Ricerca personalizzata

domenica 23 dicembre 2007

Marketing

Flavio C. Terni
“....opero nel marketing. Vedo il vs. bellissimo spazio e pur operando da due anni nel settore ed essendo giovane laureato, vorrei porvi una domanda su cui nel team discutiamo spesso; ognuno con la propria opinione. Il punto è relativo all’uso dei promozionali (soliti gifts) come leva di marketing e vendite. E’ ancora valido? Mi dicono che in passato era una tattica largamente usata. Che ne pensate. Vi ringrazio per la risposta che mi darete......”

Gentilissimo Dr. Flavio,
iniziamo per dire ai non addetti che “gift” significa regalo, oggetto; insomma tutto ciò che può essere dato in omaggio per stimolare solitamente un acquisto. Le tecniche di vendita oggi sono certamente cambiate rispetto ad anni fa. Il marketing usa strategie per certi versi più semplici e dirette anche se enormemente più costose. Più semplici perché nel decidere di fare una campagna non occorre impegnarsi molto se non nel dare un briefing all’agenzia ed aspettare le varie proposte. Più costose perché credo che i limiti siano stati superati da tempo e spesso, senza vantaggi per gli utili.
L’uso dei gift nasceva nel periodo in cui l’azienda voleva fare marketing attirando l’attenzione del cliente con una spesa limitata e comunque ben definita nelle percentuali del calcolo di costo del prodotto; agendo per così dire in casa, con il solo ausilio della rete vendita.
L’esempio, non per Lei Dr. Flavio, ma per chi altri legge, è questo.
Si voleva distribuire un prodotto al maggior numero di clienti e di punti vendita. Primo obiettivo quindi era la creazione di una distribuzione numerica. Si calcolava quanto potesse mediamente acquistare un cliente di quella nuova merce. Per semplificare molto, diciamo cinque cartoni di ordine d’impianto. Quel quantitativo avrebbe fatto incassare X all’azienda. Tolti tutti gli altri costi, l’azienda avrebbe potuto assegnare un valore di (ragioniamo in vecchie lire) 3000 lire a cartone. Si sarebbe quindi cercato un gift dal valore di 15.000 lire o, oggi, 7 euro e 50.
Ci siamo? Bene. La ricerca del dono da fare era un’arte. Occorreva qualcosa che fosse utile, interessante, che si muovesse nella sfera del desiderio; che il cliente non avrebbe facilmente trovato e che dimostrasse un valore ben maggiore di quello che era il costo. Diciamo quindi che un regalo pagato dall’azienda 7euro e 50 euro, probabilmente lo si sarebbe potuto trovare in circolazione almeno al doppio o più.
Il marketing dava quindi alle vendite gli oggetti, la strategia (un regalo per ogni cliente al momento dell’ordine) e gli obiettivi.
I venditori, armati di campione da mostrare, argomentavano il prodotto, la necessità per il cliente di non poter fare a meno di quella merce ed infine il bellissimo dono che ....ingolosiva sempre perché tutto ciò che è regalato, piace.
La scelta dei gifts era tanto importante da far si che le aziende istituissero veri e propri uffici con figure professionali apposite (promotional manager) il cui compito era quello di reperire quanto di meglio poteva offrire il mercato, studiando e proponendo al marketing verei e proprie strategie legate alle linee di prodotti.
Personalmente fui un fautore di un uso libero e diretto dei gift che portò successi oltre ogni limite. Ma questa è un’altra storia, lunga da narrare, quindi tralascio.
Tornando alla Sua domanda, credo d’aver dato risposta. L’uso di regali, doni o altro, se ben congeniato porta sicuramente almeno al raggiungimento degli obiettivi che l’azienda si pone. Occorre però che tutto sia pensato e studiato appositamente da un professionista, partendo dal modo stesso in cui si argomenta la presentazione al cliente. Anche in questo non ci si improvvisa.

Vendite

Claudio L. Lodi
“....esiste un metodo per fare più ordini.?.....”

