fabbrica, presumo come operaio. Sottolineo alcune Tue parole perchè sono significative: “a fare cosa, non lo so. Dovrò sopravvivere, tanto il lavoro che farò sarà come un altro...”
Sto sospirando perchè ciò che dici mi fa rabbia e mi fa pena. Ti dico allora come nasce il successo, poi rifletti Tu.
Non ha alcuna importanza la mansione che si svolge. E' importante l'approccio che si ha durante lo svolgimento; la passione che ci si mette e la volontà di arrivare a fare il meglio, nell'ambito di quella mansione. Vedi, un impiegato o un dirigente che dovesse non essere appassionato al proprio lavoro, varrebbe meno di un operaio con la volontà di agire bene. RicordaTi poi che in ogni tipologia di lavoro c'è sempre comunque una scala di posizioni e responsabilità o di riconoscimenti. In fabbrica troverai i Capi Turno, i Capi Reparto, ed altre posizioni ancora. Chi le occupa non è nato con quella posizione in tasca. Se l'è guadagnata. Se Tu inizi un lavoro pensando (più che dicendo) che uno vale l'altro, inizi tanto male, ma tanto male, che davvero andrà tutto male. E' questo che vuoi? Perchè se non lo vuoi, riflettici. Ci stai andando incontro a cento all'ora.
Credo che la Tua rabbia abbia comunque radici più profonde su cui non voglio entrare nel merito, ma non è proseguendo così che cambierai la situazione. Ciò che non vorrei, per Te, è che Tu continuassi a pensarla in questo modo perchè, lo ripeto, è solo una tecnica inconscia che viene usata da chi vuole portare avanti il gioco del “perdente” per poter dire, in qualunque situazione della vita: “lo sapevo benissimo che se non sei fortunato, non riesci in niente”
Vorrei che Tu iniziassi quel lavoro in fabbrica pensando “se voglio, sono più bravo di tutti e lo dimostrerò. Datemi solo tempo e arriverò al posto del mio Capo ed una volta lì, guarderò ancora più avanti. Non importa ciò che dovrò fare. Troverò metodi per fare meglio qualunque lavoro...”
L'obiettivo, ragazzo mio, è trovare in se stessi la motivazione per riuscire ad arrivare dove si vuole. Poi, dopo averla trovata, mettere in atto i comportamenti adeguati. Ripeto: mettere in atto i comportamenti adeguati, altrimenti.....
Ciao

martedì 25 marzo 2008

Comunicazione

Giorgio B. Palermo
“.....Ho visto casualmente il Vs. sito e mi sono ritrovato a leggerlo dapprima incuriosito, poi molto interessato. Complimenti, ma perchè non lo pubblicizzate? .......vengo al mio problema ma devo prima confessare una cosa. Non sono affatto giovane ma spero che possiate capirmi e rispondermi ugualmente. Sono Responsabile Commerciale di una società palermitana che comunque copre il territorio nazionale. Mi permetta di non farVi il nome, certo che comprenderete. Ebbene, nella mia posizione mi trovo quotidianamente a discutere con i miei subordinati; nel senso che devo parlare loro; passare notizie; ordini, oppure tenere meeting per distribuire incarichi. I miei subordinati sono tutti piuttosto giovani. Dovrebbero quindi ascoltare e seguire gli insegnamenti invece vedo che spesso non succede. Passo loro informazioni e quasi non si interessano. Cosa accade? Sono io che non capisco qualcosa?.....”

Egregio Sig. Giorgio,
inizio col rispondere alla Sua prima domanda. Non pubblicizzo questo spazio semplicemente perchè è gratuito. Non costa nulla a chi vi si rivolge e quindi non può sostenere spese. E' una prima regola di marketing. Del resto io passo già molto tempo a gestire gli scritti che mi arrivano; tempo che tolgo ad altre attività. Non sempre tutte le lettere vengono pubblicate. Anzi, molti ricevono risposte che non appaiono per diversi motivi. Il lavoro quindi è molto. Lo faccio per quanto dichiarato da sempre nella presentazione del blog: per dare una mano a chi ritiene di averne bisogno e non sa a chi rivolgersi. Relativamente al far conoscere questo spazio mi aspetto comunque che chi legge e scrive, sia poi soddisfatto e faccia conoscere il blog col passaparola agli amici.
Veniamo ora al Suo problema. Rispondo anche se Lei dichiara di non essere giovane, ne alle prime armi, perchè comunque il Suo caso può aiutare anche altri.
Leggendo le frasi che ho tratto dalla lettera, si può già notare qualche predisposizione al “comando”, qualche comportamento probabilmente più forte del dovuto e questo è il problema.
Mi spiego meglio. Lei chiama “subordinati” i Suoi collaboratori. Non è un termine errato ma denota il fatto che Lei li vede proprio in quella posizione. Il subordinato è colui che tendenzialmente deve ricevere ordini ed ubbidire. I collaboratori sono un'altra cosa. E se Lei dovesse arrivare a vederli come collaboratori, probabilmente le cose inizierebbero a cambiare. Prosegue dicendo “devo passare notizie, ordini, distribuire incarichi”. Anche in questo atteggiamento (che non è comportamentalmente sbagliato) si vede comunque un Suo eccesso nella gestione dei rapporti interpersonali. Lei provi invece a pensare di passare informazioni, compiti, problemi da gestire e su cui i Suoi collaboratori dovranno poi riflettere per comunicarLe eventuali suggerimenti. Qualcosa cambia.
Più avanti dice: “poichè i miei subordinati sono giovani, dovrebbero ascoltare e seguire gli insegnamenti (ordini) invece non accade”
Adesso capirà da solo perchè può non accadere. Giovani o meno, nell'ambito del lavoro dovrebbe esistere il principio della collaborazione al fine di arrivare al raggiungimento di un obiettivo. Mi rendo conto che si possa, in taluni casi e con alcune mansioni, dover necessariamente dare ordini ma, mi creda, non è il caso che questo accada con il gruppo di lavoro a Lei più vicino, con cui si dovrebbe parlare di cooperazione.
Lei dice qualcosa e non viene ascoltato. Accade perchè quasi certamente, secondo quanto mi dice, Lei attribuisce molto valore alle informazioni che passa, proprio perchè è Lei che le passa. Questo Le fa credere che i collaboratori dovrebbero accettarle solo perchè le dice Lei. Riesco a farmi capire?
Il concetto del “l'ho detto io quindi è così” non può coinvolgere. Potrebbe solo essere accettato ma quasi mai condiviso.
Tenga presente Signor Giorgio che le cose che diciamo non sono importanti perchè le diciamo noi, ma diventano importanti solo se chi le riceve, le trova importanti. Non c'è nulla di importante in sé. Il valore alle cose ed a ciò che noi diciamo viene attribuito dalle persone a cui ci rivolgiamo.
Quindi se ciò che diciamo viene percepito come un valore, saremo ascoltati, altrimenti parleremo al vento. Ecco perchè, a seguito del Suo comportamento forse un po' troppo direttivo, vede disinteresse a seguirLa. I collaboratori percepiscono che ciò che Lei dice è importante per Lei ma forse, ci pensi, potrebbe non esser così importante per loro.
Li veda sotto un'altra luce, faccia comprendere loro di non essere subordinati ma collaboratori da cui Lei gradirebbe avere aiuto, idee, suggerimenti e quant'altro e si rivolga a loro proponendo. In questo modo li coinvolgerà necessariamente e loro saranno ben disposti perchè sentiranno le Sue richieste non più come ordini (importanti per Lei) ma come richiesta di aiuto per il raggiungimento di un obiettivo (importanti per loro)
Mi scriva ancora se vuole.

venerdì 21 marzo 2008

Commercio

Fulvio M. (loc. n.c.)
“quello che dico è una constatazione. Non ho nulla da chiedere per me ma solo vorrei un parere su quanto vedo. Quando vado a fare la spesa, vado solo nei supermercati o ipermercati perchè la merce costa meno. Ebbene, da tempo ormai, le offerte sono tante e tali da far girar la testa. Mentre anni fa si parlava massimo di uno sconto 33% quando c'erano i 3x2, raramente, oggi, si arriva sempre più addirittura al 50% se non ad un vero e proprio sottocosto. Se uno sa pianificare bene gli acquisti, come facciamo io e mia moglie, solo girando nei centri vicini a casa, a turno, può comperare sempre, dico sempre, a prezzi davvero contenuti. Ecco perchè mi meraviglio quando vedo in televisione parlare di prezzi che non sono affatto riscontrabili andando a fare la spesa. Ma quella gente dove va ad acquistare e da chi si fa abbindolare?”

