Ricerca personalizzata

lunedì 28 gennaio 2008

Motivazione

Antonio V. Firenze
“......Spero che mi dia risposta anche se, pur essendo giovane giovane non posso definirmi un giovane lavoratore con problemi di inserimento. Sono un imprenditore con una piccola fabbrica che ho ereditato improvvisamente, un anno fa, da mia padre. E' ancora piccola, con 30 lavoratori, ma con possibilità di sviluppo che riesco ad intravvedere e che mi fanno sperare bene. Il mio problema non è legato al settore ma alla gestione del personale. Mi spiego meglio. Poco dopo la mia entrata in azienda se ne sono andati molti lavoratori anziani che avevano iniziato assieme a mio padre. C'è stato un cambio piuttosto ampio che ha rivoluzionato un poco l'ambiente. Ho ancora, per fortuna, alcuni operai anziani ma la maggior parte è giovane. Credo d'essere stato fortunato perchè ho trovato ragazzi seri. Mi sono accorto e mi accorgo ogni giorno di più, però, che, malgrado io cerchi di far le cose corrette, sotto l'aspetto motivazionale, manca qualcosa o meglio, forse non capisco bene come fare per motivarli. Vedo spesso facce buie, piccoli litigi interni, forse un po' di invidia tra alcuni.....insomma, devo capire che fare....”

Mi chiedi di darTi del Tu, Antonio e Ti accontento.
La Tua è una storia classica ed è per questo che rispondo. Non dovrei forse farlo perchè, come Tu stesso dici, non potresTi metterTi nella categoria dei lavoratori giovani con problemi ed anche perchè, per risolvere il Tuo problema dovremmo entrare davvero nell'ambito della consulenza all'azienda.
Tuttavia, lo faccio per due motivi. Primo, per la delicatezza e l'educazione con cui mi scrivi; secondo perchè riconosco che il Tuo problema, oltre ad aiutare Te possa aiutare anche quei giovani lavoratori che, in qualunque posizione stiano operando, sentano d'avere un problema motivazionale legato al proprio lavoro. Il malessere nello svolgimento di un'attività è quanto di peggio possa esserci per chi la svolge. Spesso questo malessere nasce da una non conoscenza delle proprie esigenze. Allora, per rimanere nei termini di una risposta sul blog, voglio solo farTi riflettere sulla scala dei valori e dei bisogni che l'uomo ha.
Da come mi presenti il problema, potrai trovare in questa risposta il senso del malessere dei Tuoi collaboratori. Sono certo che saprai cogliere l'essenza e metterla in atto.
C'è una notissima scala dei bisogni identificata e chiarita da Maslow, lo psicologo che per primo ha espresso una teoria rivelatasi poi giusta a tal punto da essere presa come base per tutte le riflessioni inerenti la motivazione personale e la progressione dei bisogni dell'uomo.
E' proprio una scala, con cinque scalini. Sul più basso, il primo, ci sono i bisogni fisiologici, ovvero la necessità prima di tutto di soddisfare i bisogni primari: riuscire a sopravvivere, mangiare e coprire le spese minime basilari. Al secondo, la sicurezza. Dopo aver ottenuto ciò che c'è al primo gradino, l'uomo punta ad avere qualcosa in più e questo qualcosa è la sicurezza economica e fisica. Ottenere dal lavoro qualcosa in più di quanto serve a sopravvivere e star bene in salute. Poi al terzo, il senso di appartenenza. Solo quando si è ottenuto ciò che sta al secondo livello, l'uomo punta a qualcosa d'altro. E questo qualcosa è proprio il senso di appartenenza. Appartenere ad un gruppo, un clan, un team di lavoro, una squadra. E' questo un pensiero che l'uomo ha quando ha già risolto i problemi degli scalini precedenti. Al quarto, la stima ed infine, in cima alla scala dei bisogni, l'auto realizzazione.
Il quarto livello, come detto, è riferito alla stima. L'uomo, quando ha ottenuto le altre cose, chiede di essere stimato dal gruppo. Desidera cioè lui stesso dimostrare d'essere persona affidabile e quindi degna di stima. Ci tiene ad essere rispettato e punta a che, ciò che dice, sia considerato. Sapere d'essere stimato dagli altri è una motivazione a cui l'uomo ha sempre mirato. Per finire, l'autostima. Ogni uomo, quando ha superato gli scalini precedenti non ha altro a cui puntare se non realizzare i propri sogni e desideri. Nessuno è esente dal posizionarsi su questa scala, qualunque sia la posizione che occupa. Anche chi ritiene d'aver già tutto, punterà sempre a qualcosa di più e nel momento in cui desidera qualcosa di più significa che non è ancora arrivato al quinto scalino o, se già c'è, si trova su una scala mobile che non ha mai fine.
Questa scala, caro Antonio, Ti farà riflettere. L'uomo punta sempre, inconsciamente al quinto scalino. Vuole arrivarci ma non lo può fare se non soddisfa prima i bisogni precedenti. In altre parole: a nessuno interessa essere stimato dagli altri (terzo scalino) se prima non ha risolto il problema giornaliero della pagnotta. Prima viene la sopravvivenza e sino a quando l'uomo non ha risolto questo, non è interessato ad altro. Solo dopo, quando ha da mangiare, inizia a pensare a qualcosa di più.
Perchè Ti ho parlato di questa scala? Credo Tu l'abbia già compreso mentre leggevi. I Tuoi giovani operai soffrono di malessere (come dici Tu). Hanno ciò che sindacalmente è corretto, hanno la sicurezza del posto del lavoro,eppure.... Ecco qui il punto. Se collochi questi giovani nella scala, dovrai metterli al secondo scalino. Ma poiché anche il posto di lavoro, come mi scrivi, è sicuro e loro lo sanno, inconsciamente puntano ad arrivare più in alto.
E più in alto c'è il senso di appartenenza e poi ancora la stima. Credo che questi due scalini, in azienda, debbano essere non concessi ma permessi da Te. Il senso di appartenenza al gruppo di lavoro è davvero l'azienda e l'imprenditore che deve darlo. Far si che il lavoratore si senta coinvolto, facente parte dell'azienda stessa e non solo “colui che viene usato per raggiungere un obiettivo” è obbligatorio in gruppo di lavoro. Ci sono mille modi per far questo.
Renderli sempre partecipi dei risultati aziendali che il loro lavoro consente; responsabilizzarli sulla qualità di ciò che esce dall'azienda; qualità che nasce dalla loro attenzione. Farli sentire parte dell'azienda anche con vere e proprie riunioni in cui si presentano i successi, gli insuccessi e in cui si chiedono idee per superare i problemi. Appartenenza al gruppo significa anche dire come si posiziona l'azienda rispetto alla concorrenza e quali miglioramenti sta ottenendo. Appartenenza al gruppo significa festeggiare, anche solo con un brindisi tutti assieme, quando si prende un nuovo importante cliente.
E poi, dopo questo, la stima con assegnazione di obiettivi personali con premi ed encomi; coinvolgimento nella ricerca di soluzioni nell'ambito del lavoro da loro svolto; possibilità per gli anziani di svolgere mansioni di supervisione o di affidare loro un nuovo operaio affinchè venga formato e possibilità per i giovani di avere una guida sicura che li formi all'interno. Come vedi Antonio le possibilità di motivare ci sono e forse basta la creatività per trovarne di nuove. Inizia allora questo percorso non facile per Te ma che Ti porterà lontano. Diventa una figura di riferimento senza diventare il padre padrone. Vivi con loro per motivarli, rassicurarli, premiarli, facendoli sentire appartenenti al gruppo per loro scelta e soddisfazione e non per obbligo. Chiedi anche, ogni volta che serve, un parere su un problema a chi ritieni idoneo; tienti informato sui progressi dei giovani e, se ancora non lo fai, mantieniti informato anche sulla loro vita extra lavoro; sui loro problemi. Credimi, è importante per loro vedere che il loro capo si informa e si interessa dei loro problemi.
RileggiTi ogni tanto queste righe e vedrai che troverai sempre nuovi spunti. In bocca al lupo!

Vendite

Edoardo T. Biella
“....Non vendo da poco tempo, sono ormai tre anni anche se sono giovane. Riesco piuttosto bene ma il mio spauracchio è dato dalle benedette obiezioni che i clienti tirano fuori. Mentre parlo mi dico sempre “adesso mi farà un'obiezione” e puntualmente arriva a rovinare tutto quanto detto sino a quel momento per cui devo ricominciare a costruire. Per questo ho il terrore delle obiezioni. So però che questo non è solo un mio problema perchè anche parlando con altri mi dicono le stesse cose.....”

Si, caro Edoardo, non è un problema solo Tuo. Direi anzi che è piuttosto comune. Il fatto è che noi vorremmo, quando diciamo qualcosa, non essere interrotti; essere creduti ed arrivare subito alla conclusione. Insomma vorremmo davanti a noi delle persone non pensanti, mollicce e pronte solo a dire si. Non è così.
Il cliente ha diritto di dubitare ed anche di chiedere chiarimenti. Il problema delle obiezioni (lo dico per chi non vendendo, non comprende il senso del termine) nasce solo dalla necessità, da parte del cliente di avere ulteriori chiarimenti su quanto proposto.
Pensa Edoardo come tutto cambierebbe se Tu solo pensassi all'obiezione non come ostacolo o diffidenza nei Tuoi confronti, quanto piuttosto come mezzo per avere maggiori chiarimenti....in quanto interessati all'acquisto.
Hai mai pensato in quest'ottica? Eppure l'obiezione è proprio e solo questo? Se il cliente non fosse interessato Ti direbbe subito no (come probabilmente capita) senza perdere tempo ad ascoltarTi. Invece lo fa. Sta lì, Ti ascolta, eppoi ecco la domanda (obiezione) che vuol essere una richiesta di maggior approfondimento.
Probabilmente Tu, ai Tuoi esordi, hai avuto esperienze raggelanti, nel senso che Ti sei trovato, magari per inesperienza, a non saper rispondere a qualche domanda. Hai somatizzato questo Tuo malessere ed oggi, sei Tu stesso che lo dici, temi già che arrivi l'obiezione ancor prima di parlare.
Rifletti solo su questo: se il cliente obietta vuol dire che è comunque interessato e che cerca maggiori rassicurazioni.
Non chiamarle obiezioni. Sono solo domande. Le domande non fanno paura, ben vengano. Tu non ne fai mai quando acquisti qualcosa? Quando acquisti un abito, quante domande fai al commesso? Le fai eppure hai intenzione di acquistare. Vedi: per Te sono solo di chiarimento e rassicurazione, assolutamente innocue. Il commesso potrà magari recepirle come obiezioni per non voler acquistare ma il Tuo fine però è diverso.
Forza dunque, nessun timore delle obiezioni ad un patto, però: che Tu sia preparato alle risposte e per questo c'è solo la Tua volontà di professionista. Tu sai bene quali sono le domande più classiche che possono essere fatte, Ebbene, per ognuna studia un'appropriata risposta convincente (solitamente quella che Ti ha aiutato più spesso) e archiviale in memoria. Al momento opportuno, non solo non avrai paura delle obiezioni ma saprai tirar fuori subito le risposte più convincenti.

venerdì 25 gennaio 2008

Vendite

Mario T. Campobasso
“.......mamma mia che paura. Devo iniziare il lavoro di venditore. Ho terminato gli studi lo scorso anno. Mi sono subito guardato attorno ma nella mia zona di residenza c'è poco da fare. Ovvero, ci sono molte richieste di operai ed altro, non lo nego, ma io volevo qualcosa di diverso. Voglio essere libero, girare, conoscere gente. Così ho cercato nel mondo delle rappresentanze. Dopo qualche delusione nelle trattative (anzi, dovrebbe dare qualche consiglio anche su questo perchè per chi inizia è difficile capire dove sono le insidie delle offerte) penso d'aver trovato l'occasione giusta, almeno per il momento. Non so cosa chiedere in generale per cui chiedo la cosa che in questo momento è più importante per me, ed è
-se Lei dovesse darmi un suggerimento secco, unico e deciso, per farmi iniziare col piede giusto, cosa mi direbbe?-"

Caro Mario,
accidenti che domanda secca. Dovessi pensare a cosa rispondere, probabilmente tirerei fuori chissà quante raccomandazioni ma Lei mi chiede un suggerimento che io penso “primario”.
Allora, è questo: quando presenterà un prodotto, non cerchi di vendere il prodotto stesso ma il bene o vantaggio che il consumatore otterrà, usandolo.
In altre parole, il vantaggio. Vede, Mario, quando noi acquistiamo qualcosa pensiamo sempre allo scopo per cui la acquistiamo. Se, ad esempio, comperiamo un trapano, non lo facciamo per il gusto di avere un trapano, bello che sia, ma solo perchè pensiamo che ci servirà per fare due buchi nel muro al fine di mettere uno scaffale. Ciò che ci serve è lo scaffale (il fine) e questo lo otteniamo facendo buchi nel muro. Per fare questo acquisto il trapano. Se Lei venditore, ad esempio, mi parlasse mezz'ora di come è fatto questo trapano, della tecnologia usata per farlo; degli ingranaggi sicuri e perfetti, alla fine mi annoierebbe e finirei per andarmene da un'altra parte. Se volesse convincermi invece, dovrebbe solo dire che quel trapano permette di fare, anche ad un incompetente, buchi perfetti, senza sbavature e in modo veloce e sicuro. Capisce la differenza nell'argomentazione?
Il mio fine è mettere uno scaffale e quindi fare buchi. Se Lei mi dice che quel trapano fa buchi perfetti mi convince subito che è fatto per il mio scopo. Ed io compro.
Vuole fare una riflessione? Eccola. Quando Lei acquista un biglietto della lotteria non spende qualche euro per acquistare un pezzo di carta ma lo fa pensando al vantaggio che può derivarne. Lei acquista solo il sogno di poter vincere. Non acquista il biglietto ma ciò che può trarne.