E’ lo scritto più telegrafico che abbia mai ricevuto. Solo poche parole in più per presentarsi e dire il problema. Ma è anche uno scritto che, nella pur apparente semplicità, presenta chiarezza di intenti e decisione. Ed è anche stato uno scritto che mi ha impegnato parecchio.
Si, esiste un metodo per fare più ordini. Tu sei un professionista commerciale ed hai la necessita di vendere per guadagnare (se sei a provvigione) o di vendere per dimostrare alla Tua azienda che hai la stoffa.
Stai bene attento Claudio. Sono certo, da come Ti presenti, che Tu hai dentro di Te quello che Ti serve. Spesso però, non si riesce, per qualche motivo non chiaro, a sfruttare ciò che comunque noi abbiamo già come capacità. E’ però sufficiente una presa di coscienza, ovvero qualcuno che ci illumini ed improvvisamente siamo pronti.
Se io dicessi ad un gruppo di venditori che esiste un metodo per fare più ordini, tutti, ma proprio tutti, penserebbero immediatamente ad una tecnica particolare di presentazione; promozionale; o altro. Ad un qualcosa comunque che dev’essere loro data, non a qualcosa che loro devono darsi. Riesco a farmi comprendere?
Se qualcosa ci viene data non ci impegna personalmente se non nell’attuazione. Se nasce da noi, è un’altra cosa. Impegnarsi è come mettersi in discussione, come dover dimostrare davvero d’essere capaci di qualcosa. E’ sempre meglio pensare di saper fare piuttosto che farlo veramente.
Avrai capito allora dove voglio arrivare. (Spesso allungo molto i miei discorsi ma lo faccio perché devono essere d’aiuto anche ad altre persone).
Il metodo c’è e sta in queste parole: motivi, motivazione, obiettivo, credere in se stessi
Nel Tuo caso, Claudio, i motivi Ti spingono a farmi la domanda : “Voglio fare più ordini”
Motivazione: nulla si fa e si raggiunge se non c’è una reale motivazione per farlo. Anche al mattino, nessuno di noi si alzerebbe dal letto se non avesse una motivazione per doverlo fare. Questa è quindi la “molla” che ci permette di agire. Spesso si confonde la motivazione con l’obiettivo. Sono concetti diversi.
Ecco allora che nasce il perché.
Voglio fare più ordini .....perché ho un obiettivo (o vorrei raggiungere quello scopo). E per raggiungere l’obiettivo c’è necessità di credere in se stessi e avere forte la convinzione di potercela fare.
Vedi Claudio, la ricetta è tutta qui. E’ semplice a dirsi ma, credimi, se uno è fortemente motivato, è anche semplice a farsi. Chi la trova difficile è perché, già in partenza, è rinunciatario.
Tu vuoi fare più ordini perché vuoi dimostrare a te stesso di sapercela fare, oppure perché facendo più ordini vincerai un premio od anche perché potresti divenire il primo di un gruppo ed avere possibilità di carriera. Questi sono motivi. La motivazione è ciò che Ti spinge.
Eccomi allora alla ricetta che non ha nulla di sensazionale ma è efficace.
Come spesso faccio, partiamo dalla fine.
Pensa fortemente all’obiettivo. Scrivitelo, se voi, in un posto che sia sempre sotto i Tuoi occhi. Nell’agenda come segnalibro, su un cartello a casa, in testa ad un prospetto. Fa come vuoi, purchè Tu abbia intenzione di raggiungerlo. Pensa che dovrai farcela e che non ci saranno ostacoli che potranno fermarTi. Fatto e pensato questo, iniziamo con la tecnica.
Immaginiamo che Tu abbia una raccolta media di 6 ordini al giorno. (Ovvio che i dati sono puramente indicativi. Ciò che vale è il senso). Ed immaginiamo che il Tuo obiettivo sia di arrivare a 10.
Non mi parli di media fatturato ordine e quindi desumo che Tu voglia puntare sul numero ordini (quindi distribuzione) e non tanto sul fatturato. Se così è, proseguiamo col nostro obiettivo di 10.
Inizia col pensare sempre che 6 ordini di media li fai già, quindi la differenza è di 4. Pensare solo alla differenza è meglio che pensare al totale.
Ogni giorno, inizia regolarmente il Tuo lavoro. Tu saprai certamente già quali sono i clienti che in quel giro acquisteranno e altrin su cui mettere un punto di domanda. Bene. Inutile dire che i Tuoi sforzi devono essere su quest’ultimi. Su loro inizierà e scatterà l’obiettivo di fare per forza l’ordine.
Obiettivo, ordine, dunque, e non grosso fatturato. Le Tue argomentazioni perciò non dovranno essere basate ad incrementare il cartonaggio ma solo a “segnare la visita”. Questo concetto va fatto comprendere al cliente che ha sempre paura che il venditore voglia riempirlo di merce.
Potrai dire che è sufficiente un piccolo acquisto di qualsiasi prodotto in listino per garantirsi contro l’aumento dei prezzi futuri; oppure perché acquistando potrà usufruire di sconti che verranno concessi solo a chi ha acquistato oggi; od altro.
Sono piccole bugie di vendita a cui probabilmente non crede neppure il cliente ma che vengono accettate.
Per avere la sicurezza di catturare quei 4 ordini in più, personalmente mi darei comunque un obiettivo di 6 ordini in più, aumentando magari il numero visite. Inoltre, mi darei la determinazione di non finire la visita e la trattativa col cliente sino a quando non ho materialmente scritto l’ordine. Mentalmente ripetiTi mentre entri dal cliente: “da qui non esco se non mi fa l’ordine”.
Per raggiungere l’obiettivo, oltre ai motivi ed alla motivazione, occorre una gestione del problema.
Avrai certamente un rapporto o un prospetto cartaceo o computerizzato. Avrai già segnato per ogni giorno “l’ideale” di 10 ordini. Ad ogni fine giornata segna quelli eventualmente fatti, unitamente alla somma progressiva. Magari nei primi tre giorni avrai compilato 10 ordini, 12, e poi 11. Sai quindi di essere avanti di 3 ordini sulla media. Il quarto giorno (può sempre capitare un inghippo che blocchi qualcosa) ne farai solo 9. E così via. Tienti sempre costantemente aggiornato sui dati di andamento perché sono la Tua traccia. Ogni volta che Ti mantieni sopra l’obiettivo, datti un premio. Se lo raggiungi al pelo, fatti un complimento e se se sotto “incavolaTi” con Te stesso e fatti un esame di coscienza per capire dove hai sbagliato e dove puoi correggerTi.
Forse farò sorridere chi legge senza essere coinvolto nel problema, ma so che non è così con Te.
La ricetta è tutta qua.
Il metodo per fare più ordini sta in ciò che ho detto.

Avere chiaro l’obiettivo a cui si mira.
Avere i motivi per cercare di raggiungere l’obiettivo.
Avere la motivazione per farlo.
Credere in se stessi.

domenica 16 dicembre 2007

Motivazione

Sante A. Milano
“.......Dal 2008 l’azienda ci darà delle speciali cartelle per analizzare e giudicare l’operato dei componenti il team. In pratica delle vere e proprie valutazioni su come ognuno agira, collaborerà e darà risultati. Ho letto queste cartelle e sono senza parole. Va analizzato proprio tutto anche perché da quanto scriverò e dai risultati, dipenderà anche l’eventuale premio di ognuno. E’ un compito difficile a cui forse non siamo preparati.....”

Gentilissimo Dottor Sante,
sto sorridendo. Mi vien da dire che se non siete preparati, preparateVi. Lei opera in una multinazionale e queste sono tematiche all’ordine del giorno nelle grandi Case. Per Lei è un compito difficile ed io, pensi, gliene do uno ancora più difficile, che non Le è stato dato ma che La prego di attuare: prenda quelle cartelle, raduni i Suoi uomini e le veda prima con loro. Dica esattamente cosa si aspetta l’azienda che Lei faccia e cosa dovrà fare. Le legga con loro e dia la motivazione sul perché vanno fatte.
Le dico questo perchè non mi è mai piaciuto, in carriera, agire di nascosto e valutare di nascosto. Anch’io ho fatto quello che viene chiesto a Lei e l’ho fatto con estrema serenità. Ho seguito questa tecnica.
Prima si presentano loro le schede, vanno lette assieme in modo che ognuno inizi a capire di far parte di un gruppo che, come tutti, ha dei diritti ma anche dei doveri. Un gruppo che dev’esser valutato per quello che fa. E poiché il gruppo è formato da singoli elementi, il buon andamento del gruppo è dato dal buon andamento dei singoli. Successivamente, in un colloquio personale con ognuno, devono essere dati degli obiettivi scritti, personali, da raggiungere (ogni Capo deve ben conoscere pregi e difetti dei collaboratori) dicendo che la persona sarà giudicata sul loro raggiugimento. Si dovrà dir loro che ogni due mesi si verificherà l’andamento; gli eventuali passi in avanti o le correzioni ulteriori nel caso, di passi, non ce ne fossero. Il collaboratore dovrà sempre aver chiaro l’obiettivo per cui corre e le motivazioni. (Su questo dovremmo parlare molto ma sinceramente non lo posso fare qui ma solo in un’aula).
Alla fine dell’anno, ogni persona non potrà cader giù dalla pianta qualora venisse detto che il collega è stato trovato meritevole e lui no. Infatti, ad ogni incontro, dopo aver discusso l’andamento, sia il Capo sia il collaboratore, dovranno firmare una breve nota di andamento per concordare sul giudizio, Questa nota va firmata dal collaboratore anche se non è d’accordo. Sarà sufficiente che sia fatto per presa visione, dicendo che non si è concordi col giudizio dato. (Vedrà comunque che sarà molto difficile, se Lei sarà onesto, che qualcuno non concordi un giudizio, anche se parzialmente negativo).
Dietro a queste valutazioni ci sono molte motivazioni. “Dare uno stimolo a migliorarsi sapendo che si è giudicati; non essere colpevoli di un mancato premio al gruppo per propria colpa; stimolare la volontà di essere comunque primi degli altri e molto ancora”.
Sappia inoltre che l’uomo ha necessità di sentirsi valutato in ciò che fa. Da soli non riusciamo mai ad essre obiettivi. Sapere come valuta o vede il Capo è importante per ogni collaboratore.
Quindi, non abbia alcun timore, a meno che Lei non sia di quelli che dice una cosa buona al collaboratore ed un’altra diversa al Boss. Poiché non voglio crederlo, Le dico di non avere alcuna titubanza. Anzi, tutto questo esercizio, La metterà nella condizione di vedere i Suoi dipendenti con un occhio critico ma più equo. Alla fine, mi creda, arriverà anche a costruire un gruppo più solido dove, chi magari non è completamente d’accordo con Lei, La rispetterà per la correttezza avuta nel dirlo francamente.