Caro Fulvio,
la Tua lettera non mi pone un quesito di lavoro ma do ugualmente risposta perchè anche questi sconti e questi prezzi fanno parte della nostra vita e dobbiamo quindi tenerne conto.
Inizio dalla fine: per motivi di lavoro seguo spesso trasmissioni televisive in cui si intervistano consumatrici disperate dei prezzi. C'è una cosa lampante, sempre visibile sotto gli occhi di chi guarda: le interviste sono sempre fatte nei mercatini locali a consumatrici che vanno nei mercati, alle bancarelle, convinte che lì si spenda meno. Il guaio è che, a quanto si possa vedere, non fanno alcuno sforzo per cercare di verificare se in quei luoghi pagano il giusto o no: lì vanno, lì spendono e lì si lamentano.
Ed eccoci agli ipermercati. E' vero, oggi le promozioni sono continue e se un consumatore sa pianificare gli acquisti, compra tutto l'anno a ottimi prezzi e comunque risparmiando molto rispetto ai mercatini. Però c'è qualcosa che va detto. Davanti ad un cartello con lo sconto 50% si ha la certezza di acquistare a metà prezzo rispetto al normale listino che oggi dovremmo pagare. Ma è un 50% solo perchè l'euro ingannando la povera gente, fa apparire i prezzi, contenuti. Occorrerebbe però avere un po' di memoria storica per capire cos'è successo nel mercato. In realtà i prezzi sono davvero enormemente aumentati e questo grazie anche al fatto che l'euro li ha fatti apparire, ai più sprovveduti, meno costosi. Man mano che l'euro veniva associato mentalmente alle mille lire, i prezzi venivano adeguati ( non dai supermercati o ipermercati, ma dalla produzione stessa. Ogni singola materia prima subiva un aumento e la somma di questi aumenti ha portato, alla fine, ad listini sempre più cari).
Possiamo dire, caro Fulvio, che acquistare allo sconto 50% oggi significa comunque “parare un poco al costo” e quindi, usando una frase lapalissiana, meglio acquistare con lo sconto 50% che con niente. Di fatto significa comunque risparmiare e tornare indietro. Poco importa se con lo sconto 50% di oggi, paghiamo come il prezzo pieno di prima...
Il suggerimento che posso dare a chi vuole verificare quanto detto ed anche e soprattutto a chi vuol sapere far la spesa è di non calcolare mai i prezzi in euro ma semplicemente di tramutare tutto nelle nostre vecchie lire. Non l'avete mai fatto (o non lo avete più fatto)? Forse è per questo che i soldi non bastano. Provate a tramutare il valore ed improvvisamente Vi troverete a comprendere come i valori siano incredibili. Fate questi conteggi sempre, davanti ad ogni prodotto. Questo farà comprendere il reale prezzo di ciò che si acquista.
Non togliamo la vecchia lira dalla nostra testa. Faremmo il gioco di chi l'ha voluta.
Buona spesa.

Commercio

FILO R. (loc. n.c.)
“.....ho letto le risposte che Lei ha dato a Luisa di Siena e cioè di non aprire il negozio e di non realizzare il suo sogno. Sono contraria a queste cose. Lei tarpa le ali ai giovani che invece vanno sostenuti. Poi dice di volerli aiutare.....”

Credo che Filo sia un diminutivo di Filomena quindi rispondo riferendomi ad una Lei.
Come sempre accade, la lettera termina con la solita frase “tanto lei non pubblicherà, ecc..ecc...”
Invece, come vede, rispondo.
C'è una bella differenza, cara Filo, tra aiutare un giovane e mandarlo al macello. E' molto più semplice, sai, dire a tutti di fare ciò che hanno in mente, di rischiare, di non aver paura. Tanto, se ci pensi, io non perdo nulla. Perchè, allora, non lo faccio? Proprio perchè ho a cuore i giovani che vogliono iniziare nel mondo del lavoro e vorrei che tutti potessero farlo nel modo giusto, usando tutta la loro potenzialità, creatività, passione ed eventualmente i loro capitali. Ma poiché quasi sempre non ne hanno, devono ricorrere ai genitori. Allora, in queste situazioni è mio dovere farli riflettere. Troppo comodo fare gli imprenditori alle spalle di chi magari ha lavorato una vita e si trova a dare tutto ad un figlio.
Sa, Signora Filo, che è possibile iniziare a lavorare anche sotto terzi, usando comunque creatività, passione, entusiasmo, ragionamento?
Non capisco perchè si debba e si voglia pensare che, l'impegno lo si mette solo lavorando per sé. Questo concetto è alla base di tante brutte situazioni ed è un po' il tipico modo di pensare di noi italiani.
“Se lavori per un altro, chi te lo fa fare di metterci anche la testa..”
Credo invece che, soprattutto il giovane, debba credere nel lavoro che fa, svolgendolo con entusiasmo. In quel lavoro, qualunque esso sia, deve dare tutto il meglio di se stesso e trarne insegnamenti preziosi da sfruttare poi, qualora un domani volesse cambiare.
Il guaio è che non c'è questa mentalità. Il lavoro è, ormai da tempo per molti giovani, quell'impiccio che sta tra il tempo libero ed il divertimento. Queste due situazioni sono quelle primarie. In mezzo, ci sta anche il lavoro.
Con questo modo di pensare, mi creda, il lavoro sarà sempre pesante, difficile, mai coinvolgente, ne interessante.
Vuole sapere come fare per riconoscere se avremo successo nella vita e nel lavoro? Basta pensare a come approcciamo il nostro lavoro. Se esso ci tiene impegnati ben oltre alla norma; se ci troviamo a pensare al lavoro anche quando non agiamo; se durante il week end abbiamo in mente cosa faremo il lunedì; se non vediamo l'ora di risolvere un problema....ecco, tutto questo, mi creda, può far capire a chiunque se un domani sarà un qualcuno o nessuno.
I giovani devono sapere queste cose per non illudersi e dare poi la colpa degli insuccessi agli altri. Poi, possono agire come vogliono, ma devono saperlo.
Per finire, cara Filo, sappia che ci sono fortunatamente molti giovani in gamba; tanti che non sanno d'esserlo e pochi che non lo sono. Io voglio aiutare tutti, anche quelli che non lo sono ma che potrebbero divenirlo.
E' duro disilluderli? Può darsi, ma le illusioni non portano a nulla.

giovedì 20 marzo 2008

Commercio

LUISA M. SIENA
“.....quindi, avendo appena compiuto 19 anni e terminate le scuole, avrei deciso di divenire negoziante. Vorrei aprire una mia attività di vendita articoli pelletteria........I miei sono propensi a finanziarmi.....”

Cara Luisa,
forse Ti farebbe piacere una mia risposta che Ti incitasse a tentare ma non Te la posso dare. Non Te la do perchè a 19 anni non si possono aprire attività di punto in bianco, sull'onda dell'entusiasmo con un finanziamento dei genitori.
Questi, anche se magari contrari o titubanti, come possono dire no davanti all'entusiasmo della figlia? E, credimi, in questo modo, molto spesso mentre nascono, crescono e poi muoiono i sogni della figlia, se ne vanno anche i risparmi di una famiglia.
Il sogno dei giovani, cara Luisa, è di divenire non “lavoratori” ma direttamente imprenditori. Certo che è bello avere un negozio proprio ma occorre una grande preparazione per gestirlo. Non basta l'entusiasmo ne la creatività. Quello che Tu vuoi fare, tra l'altro, è più che altro il vecchio sogno dei figli dei fiori: creare borse in cuoio cucite a mano. Se ne trovano ancora in vendita assieme ai gioiellini fatti a mano. Un negozio però non può reggersi su questi articoli.
Potrei proseguire facendoTi capire che devi investire in allestimento, arredamento, magazzino, ma anche in conoscenze commerciali ed amministrative. Come puoi, Luisa, pensare di metterTi dietro ad un banco, senza alcuna conoscenza specifica di come trattare e gestire un cliente? Non puoi pensare di vendere solo ad amici; rifletti.
Ora devo darTi il solito suggerimento che do a tutti in questi casi: cercaTi un posto presso un negozio di pelletteria. A Siena non ne mancano e chissà quanti, inoltre, staranno cercando una commessa. Ascolta, lavora, impara e fai esperienza. Lascia passare qualche anno e nel frattempo cerca di capire come si evolve il mercato, non solo degli articoli ma anche degli stessi punti vendita.
Quando sarai più “grande” potrai decidere e la Tua decisione sarà più consapevole.

mercoledì 19 marzo 2008

Formazione

Luigi V. Milano
“l'azienda per cui lavoro è soddisfatta di me e quindi non ritiene di investire oltre per farmi fare corsi formativi. Così ho fatto la cosa che pensavo giusta: ho guardato in internet ed ho acquistato delle cassette e dei testi che nella loro pubblicità sarebbero serviti ad imparare tutto quanto serve per divenire super venditori; campioni di comunicazione ecc,,,ecc,,, Ho letto tutto, ho guardato i corsi e poi ho capito che non servono a nulla. Almeno è quello che è successo a me perchè, dicono cose che oltretutto lei ha già detto gratuitamente in altre risposte che avevo letto, inoltre anche chi le dice non è credibile. Volevo chiedere se c'è qualcosa che io non ho capito oppure se ho ragione e se acquistare questi corsi è inutile.”