Varie

Gianni M. Torino
“......ho letto tempo fa una risposta ad una lettera scritta da una ragazza. Voi non avete risposto solo perchè questa ragazza non scriveva nel modo giusto, secondo voi. E' corretto questo modo di fare?......”

Egregio Sig. Gianni,
ho ridotto la Sua lettera e l'ho pure ritoccata per renderla leggibile perchè Lei, come la persona precedente, scrive con una “tecnica” moderna, giovanilissima, carinissima, probabilmente interessante per un mondo che non è però quello del lavoro.
Rispondo a Lei, oggi, mentre non l'ho fatto a quel tempo, solo perchè questa risposta può ulteriormente servire ad altri.
Noi possiamo decidere di vivere un nostro mondo; di credere che questo nostro mondo sia quello reale; di pensare che gli altri debbano accettare il nostro modo di fare solo perchè lo accettiamo o lo vogliamo noi. Però, caro Signor Gianni, a volte può non essere così e dobbiamo essere tanto maturi da rendercene conto. Non possiamo pretendere che siano sempre e solo gli altri a capire noi; a venirci incontro; ad accettare le nostre condizioni. Così facendo prenderemo tremende craniate eppoi, rattristati e demoralizzati, ce la prenderemo con la vita che non ci capisce ed è contro di noi.
Il mondo del lavoro è ancora, per fortuna, piuttosto serio e richiede che le persone che vogliano entrarci siano altrettanto piuttosto serie. Essere seri, nel mondo del lavoro, può significare il dover conoscere ed accettare le regole comuni; il buon senso e molto altro. Chi non riesce ad amalgamarsi con questa realtà, oltre a lavorare molto male, finisce per essere estromesso.
Fatta questa lunga premessa, rispondo alla Sua lettera. A suo tempo ho contestato a chi mi ha scritto il fatto d'aver inviato una lettera ad una persona non conosciuta, usando un modo d'esprimersi non adatto a chi poteva leggere ma solo a chi tentava di scrivere.
Vede Signor Gianni, buon senso vuole che se io devo comunicare con qualcuno, devo cercare di pormi nella condizione d'essere più chiaro possibile. In questo modo darò all'altro la stessa possibilità di comprendermi e rispondermi.
Se scrivo una accozzaglia di sigle, parole ridotte, x per dire per, o stenografia nuovo modello, non mi pongo all'altra persona nel modo più semplice per essere compreso. Se chi mi ha scritto ha ritenuto di farlo in quel modo, vuole dire che questo è il solo modo di esprimersi che sa usare. Bene, è sbagliato. Tutto qua. Può farlo fin che vuole, può mandare messaggini agli amici in questo linguaggio ma se non comprende che non può farlo con tutti, sbaglia.
Quella persona si domandava perchè non era presa in considerazione. Io ho cercato di farlo comprendere. A volte va fatto nel modo in cui l'ho fatto.

martedì 22 gennaio 2008

Comportamento

Letizia (località sconosciuta)
“....sono stata assunta (da poco) come commessa in un negozio di articoli per la casa e liste nozze, fin da subito il principale ha notato in me la grande comunicazione che riesco ad intrattenere con i clienti, inducendoli anche a comprare un prodotto dal costo maggiore ma anche della qualità migliore, piuttosto che adattarsi ad un prodotto di scarsa qualità. Per circa 8 giorni le cose sono andate benissimo tra me e il principale e la moglie, se non che è tornata dalle ferie l'altra commessa che lavora presso il negozio da 2 anni e ha iniziato a comandarmi per ogni cosa, si intromette in ogni vendita che io gestisco e mi "obbliga" a fare le pulizie come dice lei (con l'aspirapolvere che pesa un quintale, io usavo la scopa e spolveravo ogni giorno le vetrine quando lei non c'era), mi manda in magazzino continuamente con pacchi pieni e vuoti da mettere a posto, ci sono 2 rampe di scale per scendere nel magazzino, e mi critica perchè porto i tacchi mentre lei usa scarpe comode per lavorare meglio.
Ieri sera, stufa di questa situazione, ho telefonato al principale e ho detto che questo atteggiamento non mi sta bene, è chiaro che ho una posizione inferiore rispetto alla collega, ma un pò di delicatezza la pretendo.
Domani ci sarà un chiarimento faccia a faccia tra noi, cosa mi consigliate?
Grazie, Letizia"

Gentile Letizia,
inizio dalla fine della Sua lettera. Lei mi scrive il 20 gennaio dicendomi che il 21 avrà un chiarimento. Mi spiace. Il chiarimento ci sarà senz'altro già stato ed io non ho potuto aiutarLa.
Per chi leggesse quindi, rinnovo l'invito più volte dato. Non chiedete aiuti immediati perchè le risposte necessitano di un minimo tempo tecnico di risposta. Per questa ho fatto l'impossibile ma non può essere sempre così.
Veniamo ora al Suo problema che analizzo ed a cui rispondo per essere d'aiuto, se non a Lei, almeno ad altri.
A volte devo essere crudo nelle risposte e forse questa è una di quelle. Lei, Letizia è colpevole esattamente come la Sua collega. Appare evidente, da ciò che dice, che è nato subito un problema di comportamento e di comunicazione tra Voi. Lei sa comunicare bene con i clienti, dovrebbe farlo anche con la Sua collega, ed anche se la Sua collega non è all'altezza.
Dunque. Tutto è andato bene sino a quando al ritorno dalle vacanze, la “vecchia” commessa non ha ripreso in mano la situazione. La critica, si intromette nelle vendite; Le ordina di fare questo e quest'altro....insomma, fa un po' quello che (diciamocelo) farebbe chiunque quando occupa un posto da un certo tempo e si vede arrivare un nuovo collega. Ha ragione? Diciamo pure che sbaglia, ma diciamo anche che Lei Letizia dovrebbe, se non accettare, almeno comprendere la posizione della collega più anziana. E' evidente che c'è un po' di invidia e forse anche paura di perdere il posto davanti ad una collega più giovane e magari più preparata. In queste casi, piuttosto che alzare una barriera, Lei doveva usare più tatto: assecondare la collega; accettare i suggerimenti, lasciare d'essere seguita nelle trattative. (Un minimo di gioco delle parti va accettato, soprattutto quando si entra in un ambiente come ultimi. Accade in ogni ufficio ed in ogni realtà. Voler far valere le proprie ragioni subito, senza sorriderne sopra, non pone mai la persona sotto una bella luce) Purtroppo a volte ci si lascia prendere e si è impulsivi. Così Lei ha telefonato al Proprietario per avere un chiarimento, lamentandosi della collega.
Io non so come sia finita ma credo che il risultato possa solo far nascere una situazione ancora più pesante. Non può infatti pensare che il Suo capo decida di prendere posizione quando si trova, da una parte, con una commessa presente da due anni ( e quindi probabilmente soddisfacente per lui) e dall'altra una nuova assunta che, seppur brava a vendere (e non lo discuto da come scrive) è pur sempre ed ancora un'incognita. Il Suo Capo si è senz'altro trovato con un problema da gestire (oltretutto sempre rognoso) quando non lo avrebbe desiderato.
Se c'è quindi stata una richiesta del Padrone verso l'altra collega di un maggiore rispetto e delicatezza nei Suoi riguardi, si verrà a creare un clima difficile perchè la collega, coverà dentro di sé astio.
Spero invece che il Suo capo abbia cercato di calmare Lei e non abbia fatto parola con l'altra commessa. Può sembrare errato ma in una fase iniziale è più giusto non fomentare attriti.
Mi creda Letizia, queste situazioni vanno gestite più con ironia anche avendo ragione. Occorre sorridere con la collega mandandola bonariamente al diavolo ogni volta che dice di fare o non fare qualcosa. Sempre sorridendo.
Sul fatto poi che mandi Lei in magazzino a fare due rampe di scale, credo sia il minimo che viene chiesto al nuovo inserito in un posto di lavoro.
Non pensa che fare queste cose con un sorriso possa metterLa in ottima luce anche con la Proprietà che vedrà in Lei un'ottima collaboratrice? Poi, dia tempo al tempo.....

mercoledì 16 gennaio 2008

Varie

Paola (città non specificata)
“....sarei intenzionata ad acquistare un bar. La richiesta fattami mi pare fin troppo buona. Come posso capire se le cifre di incasso dichiarate sono vere oppure se il prezzo richiestomi non sia magari superiore al reale giro d'affari? Posso anche fare un'indagine di mercato o non ne vale la pena?
Può aiutarmi?....”

Gentile Paola,
Lei mi dà poche informazioni per capire il Suo problema, ma cercherò ugualmente di aiutarLa a riflettere. Non so in quale zona o area geografica sia il locale che Le offrono quindi posso dirLe questo:
la prima cosa da fare è di poter verificare il fatturato degli anni precedenti. Lo può fare facendosi dire il nome del commercialista che tiene la contabilità all'attuale proprietario. Non si fermi all'ultimo anno ma veda almeno qualche anno addietro. In questo modo può verificare se negli anni gli affari hanno progredito, sono stati stabili o sono regrediti. Se il proprietario non accetta questo controllo, diffidi immediatamente. Se non ci sono imbrogli, non ci dev'essere timore di mostrare i conti.
Tenga presente che il valore di un locale, su cui calcolare spese e guadagni, lo si calcola dagli scontrini fiscali emessi. Quindi, non si fidi di eventuali grosse somme che Le dovessero essere fatte credere come incassi senza scontrino. Ognuno può agire come vuole (sarebbe meglio correttamente) comunque sappia che ciò che non si vede, proprio perchè non si vede, può anche non esistere.
Il commercialista Le potrà dire, al di là dei ricavi, a quali spese generali Lei andrà incontro. Le spese dell'attuale proprietario infatti sono la base certa anche per Lei.
Per capire se il locale funziona o meno può poi fare diverse valutazioni: L'attuale proprietario è vecchio e vuole vendere per farsi una buon'uscita. E' positivo. L'attuale proprietario è piuttosto giovane ma vuole cambiare lavoro. Perchè? Se il lavoro va a gonfie vele, difficilmente oggi si cambia.
Il proprietario è vecchio ma i figli hanno altri scopi nella vita e quindi, vende. E' un valido motivo.
Il proprietario ha figli che già lo aiutano nel locale eppure vende ugualmente. Perchè?
Veniamo ad altre valutazioni. Il valore di un bar è dato dal posizionamento e dal luogo. Questo è in città o in un paese? Il luogo può far già variare il potenziale mercato, anche futuro.
In entrambi i casi deve valutare la posizione. Ha un forte passaggio pedonale? E' in una via di traffico? Vicino ci sono negozi importanti ed uffici? Ci sono nelle vicinanze altri bar “belli” e frequentati? Tutto questo Le dà un'idea del movimento di possibile clientela. Certo che se il locale è in un paese, in una zona con poco traffico o addirittura privi di uffici e negozi....
Poi ancora deve valutare cosa può riservare il futuro a quell'area. Ci saranno nuove costruzioni o magari nasceranno strade di scorrimento che taglieranno in due l'area di influenza del bar?
Tenga presente che oggi un bar sta in piedi principalmente con le colazioni del mattino; poi con panini e pasti a mezzogiorno e, se in particolari zone cittadine, con gli aperitivi alla sera. Il resto della giornata è dato da lavoro di passaggio (se esiste) o da servizi agli uffici, ma queste ultime cose incidono poco.
Le domande che Le ho posto e detto di farsi, sono già un'indagine di mercato. Ce poi un'altra possibilità. Quella di andare o di mandare qualcuno, per qualche giorno in orari diversi e verificare direttamente com'è il lavoro.
Se poi vuole, può ancora riflettere sul tipo di clientela che vede nel locale. E giovane o vecchia? Ha capacità di spesa? E' gente per bene? (Tenga presente che se il locale è frequentato da gente sbagliata, perde totalmente il valore)
Infine, per il Suo impegno all'acquisto, calcoli anche com'è attualmente il locale. E' sufficiente che ci siano interventi da fare per ridurne il valore. Come sono ad esempio i servizi igienici? E l'arredamento? Se ritiene che non siano più all'altezza, dovrà calcolare anche queste spese. Poi ancora: l'immobile in cui è inserito, com'è? Recente oppure vecchio con futuri lavori di ristrutturazione da sostenere?
Non conosco la Sua età, cosa stia facendo attualmente ne quali capacità economiche Lei abbia. Anche queste sono valutazioni importanti. Ho visto molti giovani fare scelte sbagliate ( e credo d'aver anche già dato risposte su questo tema, in passato)
Qualunque scelta Lei faccia, abbia comunque ben chiaro quanto Le ho detto all'inizio.
Deve conoscere gli incassi con scontrini e deve poter vedere dal Commercialista, l'andamento degli ultimi cinque anni. Il commercialista inoltre, Le darà le informazioni relative ai minimi di categoria ai quali il fisco si atterrà per le proprie valutazioni.
Dopo aver fatto tutte queste cose, vedrà che avrà le idee ben chiare,la scelta sarà ponderata e Lei più tranquilla.
Per finire, una raccomandazione grande, grande. Un bar si regge anche sulla simpatia che ispira chi sta dietro al banco. Ricordi di essere creativa in quello che farà; coccoli sempre i clienti, non li serva! Anche dietro il banco si è venditori. Allora, di tanto in tanto, dia un'occhiata alle risposte che trova nel blog. Troverà sempre qualcosa che la aiuterà nel Suo lavoro.
Cordiali saluti