Merchandising

Mario P. L’Aquila
“.....ho letto con interesse le risposte su questo tema. Sono giovane e opero da poco cun un’azienda locale tra l’artigianato e l’industria, nel senso che fa cose ottime ma la distribuzione e le quantità prodotte ci permettono di operare solo un alcune zone. Nel mio caso, operando quasi esclusivamente su negozi tradizionali che per mia fortuna esistono ancora, vorrei far stampare dall’azienda dei cartelli con offerte speciali di prezzi su alcuni prodotti. In questo modo, visistando i clienti, li convinco ad acquistare per l’offerta ed il cartello, una volta esposto, aiuterebbe l’uscita....”


Mi fermo qui caro Mario dell’Aquila. Chissà se vendi liquirizia o pasta fresca così buona nella Tua zona? Ad ogni buon conto, devo dire che davvero dimostri con la Tua giovane età, la Tua naturale inesperienza. Se Tu entri in un qualunque supermercato o ipermercato e guardi con attenzione la cartellonistica promozionale, vedrai da Te dove il Tuo pensiero è inesatto.
Ogni cartello promozionale può portare il prezzo di listino (quello che appare allo scaffale) stampato, ma vedrai sempre vedere il prezzo promozionale scritto a mano con grossi pennarelli. Il messaggio che si deve inviare all’acquirente è chiaro: “questo prodotto costerebbe 10 ma ora, in questo punto vendita, Te lo diamo solo a 7” Quel 7 deve apparire qualcosa studiato appositamente per il momento. Non deve sembrare pianificato altrimenti perderebbe valore. Chi legge e vede l’offerta scritta a mano, ha la sensazione che sia fatta appositamente per quel periodo e quasi per lui. Ecco perché deve approfittarne.
Se Tu chiedessi cartelli già stampati per non perdere tempo, faresti un danno all’azienda, al Tuo cliente ed a Te stesso. PrendiTi invece dei bei pennarelli e concorda, con ogni cliente, il prezzo che andrai a scrivere al momento. In questo modo otterrai anche che quel prodotto in offerta abbia magari prezzi differenti da negozio a negozio, rendendo ancora migliore l’azione.

Obiettivi

Mario P. Genova
“...........questo è il mio lavoro. A fine anno, quando l’azienda mi invierà i dati finali, verificherò se ho raggiunto gli obiettivi che volevano.......”

E se non li avrai raggiunti?
Ho stralciato solo questo passo dallo scritto perché è significativo di tutto quanto Mario chiede ed è sufficiente per dare le risposte che si aspetta.
Se non avrai raggiunti, cosa farai? Aspettare che l’azienda a fine anno Ti invii i dati, a questo punto esclusivamente statistici, non serve proprio a nulla per sapere come sei andato. Sinceramente ho qualche dubbio su come opera la Tua azienda e su come operi quindi Tu. Mi viene da pensare che il Tuo venduto sia buono, altrimenti che serve all’azienda dirTi solo a fine anno come sei andato? Poiché però, da quanto scrivi, forse non è così, c’è qualcosa di non esatto anche nell’azienda.
Anche nell’azienda, ma soprattutto in Te. Mi dici che speri di aver raggiunto l’obiettivo per ricevere un premio ecc....ecc...
Ma caro Mario, se vuoi raggiungere un obiettivo, Te lo devi dare sin dall’inizio. Come puoi pensare di raggiungerlo se non lo hai pianificato; se non hai pensato agli scalini intermedi; se non Ti sei dato degli obiettivi mensili la cui somma avrebbe consentito di tenere sotto controllo il Tuo andamento?
Tutti nella vita abbiamo obiettivi. Poi quancuno li raggiunge e molti no. Chi non lo li raggiunge opera proprio come Te. Salvo poi piangersi addosso e dire tutto il male possibile del mercato e di chi ci circonda perché è solo a causa loro che non ce l’abbiamo fatta.
Chi non è abituato si da solo un obiettivo finale semplicemente per scaricare la propria coscienza e sentirsi libero. Si gioca a scaracabarile con se stessi ma in questo modo si perde sempre.
Poiché capisco che pianificarsi un obiettivo non è facile, Ti do una mano. Segui questo indirizzo e Ti troverai bene.
Nel Tuo caso parliamo di obiettivi di vendita e di premi a fine anno.
Sei sicuro di Te stesso e della Tua capacità di trovare clienti e vendere? Bene, allora partiamo dai risultati dell’anno 2007
Ipotizziamo che Tu abbia raggiunto 100.
Per il 2008 Tu dovrai prenderTi un pezzo di carta. Dividilo in 12 mesi. Poi fermati un attimo a pensare. Hai fatto 100 nel 2007, cosa pensi di poter far nel 2008. (Ovviamente a bocce ferme, ossia, calcolando che le cose vadano come quest’anno). Ci pensi e calcoli che potresTi pensare che sia fattibile un bel 110.
Fatto questo, dovresti dividere 110 nei 12 mesi. Però, sappaimo entrambi che ci sono stagionalita, periodi più o meno forti e quindi le vendite non possono essre tutte uguali nei vari mesi. Puoi anche prenderTi i risultati mensili del 2007 (semmai Tu li avessi) e vedere come si sono mosse le vendite ogni mese. Altrimenti, agisci di intuito e con esperienza. Ti troverai quindi a dividere 110 non in 12 parti uguali, ma diverse nei vari mesi. Bene. Fin qui è chiaro? Proseguiamo.
A questo punto devi tener presente alcuni concetti molto importanti che sono state le basi della mia stessa vita.
“Un obiettivo dev’essere sempre più ambizioso di quanto dovrebbe essere e soprattutto dev’essere non facile da raggiungere, altrimenti probabilmente non lo si raggiunge. Bisogna darsi quindi obiettivi un po’ difficili perché è questo stimolo che ci fa correre”
“Per essere certi di raggiungere un obiettivo devo far si d’avere la sicurezza di poter recuperare eventuali situazioni anomale durante l’anno.”
Cosa voglioni dire questi concetti?
Primo. Se hai calcolato il Tuo obiettivo per il 2008 in 110 hai probabilmente detto qualcosa che riuscirai a fare senza molti problemi. E’ umano, lo si fa sempre. Ma per raggiungere quel 110, devi darTi uno stimolo in più, la difficoltà che crea l’impegno. Allora, se mi vuoi ascoltare, il 110 deve divenire 120.
Devi ora avere la sicurezza di raggiungerlo, superando eventuali problemi. Per questo, la divisione mensile dovrà tenerne conto.
Quindi: dividi 120 per i 12 mesi. Poi, aggiusta il risultato uguale per ogni mese, dando il peso della stagionalità, riducendo su qualche mese e aumentando su altri. Infine, sposta una percentuale di vendite nei primi sei mesi dell’anno. Avrai perciò ulteriori aggiustamenti in più nel primo semestre con scarico nella seconda metà.
L’anno inizierà in modo difficile, certo, dovrai darTi da fare, ma ogni mese in cui raggiungerai l’obiettivo che Ti sarai dato, saprai d’aver fatto più di quanto dovevi e quindi qualunque cosa possa accadere nel secondo semestre, sarai coperto dalle maggiori vendite del primo.
Se vuoi, potresti addirittura calcolarTi le medie settimanali per verificare sempre d’essere in tiro sul mese.
Per finire: se vuoi raggiungere un obiettivo, devi prima darTelo e per raggiungerlo, devi tenerlo sotto conrollo in ogni momento, analizzandolo ogni sera, verificando gli scostamenti in più od in meno, rinnovando nella mente il premio che quell’obiettivo Ti farà raggiungere ed il suo uso.
Inizia a fare questo esercizio e non mollare, nemmeno se in 15 giorni Tu dovessi raggiungere la quota del mese, non fermarTi mai. Anzi, vuol dire che il periodo è buono, quindi insisti. RicordaTi che tutto quanto metti in cascina per tempo è un di più. Anzi, scordatelo d’averlo fatto, e prosegui a testa bassa.
Ciao