Egregio Luigi,
la valutazione sull'acquisto di quei corsi la stai dando Tu stesso per quanto Ti hanno portato. Poi magari, altri diranno l'opposto ma il mondo è bello perchè è vario. Del resto anche su chi dice d'aver imparato, occorrerebbe sapere cosa ha imparato. L'affermazione non è prova di risultato. Quante volte siamo convinti d'aver capito tutto mentre invece...non è così!
Avrei potuto, anziché creare questo blog, costruire e vendere corsi on line ma sapevo di non fare una cosa che ritenevo “giusta” secondo il mio credo e quindi non l'ho fatta. Questo blog non ha la pretesa di formare. Non lo ha mai detto. Vuole solo informare (che è ben diverso) nel modo più chiaro possibile, soffermandosi sui punti importanti, cercando in questo modo, di far comprendere lentamente e quindi di cambiare alcuni comportamenti. Come vedi dico “cambiare alcuni comportamenti”. La formazione è data dallo scambio continuo tra formatore e partecipante, scambio che attraverso il confronto diretto, permette di apprendere. L'apprendimento poi avviene se, c'è un'eventuale correzione di un errore comportamentale nel momento in cui viene espressa, attraverso l'approfondimento dell'analisi del problema stesso. Detto questo, hai capito da solo che i soli testi o addirittura i video che pretendono di formare, in realtà sono solo utili al fine di conoscere qualcosa che non si conosceva. Ma, attento, la conoscenza non è “il sapere” o per meglio dire con un vecchio detto: “la teoria è diversa dalla pratica”.
Io posso conoscere qualcosa ma non sapere poi come metterla in atto nel modo giusto oppure, una volta messa in atto, non so se l'ho fatto bene o meno e se ciò che ho ottenuto è il massimo o c'è ancora da fare.
Dico spesso che se bastassero i libri per farci imparare, perchè andare a scuola? Un paio di testi sulla fisica nucleare potrebbero farci divenire dei Nobel?
Oggi, ai testi si sono aggiunti i video che sono null'altro che libri moderni con l'aggravante che se su un libro, almeno chi legge deve mettere un po' d'attenzione, guardare un video è tutto un gioco: l'occhio va dove vuole e la mente è distratta da mille cose. Basta pensare che ciò che viene ascoltato si ricorda in percentuale minima rispetto a ciò che si vede scritto.
Questo blog permette invece a chiunque, se lo vuole, di fare domande precise, di avere risposte il più possibile approfondite su quei punti che interessano e, volendo, di proseguire la conoscenza contattandoci più volte, senza alcun obbligo, approfondendo sempre più. Questo, credimi, permette di imparare perchè si può instaurare un vero e proprio dialogo come tra uno studente ed il proprio Tutor.
Per finire: non farTi problemi. Tu non hai sbagliato nel capire ma hai capito d'aver sbagliato.
Ciao.

martedì 18 marzo 2008

Formazione

Angelo B. Milano
“.......io e i miei colleghi abbiamo chiesto al nostro capo, che è poi il padrone della azienda in cui lavoriamo, di farci partecipare a qualche corso. Ci ha risposto che ci avrebbe pensato poi un giorno è arrivato in azienda tutto contento, con uno scatolone di libri. Li ha messi sul tavolo e, in pratica, ci ha detto che era andato a comperarli apposta per noi e che con quei libri avremmo imparato.......!

La Tua lettera, caro Angelo, è uno spasso. Anche in quello che dici e che non riporto perchè non vorrei che in qualche modo la situazione fosse identificabile, c'è davvero un sottile umorismo, tanto sottile che alla fine, ripensandoci, dovremmo piangere.
Il comportamento del Tuo Capo è, l'ho già spesse volte ripetuto, abbastanza generalizzato. C'è da dire che, contrariamente ad altri, lui ha però un bel po' di fantasia. Altri non avrebbero detto o fatto nulla. Lui, creativamente, ha pensato di risolvere il Vostro problema acquistando testi. Beh, almeno ha fatto qualcosa! Il guaio è che non servono e non Vi serviranno, purtroppo.
Se fosse così semplice imparare leggendo un testo, non avremmo bisogno di andare a scuola; di studiare quasi vent'anni della nostra vita. Non avremmo bisogno di maestre, professori, esperti o quant'altro. Basterebbe mettersi comodi in poltrona ed il sapere entrerebbe in noi, magari tra un programma televisivo ed un altro.
Un libro è utile come punto di riflessione se già si è a conoscenza. Imparare, invece, è un'altra cosa.
Per farlo è necessario l'incontro, lo scontro, il passaggio di idee, di informazioni, di esperienze. Sono necessari gli approfondimenti, le discussioni, gli esempi. Tutte cose che formano lentamente e cambiano, se necessario le nostre errate convinzioni.
Che dirTi Angelo? Posso suggerirTi di far leggere questa lettera al Tuo Capo. In fondo, ha avuto fantasia, è creativo, ha cercato di aiutarVi a modo suo...anche se risparmiando. Credo che leggere questa lettera gli possa far capire che, senza saperlo, si trova ad avere dei collaboratori che spesso non tutti hanno e a cui lui debba forse un maggior aiuto.
Ciao

lunedì 17 marzo 2008

Parlare ad un gruppo

Emmanuella T. ( loc.n.c.)
“......l'essere stata brava nelle vendita mi ha portato finalmente alla tanto agognata posizione di Capo Gruppo. Quando mi è stato comunicato ho toccato il cielo con un dito, poi lentamente ho preso coscienza della situazione e ho capito che forse non sono proprio pronta. Dovrò gestire un gruppo, tra cui uomini, dovrò tenere meeting, dividere obiettivi, seguirli sul campo, fare valutazioni.... Oddio, mi viene male!
Help, help, mi dà una mano? Da che parte comincio? L'azienda non sembra disposta a farmi tenere corsi. Partono probabilmente dal principio che se si sa vendere, si saprà far vendere gli altri......”