mercoledì 9 gennaio 2008

Varie

Lilly M. Parma
“.....Bello questo sito. L’ho scoperto per caso. Lo leggerò sempre e lo sto suggerendo alle amiche. Io non ho un problema ma un’aspirazione e gliela dico per sapere se è concorde con me. Il mio desiderio, forse semplice e poco ambizioso, è di fare la commessa. In famiglia non sto assolutamente male e quindi il mio non è un obbligo ma una scelta libera e consapevole che realizzerà il mio desiderio. Sembrerà strano ma ho una laurea che ritengo utile sul piano personale e che, perchè no, mi aiuterà nei rapporti interpersonali anche in quello che voglio fare. Perchè la commessa? Ritengo sia un lavoro dignitosissimo, tutto impostato sul rapporto con gli altri; in cui ci si può confrontare con una moltitudine di persone......
.....poi, un domani, potrei decidere di aprire un mio punto vendita, ma ritengo che l’inizio sia giusto e corretto così....”

Gentilissima Lilly,
trovo la Sua lunga lettera (che ho ridotto, come spesso faccio, per motivi di spazio) estremamente chiara. Lei ha idee precise. Sono perfettamente d’accordo con Lei. La mansione di commessa è un lavoro che può dare soddisfazioni ne più ne meno che qualsiasi altra professione altisonante. Tutto sta nello svolgerla con un approccio corretto, cosa che spesso non avviene perchè molte persone decidono di svolgere questo lavoro solo quando non trovano altro. Un ripiego, e quindi, come tale, viene vissuto male sin dall’inizio. Non c’è nulla di peggio che iniziare un lavoro in cui non si crede.
Lei, Lilly, lo vede nel modo giusto e sarà premiata. Lo sarà dalla soddisfazione nell’incontrare persone diverse, non da “servire” ma da conoscere e da accontentare. Lo sarà nell’aiutare ognuno a districarsi nelle scelte; lo sarà nello studiare i caratteri che si troverà di fronte. Sarà premiata in tutto questo ed alla sera sarà molto più sollevata, serena e felice, di un manager che svolge male il proprio ruolo.
Anche le prospettive che si dà sono buone. Prima voglio capire, imparare, fare esperienza eppoi, si vedrà se scegliere una strada autonoma o se continuare così.
Stare dietro ad un banco non è assolutamente facile, come pensa chi non ha l’occasione, ma può essere fortemente motivante ed anche facilissimo se ci si crede. Vi sono corsi formativi (che ben pochi fanno) proprio per comprendere come agire. Il commesso dovrebbe conoscere la psicologia (o parte di essa) quasi quanto uno psicologo. Come sempre dico ai giovani, occorre guardare all’obiettivo. Quello di un commesso è di soddisfare il cliente. Tutto l’operato deve quindi andare in questa direzione e la soddisfazione nasce proprio quando il cliente, con un sorriso, ringrazia dopo un acquisto ed esce contento dal punto vendita. Pensi sempre che ogni “grazie” detto da un cliente è una carezza ricevuta. Se, alla fine della giornata avrà ricevuto tante carezze, si sentirà serena, soddisfatta e libera come non mai.
Anche Lei, accontentando o aiutando il cliente nelle scelte, dà carezze. Quando noi riceviamo “carezze” ci sentiamo in dovere di ritornarle. Se Lei, aiutando il cliente, dà a lui carezze, costui si sentirà in dovere di ringraziarla nello stesso modo.
Non voglio dirLe o suggerirLe altro perchè non credo Lei abbia bisogno. Ha idee precise, pulite, limpide, con una visione chiara di ciò che deve significare il lavoro. Vorrei che molti altri lo avessero e che molte ragazze giovani, che non hanno lavoro, che non sanno che fare un domani e che passano il tempo davanti alle vetrine (dove spesso sono esposti cartelli di ricerca commesse) capissero che questa può essere un’opportunità anche di sviluppo non da poco.

Tenere un meeting

Romolo T. Roma
“....Non ho ancora letto qualcosa che riguardi un dubbio o problema che io ho. Sono un Capo Distretto di abbastanza fresca nomina (solo un anno). In questo periodo ho tenuto quattro meeting vendita come relatore al gruppo di venditori che dipendono da me. Gli stessi meeting a cui prima partecipavo come venditore. Ebbene,il mio problema che capisco dalle domande che i miei venditori mi fanno o dalle richieste successive di chiarimento quando vado con loro in affiancamento, è che probabilmente non riesco a far passare bene i concetti che voglio dire. Ci sono sempre mille cose da comunicare e probabilmente mi confondo. Non posso fare con Lei corsi formativi e quindi non so se potrà rispondermi......”

Caro Romolo,
non importa se non puoi fare corsi formativi con me. Lo scopo di questa rubrica è quella di aiutare i giovani (o quasi) che hanno iniziato un lavoro o lo stanno iniziando e il mio aiuto non è certo legato alla partecipazione ad alcun corso. Se proprio vuoi dare una mano affinchè questo aiuto prosegua, passa voce a Tuoi amici e conoscenti ed inoltre clicca per curiosità sulle pubblicità a lato. PotresTi aiutare Te ed altri a ritrovare per lungo tempo un sito gratuito (unico al mondo) che cerca di rispondere ai problemi che i giovani possono trovare nel mondo del lavoro.
Dunque: Tu eri un venditore, evidentemente bravo, che l’azienda ha deciso di promuovere. Bene per la promozione, male per la mancata preparazione. Le aziende, soprattutto nostrane, hanno il difetto tipico di pensare che un venditore bravo possa mettersi a guidare altri venditori solo in quanto di per sè, bravo, senza capire che un conto è vendere ed un altro essere capaci istintivamente di motivare gli altri a farlo.
Le due cose non sono assolutamente legate. Un buon venditore può non riuscire a guidare un gruppo così come un leader naturale può guidare una folla senza mai aver venduto nulla.
Ma vai a farlo capire!
Per il Tuo caso, molto più comune di quanto pensi, posso dirTi, almeno in questo poco spazio, che per riuscire a motivare, convincere e far accettare ai Tuoi collaboratori le direttive aziendali, devi Tu per primo avere chiaro in mente l’obiettivo che vuoi raggiungere con il meeting che andrai a fare.
Quando preparerai la Tua presentazione (spero Tu riesca a farla bene, altrimenti segui quanto dico su queste pagine anche in risposta ad altre lettere) poniti sempre e per primo, questa domanda:
“ quale obiettivo voglio raggiungere con questa presentazione?”
Devi presentare dati vendita del periodo passato? Devi presentare le novità del canvass? Devi dare una carica perchè le vendite stagnano? Devi premiare il gruppo per i risultati eccellenti? Devi presentare cambiamenti aziendali? Devi insegnare a gestire nuovo materiale amministrativo?
Vedi quante possibilità ci sono? Ebbene, per ognuna di queste c’è un tipo di comportamento. Ecco perchè dev’essere chiaro l’obiettivo che Tu devi avere.
RicordaTi sempre poi che chi partecipa ricorderà l’ottanta per cento di quello che avrà visto e solo il venti per cento di quello che Tu avrai detto.
Può anche darsi che Tu oggi abbia già chiaro l’obiettivo ma magari presenti male ciò che devi. Se, ad esempio, Ti basi su una presentazione molto vocale con pochi dati scritti, ecco che chi segue può davvero dimenticare subito e non capire. Se questo fosse il problema o parte di esso, impara a presentare tutto in modo scritto, usando la vecchia ma sempre migliore lavagna a fogli.
Infine un’altra raccomandazione: è assolutamente nei primi trenta secondi o al massimo nel primo minuto che chi ascolta deciderà se val la pena seguire ciò che dirà il relatore. Quindi, è in questo pochissimo spazio che Tu devi convincerli a seguirTi. Puoi usare frasi coinvolgenti, curiose, ma anche spiegare subito e chiaramente qual’è l’obiettivo del meeting. Se vuoi avere la sicurezza d’esser capito, puoi iniziare con una frase tipo: “l’obiettivo di oggi, con questo meeting è di vedere assieme come potremo fare a raggiungere il target del periodo; target che è piuttosto importante....così come molto importanti sono i premi ad esso legati!
In questo modo fai presente tre cose:
“dobbiamo darci da fare perchè l’obiettivo di vendita è alto”
“sarò assieme a voi per aiutarvi a raggiungerlo”
“facendolo, vincerete grossi premi”
Subito poi, puoi porre la domanda chiave: “ E’ tutto chiaro sin qui? Possiamo iniziare ad analizzare il programma per trovare assieme le tecniche più giuste affinchè il gruppo raggiunga l’obiettivo?”
Ti ho fatto l’esempio per Te più semplice, legato al mondo della vendita. In ogni modo, in qualunque contesto Tu possa trovarTi, ricordaTi sempre: se vuoi essere seguito, Tu per primo devi avere ben chiaro l’obiettivo che vuoi raggiungere. Solo così potrai cercare di farTi seguire.
Tanti cari saluti

Paura di parlare

Gianfranco M. Bologna
“......Ho fatto un meeting di vendita, il primo, qualche mese fa. Lo ricordo con terrore perché quando mi sono trovato davanti a 10 paia di occhi che mi fissavano, non riuscivo più a ricordare ciò che dovevo dire. Eppure, avevo provato tutto e nella mente era semplice. Il mio compito purtroppo prevede anche questo. Non avrei paura a dialogare con clienti di qualsiasi livello ma vedermi davanti delle persone che aspettano di ascoltarmi mi mette in difficoltà. Lei può darmi un suggerimento? Ho provato a leggere qualcosa: tutto è bello ma, alla fine, niente corrisponde alla realtà. Perché?.......”