Attività in proprio

Teresa S. Bergamo
“......ho letto questo sito o blog e vedo che date aiuti ed informazioni. Non credo che il mio problema sia tra quelli trattati, ma ci tento perché sono davvero confusa. Ho terminaro gli studi da 3 anni. Ho cercato di trovare un lavoro ma niente. Allora i miei hanno deciso di darmi i loro risparmi per permettermi di aprire un’attività mia, ovvero un negozio nel paese dove abitiamo. Sono euforica. Faccio bene ?.....”

No. La risposta è secca. Non fai bene per tanti motivi e Te li spiego, anche se, come dici Tu, in questo spazio non dovrei dare risposte su questi temi. Approfitto però per dire che viene aperto un settore che chiamerò “varie” proprio per permettere a chi come Te ha da chiedere qualcosa che non entra nei settori classici.
I motivi, Teresa, sono presto detti. Negozio, in un paese, con i risparmi dei Tuoi genitori. Tre no. Partendo dalla fine: i risparmi dei Tui genitori devono servire a loro ed alla loro vecchiaia. Se li perdessi, come è molto probabile, il danno sarebbe enorme. Se proprio vuoi buttarTi in un’attività in proprio, fallo a rischio Tuo, con un prestito se vuoi, ma non da parte della famiglia.
L’idea: un negozio. Può darsi che i Tuoi, dopo tre anni in cui non hanno visto uno sbocco per Te, abbiano deciso (forse anche a malincuore) di intervenire loro, dandoTi l’idea più ovvia e banale che ci sia. Aprire un negozio. Abiti in un abbastanza piccolo paese alle porte di una città che è servitissima da ogni sorta di centro commerciale. Pensi che la clientela non vada più in città per gli acquisti, dove tra l’altro avrebbe un’ampia scelta, per venire da Te?
L’Italia oggi è piena di nuovi negozi, aperti da giovani come Te che, senza alcuna esperienza, credono d’aver trovato la soluzione della vita che ha termine dopo pochi mesi. Voglio dilungarmi e spiegarTi per bene alcune cose che potranno servire ad altri.
Un negozio è un’attività vera e propria, non un gioco. Prima di aprirlo occorrerebbe effettuare ogni sorta di analisi di mercato ed altro. Ad esempio:
abitanti generali; abitanti del rione; quanti altri hanno la stessa attività in città o nella zona; come funzionano. Eppoi: dove voglio o posso posizionarlo? C’è passaggio? C’è clientela adatta? C’è traffico di auto? C’è possibilità di comodo parcheggio? Quanto mi serve per aprirlo? Che stock devo avere? Che fine fanno gli stock se le vendite sono inferiori? Quanto ogni mese devo sicuramente incassare solo per pagare le spese? E quanto devo vendere solo per pagare questo? Inoltre: l’idea. Occorre avere un’idea innovativa, che magari nessuno al momento ha avuto (ma credimi, è diffficile).
Sono quotidianamente visibili nuove attività aperte nei luoghi più disparati ed inutili a cui predire qualche mese di vita è troppo. Giovani che partono con una faciloneria incredibile e perdono soldi, non loro, senza capire quanto c’è stato dietro per accantonarli.
Birrerie, paninoteche, osterie messicane, argentine, wine bar, per passare alle parrucchiere o peggio, a negozi di idee regalo. Si aprono attività in zone dove non ci si può fermare con l’auto; dove la clientela è rionale e piuttosto anziana; dove non passa un cane nemmeno morto. Eppure tutti, quando iniziano un’attività sono convinti che anche se altri hanno fallito, per loro sarà diverso perché possono contare su tanti amici o conoscenze. Beata ingeniutà.
Hai mai notato, magari anche nel Tuo paese, che quando c’è un subentro di nuova attività difficilmente funziona? I motivi sono due:
il negoziante sapeva bene che l’attività stava andando a scemare e l’unico modo per cavarci fuori qualcosa era di vendere la licenza. Non affittarre, perché non avrebbe risolto nulla. Vendere ad un altro che magari non conosce bene il mercato.
Il negoziante aveva un’attività buona. E’ stanco. Vende. Ma anche i clienti sono stanchi e si allontanano col negoziante. Perché accade questo? Perché spesso, per amiciza negli anni; perché il negoziante ci conosce e non possiamo fargli il torto di non acquistare da lui almeno qualcosa, si continua a frequentare il punto vendita ma non c’è nulla di meglio di un cambio per non andarci più. Col nuovo entrato non ci sono vincoli, conoscenze, amicizie e quindi si è liberi.
Insomma, cara Teresa, se vuoi aprire una Tua attività, fallo pure ma solo dopo aver risposto alle domande che ho posto e dopo aver analizzato bene tutti i pro ed i contro. Fallo soprattutto con i soldi non dei Tuoi genitori. E’ un rischio? Che lo sia davvero. Altrimenti inizieresTi davvero male. Ora una mia curiosità: passeggiando per le strade o in qualunque centro commerciale, spesso leggo in vetrina cartelli con richiesta di personale femminile. Quando chiedo maggiori chiarimenti (è il mio lavoro) mi dicono che non si trovano ragazze disposte. Nessuno nemmeno entra a chiedere informazioni. Perché, dopo tre anni dalla fine della scuola, anziché pensare ad aprire un negozio, non entri in uno con questi cartelli? PotresTi fare una bella esperienza; guadagnare, e capire se un domani quella potrà essere la Tua strada.