Mia cara Emmanuella,
non sia disperata, lo è già la situazione in cui si trova. Scherzo, un po'. Dunque, vediamo. Torniamo ancora una volta alla situazione più amata dalle aziende italiane: quella di sapere che le persone abbisognano di formazione per gestire il lavoro, ma di non essere disposte a spendere perchè questo accada.
Il fatto è che non può mai bastare un corso per creare la conoscenza sufficiente, mentre solitamente si vorrebbe o si crede (il che è peggio) che in qualche ora, una persona comprenda come comportarsi; impari tutto su un nuovo lavoro e cambi tutta una vita intera di convinzioni. Tutti sono disposti a spendere qualcosa senza sapere che se non v'è un reale piano di formazione, sono tutti soldi buttati.
Mi sembra che la Tua azienda abbia già superato anche questo problema. Niente formazione. Devi arrangiarTi, in base al sano principio che se un venditore è bravo, sarà bravo a guidare gli altri. Quanti errori e quante situazioni negative nascono nelle aziende per questa errata convinzione.
Ed io come posso, Emmanuella, aiutarTi in poche righe? Da dove inizio? Su quale punto del Tuo nuovo lavoro? L'unico aiuto che Ti do, oggi (ma mettiTi in contatto ancora con me, se vuoi) è come gestire il Tuo primo approccio al gruppo di collaboratori che Ti troverai davanti.
E' inutile che dica di stare tranquilla perchè non lo sarai quindi, gestisci bene l'adrenalina che Ti verrà in aiuto.
Se cerchi in archivio, troverai altre risposte che potranno darTi una mano, ma per oggi, inizierei con una raccomandazione perchè Il Tuo primo problema sarà quello di far si d'essere compresa da tutti.
Se vorrai, come vorrai, che tutti i componenti del gruppo Ti comprendano; se vorrai che ciò che passerai a loro sia accettato e soprattutto se vorrai essere seguita ricordaTi di parlare sempre in termini semplici, con molti esempi che siano all'altezza del vissuto di ognuno.
Rifletti solo su questo: se chi Ti ascolterà non riuscirà a comprendere ciò che Tu dirai; se non Ti capirà bene, non Ti seguirà mai. Ti dirà di si, ma andrà per la sua strada.
Poiché dovrai convincere il gruppo a raggiungere gli obiettivi aziendali, dovrai farTi capire da tutti, non solo da qualcuno, altrimenti sarà molto difficile che lo facciano.
RicordaTi e segnaTi questo concetto: è più facile far capire qualcosa se mentalmente riusciamo a legare ciò che diciamo a esperienze, vissuti personali o conoscenze precedenti.
Quindi, quando Ti troverai a parlare, non solo la prima volta, ma sempre, rficordaTi che un segreto della comunicazione è dire ciò che sia ha in mente, ma dirlo nei termini che chi ascolta comprenda (e le persone che dovrai guidare e che Ti ascolteranno non saranno mai tutte simili e quindi diverso sarà il loro punto di comprensione).
Come sempre, avrei molto altro ma non è possibile. Credo però d'averTi suggerito, nella Tua situazione, un punto estremamente importante. Poi, farai senz'altro mille errori, avrai dubbi, magari Ti abbatterai. Non pensarci. E' un passaggio che hanno percorso tutti. Gli errori fan parte del nostro vissuto e sono solo l'esperienza. Non prender paura e tira avanti. Rifletti però su quanto Ti ho suggerito e per altre cose, cerca in archivio.
In bocca al lupo!

venerdì 14 marzo 2008

Vendita

Antonio (loc. n.,c.)
“Vorrei chiederle (ammesso che questo sia il luogo appropriato.. dovrei rivolgermi alla camera di commercio.. ma internet per alcuni è ancora un'utopia!?) cosa serve per effettuare una vendita diretta in campagna.
Le spiego per sommi capi la situazione.. Azienda agricola con P.IVA per Coltivazione mista di cereali e altri seminativi. Posso gia effettuare la vendita diretta in sede?

Caro Antonio,
purtroppo, come Tu stesso pensi, non è questo il sito per poterTi dare risposte adeguate. Ma non credo neppure sia poi così difficile averle. Hai un'azienda agricola; coltivi e vuoi vendere direttamente al pubblico. Ci saranno certo precise regole, vendendo al consumatore finale,,ma non penso siano onerose da seguire. In fondo, ogni agriturismo vende i propri prodotti ed ormai ci sono più aziende di agriturismo che hotel.
Puoi davvero chiedere alla Camera di Commercio ma non dimenticare di sentire anche qualche collega che faccia agriturismo. In questo caso puoi raggiungerli anche attraverso internet e non credo facciano storie per darTi una risposta.
Internet, non solo per alcuni, è ancora un'utopia soprattutto per determinate vendite. Se ci pensi, non si capisce perchè una persona dovrebbe acquistare un prodotto in internet ad un prezzo quasi sempre doppio rispetto a quello che pagherebbe in un supermercato, magari aggiungendo le spese di spedizione, il rischio del pagamento, il non controllo della qualità ed il doversi magari recare in posta. Ovviamente Ti parlo delle normali vendite e non delle svendite da parti di privati di articoli quasi sempre non controllati.
Tornando alla Tua idea, ammesso che Tu già non lo faccia, inizia con far mettere un cartellone all'inizio della strada che porta alla Tua cascina; informaTi su quanto Ti costa una pubblicità sul quotidiano della Tua città, e buon ultimo fai queste due azioni: fatti stampare un buon volantino con la descrizione di ciò che offri,le qualità intrinseche di ogni prodotto, il vantaggio che ne deriva dall'uso. Poi distribuiscilo in alcuni centri benessere, palestre o altro ancora. Se Ti rechi in qualche negozio di alimenti biologici, ad esempio, troverai molti di questi volantini. Prendi spunto da loro per fare il Tuo.
Infine, prepara delle piccole campionature da inviare a qualche dietologo, nutrizionista, buon ristorante della città, negozi specializzati.
Tutto questo però, solo dopo che avrai avuto le informazioni di legge per iniziare l'attività di vendita (penso che essendo alimenti, potrebbe essere interessato anche l'ufficio igiene a cui forse dovrai chiedere qualche permesso. Credo vi siano differenze tra vendita esclusiva a privati e vendita ad altri utilizzatori).
Insomma, dopo averTi fatto un po' di confusione, Ti auguro che Tu possa portare avanti la Tua attività. L'importante, come dico sempre, è credere fermamente in ciò che si fa, senza farsi demoralizzare dalle difficoltà.
Ciao

giovedì 13 marzo 2008

Creatività

Giulia B. Treviso
“......ed allora vorrei tanto far presente le mie idee ma quando sono al dunque, mi blocco perchè penso che qualcuno se ne attribuirebbe la paternità a mie spese. In fondo, il mio Capo, pur di farsi vedere bravo con la Proprietà, non ci penserebbe due volte......”

Gentilissima Dottoressa Giulia,
tutti coloro che svolgono il Suo lavoro, prima o poi, si sono trovati nella Sua situazione od hanno avuto i Suoi stessi pensieri. Lei è giovane, laureata da poco e da poco nella posizione che occupa. Tuttavia, dotata di buona creatività, pensa di poter dare aiuto o stimolo allo sviluppo commerciale e marketing dell'azienda, attraverso idee che le frullano in testa. C'è però un dubbio. E se poi quello che dico viene venduto come idea di un altro? Che ci guadagno?
Analizziamo la situazione. Se Lei ha buone idee e se le tiene, non cambierà nulla nelle strategie dell'azienda e quindi, nemmeno Lei ne godrà. Tutti siamo un po' egoisti quando ci troviamo a pensare d'avere soluzioni geniali a cui altri non sono arrivati ma, come Le dico, se non proponiamo queste idee è come non averle.
Certo, qualcuno può farLe sue ma quel qualcuno comunque saprebbe da chi vengono e, in un modo o nell'altro, deve pur tenerne conto. Non si affossa una fonte creativa. Non so come vengono passare le informazioni nella Sua azienda ma spiegare al Suo Capo, attraverso un bel memorandum, la Sua idea può essere un modo semplice per lasciare una traccia. E poiché la Sua azienda è come tutte le altre, quel memorandum prima di arrivare al Suo Capo sarà visto e letto da chissà quante impiegate.
Vede, Dottoressa Giulia, personalmente credo che la soddisfazione nel creare qualcosa di ingegnoso sia altrettanto motivante quanto il vedere messo in opera il frutto della nostra mente.
E' capitato anche a me e più di una volta offrire mie idee, volontariamente, ben sapendo che qualcuno avrebbe potuto approfittarne. La soddisfazione, a quei tempi, era duplice: mostrare al mio Capo che aveva un collaboratore .....in gamba mentre io traevo gioia nel creare idee vincenti.
Non mi è mai capitato che qualcuno ne approfittasse e sinceramente credo che non accadrà neppure a Lei. Esca quindi da questa situazione di dubbio che, comunque, non Le porterebbe vantaggi.
Cordiali saluti

mercoledì 12 marzo 2008

Nuovi lavori

Alessandro (prov. Fi)
“Io ho la residenza nella provincia di Firenze e lavoro a Rimini mentre molto spesso mi muovo nel week-end tra Rimini Perugia e LuccaPer quanto riguarda quello che vorrei fare sarebbe applicare pubblicità sulla mia vettura sfruttando la quantità di visibilità che tale pubblicità potrebbe avere dati i miei frequenti spostamenti.”