Egregio Dr. Gianfranco,
devo inizialmente dirLe che la paura di parlare in pubblico, sia il gruppo piccolo, grande o grandissimo, non è cosa che ha solo Lei. Molti leader soffrono di questa paura. Alcuni ne escono, altri hanno una vera e propria fobia ed altri ancora, beati loro, proseguono serenamente con presentazioni terribili perché pensano di....esserne usciti.
Posso dirLe però che è un tipo di fobia da cui si può uscire abbastanza facilmente. Due sono i modi: il primo è quello di tenere spesso meeting (anche sabagliati) senza farsene una grande colpa. In fondo, appunto, non si è soli e l’importante è che le persone capiscano. Il secondo modo è il migliore: prepararsi bene.
Lei Dr. Gianfranco, è sicuro di prepararsi bene? Lei scrive “...non riuscivo più a ricordare ciò che dovevo dire....”
Prendo spunto da questa frase perché forse è proprio qui il problema. Mi pare di capire che Lei studia quanto dovrà presentare eppoi si affida alla memoria. Vi è però una condizione che varia: quando Lei studia è solo, tranquillo, senza disturbi esterni, in un ambiente che conosce. Quando poi parla, non è più solo; l’ambiente è diverso, ha disturbi attorno e così via. Cambiando le situazioni, nascono le paure.
Vediamo allora come fare per aiutarLa.
La paura più classica è quella del vuoto mentale. E’, di fatto, quella che colpisce anche Lei. Credo proprio che pur preparandosi magari benissimo, crei l’errore di non predisporre una buona presentazione scritta. E’ importante ? Moltissimo. Inizi col farsi una scaletta di ciò che dovrà dire. E non se la crei mentalmente perché non serve a nulla. Prenda una penna e scriva su un foglio, i punti più importanti che toccherà, nell’ordine stesso in cui li dirà. (Per alcuni, anziché parole, può anche usare simboli o disegnini)
Li deve scrivere solo perché mentre lo fa, il cervello prenderà nota dell’ordine attraverso la vista. Legga qualche volta le parole chiave scritte, poi chiuda gli occhi e torni a ridirle in ordine. Vedrà che nella mente apparirà chiara la sequenza.
Ora vediamo brevemente una sequenza di un meeting vendita con un prospetto dei punti salienti.
Lei deve, dare il benvenuto. Ringraziare per i risultati del periodo.Eventuali problemi sorti e possibili soluzioni per rimediare. Presentare le novità del nuovo ciclo vendita. Presentare le promozioni. Motivare gli obiettivi che devono essere raggiunti. Parlare degli eventuali premi. Far sentire ai suoi uomini che Lei è loro vicino, pronto ad ogni aiuto. Dare spazio a domande di chiarimento. Rafforzare l’idea del gruppo e di ciò che l’azienda si aspetta da Voi. Stimolare il gruppo ad una sana gara con gli altri gruppi aziendali, se esistono.
Benvenuto: se non vuole scrivere la parola, si dia il significato conn un disegno (magari un flut).
Risultati (il termine è sufficiente per farLa iniziare la presentazione dell’andamento. Se ci sono dati da presentare, dovranno essere scritti su un foglio a parte, con caratteri e numeri molto ampi e chiari).
Analisi prodotti (Lei vede che il termine problemi, lo presento come analisi prodotti. Infatti, non scriverei “problemi” ma arriverei a questi solo passando attraverso un’analisi che dovrebbe vedere prima, alcuni andamenti positivi, poi quelli negativi, con l’eventuali soluzioni, per finire ancora con qualche analisi fortemente positiva.
Nuovo ciclo. (anche in questo caso, il concetto è chiaro per farLa iniziare bene) Poiché solitamente le novità sono più di una, sotto nuovo ciclo, avrà i sottotitoli con solo i nomi dei prodotti interessati. Per ognuno, farà una apposita presentazione.
Promozioni (come sopra detto) Per ogni prodotto interessato, presenterà la promozione.
Obiettivi (forse il tema più importante). Su questo punto dovranno essere posti tutti gli sforzi per far passare il messaggio dell’importanza del raggiungimento degli obiettivi.
Premi (devo aggiungere altro? Possono essere presentati molto bene col simbolo dell’euro) Anche i premi devono essere presentati con forza. Dovrei parlarne molto ma, come sempre, manca lo spazio.
Vicinanza ai propri uomini (è sufficiente che lei disegni due omini affiancati per ricordarLe il concetto)
Domande ( può disegnare benissimo un punto interrogativo)
Cosa si aspetta l’azienda da Voi (può disegnare una ciminiera per ricordarsi il concetto di azienda)
Naturalmente tutto può variare o essere ampliato. Ma è importante che Lei si fissi nella memoria iciò che ha da dire abbinando queste cose a frasi o singole parole che servono per darLe il via.
Fissati nella memoria questi punti, ogni qualvolta guarderà laparola o il disegno sulla carta, troverà immediatamente il filo del discorso.

Varie

Michele L. Luino
“........Non credo d’aver ancora letto una risposta che contenga quanto io vorrei chiederle.Il fatto è che non ho nulla di preciso. Devo iniziare a Febbraio il mio primo lavoro. Sarò in ufficio, in una buona azienda. Sono Ragioniere ma i miei compiti saranno commerciali. Avrò la gestione degli ordini e tutto il resto. Devo affiancare una persona che andrà in pensione......”

Affronti il Tuo primo lavoro e, come tanti, non sai cosa ciò che troverai. Solitamente si sogna, si teme, si spera. Come dici, non conoscendo Tu stesso la realtà, non sai cosa chiedermi e termini chiedendomi solo consigli su come comportarsi. Nulla di più difficile. Comunque, come un buon padre, ecco ciò che penso.
Tieni sempre presente questo: un ufficio è un piccolo mondo. Un gruppo di persone con una propria vita che, per almeno otto ore al giorno, entrano in una realtà parallela, in cui vivono una vita parallela a quella esterna.
I comportamenti di ognuno possono essere classici, normali o totalmente differenti da quelli che le stesse persone hanno al di fuori dell’ufficio. La vita lavorativa, in un gruppo, rispecchia la vita di tutti i giorni in un’altra dimensione. Potrai trovare l’umile e l’arrogante; l’indeciso o il sicuro di tutto; l’invidioso; il collaborativo, il partecipativo, l’amico per la pelle, il nemico senza motivo; insomma nel gruppo troverai ogni comportamento umano. Presto Ti accorgerai che tra gli impiegati, se sono un buon numero, ci sarà un leader naturale, colui cioè che gli altri ascoltano, che apprezzano e di cui si fidano. Questo leader potrebbe non essere quello “imposto” . (Per imposto si intende colui che l’azienda o la posizione mette a capo del gruppo). Quando il leader imposto è anche quello naturale, le cose possono andare davvero bene. Se invece queste realtà sono in due persone differenti, può capitare una situazione di conflitto e trovarcisi in mezzo, a volte, può essere pesante.
Tu sarai comunque l’ultimo arrivato. Posso consigliarTi di fare attenzione al lavoro, di impeganrTi per comprenderlo al meglio e, come spesso dico, di rubare il mestiere a chi Ti precede. Non sempre infatti chi dovrebbe insegnarci qualcosa ha la capacità di farlo. Spesso capita che non sia così. Quindi, sta a Te “rubare” il più possibile del mestiere e soprattutto (ma ci vorrà tempo) capire cosa salvare da quegli insegnamenti e cosa buttare. Pare strano questo suggerimento e quindi Te lo spiego.
Quando una persona opera da tempo in una mansione, nello svolgimento del proprio lavoro, per abile che sia, creerà e porterà avanti anche una serie di propri difetti. La persona convivrà con i propri difetti (che null’altro sono se non convinzioni) al punto di non vederli più. Il nuovo arrivato, che non ha in quella mansione preconcetti, solitamente vede rapidamente ciò che potrebbe essere cambiato. Se ne parla al diretto interessato si fa subito un nemico perché costui è sinceramente convinto di far bene il lavoro. Quindi, Ti raccomando solo questo: segui il lavoro; ciò che Ti viene detto, ma non farne questioni personali. TienTi per Te le cose che ritieni potrebbero essere cambiate. Avrai tempo per metterle in atto.
Inizia umilmente, per carità. Non andare alla ricerca dei difetti degli altri pronto a cambiarli, solo perché io Te l’ho detto. Sarà il tempo che Ti dirà quando e come metterci del Tuo. Prima impara. Imparerai le tecniche giuste e quelle sbagliate (il bagaglio di difetti del collega). Nel tempo poi, saprai scegliere da solo quelle utili. Sappi però che anche Tu, nel tempo, lentamente affiancherai alle tecniche giuste, quelle sbagliate; ovvero inserirai nel Tuo lavoro, Tue logiche personali che altro non sono che difetti che non vedrai e che un domani,un’altra persona potrà correggere. E così via....
In bocca al lupo.

Varie

Gianni R. Rimini
“....ho un’idea. Non c’entra niente con quello che lei spiega. Ma non so a chi rivolgermi e mi hanno parlato del suo sito. Gliela racconto.......”

Caro Gianni. Sei giovane ed hai un’idea. Questo è bello perché avere idee vuol dire sognare, riflettere, desiderare, sperare, tentare.... ma visto che Ti rivolgi a me, devo calmarTi un attimo.
Poiché me la spieghi devo dirTi di stare attento
E’ giusto Tu sappia che, poiché nel mondo siamo un po’ tantini, solitamente quando noi riteniamo di avere un’idea, di norma molte altre persone hanno, o hanno già in precedenza avuto, la stessa idea. Non voglio deluderTi ma poiché mi parli di brevetti e investimenti (senza avere di che investire) devi sapere che la Tua idea può essere difficilmente brevettabile e, quando anche lo fosse, per avere una seppur minima certezza di paternità, non basta brevettarla in Italia ne in Europa. DovresTi brevettarLa anche negli USA o per il mondo intero. I costi sono però esorbitanti ed alla fine tieni presente che alcuni Stati non accettano e rifiutano il concetto di brevetto per cui qualsiasi prodotto al mondo può, per loro, essere copiato senza problemi.
Inizialmente comunque, vanno fatte ricerche piuttosto costose per sapere semmai qualcuno non abbia depositato la stessa idea rendendo quindi non brevettabile la Tua. Non farlo significa andare incontro a sorprese molto spiacevoli e disastrose sul piano finanziario qualora ci fosse una causa di rivalsa.
Insomma, malgrado io sia portato a suggerire ai giovani di osare sempre e di tentare di realizzare idee e sogni, in questo caso mi sento di agire da buon padre di famiglia.
Vedi Gianni, se Tu fossi miliardario, potrei dire di tentare ma forse, per come stai oggi, è arrischiato. Non voglio tarparTi le ali, ma Ti dico solo di stare attento.
Importante è continuare ad avere idee, continuare a sognarci sopra ed a fare progetti come se l’idea dovesse vedere la luce domani. Aiuta a riflettere. Poi magari un giorno.....
Nel frattempo, ripeto, stai attento. Quasi certamente, prima o poi, vedrai in circolazione la Tua stessa idea, a riprova che altri erano già sul Tuo sentiero o meglio, stavi camminando sullo stesso sentiero di altri creatori.
Ciao

Comunicazione Formazione

Pierfranco C. Novara
“.......assunto da circa un anno, opero come libero professionista in una società di consulenza. Società nuova, piccola, a carattere prevalentemente locale, deve trovarsi la clientela. Siamo tutti giovani, vogliosi, ed i clienti stanno arrivando anche se con molte difficoltà. Io poi che ho il compito preciso di andar a caccia di clienti, essendo quello presumibilmente più idoneo al compito, mi trovo spesso in difficoltà perché, pur con tutti i problemi che le aziende piccole e medie hanno, quando si parla di contrattualizzare un intervento.....i clienti se la squagliano. Per cercare di superare molti ostacoli, attraverso una rete tutta particolare di amici, ho costruito un sistema di raccolta informazioni che mi permette quasi di andare sul sicuro.
Posso cioà andare da aziende che so bene aver bisogno di consulenze per essere tolte dai guai. Eppure, mi creda, davanti ad un possibile aiuto, preferiscono dire di no......”

Mio caro Dr. Pierfranco,
quante cose che conosco, dice. Pensi che sulla copertina di presentazione di una tra le più valide società di consulenza che conosca, la mia, c’è, da sempre, una storiella messa apposta affinchè sia la prima cosa che possa essere letta.
Non devo aggiungere altro. La legga e buon lavoro.

“Un viandante vede, in un bosco,
un uomo intento a segare, con grande sforzi, alcuni tronchi.
Non capendo il perché di tanta fatica
gli si avvicina
e nota che costui insiste a lavorare
con un attrezzo sdentato e non affilato.
Allora, pensando di dargli una mano, dice:
buonuomo, la sua sega non è
in buono stato. Perché non l’affila?
L’uomo guarda di traverso il viandante
e senza interrompere, risponde:
non ho tempo da perdere per queste cose....
....devo segare questi tronchi!”

Comportamento Motivazione

Roberto B. Roma
“......ci sono persone che sono rapide in quello che fanno, anche nei rapporti. Io ho bisogno di più tempo. Non riesco a entrare in sintonia subito con una persona e questo, a volte mi crea imbarazzo.......”

Egregio Sig. Roberto,
la prima impressione che diamo di noi stessi è molto importante. Nel lavoro poi, spesso, si ha così poco tempo per cercare di instaurare un rapporto che, se non si riesce a farlo velocemente, sono guai.
Numerosi ricercatori, in passato erano arrivati a definire in soli quattro minuti il tempo massimo per stabilire se un incontro (di lavoro o nella vita) possa tramutarsi in qualcosa di più profondo.
La barriera dei quattro minuti è poi divenuta quasi una legge in tal senso. E’ la media scaturita da migliaia di prove effettuate.
Se entro 4 minuti da quando iniziamo a parlare troviamo corrispondenza dall’altra parte, la relazione potrà continuare bene, altrimenti fallirà senza dubbio.
Molti, soprattutto nelle vendite e soprattutto perché impreparati, parlano molto quando incontrano una nuova persona, nel tentativo o nella ricerca di mostrarsi aperti ed amichevoli.(per rompere il ghiaccio, si dice). Spesso si lasciano andare a rituali triti ed a formalità che finiscono per irrigidire gli interlocutori facendo loro perdere interesse su quanto verrà proposto loro.
Quattro minuti, Roberto. Quando Lei dice che abbisogna di più tempo, purtroppo indica di appartenere a quella categoria di timidi, indecisi, forse impreparati. Ed alla fine i risultati possono non venire. Forse non sapeva questo dato. Ora lo sa.
In quattro minuti deve, sorridere, presentarsi, guardare con attenzione negli occhi il cliente, fargli un complimento, interessarsi a lui.
Poi può subito iniziare la routine di presentazione ma, attento Sig. Roberto, anche questa provi a farla stare in quattro minuti. Vedrà che i risultati saranno migliori.
Sono pochi quattro minuti? Solo se non si fa niente. Vuole una prova?
Si metta davanti ad uno specchio o davanti ad amici. Prenda un argomento di Suo interesse che potrebbe farLa parlare per ore. Poi cerchi di convincere chi ha di fronte che il Suo argomento è importante perché.....
Alla fine controlli quanti minuti avrà parlato. Sarà sorpreso.