Marketing

GianFranco T. Milano
“...........Sono Product Manager di.......... La difficoltà ormai sta nel fatto che nulla si vende più se non c’è la pubblicità. Quando partecipo ai meeting venditori per capire le necessità e poi studiare le strategie, ne esco sempre con un nulla di fatto. ....”

Egregio Dr. Gainfranco,
ho stralciato solo due righe della Sua lettera per evitare possibilità di identificazione Sua e dell’azienda. Sono però sufficienti per far comprendere il problema e per permettere la risposta.
E’ sacrosanto vero. Oggi si vende solo se un prodotto viene immesso sul mercato con un forte o fortissimo sforzo pubblicitario. Ma di questo male, purtroppo, deve incolparsi l’industria stessa. Il guaio è che, quando Lei forse era ancora alle elementari, le prime multinazionali ruppero il mercato con le grandi campagne pubblicitarie. Si era ai tempi dei due grandi colossi detersivisti: Dixan e Dash. Vi era un mercato talmente grande, da prendere velocemente, che occorreva far in fretta e la pubblicità permetteva questo. Nulla di sbagliato, per carità; solo che il consumatore, nel tempo, si è abituato ma ciò che è peggio, è che si sono abituate anche le reti vendita. Oggi, quando nasce un prodotto, viene subito chiesto quanto sarà l’investimento pubblicitario per il lancio se non, come oramai è abbastanza solito, quanto verrà speso prima del lancio per creare attesa. In questa logica, come può pensare che i venditori si addossino responsablità di copertura di mercato, quando dal buyer la prima cosa che viene chiesta è appunto “l’impegno pubblicitario per far uscire il prodotto? “
Oggi il venditore ha perso, purtroppo grinta. Visita clienti solo per fornire quanto il cliente desidera. Nulla di più, anzi forse qualcosa meno. Ma il venditore fa parte dell’ingranaggio creato dalle stesse aziende. Lei sa bene che negli anni, credo lo possa vedere anche dai dati interni della Sua azienda, le percentuali di promotion e advertising sono incrementate in misura abnorme. Oggi, la Casa Madre chiede di ridurre queste spese a fronte di altre iniziative meno costose, ma lei, come altri, non riesce a trovare un minimo appoggio da parte del Commerciale.
Perché non tornare ai fondamentali? Forse non c’è coraggio. Le grandi aziende di oggi, sono nate e cresciute tutte grazie a grandi reti vendite di professionisti. Poi, il marketing le ha un poco..., come dire, messe da parte, perché era sufficiente una campagna pubblicitaria per risolvere tutto (quando i costi erano inferiori).
Voglio solo darLe uno spunto, solo perché quanto dirò può servire ad altri giovani che stanno tentanto altre vie. Una regola d’oro delle vendite è la “regola del tubo”. Tanto più fa entrare da una parte, tanto più ne uscirà dall’altra. E questa regola non necessariamente va abbinata a pubblcità. Vi sono molti altri motodi ed idee creative per risolvere questo problema, ma dirle non è lo scopo di questo sito.

Formazione

Roberto B. Roma
“Sono stato assunto in qualità di Capo Area da un’azienda oggi mia concorrente. Evidentemente hanno avuto buone referenze dal mercato perché anch’io oggi sono un venditore e sono stato cercato da loro. Non credo d’avere problemi di vendita ma ho assoluta inesperienza e quindi paura di parlare ad altre persone. Il fatto è che tra un paio di mesi dovrò tenere la mia prima riunione al gruppo di venditori che dipenderanno da me. Confesso che non so da che parte iniziare. Oggi sto attento a come fanno i miei capi in azienda, ma vedo poca professionalità e tanta confusione. Non sono un esempio positivo. Cosa posso fare? Da dove comincio ?....”