Gentile Sig. Alessandro,
rispondiamo sul blog al Suo quesito, anche se è una richiesta anomala, perchè quanto diremo potrebbe anche interessare altri lettori.
Non ci è chiaro se Lei intende sfruttare la Sua auto per pubblicizzare una Sua attività oppure se desidererebbe mettere a disposizione l'auto per pubblicizzare altre aziende o prodotti. Non sapendolo, cerchiamo di dare risposta ad entrambe le possibilità. Se Lei ha un'attività propria che vuole far conoscere, la pubblicità sul Suo mezzo è facilmente fattibile. Cosa ne possa venire in ritorno è difficilmente quantificabile perchè, ovviamente, il messaggio che Lei può trasmettere è estremamente limitato. Se la Sua azienda è nota almeno nella zona in cui opera, può darsi che vi sia un ritorno dato dal fatto che ciò che reclamizza va ad aggiungersi a qualcosa che già è noto. Se invece l'attività o l'azienda non è conosciuta....non avrà alcun ritorno.
Veniamo invece alla seconda ipotesi che è più suggestiva anche se non nuova. Sfruttare la propria vettura per reclamizzare qualcosa. Diciamo che, da parte di un privato cittadino, può essere un'idea per arrotondare uno stipendio. Lo fanno i mezzi pubblici; lo fanno i taxi, perchè non altri ?
Come farlo è presto detto. Deve semplicemente contattare qualche agenzia grafica della Sua zona dicendo che Lei è disposto a mettere a disposizione l'auto per questo scopo.
Starà a Lei dire anche se mette a disposizione solo il retro; le fiancate o tutta l'auto. Il grafico, quando avrà richieste in tal senso, La contatterà. Oppure, potrebbe intuire anche lui, la possibilità di un nuovo business (piccolo ma sempre utile) e quindi farsi promotore dell'idea presso potenziali clienti di zona. Solitamente negozi; arredamenti; pizzerie; discoteche ecc..ecc... Quanto Lei possa guadagnare da questo, non so, perchè è una trattativa privata (su cui comunque andranno pagate le imposte di pubblicità).
Potrà fare eventuali accordi mensili, semestrali o come desidera.
Il problema, se così si può definire, sta paradossalmente nella zona in cui Lei agisce. Lavorando a Rimini, la pubblicità non farà effetto ne avrà valore quando Lei torna a Firenze o viceversa. Poiché la pubblicità sui mezzi è prettamente locale, occorrerà che Lei valuti dove la Sua auto è più presente, prima di offrire i Suoi spazi ad un grafico.
A titolo di cronaca, va detto che anche il tipo d'auto ha un certo valore per questa pubblicità. Un camioncino, ad esempio, con un retro bello ampio e due grandi fiancate, è più adatto e visibile che non un'auto, dove sono teoricamente sfruttabili solo le fiancate. Su un auto classica, la parte che più resta a contatto con qualcuno è il posteriore, quando l'auto è in viaggio. Ma il posteriore è difficile da sfruttare.
Una riflessione sul colore: il colore migliore per queste applicazioni è il bianco. Vernici scure, grigie, verdi o altro, rendono molto poco visibile il messaggio.
Termino ora con una nota professionale: ogni pubblicità ha valore proporzionalmente al ritorno che dà. Mi spiego meglio: un'azienda, quando deve investire chiede di conoscere e verifica a priori (perchè esistono i mezzi per poterlo sapere) il numero dei contatti che si faranno. Un'analisi del target; dei contatti (ovvero di quante persone potranno essere raggiunte dal messaggio) ed anche dei contatti utili (ovvero, quanti saranno coloro che, raggiunti, potranno essere interessati a quel messaggio).
Nel Suo caso, tutto è aleatorio per cui, obiettivamente, non creda di poter interessare al Suo progetto qualche azienda, anche se locale. A meno che, non conoscendo le logiche pubblicitarie e di marketing, sia disposta a spendere un po' di quattrini a fondo perduto. Per questo, la pubblicità che Lei vede sui mezzi, è sempre relativa, come detto prima, a piccole realtà locali tipo negozi, ristoranti, pizzerie, discoteche. Realtà che godono di vedere loro stesse il loro nome, anche se non porta nulla a ciò che fanno.
In ogni caso, poiché io ammiro sempre lo spirito di iniziativa, Le auguro davvero un in bocca al lupo!

lunedì 10 marzo 2008

Come vendere

M. (città del Nord comunicata ma non pubblicata)
Buongiorno, ho appena scoperto il vostro sito grazie a radio deejay stamattina e l'ho trovato molto utile e interessante.
Le illustro la mia situazione. Mi chiamo M., sono giovane e gestisco, insieme a mia madre, un'edicola a XXXXX
Mia madre aveva comprato l'edicola molti anni fa fa insieme a un parente, che però più tardi voleva lasciare e quindi, per non "perdere" l'attività di famiglia, sono subentrata io, facendo un mutuo per liquidarle la sua parte di proprietà.
Abbiamo risistemato i conti dell'attività e a dicembre scorso abbiamo finalmente finito di pagare il mutuo. Da qualche mese a questa parte, purtroppo, c'è un familiare che "attinge" a suo piacere ai nostri soldi e, dopo averne provate tante, anche cacciandolo di casa, per risolvere definitivamente la situazione vorremmo vendere l'attività.
L'edicola è sicuramente redditizia, su una strada di forte passaggio, abbiamo un chiosco rinnovato pochi anni fa molto ampio, con una mole di lavoro e quindi di guadagni, ma non saprei come spiegare la situazione ad un possibile compratore. Alla domanda "Perchè vendete?" non saprei proprio come rispondere. Raccontare la verità sul familiare, con la possibilità che l'acquirente si spaventi e rinunci? O raccontare che siamo stufe, io essendo giovane vorrei far altro e cose così?
Inoltre il lavoro in edicola è fisicamente pesante (apriamo tutti i giorni a 5e20 e chiudiamo alle 19e15) e anche mentalmente non è leggero, bisogna saper "trattare" con le mille e a volte impossibili richieste dei clienti, mantenere stretti rapporti con l'agenzia distributrice ecc..ecc... Insomma, più ci penso e meno capisco perchè una persona dovrebbe voler comprare l'edicola se gli parlassi di tutti i "lati negativi". D'altro canto ad un possibile acquirente non sarei capace di "mentire" tralasciando questi aspetti del lavoro quotidiano.
Insomma, avrebbe qualche consiglio su come "presentare" la mia attività, mostrandone tutti i lati, sia positivi che negativi, senza spaventare troppo un potenziale acquirente?