Vendite

Marcello B. Livorno
“.......quindi, per ovvi motivi, Le chiedo di non dire quale posizione occupo nella gerarchia aziendale ne di quale azienda stiamo parlando. Come dicevo, per terminare, il quesito che mi pongo da molto è se si deve voler a tutti i costi che vengano seguite le direttive emanate oppure se, abbia più senso fingere di non vedere purchè vengano raggiunti gli obiettivi....”
Come vede, Dr. Marcello, non do informazioni atte a riconoscere ne Lei ne l’azienda. Ma questo accade da sempre e quindi non doveva avere dubbi.
Il problema (lo dico per chi legge) è semplice. L’azienda di Marcello incentiva le vendite attraverso, o anche attraverso, l’omaggio di regali ai clienti. E’ un tema che avevamo già toccato in passato ma che di tanto in tanto ritorna.
Ebbene, i regali andrebbero distribuiti ai clienti in base ai quantitativi ordinati o per altre scelte che di volta in volta vengono fatte. Accade però che, venditori più bravi di altri, riescono ad ottenere le stesse quantità che l’azienda vuole, senza far ricorso al regalo. Allora, ecco il quesito: è giusto che non venga dato e quindi va ritornato all’azienda oppure, chi non lo dà, finge di darlo, se lo tiene e diventa suo?
Le dico Dr. Marcello che se un venditore riesce ad ottenere da un cliente un ordine con una quantità pari a quella desiderata dall’azienda per ottenere un regalo, senza appunto darglielo, è tanto bravo che il regalo forse è giusto se lo tenga.
Storicamente, tutti i venditori, quando possono, si tengono i regali che riescono a non dare e, mi creda, questo risveglia l’ngegno. Se si andasse a vedere, percentualmente, i fatturati di questi venditori verso quelli fatti da altri colleghi più ligi alle linee dettate dalle aziende, si vedrebbe che i primi fatturano molto di più.
Il motivo è semplice. Nessuno si tiene dieci o venti regali simili. Si portano a casa, è vero, ma il venditore pronto a questi giochetti è anche quello che, in caso di bisogno (per raggiungere un budget successivo; per distribuire un prodotto ostico o altro) riprende quegli stessi oggetti e li usa nuovamente all’insaputa dell’azienda. Di fatto, trattiene per se molto poco e gestisce autonomamente il resto.
Sbaglia? Certamente, nell’ottica aziendale che, non dando un regalo, vede solo un risparmio di spesa sul budget di quel prodotto singolo. Poi però, dovrebbe darne altri sui prodotti che inspiegabilmente si vendono mentre andrebbero spinti.
Dirà che in questo modo stimolo a divenire furbi. Non credo. Il mondo è nato prima di me e Lei. Pensi solo a questo: la rete vendita raggiunge gli obiettivi? Si. Si fanno tutti i targets che il marketing vuole ? Si.
Le spese si mantengono in quanto messo in budget ? Si.
Allora, che un regalo prenda una strada o un’altra, se tutto funziona come si vorrebbe, che importanza ha? O forse, a qualcuno rode un po’ perché non essendo venditore, si vede passare sotto gli occhi bei regali che non può agguantare?
Gli obiettivi! Mirate a quello. Non si dice sempre che ciò che conta è l’obiettivo e non come ci si arriva?

Motivazione

Gianni T. Frosinone
“........Io voglio arrivare ad essere qualcuno. Voglio crescere. Lavorando e dandomi da fare. Voglio arrivare a realizzare i miei sogni. Non ritengo di essere inferiori a molti altri.........”
Per chi legge diro che la lettera prosegui così per numerose altre righe. Gianni ha le idee chiare. Va detto che ha iniziato da poco a lavorare anche se ciò che fa è probabilmente solo una tappa. Non lo preoccupa minimamente il settore o il tipo di lavoro. E’ disposto a cambiare ogni volta che vedrà, nel cambiamento, un passo avanti. Gianni è quindi, forse un po’ troppo grintoso ma certamente ha idee precise. Termina dicendo solo: “mi dà una mano?”

Aiutare qualcuno a realizzare i propri sogni è ciò che mi piace di più perché è raro, anzi, rarissimo trovare persone che vogliono arrivare basando la crescita sul loro lavoro e sui loro sforzi. Gianni ha un sogno. Non lo scrivo perché non è rilevante ai fini di quanto dirò. E’ solo un sogno a cui lui mira. Perché dico “solo un sogno”? Perché realizzare i sogni non è difficile. Occorre la voglia.
Voglia significa perseveranza, tenacia, non mollare, ricominciare, sacrificarsi. Ma tutto questo significa: riuscire.
Ecco allora caro Gianni la formula che Ti prego di seguire scrupolosamente. So che non riderai di quanto scriverò così come so che altri, sorrideranno. Ma io rispondo a Te.
Obiettivo. Per raggiungere un obiettivo occorre prima averlo. Molti non lo sanno. Non se lo danno e non possono raggiungere ciò che non si sono dato. Tu lo hai già. E’ il Tuo sogno.
Per cercare di raggiungere un obiettivo occorre forte motivazione. La motivazione è la molla che spinge a proseguire anche quando le cose non vanno bene.
In diverse risposte che ho dato, ho già parlato di obiettivi, motivazioni eccetera. Devo ripetere le stesse cose anche in questo caso.
Dunque, vediamo. Occorre
Avere chiaro l’obiettivo a cui si mira.
Avere i motivi per cercare di raggiungere l’obiettivo.
Avere la motivazione per farlo.
Credere in se stessi.
E’ chiaro, Gianni? Tu hai l’obiettivo che è il Tuo sogno. Hai anche i motivi per cui vuoi raggiungerlo. Questi motivi Ti danno la motivazione e Tu credi nelle Tue capacità. Ce la farai.
Voglio solo insegnarTi un metodo. E’ un metodo di controllo perché nessun obiettivo si può raggiungere se non lo si tiene sotto controllo o meglio, se non si tiene sotto controllo l’andamento.
Allora, fai così.
PrendiTi un foglio. Suddividelo in tante colonne. Momentaneamente fanne quante ne vuoi. Poi intestale. Inizia dall’ultima. Scriverai la data (anno) entro cui vorrai realizzato il Tuo sogno.
I sogni non si realizzano facilmente ne in breve tempo. Non darTi quindi una data illogica ma nemmeno esageratamente in là negli anni, altrimenti perderai mordente. Poiché il Tuo sogno è importante, diciamo che una data attorno ai 7 anni da oggi, potrebbe andar bene. (ovviamente puoi variarla). Credo però che sette anni sia lontano e vicino contemporaneamente per tenerTi stimolato.
Ora, occorre pensare obiettivamente che non si può agire per arrivare ad un obiettivo senza arrivare prima a toccare “mete intermedie”. Cosa sono? Sono quegli obiettivi che dobbiamo darci perché il loro raggiugimento ci porterà poi a quello finale. Chiaro? Sono gli scalini che Ti portano in alto.
Faccio un esempio: se voglio divenire direttore Commerciale entro sette anni, dovrò per forza darmi degli obiettivi intermedi che mi aiutino ad arrivare al sogno finale. Il mio piano perciò sarebbe:
oggi sono venditore. Entro due anni obiettivo Ispettore vendite. Entro quattro anni, Capo Area. Entro sette....Direttore. Eppoi? Eppoi adeguerò il mio comportamento professionale al fine di raggiungere gli scalini dati.
Quindi Gianni, dopo esserTi dato l’obiettivo finale, vai a ritroso. Intesta le colonne con le date entro cui dovrai raggiungere gli obiettivi intermedi, sino a quando arrivi a ciò che fai oggi. Elimina le colonne superfle e la tabella di controllo è fatta.
Sotto le date, a questo punto, metti i vari passaggi, ovvero le posizioni che dovrai occupare in quelle precise date.
Mentre scrivi tutto questo, seriamente credici. RipetiTi continuamente che ce la farai. Che questo è quello che vuoi. Che opererai affinchè ad ogni data scritta, Tu possa essere esattamente dove avevi detto saresTi arrivato.
Non trovare mai ridicolo questo modo di fare.
Prendi ora quel prospetto e mettilo da qualunque parte Tu possa averlo sempre a portata di mano. Se vuoi, addirittura anche sul comodino. In ogni caso, nella Tua agenda; in auto, come segnalibro....Fanne più copie.
Il sogno di Gianni non è espressamente una posizione. E’ veramente un sogno, cioè qualcosa di bello a cui lui desidera arrivare. La posizione lavorativa è il mezzo che gli permetterà di arrivare al sogno.
Il sogno quindi è qualcosa di estremamente importante.
Per qualcuno potrebbe essere una villa; per altri un’auto importante, oppure un giro intorno al mondo. Insomma, il sogno si avvera grazie alle possibilità date dalla posizione lavorativa.
In questo caso Gianni, prendi quacosa che Ti ricorda il sogno (non posso dire di più) e tienila sempre con Te. Sotto gli occhi. Fattene un quadretto; una foto, tutto ciò che vuoi purchè ogni volta che alzi gli occhi Tu possa vederla e dire: “questo è il mio sogno che realizzerò. Sto lavorando per questo.Sono perfettamente in linea per il raggiungimento del sogno”
A questo piunto devi iniziare. Il sogno diventa l’obiettivo finale ma per arrivare là devi innanzitutto arrivare e superare gli obiettivi “secondari” che Ti sei dato e che, paradossalmente diventano primari.
ConcentraTi sul primo (quello che hai posto nella prima colonna). Se è discretamente facile arrivarci, lascialo così com’è, altrimenti prendi un altro foglio e rifai lo stesso piano, dandoTi le scandenze (che saranno ben più ravvicinate) esattamente come hai fatto prima. Solo che, questa volta, pianificherai come fare per giungere al primo obiettivo e lavorerai anche mentalmente affinchè Tu possa arrivarci. E via di seguito.
Dovrei dire molto di più ma sono certo che Tu hai già capito al volo. Ora è tutto nelle Tue mani. Hai l’obiettivo ed io Ti ho semplicemente dato un metodo per arrivarci. E Ti assicuro che se vuoi, ci arriverai veramente.
Chi non ce la fa è solo perché si da un obiettivo e poi dimentica di operare per raggiungerlo, pensando che il solo fatto di aver l’obiettivo, sia sufficiente per raggiungerlo.

Vendita

Gaspare T. Genova
“......vendo fotocopiatrici. Non prodotti da poche decine di euro e non al consumatore finale. E’ una vendita di servizio rivolta a persone che se ne intendono.... Voglio solo chiedere, senza farle perdere tempo, un concetto che possa aiutarmi. Magari lo saprò già ma ridetto potrebbe farmi riflettere. Cos’ha da dirmi sulla vendita di servizio?.........

Schietto e diretto nella domanda, altrettanto sarò io nella risposta.
Come dici Tu, magari ciò che dirò lo saprai già ma, è sempre utile. Voglio solo darTi un pensiero su cui riflettere sempre. Prima di iniziare una trattativa o prima di chiedere un incontro con un cliente, questo dev’essere il Tuo pensiero:
“ricordaTi che il Tuo cliente non vuole acquistare una fotocopiatrice o qualsiasi altro attrezzo. Vuole acquistare qualcosa solo se ciò serve a risolvere un suo problema.”
Quindi, se quello che presentarai sarà risolutivo, acquisterà. Se dovesse fare lo stesso servizio di ciò che ha già, perché dovrebbe farlo?

Vendita

Augusto F. Pisa
“.......Ho visto il vostro sito dopo che mi è stato suggerito da un amico. Complimenti. Mi collego continuamente per vedere se c’è qualche risposta nuova data che possa interessare anche me. Comunque mi interssano tutte. Veod che in ogni risposta c’è sempre qualcosa di utile anche per chi non fa il lavoro che lì si dice. Per quanto mi riguarda, anch’io devo chiedervi una cosa. Da non molto ho iniziato a fare il venditore esterno.Prima, casa per casa vendendo articoli per le casalinghe; poi ho cambiato ed ora visito negozi. Il mio ostacolo, perché è questo che ho nella vendita, è il fatto che trovo pesantissimo far parlare il cliente. Anche se faccio mille domande per sapere qualcosa, più che si o no non ricevo e quindi devo continuamente insistere. Perché sta gente non parla?......”