Ragazzo mio (scusa se Ti chiamo così e Ti do del Tu, ma la Tua età me lo permette). Me lo permette anche la Tua innocenza nel chiedermi come fare a tenere un buon meeting di vendita, tra due mesi, senza alcuna esperienza, e soprattutto chiedendo aiuto attraverso questa via.
Ragazzo mio, non ci sono i tempi e non è possibile formare attraverso un dialogo via internet, a meno che dall’altra parte non vi sia una volontà non comune. La formazione è data soprattutto dal continuo scambio di informazioni e pareri, tra chi forma e chi vuol’essere formato. Internet non è nata per questo. Ma poiché mi piace la sfida e soprattutto la Tua incoscienza (potrebbe portarTi lontano), dopo aver riflettuto, ho deciso che sì, qualcosa posso davvero fare per Te, ad una condizione; che Tu mi segua con attenzione deciso a mettere in pratica quanto Ti dirò.
Allora, iniziamo. Poiché è scontato che, partendo da zero, non potrai sapere tutto su come tenere una riunione soprattutto tra due mesi, voglio darTi solo alcune dritte per iniziare bene.
Preparazione: tanto più precisa sarà, tanto più sicurezza avrai nell’esporla. Se devi tenere una riunione tra due mesi significa che passerai in questa nuova azienda tra almeno un mese. Fatti consegnare tutto il materiale di presentazione usato, nell’ultimo meeting di vendita, da parte di chi loro ritengono un buon oratore e organizzatore.
Analizzalo approfonditamente. Cerca di capire la linea di condotta, il modo di seguire le tracce, le argomentazioni; insomma tutto quanto.
Se puoi arriva sino a studiartelo in modo che, senza poi guardarlo, Tu possa rimetterlo su carta, con schizzi, nello stesso ordine e con le stesse argomentazioni. Devi arrivare, chiudendo gli occhi, a “vedere” esattamente in ordine cronologico, quanto dovrai presentare.
Fai e rifai questo esercizio sino ad essere stremato ma smetti solo quando avrai la certezza di aver chiaro in mente tutti i passaggi. Questo è solo l’inizio della preparazione ma, se arriverai ad avere una discreta sicurezza sui passaggi, sarai a buon punto.
Bene. Ora vediamo un’altra cosa. Da tempo, per inesperienza ed incapacità ma anche perché è meno impegnativo e nasconde proprio l’eventuale incapacità del relatore, molti, se non tutti, usano presentazioni fatte al computer e proiettate. In pratica, nella migliore delle ipotesi, il relatore proietta pagine colorate, anche con un po’ di movimento se non addirittura solo pagine con una sfilza di numeri e dati, da leggere assieme. Tutto qua. Terribile. Ma perché mai alcune persone dovrebbero riunirsi per leggere assieme su uno schermo alcune cifre che potrebbero ben leggersi da sole? E se anche ci fossero dei commenti scritti, perché mai dovrebbere leggerli il relatore quando potrebbe farlo chiunque da solo? Insomma, i meeting oggi hanno perso totalmente il senso per cui sono stati creati e che non è certo quello di presentare numeri ad altre persone.
Io Ti suggerisco, caro Roberto, di andare contro corrente o meglio di fare un meeting come si dovrebbe. PrendiTi dei fogli da lavagna e impegnati a scrivere di Tuo pugno, l’argomento principale ed i tre o quattro punti essenziali del Tuo discorso, relativamente all’argomento stesso. Questo per ogni foglio. In pratica, fatti la traccia di ciò che vorrai o dovrai dire.
Scrivi usando grossi pennarelli. La misura è presto detta. Vai in fondo alla sala, dove ritieni possa sedersi il venditore più lontano, attorno al tavolo, e controlla che da lì, si veda chiaramente quanto hai scritto.
Scrivi solo in stampatello. Cambia colore ad ogni argomento. La scrittura non dovrà essere fitta. Tieni presente che la misura è data dal mantenere distanziati i quattro o cinque punti nell’intera area del foglio.
La Tua preparazione consisterà poi nel argomentare i punti che Tu stesso hai scritto come traccia. I punti non sono altro che il sunto di ciò che andrai ad esplicare con più parole. Chiaro? Questo Ti serve semplicemente per darTi sicurezza, perché una delle paure maggiori di chi parla è quella di trovarsi improvvisamente con un vuoto e non ricordarsi cosa dire e da dove iniziare.
Usa, se vuoi anche lucidi con una lavagna luminosa, ma sempre e poi sempre, ricordaTi, di non presentare dati scritti al computer ma solo scritti a mano, con grafia chiara, in stampatello, e grande.
Anche su lucidi vale quando detto per la lavagna in carta.
Non scrivere mai tutto quanto devi dire. Mi rendo conto che questo dà sicurezza ma è terribile, noioso, non professionale e assolutamente non convincente leggere ad altri ciò che gli altri potrebbero leggere da soli.
Se vuoi essere seguito devi incuriosire. RicordaTi questa massima: “...non importa ciò che un relatore dice, ma come lo dice....” Questo lo potrai fare se sarà visibile solo la traccia e tutto il resto nasce dalla Tua bocca.
Inoltre, altra abitudine da non seguire assolutamente, è quella di stare seduti al tavolo, mentre si parla. AlzaTi in piedi e restaci fino alla fine.
Dovrei dirTi tante e tante cose ma lo spazio ed il tempo non lo permettono. Voglio solo aggiungere un’ultima cosa, almeno per il momento.
La Tua prima presentazione è....la prima. Non vederla quindi come un esame assoluto che se non superato brillantemente, Ti eliminerà. Vedila piuttosto come un punto di partenza, da migliorare sempre. Importante è che anche quella partenza sia studiata al meglio.
Avrai senz’altro la bocca secca ed il cuore in tumulto, soprattutto prima di iniziare, ma se Ti sarai preparato bene, sparità tutto dopo pochi minuti. Ti chiedo solo di essere sereno. Non farTi prendere da alcun timore. Chi Ti ascolta è esattamente come Te. Se sbagli in qualcosa, ridi con loro, Tu per primo. Anzi, sarà opportuno che, all’inizio del meeting, presentandoTi, Tu dica con molta sincerità che quella è la prima riunione che tieni ad altre persone e che non è importante come riuscirai a farla, quanto invece è importante ciò che devi dire loro. Per questo chiedi di seguire bene ed eventualmente di segnarsi domande da farTi a chiarimento dei punti non approfonditi.
Ora Ti ho messo in mano solo la prima lettera dell’alfabeto. E’ poco ma sbaglierei a volerTi dire tutto. Eppoi Tu hai quell’incoscienza che Ti permetterà di proseguire bene.

Vendita

Anna F. Sesto Fiorentino
“Vorrei tanto svolgere il lavoro per cui ho studiato ma vedo davvero un’impossibilità, almeno al momento. Così i miei studi e la laurea in Farmacia mi portano sono a ricevere offerte per divenire venditrice. Premesso che non credo d’esserne portata, l’occasione più importante, anche in termini finanziari, mi viene da un’azienda che opera nel settore dei contenitori metallici. Se devo dire la verità, non ne capisco nulla, ma c’è qualcosa che mi attira in quanto mi è stato detto durante ben tra colloqui che ho fatto con loro. Qualcuno ritiene, dopo avermi parlato, che io posso davvero essere la persona giusta. Io sento quindi lo stimolo di mettermi alla prova per vedere se davvero è così. Ma ho bisogno di un aiuto.....”