Gentile M.
non avrei voluto rispondere attraverso il blog alla Sua lettera, poi ho capito che, al di là del problema familiare (che è tutta la fonte dei Vostri guai), le domande che mi pone sono veri e propri problemi di tattica vendita e quindi utili anche ad altri eventuali lettori.
Quando si presentano situazioni come la Sua, in cui in una famiglia, dove tutto potrebbe andar bene nasce questo grosso problema le cose si fanno molto difficili ed anche le risposte lo sono.
Personalmente credo che la vendita non risolverà “quel problema” a meno che Voi non siate più forti e chiediate aiuto esterno a chi può occuparsi di queste cose. Se oggi il cassetto dell'edicola viene vuotato contro la Vostra volontà; domani, non ci sarà il cassetto ma l'introito della vendita. E per quelle necessità, se si sa che c'è qualcosa, non si molla l'osso.
Quindi, per il bene Suo e di Sua madre, la strada da seguire, al di là della vendita, è proprio quella di far gestire il problema che avete, ad altri.
Detto questo, mentre Le auguro tutto il bene possibile, passo alle Sue domande di vendita.
I fatti: l'edicola rende bene ed il lavoro da fare è tanto.
Pensando alla vendita e quindi ad un compratore, le possibilità che Le si presentano sono due:
vendita ad altro edicolante;
vendita a persona estranea al mestiere.
Potete inizialmente far girare la voce tra gli altri edicolanti. Potreste trovare qualcuno disponibile a subentrare, magari perchè vuole investire o perchè è in un'altra zona meno redditizia. In questo caso, dovete solo trattare ciò che volete perchè un edicolante sa già bene gli orari e la mole di lavoro. Quindi Lei non deve inventarsi nulla.
Analizziamo ora l'altra ipotesi: vendere a qualcuno non del mestiere.
Anche in questo caso, se ci pensa bene, Lei non deve inventare nulla, non deve dire bugie ma non è obbligata a rendere negativa una realtà che è positiva. Mi spiego meglio: c'è lavoro ma c'è anche guadagno.
Nessuno può pensare di guadagnare senza impegnarsi.
Lei si pone la domanda: “e se mi chiedono perchè vendiamo? Devo dire il nostro problema familiare?” No. Quello purtroppo è un Vostro problema, che non deve interessare il compratore. Anzi, semmai, conoscendolo, il compratore potrebbe usarlo come arma per abbassare le richieste. Nella vendita non si devono dare alla controparte armi che possono torcersi contro chi le dà.
Se proprio vuole, può dire che Sua madre vuole riposare e pensare alla casa (non dica che è stanca, mi raccomando, perchè se dice che lo è, immediatamente fa pensare ad un lavoro troppo faticoso) e Lei, essendo giovane, vuole fare altre scelte di vita. Stop. Al compratore questo deve bastare.
Lei prosegue dicendo: “Insomma, più ci penso e meno capisco perchè una persona dovrebbe voler comprare l'edicola se gli parlassi di tutti i "lati negativi". D'altro canto ad un possibile acquirente non sarei capace di "mentire" tralasciando questi aspetti del lavoro quotidiano.”
Lei deve vendere un'attività che funziona e che rende. Perchè vuole farsi problemi chiedendosi il motivo per cui una persona dovrebbe acquistare un'edicola con tutto quello che c'è da fare? Questi sono problemi di chi acquista? Perchè vuole entrare nella sua testa? E soprattutto, perchè deve parlare degli aspetti negativi? Tenga presente che questi sono fatti soggettivi e ciò che è negativo per Lei può non esserlo per un altro.
Dice di non essere capace di mentire. Ma qui, cara M. non si tratta di mentire, semmai di gestire....un poco, la verità. In fondo, Lei non sta tirando un bidone. Vuole vendere un'attività che rende!
Vede, M,, chi vende ha un obiettivo che deve raggiungere e per raggiungerlo deve convincere l'altro che sta facendo un grosso affare. Lei vuole vendere l'attività. Questo è l'obiettivo. Deve raggiungerlo e se per far questo deve NON calcare la mano su qualche verità scomoda, non lo faccia. Non è una cosa così grave. Credo comunque che chi acquista un'edicola, non può essere tanto sprovveduto da non conoscere gli orari, ne tanto meno essere così sprovveduto da non chiederli, nel caso davvero non li sappia.
Quindi, diciamo che in fase di trattativa, la domanda venga fatta. Entriamo allora in una assoluta logica di comunicazione di vendita che sintetizzo con queste parole, riadattate al Suo caso:
“quando si deve presentare una negatività (l'orario di lavoro e l'impegno) e alcune positività (attività fiorente, incassi) va sempre ricordato di non terminare mai il discorso con la negatività perchè quello che rimane in mente a chi ascolta, è sempre l'ultima cosa udita”. Sono chiaro fin qui?
Nel Suo caso, davanti al possibile acquirente Lei deve prima di tutto stimolarlo con la miglior prova rassicurante: invitare l'acquirente a passare qualche ora nell'edicola con Lei. Dica di venire quando vuole e vedrà che lui arriverà in edicola non prima delle 8 o più tardi, quando il grosso dello sforzo è fatto. Gli dica di rimanere sin che vuole per controllare il lavoro. Questo è, come ho detto, molto rassicurante perchè se l'edicola non lavorasse, nessuno verrebbe invitato a verificare di persona. Certamente verrà chiesto come si deve fare per gestire l'attività (stiamo parlando di acquirente non già edicolante) e Lei dovrà spiegarglielo con parole semplici. Cerchi solo di non distruggerlo con snervanti analisi di tabulati e gestione di problemi. Non arrivi mai a dire, ad esempio “occorre controllare bene il distributore perchè tende a fregare” oppure “ il lavoro di verifica dei resi è pesantissimo”. (Ripeto che ciò che è pesante per Lei può non esserlo per un altro).
Fatto questo, veniamo al modo di dire le cose. Lei non vuole dire bugie, come è giusto, ma non per questo deve caricare all'opposto sulle negatività. Ecco quindi che deve semplicemente dire che:
l'edicola è in una posizione ottima, di grande passaggio, con una clientela molto radicata
che l'impegno deve esserci, anche come ore di lavoro, se si vuole far rendere l'attività
ma che i guadagni sono ampiamente proporzionati e ripagano di ogni sforzo!!!!!
Se Lei sta attenta vede che ho detto tutto quanto c'è da dire, con l'attenzione di mettere la negatività in mezzo a due positività.
Si prepari bene su questa scaletta; la memorizzi e la provi tra sé e sé diverse volte sin quando non riterrà di saperla seguire bene.
Alla fine della Sua argomentazione, il compratore penserà ai guadagni che ripagano ogni sforzo...
Ipotizziamo invece che ci sia un'obiezione da parte del compratore e che l'obiezione sia proprio sulle ore di lavoro. Tenga presente che nella vendita, un'obiezione non va vista come un ostacolo o un dubbio, ma una richiesta di maggiori chiarimenti.
A questo, e solo se l'obiezione viene sollevata, Lei dovrà semplicemente dire che ci sono certamente orari mattutini “un po' scomodi” (senza calcare la mano) aggiungendo che però durante il giorno ci sono anche diversi momenti di ottima pausa, e che comunque “val bene qualche sacrificio mattutino, perchè questo è ben pagato dall'utile che se ne ricava e che non ci sarebbe in un altro lavoro”. Quest'ultima frase deve pronunciarla lentamente e pacatamente, con voce sicura.
Ribadito questo, Lei, dovrà semplicemente proseguire dicendo che è un'attività libera, tranquilla, senza padroni; in cui si decide cosa e come fare; con introiti giornalieri sicuri perchè in contanti. Aggiunga inoltre che è un lavoro indipendente che può dare tante soddisfazioni. (Anche questo ultimo termine è importante, lo ricordi: “soddisfazione”)
Come vede, se deve dire tutto, lo faccia ma ricordi di ampliare le argomentazioni positive dando una visione interessante dell'affare, ricordandosi sempre di terminare con un vantaggio di ciò che offre e non con una cosa negativa.
Dalla Sua frase finale “senza spaventare troppo un potenziale acquirente “ si intuisce davvero una Sua voglia di dire tutte le negatività ancor prima di ciò che è bello nel lavoro, proprio per non aver pesi sulla coscienza. E' bello questo Suo modo di pensare e di agire ma è esagerato e come ogni esagerazione, sbagliata. Sia obiettiva: c'è del lavoro da fare, ma c' anche tanto guadagno e soddisfazione che ripaga ogni impegno. . Stop.
E una volta venduta l'attività, bloccate i guadagni e chiudete....i rubinetti.
In bocca al lupo.

venerdì 7 marzo 2008

Servizio

GIANNI T. (località n.c.)
“....I miei capi dicono sempre che per vendere si deve dare un buon servizio. Che dobbiamo fare un buon servizio; che i venditori devono interessarsi di dare un buon servizio; che il cliente lo si prende con un buon servizio, poi nessuno fa niente per spiegare cos'è il servizio. Me lo dice Lei?....”