Caro Augusto, mi chiedi di darTi del Tu e lo faccio. Io, non essendo al Tuo fianco mentre effettui la visita di vendita, posso solo capire da ciò che scrivi, qual’è il problema che hai. Non penso di sbagliare anche perché, senza volerlo, lo dice chiaramente. Tu fai un sacco di domande al cliente, proprio per capire di più e poterlo servire meglio ma le risposte che ricevi sono solo dei se e dei no.
I clienti probabilmente rispondono solo alle Tue domande che sono poste in modo sbagliato. Una delle regole base di una buona trattativa, è proprio nel modo di porre le domande.
Vorrei però che Tu arrivassi da solo a capire l’errore per cui proseguo con una spiegazione più ampia.
La vendita è fatta da trattativa, ovvero da un rapporto di comunicazione in cui almeno due persone si confrontano. Come in ogni confronto, anche in questo caso, la maggiore conoscenza dell’altro può avvenire attraverso domande. Nella trattativa le domande possibili sono di quattro tipi tutti differenti nella loro struttura. Vi sono
domande aperte
domande chiuse
domande alternative
domande suggestive
Analizziamo le prime due.
Vedi Augusto, le domande aperte possono essere semplici o di approfondimento, atte ad avere maggiori informazioni per proseguire il discorso. Sono domande che iniziano con una parola interrogativa. Quella semplice, si basa sempre su queste parole interrogative: chi, come, dove e quando o quanto. Se Tu ci pensi vedrai che ad ogni domanda fatta con una di questi termini, deve per forza seguire una risposta con un’informazione. Esempio: “Chi fa gli acquisti?” Questa o altre domande Simili sono utili per ricevere informazioni semplici.
La domanda aperta di approfondimento inizia invece con parole tipo: come, che cosa, perché.
Prova a farTi una domanda, come se Tu fossi dal cliente e capirai perchi si dice di “approfondimento”. Usando uno di questi termini vedrai che la risposta non può essere semplice ma necessariamente dev’essere più amplia. Lo scopo, nel fare queste domande è di obbligare l’altra persona a parlare di più. Ottenendo maggiori informazioni, si ha più possibilità di comprendere le necessità. Vuoi una prova?
Immagina di trovarTi dal cliente e chiedigli. “ Che cosa pensa possa essere utile per catturare il cliente?”
Non potrà mai risponderTi con un si o un no. Deve necessariamente parlare.
La domanda chiusa, caro Augusto, è invece quella domanda la cui risposta può semplicemente essere solo un si o un no. Quelle che Tu fai. Ecco alcuni esempi: “Vuole acquistare?” Risposta si o no.
“Vedo che è impegnato. Vengo più tardi?” Risposta: si o no. E via di seguito.......
La domanda chiusa è un danno enorme per la vendita proprio perché chiude le porte e questo è proprio ciò che un venditore non deve fare.
Per eliminare questo difetto, fatti da solo le domande e se puoi risponderTi solo con un si o un no, la domanda è sbagliata e non la devi fare. Riformulala sempre in modo che chi hai di fronte debba necessariamente parlare per risponderTi.

Il lavoro che faccio

Gian Francesco B. Perugia
“.........Non ho scelto il lavoro che faccio ma è stato lui a scegliermi nel senso che, cerca e ricerca, mi sono trovato a dover valutare un’offerta in qualità di venditore. Devo ammettere che, per non aver precedenti di lavoro, già il fatto che abbiano scelto me è un mistero. Inizialmente mi son detto che, per tutto quello che mi davano, non potevo rifiutare. Auto aziendale (quando mai avrei potuto acquistarne una senza pesare sui genitori) rimborso delle spese; rimborso telefonino; personal, premi ecc...ecc.. Poi, il fatto di essere a contatto con persone diverse; di muovermi liberamente senza orari (anche se poi ci sono), di lavorare all’esterno, di viaggiare, mi ha preso ed oggi sono contento della scelta. Le sembrerà strano ma adesso voglio diventare bravo per davvero. L’azienda opera nel largo consumo, ha sede locale ma lavora in quasi tutta Italia. Quando sono entrato, mi è stato fatto un corso per conoscere i prodotti. Sono poi stato in affiancamento con un venditore esperto per qualche giorno ed alla fine mi hanno detto che ero pronto. Credo invece d’aver bisogno di tanto aiuto. La passione posso mettercela ma la tecnica, chi me la dà?.......”

Quando leggo lettere come la Tua, sorrido. Mi fanno tenerezza. Sei giovane, hai preso inizialmente il lavoro perché, come dici, è stato lui a prendere Te e l’avventura è iniziata senza nemmeno che Te ne accorgessi. Ma è accaduto qualcosa. Strada facendo, Ti sei appassionato, sei maturato. Hai bisogno di aiuto. Probabilmente tanto, se vuoi diventare bravo davvero. Pensi che io possa in poche righe, darTi questo aiuto? Non credo. Ci vorrebbe tanto spazio e tanto tempo. Ti darò qualche suggerimento. Tu poi, se avrai la costanza di seguire questa rubrica, probabilmente troveri altri suggerimenti che darò e che Ti calzeranno a pennello.
Mi sento subito di fermare l’attenzione su due cose:
la preparazione del materiale e la presentazione (o argomentazione di vendita).
Un buon venditore non deve arrivare ad una visita impreparato perché il cliente lo noterebbe immediatamente e chiuderebbe mentalmente il contatto. Invece, troppo spesso, i venditori credendo nella loro esperienza, si presentano impreparati.
Tu devi presentare un catalogo di articoli. Tra questi ne avrai qualcuno, di volta in volta, promozionato. Bene, Nella Tua borsa dovranno sempre torvare posto questi articoli. Non fotografie, ma proprio i prodotti veri. Di volta in volta che parlerai di uno di essi, dovrai prelevarlo dalla borsa, metterlo sul tavolo davanti al cliente ed iniziare la Tua presentazione. Lascia che il cliente possa toccarlo perché è importante che lo faccia, mentre parli. E’ un segnale che Ti dirà che è intenzionato ad acquistare. Questa operazione falla sempre per tutti i prodotti (più importanti) che devi presentare. Nella borsa però, se puoi, dovrai cercare di farci stare anche altri articoli che magari potrai mostrare pur non essendo il loro periodo promozionale.
Poiché i prodotti, maneggiandoli si sciupano, fattene dare una buona scorta dalla Tua azienda, facendo presente il loro uso. Man mano che le confezioni tendono a non apparire più ben presentabili, sostituiscile senza paura.
Preparare il materiale non signfica solo avere sempre i prodotti che Ti ho detto ma anche un buono schedario aggiornato con tutte le informazioni possibili del cliente. L’operazione di preparazione dev’essere fatta la sera prima, con calma, riflettendo sul giro visite del giorno successivo, in modo di essere certo che per ogni cliente avrai pronto quanto devi. Tieni nel baule dell’auto eventuale materiale pubblicitario da consegnare al cliente o da mostrare. Controlla che la borsa sia in ordine. Un venditore è apprezzato dai clienti anche per come si presenta.
Ed ora veniamo all’argomentazione di vendita. Se vuoi essere ascoltato devi anche saper incuriosire e dire cose sensate che giustifichino il tempo che il cliente Ti dedica. Pochissimi venditori si preparano in tal senso ed è per questo che incontrano sempre più difficoltà. La preparazione è oltremodo importante. Chi vuole ottenere attenzione, si prepara. Chi vuole vendere, mostra. Pensa che per vendere case, sempre più spesso si costruiscono modellini in modo che i clienti vedano direttamente come sarà definitivamente la costruzione.
Chi parla in video, prova e riprova mille volte ciò che deve dire per essere certo di interessare. Chi recita, fa le prove.... I venditori, solitamente ritengono di essere superiori a questo. Sbagliato.
Devi presentare un prodotto? Cerca tutte le informazioni utili eppoi, scriviTi una buona argmentazione. Sarà buona quando, leggendola o dicendola, convincerebbe anche Te ad acquistare.
Quando ritieni che possa andar bene, provala davanti ad uno specchio come se Ti trovassi dal cliente. Sappi che un’argomentazione per essere convincente non deve essere molto lunga. E’ sufficiente una mezza pagina scritta al computer per ogni prodotto. Mezza pagina significa non più di qualche minuto da dedicare ad ogni articolo.
In questo spazio devi dire le cose più convincenti, dare le condizioni generali e devi saper stimolare il cliente all’acquisto. RicordaTi sempre una cosa: il cliente acquista solo se riterrà che il Tuo prodotto possa portargli un utile. Non acquista per nessun altro motivo. Quindi, se vuoi interessarlo e vendere, devi far si che lui arrivi a pensare “questo prodotto può davvero servirmi”
Scrivimi ancora se Voi, ci son troppe cose da dire. Per il momento, preparaTi bene su questi due punti. Sono già importanti, credimi.

Capo Area 4 Nielsen

Antonio C. Roma
“......Sono Capo Area 4 Nielsen in una buona azienda. Spesso a contatto con il Direttore, visto che la sede è a Roma, mi ritrovo spesso a dargli suggerimenti commerciali che ritengo validi per lo sviluppo del lavoro. Li apprezza; mi dice pure “bravo” ma poi, immancabilmente, se ne appropria e li rivende come suoi. Ora la cosa inizia un po’ a darmi fastidio.......”

Egregio Sig. Antonio,
analizziamo la situazione. La Sua posizone di Capo Area, oltre la cura delle vendite e la guida degli uomini facenti parte l’Area, prevede solitamente la gestione degli andamenti in termini di fatturato ed altre mansioni che entrambi conosciamo. Tra queste, non ultima anche se magari non detta, vi è l’implicito Suo apporto all’azienda di ogni e qualsivoglia idea che possa svilupparne la crescita e quindi la stessa stabilità futura. Spesso non viene inserita nel “job” questa clausola perché è sottintesa. Ogni lavoratore che, nel proprio posto di lavoro, dovesse mai avere qualche idea utile al contesto in cui opera, dovrebbe essere tenuto a farne partecipe l’azienda stessa.
Lei lo fa, e quindi fa il Suo dovere. Detto questo veniamo ai comportamenti. Il Suo Direttore, che mi par di comprendere in altra parte della Sua lettera, sia ottima ed onesta persona, non è un genio forse anche stanco dall’età. Avere qualcuno vicino che gli suggerisce idee utili per ben figurare a sua volta col proprio Capo è un’opportunità allettante da non lasciarsi scappare. Se dicesse ogni volta che l’idea non è propria ma del Capo Area, penserebbe probabilmente di scavarsi lentamente la fossa sotto i piedi. Visto che Lei non può lamentarsi....e visto che in passato ha accettato questo stato di cose, un po’ ne approfitta.
Che fare? Lei può interrompere il flusso di suggerimenti gratuiti al Suo Capo.
Cosa potrebbe accadere? Viene notata un’improvvisa aridità e viene interrotto il rapporto Azienda/Suo Capo. Lei che è un buon Capo Area, dovrebbe saper valutare, semmai questa ipotesi si avverasse, cosa accadrebbe. Può essere Lei l’eventuale sostituto ? C’è qualcun altro in lizza? Può essere assunto all’esterno? Quanti anni di lavoro può ancora avere il Suo Capo, visto che mi dice essere piuttosto in là con gli anni e ben sapendo inoltre che nessuno tiene una Direzione sino alla pensione? Infine: Lei è certo che i Suo Capo, che oggi gode del Suo appoggio, non Le sia già riconoscente, avendo pensato a Lei come futuro sostituto?
Molte domande. La risposta la può trovare solo Lei.

Varie

Antonietta M. Verona
“.......Non ne posso più. Le uniche offerte, anche insistenti, sono solo per lavori precari. Possibile che uscendo da un’Università con una buona laurea io non possa avere un lavoro fisso che mi permetta di credere in un futuro........”

Gentilissima Dottoressa Antonietta,
ho interrotto qui la Sua lunga lettera perché è sufficientemente esplicativa di un modo di pensare che non condivido e lo dico apertamente.
Innanzitutto per l’uso del termine “precario” di cui oggi si parla così tanto. Poi del concetto del lavoro fisso che “permette di credere in un futuro”.
Penso che il termine precario possa essere usato solo da una famiglia di impiegati statali il cui figlio non ha la stessa possibilità dei genitori (cosa peraltro assai improbabile). Solo gli impiegati statali non sono precari perché una volta piazzati, sono fissi a vita. Ma gli altri lavoratori? Precario significa temporaneo, non certo (nell’uso odierno). Nel primo vecchio uso significava “lavoro ottenuto dietro preghiera”. Le dice nulla? Vuol forse dire che pur di non far nulla si cercava di ottenere qualcosa andando a pregare qualcuno ?
Lei pensa che tutti gli altri lavoratori non statali, non siano precari? Ha magari qualche amico o conoscente che opera come agente di commercio? In Italia sono centinaia di migliaia. Sono tutti precari nel senso che le aziende possono chiudere con loro il rapporto di lavoro in qualsiasi momento. Certamente dovranno pagare ciò che è corretto ma ciò non toglie che un agente di commercio può trovarsi dall’oggi al domani col sedere a terra, anche se ha famiglia, anche se ha figli, anche se ha 50 anni.
Un camionista che è magari indebitato per l’acquisto del suo mezzo di lavoro e che lavora su chiamata....non è un precario? Non svolge un lavoro che dall’oggi al domani può finire? Pensa che i Consulenti non siano precari? Tutti i lavoratori autonomi non sono precari? Chi assicura loro che il prossimo anno godranno degli stessi contratti, degli stessi incassi o magari non possano trovarsi improvvisamente senza lavoro?
Politicamente si è voluto dare un significato errato a questo termine, ingannando anche i giovani. Il Suo scritto, mi permetta di dirlo, lo dimostra. Lei non ha diritto ad un posto fisso solo perché ha una buona laurea. Lei ha diritto di sperare di trovare un lavoro che l’aiuti ad accantonare ciò che Le possa permettere di vivere bene un domani. Qualsiasi lavoro, anche temporaneo, anche “precario” se Le piace questo termine. La cultura della laurea è un Suo prezioso bagaglio che non La abbandonerà mai; ma non è un ticket di precedenza. Qualsiasi lavoro trovato, magari non “sicuro” o magari “momentaneo” La farà andare avanti poco o tanto tempo, (sta anche un po’ a Lei, mi creda) permettendoLe di crearsi quell’esperienza lavorativa di cui tanto spesso parlo e che è il vero passaporto per posizioni professionali più importanti. Poi magari, dopo un primo lavoro precario, ne verrà un altro eppoi un altro ancora.
Rifletta su questo:
“non si deve confrontare la possibilità di un lavoro precario con uno fisso, ma piuttosto la possibilità di un lavoro precario con nessun lavoro”
Scelga Lei cosa preferisce. Se non far nulla è meglio, lo faccia. Ma credo sia ancora più precario.