Cara Dottoressa Anna,
la Sua lettera è tra quelle che ultimamente mi hanno maggiormente colpito e cercherò di dirLe i motivi.
Dunque: laureata in Farmacia, non trova il posto per cui ha studiato. Cerca in giro e, non so come, arriva a quest’azienda che produce imballaggi metallici (per meglio chiarire, scatole e scatolette per alimenti e altro).
Inizialmente la cosa non interessa poi, dopo tre colloqui ed un’offerta che, mi pare di capire, interessante, non sa che fare. Io devo risponderLe solo analizzando il Suo scritto e da quanto Lei dice, comprendere (o cercare) se c’è motivazione e cosa può portare.
Vediamo il settore: packaging (o imballaggi). Settore fortemente maschile nell’immaginario. Se io fossi un buyer di un’azienda cliente penserei che un’azienda di packaging avesse venditori uomoni. Quindi, prima sorpresa. Se io fossi l’azienda di packaging cercherei di inserie una venditrice donna. Perché? Perché romperei le abitudini; attirerei maggior attenzione, darei quel tocco di gentilezza che serve e molto altro. Non dimentichiamoci inoltre che, poiché il mondo del lavoro è fortemente maschile, trovarsi davanti una donna,in fase di trattativa, è disarmante nel senso che fa abbassare le difese e quindi il cliente può essere più attaccabile. Inoltre noi uomini siamo sempre tutti un po’ galanti e....come si fa a dire di no ad un’offerta presentata da una venditrice ? Questo dunque va a favore all’azienda che lo ha compreso.
E se ci pensa bene, questo può andare molto anche a Suo favore. Una donna in un ambiente di maschietti (che sembra abbiano capito l’antifona) ha probabilità di successo superiori a quanto non si pensi.
L’offerta non l’ha interessata ma ha avuto tre colloqui. L’azienda Le offre qualcosa di sostanzioso perché deve aver compreso che Lei può essere la persona giusta. E, detto tra noi, in tre colloqui, la Sua muraglia ha iniziato a cedere. Si è sentita, per così dire, corteggiata. A questo punto non sa se mettersi alla prova o no. Potrei solo farLe una domanda che vale per tutti coloro che leggono e che possono trovarsi nella Sua situazione: ha una reale alternativa altrettanto valida? La scelta è tra questa mansione, oltretutto bellissima, ed il rimanere a spasso. Quale preferisce? Io non raccomando mai di iniziare un lavoro ...tanto per fare e non lo farò nemmeno questa volta. Dico solo di iniziarlo col piede giusto e con il giusto stimolo. Nel mondo del lavoro prima o poi bisogna entrarci, e questa non mi sembra un’occasione da perdere, anche in termini di possibilità future.
Non sa se sarà all’altezza? Posso dirLe questo: Se ha dubbi; se si sente timida; se ritiene di non avere la faccia tosta di andare da clienti; se pensa di non saper parlare o di sentirsi imbarazzata nel convincere qualcuno, ecco, se pensa tutto questo, inizi subito questo lavoro. E’ il Suo. Non esiste ottimo venditore che non abbia iniziato con queste premesse. Paradossalmente, alla fine, questi sono i migliori.
I Suoi studi Le hanno dato un’ottima preparazione personale. Lei però deve anche sapere che, semmai avesse fatto o facesse la Farmacista, in realtà si troverebbe dietro ad un banco, come una commessa, a parlare con persone, offrendo o vendendo qualcosa.
L’importante, Le raccomando, è che Lei chieda, qualora dovesse decidere per un sì, un ottimo training per avere le massime informazioni su tutto. La differenza tra un buon venditore ed uno meno buono è data anche dalla gestione delle informazioni e dalla preparazione che dimostra col cliente. La conoscenza del prodotto che si offre è ciò che da sicurezza.
In bocca al lupo

Merchandising

PierLuigi T. Ascoli Piceno
“ho letto con molto interesse il suggerimento dato relativo al merchandising. Ne ha dati altri in passato? E’ possibile rivederli? Il fatto è che io sono venditore da poco tempo di una azienda locale, comunque discretamente importante nella zona. Non facciamo la grande distribuzione ma operiamo su tutti i clienti ella zona e tra questi ci sono molti piccoli supermercati privati. Poiché voglio operare bene e trovare soddisfazione in quello che faccio, sto attento a molte cose. Il merchandising, da quello che so, può aiutare molto anche nelle vendite. Io vendo.............. Cosa posso fare? C’è qualche suggerimento che possa darmi? La ringrazio.......”

Ci sono sempre, caro PierLuigi suggerimenti. Importante è che vengano ponderati e usati credendo in quello che si fa. Tu mi sembri, da come scrivi, un ragazzo deciso a far bene il tuo lavoro.
Purtroppo le lettere e le risposte date in precedenza, non sono più disponibili in rete. D’ora in poi rimarranno tutte, ma in passato, no. Tra le lettere che sono rimaste in visione, c’è quella in cui suggerisco, quando si riempie uno scaffale, di lasciare un buco. Il motivo è presto detto. Se io consumatore vedo un buco in un’esposizione significa che qualcuno prima di me ha acquistato quel prodotto quindi, quel prodotto può essere buono. Semplice ragionamento che tutti facciamo.
Ecco ora qualcosa d’altro che potrà servirti.
Se tu non dovessi, tra i tuoi compiti, avere anche quello di riempire personalmente gli scaffali, fai solo un giro tra le corsie e controlla i tuoi prodotti. Ti sarà facile metterli un poco in ordine e, nel farlo, fai questo buco.
Se invece puoi riempire lo scaffale, agisci in questo modo. Riempilo bene. Se hai, ad esempio, a tua disposizione 6 file espositive, arriva con quelle a lato sino all’orlo dello scaffale, in modo che il prodotto sia ben visibile e lascia mancanti di qualche pezzo, le due file centrali. Il fronte espositivo non dev’essere piatto. Il cliente si fa scrupolo a rovinare una bella esposizione. Chiaro?
Ti dico di riempire bene lo scaffale perché il consumatore preferisce acquistare dove vede lo scaffale ben fornito (che non vuol dire completamente pieno). Uno scaffale quasi vuoto,invece, dà la sensazione che nessuno sia interessato a riempirlo perché il prodotto gira poco.
Attento però a non fraintendere. Sto parlando di scaffale dove non sia presentata un’offerta. In questo caso è tutto diverso. Se il prodotto è in offerta, magari in testata di gondola, allora cambia tutto. Un’esposizione mezza vuota significa che molti hanno approfittato e quindi il prodotto è ancora più appetibile.
Accontentati di questo per ora e mettilo in atto. Poi, se vorrai, riscrivimi.

mercoledì 12 dicembre 2007

Il piano marketing

Giuliana R. Milano
“il piano marketing per il 2008 è stato passato due volte al vaglio ed è tornato indietro. Opero in una multinazionale, con tutti i pro ed i contro del caso, ed il piano marketing è davvero spossante. Agiamo in gruppo, cerchiamo di operare al meglio. L’azienda chiede discreti incrementi annui , basandosi su uno storico che premiava gli exploit per molte situazioni venutesi a creare nel mercato ma chiede, soprattutto un aumento del profitto. Oggi che le quote di mercato sono sostanzialmente stabili, incrementarle significa agire con un aumento degli investimenti che l’azienda non è disposta a dare nella misura in cui abbiamo chiesto. La Casa Madre ci lascia liberi di agire e suggerire ogni strada che tenga però conto dell’aumento di profitto da dare ai Soci. Le proposte che vorremmo presentare nel prossimo meeting sono ...........”