Caro Gianni,
la Tua lettera mi fa sorridere perchè è troppo semplicemente vera. Molti si trovano nella Tua stessa condizione di dover fare qualcosa senza sapere come e cosa sia, solo perchè chi dovrebbe spiegarlo probabilmente non lo sa nemmeno lui.
Inizio con una storiella; un metodo che a me piace molto.
Giorni fa ero presso un concessionario auto per l'acquisto di una vettura. Nel salone erano esposte auto da centomila euro ed auto da quindicimila. Io stavo osservando una piccola vettura da città, ovviamente quelle dal costo più basso. In un ufficio a vetri erano presenti quattro venditori che parlavano e scherzavano tra loro. Di tanto in tanto davano un'occhiata verso di me, senza però muoversi. Ho atteso un loro intervento. In fin dei conti, ero pronto a fornire loro un contratto di vendita ed a farli guadagnare.
L'intervento non è arrivato. Così, mi sono avvicinato all'auto da centomila euro. L'ho osservata, ho aperto la portiera e mi sono seduto. Dopo pochi secondi sono arrivati ben due venditori, con la mano tesa ed un sorriso a trentadue denti.
Avrei voluto andarmene subito ma invece sono stato un po' sadico. Li ho lasciati parlare per venti minuti e quando ho visto che non avevano più nulla da dire ho detto loro: “volevo vedere quell'auto laggiù. Ma non importa. Grazie ugualmente” e sono uscito.
Questo, Gianni è l'esempio di un NON servizio e della conseguente reazione del cliente.
Uscito da quel Concessionario sono andato in un altro salone in cui sapevo di trovare anche l'auto che desideravo.
All'ingresso sono stato accolto da una ragazza molto gentile che mi ha chiesto subito se poteva essermi utile. Una volta spiegate le mie necessità mi ha detto di seguirla. Mi ha accompagnato in una saletta dove era predisposto un piccolissimo bar. Mi ha offerto un caffè dicendomi che sarei stato raggiunto da chi mi avrebbe potuto ascoltare. Dopo poco è arrivato un cordialissimo venditore che si è fatto in quattro per mostrarmi tutti i pregi ed i vantaggi dell'auto che io desideravo. Tornati nella saletta, in modo informale, abbiamo stipulato un contratto.
Ecco, questa storiella, assolutamente vera inizia a spiegarTi cos'è il servizio. Per renderTi più chiaro il tutto ricordaTi questo concetto: il servizio è la sensazione negativa o positiva che il cliente percepisce dal contatto. (Rileggi bene questa frase perchè è lì che sta il segreto).
Se il cliente che Tu contatti percepisce da ciò che dici o dal Tuo comportamento un interessamento positivo per le sue necessità, sarà disposto ad ascoltarTi semplicemente perchè intuirà che, facendolo, otterrà un vantaggio e probabilmente la soluzione a qualche suo problema. Questo è “il concetto di servizio” .
Se vedrà disattenzione verso le sue necessità, percepirà immediatamente una incapacità a soddisfarlo e quindi un non servizio.
Potrei approfondire maggiormente ma ciò che Ti dico è sufficiente per comprendere come devi comportarTi (ammesso che Tu non Ti stia già comportando in questo modo). E....semmai, fai un po' di corso ai Tuoi Capi!
Ciao

giovedì 6 marzo 2008

Creatività

Giacomo R. Aosta
“.....vorrei iscrivermi ad un corso di creatività perchè mi rendo conto che in certe situazioni mi manca quella speciale lampadina che fa la differenza. Ho letto nel vostro sito che voi fate molti corsi........”

Ho ridotto di molto la Sua lettera, caro Giacomo, perchè nelle due righe che riporto, tutto è chiaro. Si, noi facciamo molti corsi aziendali anche relativi alla creatività ma, per onestà devo dirTi, come dico alle aziende che non conoscono il nostro modo di operare, che partecipare ad un corso per sviluppare la creatività non significa poter divenire creativi, ma solo comprendere i meccanismi psicologici che possano svilipparla. La certezza di divenire creativi non c'è assolutamente.
La creatività, Giacomo, è qualcosa che spesso qualcuno ha da sempre ed altri forse non arriveranno mai ad avere.
Il pittore, il poeta, lo scultore che producono opere che lasciano a bocca aperta, sono quasi certamente nati con questo dono; chi si definisce artista e produce opere senza quell'estro creativo necessario, rimane un illustre manovale. Si può imparare ad essere creativi se c'è già predisposizione e se la creatività è in noi, anche se non ce ne accorgiamo. Si dice che “si può accompagnare il cavallo all'abbeveratoio ma non lo si può obbligare a bere”. I corsi formativi portano nozioni ed esperienze ai partecipanti ma non possono obbligarli ad imparare, soprattutto se non c'è la predisposizione.
Ti rendi conto che in certi momenti Ti manca quell'estro che Ti aiuterebbe a superare alcuni problemi. La lampadina però non si accende mai su ordine ma anzi, spesso, la lampadina al creativo si accende ancor prima di averne bisogno. E' la creatività che lo stimola a fare mentre, se ci pensi, nel Tuo caso, vorresti usare la creatività per riuscire a fare.
Il consiglio che posso darTi, come darei ad un figlio, è di iniziare a cercare soluzioni alternative ad un qualsiasi banale problema o situazione. Non solo nel lavoro ma anche nella vita di tutti i giorni, come in una situazione di gioco. Inventa vie d'uscita; scappatoie, sin quando lentamente non capirai che riuscirai a trovare soluzioni più rapidamente di prima. Un altro aiuto può anche essere dato dalla lettura di qualche testo di enigmi del pensiero laterale. Il pensiero laterale è uno stimolo allo sviluppo della ricerca di nuove soluzioni non banali.
Non buttare danaro in questo momento. Inizia in questo modo. Poi, più avanti potrai decidere diversamente.

lunedì 3 marzo 2008

Vendita

PIERANTONIO M. (località n.c.)
“....che bello questo sito. Tra tante fregature che ci sono in internet, questo serve a qualcosa. Non lo conoscevo. C'è da tanto? E' stato un amico a dirmelo. Voglio, se lei me lo dice, sapere come e quando dire il prezzo del prodotto che vendo durante la presentazione, perchè il cliente mi interrompe sempre e vuole saperlo. Poi quando lo sa, dice che non è interessato......”

Caro Pierantonio,
Ti ringrazio per i complimenti a questo blog; complimenti che fanno sempre piacere. Leggi la risposta che darò a Te e magari anche altre che trovi in archivio e che potrebbero servirTi. Se poi sarai contento, passa la voce agli amici. Questo servizio non è pagato da alcuno ma un aiuto potrebbe venire se chi legge cliccasse la pubblicità; quindi se vuoi, ogni tanto clicca sugli annunci a lato.
Veniamo al Tuo problema che, credimi, è un po' di tutti. Parto con una premessa che puoi solo valutare da te stesso in quanto io non sono con Te per verificare. Normalmente quando il cliente interrompe la presentazione di un prodotto per conoscere il prezzo è perchè la presentazione stessa tira troppo per le lunghe. Questo può avvenire perchè il venditore vuole dire troppo o perchè non sa come uscirne. Sapendo che il prodotto ha, magari, un costo elevato, per non dirlo, aspetta che sia il cliente a dire “lo compro”. E' questa una pia illusione e proprio questa titubanza fa si che il cliente chieda il costo e poi dica no.
Vedi Pierantonio, il cliente che dica si, prima di conoscere il costo deve ancora nascere. Quindi non bisogna aver paura di arrivare al punto. Piuttosto è importante arrivarci nel modo giusto. Ed ecco quale può essere il mio suggerimento.
Tu certamente parlerai di tutti i pregi ed i vantaggi del Tuo prodotto, perchè così si fa di solito. Poi, alla fine, arrivi al prezzo. E' sbagliato. Segui questo consiglio. Ammettiamo che Tu riesca a trovare cinque vantaggi per cui il cliente non possa fare a meno del prodotto. Allora, Tu devi elencarne ed argomentarne tre, poi inserisci il prezzo del prodotto e quindi termina aggiungendo gli altri vantaggi, con questa frase:
“....converrà che questo costo è poco rispetto ai vantaggi che Le ho detto ma c'è di più perchè oltre a questi, il prodotto Le dà anche questo vantaggio ecc.......e poi quest'altro....”
Capito? Importante è non terminare mai l'argomentazione con il costo ma sempre con un vantaggio. L'ultima cosa che deve rimanere nella mente dell'acquirente è proprio e solo un vantaggio, mai il costo.
Prova. Ciao

domenica 2 marzo 2008

Problemi sindacali

“ mi chiamo XXXXXX ho 24 anni e sono XXXXXX, faccio la commessa in un negozio che vende borse e accessori vari. Lavoro in questo negozio dal 2007, all’inizio mi è stato fatto un contratto al V livello come aiuto commessa che aveva come data di scadenza la fine di agosto, dopo di che sarei dovuta passare all’indeterminato con le stesse mansioni, dico “dovrei ” perche non ho ancora visto il contratto. Il problema è che a volte la settimana lavorativa e fatta da 6 giorni e a volte da 7 e io non so se le mie 40 ore devono essere spalmate dal lunedì al sabato con in più le ore di domenica o meno tipo:
03/03 14-19
04/03 16-22
05/03 13-22 con 1 ora di pausa
06/03 10-16
07/03 libero perche cosi recupero la domenica di apertura straordinaria
08/03 13-22 con 1 ora di pausa
09/03 16-22
Ma è coretto? Da quello che o letto io la settimana lavorativa va dal lunedì al sabato, la domenica e pagata a parte come straordinario. Poi se a me serve un giorno di permesso non lo posso avere, però la settimana me la fanno da 38 ore cosi tutte i mesi mi scaricano 8 ore si permesso.
Il negozio e in un centro commerciale con apertura al pubblico dalle 10 alla 22, dal lunedì al sabato e qualche apertura straordinaria durate l’anno non abbiamo prezzo unico e ogni vendita e deferente.
So per certo che i miei titolari sono del idea “se non ti va bene te ne puoi andare”, non è che a me non piace lavorare ma sono stanca di vivere questa situazione, non so più dove cercare il CCNL COMMERCIO e il più delle volte non capisco quasi niente. Per favore ditemi qualcosa.”