Marketing

Luigi B. Crema
“.......faccio parte di un gruppo come Junior Product Manager. Pensavo d’aver toccato il cielo con un dito quando sono stato assunto in questa posizione perché era quello che desideravo. Poi però mi sono accorto che alcune volte il gruppo discute e decide azioni o strategie che, mentalmente valuto subito no adatte, anche se non lo esprimo. Successivamente, nel tempo scopro che effettivamente avevo ragione. Le cose si sono mosse come pensavo...Sono sempre combattuto sul da farsi......”

Mi chiedi di darTi del Tu e quindi lo faccio. Non me lo dici ma essendo Tu Junior P.M. vuol dire che sei da relativamente poco tempo nella posizione. Per chi legge e non è dell’ambiente dico che solitamente nei team di Marketing, i giovani che devono imparare vengono proprio assunti con questa funzione. Junior è colui che, per inesperienza o poca esperienza, segue il lavoro dei Product Managers e, solitamente gestisce da solo uno o più prodotti inferiori (quelli che non possono creare danni se non gestiti bene). Luigi è appunto uno di questi. Molto contento del contesto in cui opera, probabilmente dotato di una mente lucida; portato ad analisi mentali rapide, si accorge che qualche volta le strategie scelte non potranno funzionare. Che fare?
Ed ecco la mia risposta, caro Luigi. Devi iniziare con tatto, dopo aver seguito la presentazione della strategia, a dire il Tuo parere. Se hai la possibilità di venirne a conoscenza prima della presentazione, magari da parte del Tuo collega P.M. puoi dire il Tuo parere riservatamente a lui dicendo che, secondo te la cosa potrebbe funzionare ma anche no, ( e ldevi elencare i motivi).
Dopo che qualche Tua valutazione dell’idea avuta da altri si sarà avverata, probabilmente sarai ascoltato; anzi probabilmente saranno gli altri che verranno a chiedere il Tuo parere. Non prevaricare e non mostrarTi colui che giudica il lavoro degli altri. Agli altri non piace. Esprimi il Tuo parere, motivandolo sempre e, poiché sai che nel Marketing tutti adorano le cifre e le percentuali, porta a Tuo suffragio tutti i dati che possano supportare ciò che dici.

Motivazione

Gianni D.F. Ancona
“......ho fatto solo brevi esperienze in aziende locali tanto piccole che possono essere definite più attività artigianali che industriali. Compiti non chiari e tanta confusione. Sto cercando altre cose. Nei primi colloqui che ho fatto mi hanno sottoposto posizioni lavorative in aziende varie. Ora mi chiedo, perché sinceramente le mie esperienze non possono fare testo, che differenza può esserci, in termini lavorativi, tra una società italiana, magari padronale ed una classica multinazionale. Lei forse può chiarirmi le idee.....”

Cercherò di farlo.
E’ sufficiente un’idea per decidere di creare una nostra attività, sicuri che a noi andrà bene. Così l’Italia vede un fiorire continuo di aziende o aziendine che nascono, tentano di crescere e talvolta, ma solo talvolta ce la fanno.
La realtà che troviamo è fatta da molte aziende nazionali, spesso ancora padronali e poche multinazionali.
A parità di capacità di spesa, dico subito che in termini di agilità nella presa delle decisioni, nel fare investimenti o nel lanciare un prodotto, l’azienda padronale ha una rapidità che la multinazionale, proprio in quanto tale, non può avere. Questo è un punto a favore.
Quest’ultima invece deve, prima di agire, provare con analisi e documenti, che ogni qualsivoglia investimento o lancio di prodotto abbia la copertura dei costi e poi un ben preciso ritorno di utile sull’investimento.
Ciò solitamente comporta tempi lunghissimi che possono anche essere di qualche anno. Un prodotto nuovo che entra sul mercato oggi, può essere stato pensato anche tre o quattro anni fa. Punto a sfavore.
Nell’azienda padronale, chi ha il potere decisionale può decidere al momento basandosi su una intuizione (magari fortunata). Ecco quindi che le azioni sono spesso più rapide. In questa vitalità sta la possibilità di arrivare prima di altri ma anche di fare tonfi pericolosi per l’azienda.
Solitamente se fai attenzione vedrai che sono percentualmente molto maggiori le aziende padronali in crisi o in chiusura che non le multinazionali.
Il fatto è che il “padrone” (è un termine divenuto quasi dispregiativo ma in realtà designa colui che è proprietario di qualcosa, come in effetti lo è chi ha un’azienda) può accettare di fare anche errori perché non deve renderne conto; un team di managers di una multinazionale.....se sbaglia, paga subito.
Dovrei dirTi molte altre cose su entrambe queste realtà ma il tempo non me lo permette quindi passo ad un altro punto.
La vita lavorativa all’interno di queste organizzazioni. Nella piccola azienda, non ci sono spesso chiare distribuzioni dei compiti e delle realtà. Il Padrone ordina o “raccomanda” e gli altri fanno. Questo porta però a poco coinvolgimento perché, tante volte, chi agisce lo fa solo perché gli è stato comandato, senza capire le vere motivazioni e senza sentirsene quindi coinvolto. Il Capo, deve sempre intervenire di più perché, mancando una motivazione al lavoro da parte dei suoi collaboratori, il coordinamento va coperto con un maggiore controllo. Poco alla volta il padrone diventa sempre più presente, assillante, dando il via al concetto del padre-padrone. In realtà questa figura nasce dalla stessa incapacità dell’imprenditore di demandare ad altri e dalla mancata fiducia in ciò che gli altri possono fare.
E’ il cane che si morde la coda. Ecco le due facce della stessa moneta: “non posso dare libertà ai miei collaboratori perché non hanno iniziativa, quindi devo fare sempre tutto io” e dall’altra parte “noi non possiamo fare nulla di nostra iniziativa perché sono guai se non aspettiamo i suoi ordini”.
Il grande limite della gestione padronale è questo. Il Padrone, poichè è riuscito a creare la propria realtà, ritiene di sapere solo lui cosa si deve fare. Se affida i compiti a qualcun altro, pensa di perdere il controllo e quindi il potere.
Nella multinazionale, è completamente l’opposto. Ogni compito è definito per “job” ed ognuno sa cosa e come fare. E’ responsabile dell’andamento del compito assegnato. E’ premiato se tutto funziona e ne paga le conseguenze se le cose non vanno come i piani avevano deciso. L’approccio al lavoro è tendenzialmente di team in quanto il lavoro di ognuno è legato a quello di altri. Sono perciò gli stessi lavoratori che interagiscono per un buon andamento.
Premi: si pensa che la piccola azienda sia più premiante col singolo perché, essendo in pochi e sempre sotto gli occhi del padrone, se le cose vanno bene, si è subito notati. Vero, ma spesso il premio è una pacca sulle spalle o la dichiarazione pubblica che quel collaboratore è bravo.
Nella multinazionale, le valutazioni sull’operato devono tener conto dei risultati di fine anno del gruppo. Il bravo collaboratore avrà una parte di premio “personale” e una parte, la maggiore, legata comunque al raggiungimento dei risultati del gruppo.
Sfioro solo l’argomento “mentalita collaborativa” tra le due realtà perché mi pare d’averlo già fatto comprendere. L’imprenditore ritiene sempre di essere il migliore di tutti. Personalmente non ho mai trovato un imprenditore da cui sia stato consultato, che non abbia esordito dicendo che lui è migliore degli altri; che lui fa prodotti superiori alla concorrenza. Mai mi è capitato qualcuno che non abbia detto queste cose. Evidentemente qualcosa non va perché è impossibile, ma questo dimostra come l’imprenditore, proprio in quanto tale, basa la sua forza su queste false consapevolezze che comunque lo rendono, in qualche modo, resistente sul mercato.
Per questo l’imprenditore difficilmente lascia che qualcuno gli dia consigli. Se lui è arrivato dov’è....vuol dire che sa fare bene da solo il proprio lavoro, salvo poi fallire. Semmai ci fosse richiesta di esplicito aiuto ad un consulente, qualsiasi raccomandazione che fosse non in linea col pensiero padronale, verrebbe accettata per forza di cose ma mai messa in opera.
Nelle multinazionali, paradossalmente perché non ne avrebbero bisogno visto lo scambio continuo di cultura generale tra i managers, viene spesso richiesto l’intervento di consulenti.
Nelle multinazionali vi è un’apertura mentale, un arricchimento professionale, una continua conoscenza di problemi su mercati globali che portano i managers ad esperienze continue.
Ecco. Ciò che ho detto, magari anche brutalmente in taluni punti, è la differenza sostanziale tra queste realtà e questi due mondi lavorativi.
Potrei ora dirTi dove io andrei......ma la scelta e Tua.
Cordiali saluti

Motivazione

Mario B. Lodi
“......quindi sto valutando verso quale tipo di società indirizzare le mie offerte. Non ho però molto chiaro cosa troverò........”

Complimenti Dr. Mario. Dai voti ottenuti con la Sua laurea, per certi versi capisco perché voglia essere Lei ad indirizzare la Sua candidatura verso le aziende che deciderà. Mi meraviglio che qualcuna tra esse non sia già arrivata a cercarla.
Tuttavia, malgrado la Sua preparazione, anche Lei ha qualche dubbio. Le vengo in aiuto e, se permette, sarò poco tenero subito, ma lo faccio per evitarLe brutte situazioni e forti delusioni, dopo.
Qualunque sia l’azienda in cui Lei andrà ad operare, entrerà certamente con forti ambizioni ed un ottimo bagaglio...culturale; bagaglio però teorico sul percorso fatto in termini lavorativi. In una piccola azienda probabilmente Le verrà subito data una responsabilità ed avrà tutti attorno ad aspettare il Suo apporto “immediato” al successo dell’azienda. Anche se Lei non lo vedrà, i Capi controlleranno l’orologio per capire quando riusciranno ad avere i benefici che la Sua assunzione deve per forza dare. Ad un certo punto, ma non molto in là, mi creda, inizieranno a chiederglielo. Questo diverrà frustrante e potrebbe metterLa in crisi.
In una grande azienda, sarà probabilmente accolto con molti auguri e complimenti per aver deciso di entrare a far parte della grande famiglia X o Y; Le verrà mostrato, con enfasi, il sentiero del Suo cammino nell’organizzazione eppoi verrà messo a lavorare (o meglio ad imparare cos’è il lavoro vero e non quello ipotizzato nelle aule universitarie) in un ufficio in cui troverà altri colleghi più esperti. Lei avrà la scrivania più piccola, pari a quella di un impiegato, a differenza delle loro, più grandi. Seguirà, ascolterà, copierà, scriverà, leggerà ed andrà alla macchinetta, nella saletta fotocopie, per fare i caffè e portarli ai Suoi colleghi che gentilmente gliel’hanno chiesto. Qualche tempo dopo, ascolterà, copierà, scriverà rapporti sul computer per inviarli alla Direzione, leggerà rapporti per farne un sunto da passare ai Suoi colleghi e riandrà alla macchinetta a prendere caffè.
Dopo un po’ si domanderà se questo è lavoro e se è giusto che sia così dopo gli studi fatti. A questo punto i comportamenti variano. Alcuni giovani crollano e decidono di non aver studiato per fare quello che stanno facendo. Lasciano, offesi, la posizione (magari senza aver trovato altro) e ritornano sul mercato, delusi.
Altri, invece, fanno buon viso; essere trattati da “ragazzino” può non piacere immensamente ma, del resto ed obiettivamente, comprendono che quanto avevano imparato negli studi non ha nulla a che vedere con la pratica. Quest’ultima spiazza chiunque per cui capiscono che seguire ciò che fanno gli altri; ascoltare i loro ragionamenti; leggere le strategie che costruiscono; copiare relazioni iniziando pian pianino ad inserirsi, vale tutti i caffè del mondo. Ed ogni giorno, portano a casa qualcosa. Un tassello che li aiuta a capire e crescere.
Ecco caro Dr. Mario. Le ho apertamente detto le situazioni in cui potrà trovarsi, in ogni caso, nell’ambito del lavoro, indipendentemente dall’azienda. Questo troverà ed a questo deve abituarsi o adattarsi. Posso solo dirLe che, ad occhi chiusi, io sceglierei la seconda ipotesi aziendale e starei ad ascoltare sino a quando non sarei certo che una mia proposta non fosse talmente ben strutturata da poter superare ogni esame e risultasse positiva alla soluzione di un problema. A quel punto, La porterei avanti.....e con essa, in queste società, va avanti chi la propone.
Mi sappia dire.

Comportamento

Luisa M. A.
“.......sono operaia. Ragioniera da poco sfornata, per non stare a fare nulla, questo faccio.Lo ritengo un lavoro dignitoso come un altro........... Non ho certamente esperienza ma ci vuol poco a vederer che ci sono situazioni in reparto che non vanno bene. Molti cercano solo di far passare il tempo e non sempre quello che esce dalla linea è ciò che dovrebbe. Ma se ne fregano. Io penso si potrebbe fare molto meglio. Vorrei dirlo ma il mio capo se non è come gli altri, poco ci manca. Mi infastidisce questa cosa. Sono l’ultima arrivata e mi rendo conto che l’azienda ha tutte le intenzioni di voler crescere bene; perché allora la boicottano; anzi boicottano se stessi? Che devo fare?

Sei in un bel ginepraio mia cara Luisa. Ma quanto scrivi Ti fa onore, credimi. Molte aziende vorrebbero avere personale come Te ma non possono saperlo. Racconti una storia di quotidiana vita aziendale (produzione, uffici, o magazzeno che siano) in cui Tu, se Ti muovi, metti in pericolo il Tuo posto.
Se stai zitta e fingi di non vedere, sarà il consumatore ad accorgersi che i prodotti hanno problemi e quindi le vendite caleranno nel tempo. Magari quegli operai saranno per all’ora già in pensione, ma chi rimane pagherà per loro. Se parli col Tuo Capo (penso Tu Ti riferisca al capo reparto) probabilmente fingerà di ascoltarTi ma le riflessioni successive saranno dirompenti per Te: sei nuova, giovane, senza esperienza ed una sola. Gli altri sono operai da tempo, numerosi, esperti. Non potrebbe sacrificare gli altri senza crearsi un problema lui stesso. Perché mai improvvisamente dovrebbe accorgersi che un gruppo non va bene? Perché gli è stato riferito da una giovane ragazza? E lui dov’era quando doveva controllare? No, tacerebbe e, semmai cercherebbe di metterTi in difficoltà affinchè Tu te ne vada volontariamente. Se ne facesse parola con gli operai, anche solo per dir loro di stare attenti, Ti troveresti ad aver loro contro. Insomma sei in un guaio, come sempre accade a chi, onestamente, vuole far qualcosa.
Ti direi di trovare il modo di parlarne direttamente con la proprietà ma credimi, se anche Ti credessero, ( e potrebbe essere, dopo un controllo) la cosa verrebbe fuori e Tu comunque non avresTi vita facile ammesso che comunque la proprietà Ti tenga. Il guaio è che le organizzazioni funzionano anche se non vi sono conflitti interni, quindi questi vanno comunque eliminati. La Tua presenza, una volta scoperto il problema, sarebbe utile all’azienda ma comunque conflittuale con l’ambiente. E l’ambiente ....è più numeroso. Potrebbero nascere scioperi (tanto si fanno per poco) guai interni, rotture in produzione...insomma, si aprirebbe uno scenario non favorevole per Te.
Posso solo consigliarTi davvero di: fingere di non vedere e contemporaneamente di cercare un altro lavoro, in cui Tu possa con la Tua correttezza avere miglior fortuna. Tanto, credimi, se hai trovato la forza e la voglia di scrivere a me, vuol dire che davvero mal sopporti questa situazione ed allora, devi andartene per il Tuo bene, perché il lavoro deve essere vissuto con passione e non con negligenza o sopportazione.
Poi, quando Te ne andrai, potrai anche rivolgerTi alla proprietà e dire il motivo per cui Te ne vai, con la precisa garanzia però che non esca il Tuo nome. In ogni caso, anche se cercassero di trattenerTi con qualsiasi promessa, esci.

Marketing e costi

Antonio M. Bari
“......prima di arrivare nella società in cui opero, ho fatto stage e brevi periodi in altre realtà. Opero nel marketing ed in ognuna delle società in cui ho, in qualche modo, lavorato, c’era un sistema per calcolare il costo del prodotto o meglio per fare, nel marketing una struttura. Ricordo che erano tutti piuttosto semplici ed alla buona, fatti in casa, mentre durante un colloquio con un Product manager che avevo incontrato in un aeroporto, avevo avuto l’impressione che fosse una cosa ben precisa e dettagliata. Posso avere un Suo parere....?

Più che un parere. Ci sono, come Lei dice, innumerevoli modi per calcolare i costi, metodi seri e meno, ed è immaginabile il motivo. Nel costo ci si può mettere qualsiasi cosa e quindi i risultati aziendali cambiano. Io posso darLe il metodo usato nelle multinazionali per un prospetto relativo al marketing commerciale e va abbinato ad ogni prodotto in listino.
Struttura costo prodotto per
redditività
profitto per prodotto
cut price
le cifre date ad ogni voce sono naturalmente ipotetiche ed esemplificative per comprendere l’analisi
CONSUMER PRICE prezzo raccomandato al pubblico 1,450
TRADE MARGIN margine per il rivenditore 20%
GROSS SALES ricavo teorico 1,116
COSTOMEX DISCOUNT sconti non promozionali 0,116
NET SALES ricavo netto 1,000
COST OF GOOD costo di produzione 0,500
DISTRIBUTION costo di distribuzione 0,070
SELLING EXPENSES spese di vendita 0,100
ADV & PROM. spese pubblicità e promozione 0,100
PBA margine di contribuzione 0,230
ADMIN spese generali 0,080
LOP margine operativo 0,150
ROYALTIES licenze 0,050
PROFIT BEFORE TAXES utile prima delle tasse 0,100
TAXES tasse 0,050
NET PROFIT utile netto (del prodotto) 0,050
Se la trascriva per benino perché lo scopo di questi aiuti è diverso e non vorrei più dare tabelle se non abbinabili ad un concetto di crescita “personale”.
Gliel’ho fatta nel modo più chiaro possibile. Credo e spero di essere stato comprensibile.

Vendite

Maurizio V. Cremona
“.......Chiedo cortesemente un suo aiuto, se possibile, per aiutarmi in una parte del mio lavoro che, in un certo senso, mi sta dando difficoltà. Io sono un venditore di una società che commercializza............ L’azienda fornisce ai venditori anche un computer per inserire direttamente l’ordinato in modo che tutto sia più rapido e non ci sia più il cartaceo. E’ questa gestione amministrativa il mio punto debole ovvero, è la parte che non mi dà sicurezza perché mi mancano le conoscenze. Sbaglio ? E’ possibile fare qualcosa?....”

Credo di capire cosa intendi. In realtà, qualche volta, non è che la tecnologia sia d’aiuto, a meno che non sia pensata più che bene. Dunque, vediamo: Tu hai un personal su cui digiti gli ordini. Basta quindi copia commissioni e carte varie. In questo modo però si apre una negatività grande come una voragine e Ti spiego perché.
Se fossimo in un ufficio, l’impiegato per lavorare bene avrebbe bisogno di tutta una serie di dati storici che andrebbe a trovare nell’archivio dietro la scrivania. Ecco che, per ogni cliente, troverebbe tutta la storia passata. Qui invece siamo all’esterno. I venditori devono visitare i clienti e non essere distratti da tutta la burocrazia cartacea. Ecco la negatività di un concetto lavorativo che, per essere moderno, mette la forza vendita nella condizione di agire male. Un venditore, e Tu Te ne sei accorto, non può lavorare bene se non è nelle condizioni di avere sotto mano la storia del cliente, gli acquisti, ed ogni qualsiasi dato o informazione. La tecnologia ha tolto tutto questo ed ha anche tolto al venditore la possibilità di essere serio professionista. Un venditore impreparato davanti ad un cliente è già un perdente. Non accettarlo proprio. Io non faccio alcuna fatica a darTi suggerimenti che sono un fondamentale del lavoro esterno di vendita. Se la Tua azienda non Ti mette in condizione di avere queste informazioni (prima però chiedile) preparatele da solo.
Vai in qualsiasi negozio per ufficio e cerca tra i molti tipi di schede clienti quella che può essereTi più utile. Se non ce ne fossero, studiatela su misura e poi fatte tante copie quanti sono i clienti.
Sulla scheda devi inserire tutti i dati possibili del cliente: nome, indirizzo, telefono, fax, sede legale, indirizzo di consegna, giorni di consegna, orari, nome delle persone addette agli acquisti, al ricevimento merce, termini di pagamento, dati bancari, eventuali condizioni extra e tutto quant’altro ritieni possa essere utile. Poi ancora, suddividi la scheda in colonne. Nella prima a sinistra, più ampia, inserisci, riga per riga, i vari prodotti e nelle altre colonne (che dovrebbero essere in numero sufficiente per coprire un buon arco di tempo visite) segna. di volta in volta, quando visiterai il cliente, ogni acquisto fatto per singolo prodotto o codice.
Predisponi anche uno spazio sul fondo per eventuali note che potrebbe servirTi come promemoria per le visite successive. Quanto Ti sarai abituato....non Ti staccherai più da questo strumento che vale, credimi, mille computer. In una scheda puoi trovare in un colpo d’occhio tutta la vita di un cliente e quindi avere quelle sicurezze di conoscenza che oggi dici Ti mancano. Sapere con uno sguardo quando un cliente ha acquistato un determinato prodotto piuttosto che un altro, in fase di trattativa è molto utile.
Ci sono molti altri suggerimenti che ampliano questo tema. Ma ora accontentaTi. Quando avrai fatto ciò che ti ho detto e ti sentirai sicuro, riscrivimi e proseguiremo.

mercoledì 2 gennaio 2008

Varie

Gianni B. Piacenza
“....vado spesso a fare colloqui anche in società di lavoro interinale. Vedremo, vedremo, poi ..non vedo mai nulla. Chiedo mansioni in ufficio (sono ragioniere) e, al massimo, mi offrono mansioni di operaio......
......Non voglio credere che sia perché, assieme alla mia fidanzata ci siamo fatti due piercing, naso e lingua....”

Tu, caro Gianni, potresti essere un bravo ragioniere e forse lo sei davvero, ma credimi, un ragioniere col piercing al naso....
Vedi Gianni, il fatto è che l’abito fa il monaco e, credimi, se Tu fossi un ragioniere “genio” con piercing in lizza con un ragioniere “genio” senza piercing, secondo Te, chi la spunterebbe ?
Io non so, ragazzi, perché non pensate alle conseguenze, prima di agire. Non è possibile credere che il mondo debba accettare sempre e tutto ciò che vogliamo noi... E’ arroganza o ingenuità oltre ogni limite?
Quello che mi sorprende e che Tu non vorresti credere che non Ti offrono lavori d’ufficio solo perché hai un piercing al naso. Ragionier Gianni, ma Tu un lavoro lo vuoi davvero o il Tuo lavoro è cercar lavoro?

Varie

Luigia M. Forlì
“Ho 19 anni. L’estate scorsa mi sono fatta tre piercing ed in autunno quando sono tornata al lavoro, il mio principale mi ha detto che non mi vuole più perché con questi piercing non sono più adatta per il ruolo che ricoprivo. Premesso che questo può essere inteso come violazione alla libertà personale.....”

Gentilissima Luigia, mi sono fermato qui nello scrivere la Sua lettera perché è sufficiente. Quando sento parlare di violazione di libertà personale, capisco che è meglio non andare oltre. Ha 19 anni e quindi molto tempo davanti a se per capire come va il mondo del lavoro (magari lo capirà standone fuori o svolgendo un compito in cui i suoi tre piercing la facciano da padrone).
Credo occorra un po’ di buonsenso per capire e sapere che alcuni lavori, sinceramente, possono fare a meno di persone “metallizzate” soprattutto se a contatto con altri. Avre una segretaria, in ufficio, che riceve ospiti o clienti....beh, penso sia più rappresentativa senza piercing. Ora, non sa come uscirne dalla Sua libertà personale e chiede un suggerimento. Credo d’averlo già dato in queste righe, ma per carità, La prego di eliminare dal Suo lessico quel concetto di libertà personale perché, se vale per Lei vale anche per il Suo Capo.