Carissima XXXX,
ho letto attentamente la Tua lettera ma purtroppo il problema che poni non è di mia competenza nel senso che non ho sufficienti conoscenze circa i contratti di lavoro per poterTi rispondere con sicurezza.
La nostra consulenza è per altri settori e ciò che chiedi è davvero molto diverso. Se Ti rispondessi potrei crearTi più problemi che aiuto. Come sempre Ti invito, visto che oltretutto non sei italiana e non sai dove e come cercare il contratto di lavoro, di rivolgerTi ad un patronato o ad un qualsiasi sindacato della Tua città. Troverai gli indirizzi sull'elenco telefonico. Sappi che una risposta deve esserTi data senza alcun problema e gratuitamente. Qualora Ti venisse chiesta l'iscrizione al sindacato per avere il responso, puoi benissimo rifiutare ed andare da un altro.
Lavori in un Centro Commerciale dove gli orari sono diversi dai soliti negozi, visto anche le aperture straordinarie. Dici che ai Tuoi titolari interessa poco che Tu ci sia o meno. Mi soffermerei un attimo per riflettere su questo. Perchè dovrebbero pensarla così? Oggi è difficile trovare commesse e se Tu li lasciassi, sei sicura che per loro non sia un danno? Perchè se non lo fosse, forse vuol dire che c'è qualcosa che non è perfetto in Te.
Il buon senso direbbe che la domenica dovrebbe essere pagata a parte se durante la settimana sono state coperte tutte le ore di lavoro. Questo non viene fatto? Oppure al posto della domenica lavorativa, Ti viene dato un giorno di recupero durante la settimana?
Potrebbe esserci qualcosa che non va nel modo di pagarTi il lavoro, e credo quindi Tu debba rivolgerTi ad altra sede.
Voglio però solo dirTi una cosa: valuta se il lavoro che fai Ti piace o meno (parlo in quel negozio). Se Ti piace e non vorresTi perderlo, attenta a come Ti muovi perchè, come purtroppo sempre accade, quando ci si mette a discutere questi temi, possono nascere tensioni e diffidenze tra le parti e quindi i rapporti tendono poi a non essere più gli stessi. Questo porta a vivere poi male il lavoro.
Se invece hai possibilità di trovare velocemente un altro lavoro e quindi sei “coperta” da eventuali ritorsioni da parte degli attuali titolari, allora puoi portare avanti la Tua protesta. Come sempre occorre valutare il pro ed il contro di ogni nostra azione, per evitare che anche avendo ragione, ci si debba perdere.
RicordaTi inoltre che eventuali situazioni di tensione verrebbero conosciute anche dagli altri negozianti del Centro (è ovvio che la gente parli) e quindi potrebbe essere difficile trovare un lavoro nello stesso centro.
Io inizierei a chiedere ai titolari di regolare il contratto che non hai ancora visto e questo può darTi la possibilità di capire le loro intenzioni. Se ci tengono ad averTi, non dovrebbero fare storie. Se ne fanno, allora riflettici.
InformaTi comunque presso un sindacato.
Ciao

Problemi sindacali

G. (loc. n.c.)
“ Da un certo periodo a questa parte, ho avuto necessità di richiedereripetuti permessi di 4 ore o, nei casi più rari, di 1 giornata intera.Le mie assenze sono state notate dal titolare, il quale mi haripetutamente inviato nel proprio ufficio, dove mi ha espressamentechiesto di motivare le mie assenze.Io ho gentilmente ribattuto che non mi sentivo di dovere esplicitarealla proprietà i motivi, in quanto miei intimi e personali.Il datore di lavoro si è accanito su questo fatto; mi controlla avista e, ultimo sgradevole episodio, non ha autorizzato il mioDirettore Commerciale nè la direzione generale a firmare il documentodi richiesta relativo al mio ultimo permesso.Sono stato perciò costretto a rivolgermi al titolare stesso, il qualemi aspettava al varco per vessarmi ulteriormente.Fatto salvo i motivi per cui io necessiti di tali permessi, come possotutelarmi ed evitare in futuro queste spiacevolezze, quando ne ladirezione commerciale (mio diretto responsabile), ne tanto meno ladirezione generale mi tutelano, se non riferendosi unicamente alladisciplina riportata sul CCNL Metalmeccanici ?”

Egregio G.,
il problema che Lei ci presenta non è, come altre volte già scritto, di nostra competenza per cui tendiamo a non dare risposte ufficiali per non creare ulteriori problemi a chi le chiede.
Possiamo solo fare una riflessione, fidandoci del buon senso.
Lei non dice se i permessi che chiede sono da ritenersi retribuiti o meno. Se lo fossero, ci vien da dire che la Proprietà può averne da ridire, forse giustamente. Se invece i permessi richiesti sono NON retribuiti, crediamo Lei possa chiederli senza problemi (salvo un limite da non superare, credo).Tuttavia, qualunque sindacato o patronato, come altre volte detto, può dare risposte certe, in relazione al contratto di lavoro, senza alcun vincolo da parte del richiedente.
Se ben ricordo però c'è la possibilità di assentarsi chiedendo anticipi ferie; cosa che taglierebbe la testa al toro.
Inoltre può trovare chiarimenti anche sul contratto stesso di lavoro che, nella logica e negli accordi aziendali, dovrebbe esserLe addirittura stato consegnato dall'Ufficio del Personale quando è stato assunto o in occasione di ogni rinnovo di contratto (se anche queste regole non sono cambiate, ma non credo).
Mi rendo conto che per il Direttore Commerciale e la Direzione Generale prendere le Sue difese sia un po' difficile (tengono famiglia anche loro) ma potrebbero non farlo anche per il solo fatto che queste questioni sono sempre molto delicate e la ragione di una o dell'altra parte è sempre appesa ad un filo.
Se ad esempio Lei fosse impiegato in un settore per cui la Sua presenza è prioritaria, può darsi che le continue assenze creino difficoltà. In questo caso, la Direzione può cercare, per il bene dell'azienda, di limitare queste uscite. Se poi Lei fosse una pedina troppo interessante, potrebbe nascere il dubbio che Lei stia cercando un altro lavoro e quindi, ancor peggio.
Personalmente agirei alla luce del sole, infatti Lei sta dimostrando che volendo tacere sulle motivazioni, si sta creando un problema. Se la Proprietà iniziasse a pensare che non può fidarsi di Lei, ne andrebbe del Suo futuro in azienda, qualora Lei pensasse di sviluppare la Sua carriera, dov'è. Rifletta.
Allora: se la motivazione delle richieste è personale, nel senso che riguarda la Sua persona o la famiglia, dire le cose come sono, non Le porterebbe alcun problema. Se Lei stesse cercando un altro lavoro; dirlo, spiegando le motivazioni per cui lo fa, potrebbe portare l'azienda a valutare come tenersi il Suo contributo lavorativo e magari scapparci un aumento. Se invece ci sono problemi all'interno dell'organizzazione, perchè non chiarirli?
Penso che i dubbi ed i tarli creino situazioni difficili da gestire nel tempo. Poiché addirittura il titolare si interessa di questo Suo caso, vuol dire che vi è un comportamento paternalistico in questa persona. Tendenzialmente questi soggetti amano conoscere tutto dei dipendenti, non per curiosità ma proprio perchè sentono quasi come un loro dovere essere presenti nelle situazioni private dei dipendenti, dando spesso aiuto o una mano; perchè è in questo modo che si sentono utili.
Sicuro che vuole negargli questa soddisfazione che forse a Lei non costa molto ma che potrebbe sviluppare un rapporto diverso con il titolare?
In bocca al lupo.