Gentilissima Giuliana, non presento ovviamente alcun dato di quelli che Lei mi ha sommariamente inviato affinchè potessi comprendere meglio e darLe un parere. Ho analizzato le Vostre strategie ed i suggerimenti per lo sviluppo del budget. E’ tutto ben costruito ed è credibile (cosa che spesso manca nei piani). Tuttavia, personalmente agirei su due piani paralleli e Le motivo il perché.
Le multinazionali sono estremamente attente all’utile, perché i Capi al di là dell’Atlantico, stanno sulle loro poltrone sino a quando garantiranno profitto. Il profitto lo si può fare in tre modi: aumentando le vendite (incasso di più pur mantenendo le stesse percentuali); vendere le stesse quantità a prezzi maggiori, risparmiare sulle spese.
Tendenzialmente la terza ipotesi è quella sempre meno valutata. Per aumentare il profitto si pensa sempre a vendere di più e per questo si chiedono investimenti maggiori (che spesso portano al primo punto: aumento di vendite ma senza la reale fondatezza di un aumento in percentuale di utili).
Poiché dalla seconda ipotesi tutti girano alla larga, è possibile valutare la terza: risparmiare sulle spese.
Non puoi immaginare (o forse lo sai) quanto sia possibile risparmiare in ogni azienda ed in ogni settore. Un buon manager lo si vede dalla capacità con cui sa risparmiare sulle spese. E la diminuzione di spesa è la prima fonte di margine ed il primo obiettivo a cui si deve mirare.
GuardateVi attorno e troverete moltissimi punti su cui è possibile “limare”.
Saprai certo perché solitamente non lo si fa o si finge di non saperlo. Lo dico per chi legge e non è nel settore. Quando viene fatto un piano con tanto di spese allocate ed accettate...questo diventa la Bibbia per gli anni a venire. Un team di marketing se ha avuto la possibilità di spendere 100 nell’anno2004, avrà allocato 105 per il 2005, 106 per il 2006 e così via. La logica dice che se si sono raggiunti gli obiettivi con un budget di spesa in un anno passato; aumentando le vendite sono accettati anche pari aumenti in percentuale di spesa. Spesso questa logica passa ma non è vera. E ancor più spesso le aziende si trovano ad un certo punto dell’anno a spendere a tutti i costi, anche senza bisogno, pur di arrivare a fine anno non avendo più nulla in tasca del budget assegnato. Il motivo è semplice: se chi controlla vede che si sono raggiunti gli obiettivi magari spendendo meno di quello preventivato, per il successivo anno partirà da questa base per discutere le spese (Investimenti). Se invece tutto quanto era destinato, è stato speso, la base su cui incrementare, sarà quella spesa.
In questo modo le aziende sprecano capitali che potrebbero essere messi a profitto. Nessun uomo di marketing accetta di iniziare un nuovo anno con i “soldi contati” perché vorrebbe dire lavorare tutto l’anno senza riserve. Ma se calcoliamo che tutti gli uffici e le sezioni delle aziende nel compilare i loro budget caricano maggiori spese proprio per farsi la riserva di sicurezza, per poi magari sprecarla in inutili spese solo per liberarsene verso la fine dell’anno, appare chiaro quanti rivoli di danaro sia possibile non spendere inutilmente. E tutto questo danaro, se raccolto forma proprio quell’incremento di utile che può essere richiesto. Ecco spiegato perché l’attenzione alle spese ed il risparmio sono la prima fonte di profitto.
Detto questo, se fossi in Voi agirei in questo modo:
chiederei l’aumento degli investimenti produttivi per aumentare le vendite presentando però un piano che a vendite aumentate prevede un budget globale aziendale spese, pari all’anno precedente (marketing, vendite, amministrazione ecc...ecc...) Di fatto, si avrebbe una diminuzione di incidenza spese sul fatturato e quindi maggior profitto. Si tratta, alla fin fine, di chiedere di più sul piano produttivo senza perdere nulla sul budget spese.

Dopo gli studi

R. Rovereto
“......ora quindi, dopo gli studi, sto iniziando la ricerca del lavoro. Naturalmente vorrei, come tutti, entrare nel mondo del lavoro per quanto ho studiato ma mi rendo conto che potrebbe essere difficile e poiché ho necessità di lavorare per renderemi indipendente, non disdegno nulla........”


Ho ripreso questa parte della lettera perché è già significativa. Molti, troppi o tutti i giovani che escono dalle scuole di qualunque livello, partono con principi o ideali che, nel tempo, finiscono per tramutarsi in boomerang. Si pensa che una laurea possa aprire tutte le porte ed in ogni caso quelle per il settore per cui ci si è impegnati. Non è così. Oggi una laurea va vista solo come miglioramento della propria cultura personale; un bagaglio che permetterà al laureato di avere maggiori conoscenze e maggiori sicurezze, oltre ad un miglior approccio nell’analisi delle situazioni in cui potrà trovarsi nella vita.
Quindi, caro A.R. il Tuo approccio al mondo del lavoro può essere, per i tempi in cui viviamo, corretto. Devi però stare attento a “vivere” bene ciò che andrai a fare. Mi spiego meglio.
Non importa ciò che Tu farai, l’importante è che Tu lo faccia al meglio delle Tue capacità. RicordaTi sempre questo concetto. Se Tu affronterai qualsiasi lavoro con quest’ottica, diventerai il primo in quel lavoro e quindi troverai la soddisfazione nello svolgerlo e la soddisfazione sarà il motore che Ti permetterà di operare con successo.
Passione. Mettici passione. Non iniziare mai un lavoro pensando che è solo provvisiorio sin quando non troverai altro perché, in questo modo, inizierai male e continuerai peggio. Chi pensa questo, non è mai coinvolto in ciò che fa e non darà mai risultati che lo rendano differente dagli altri che fanno lo stesso lavoro. Non mi stancherò mai di ripetere (l’ho detto infinite volte in passato e lo dirò ancora) che ognuno deve sentirsi, in quello che fa, il Direttore di se stesso; il Capo. Solo se Tu approccerai la Tua mansione pensando non di essere un semplice lavoratore ma il Direttore di Te stesso, avrai successo. Ciò che Ti dico ora è un esempio vero su come si possa essere apprezzati e premiati.
Pulire le strade non è, nella nostra attuale cultura di lavoro, un lavoro magnifico perché non si sa approcciare questo lavoro nel modo corretto. Chi lo fa, parte dal principio che sia non motivante, stancante, pesante ed altro ancora. Così, un addetto alle pulizie parte il mattino già stanco per quello che gli spetta; fa il suo giro con un muso lungo una spanna e cerca di fare alla svelta per fermarsi al bar a fare quattro chiacchiere che lo motivano di più. Non va, col pensiero, oltre al naso. Il suo compito è solo pulire le strade. Nessuno gli dirà mai bravo. L’obiettivo: arrivare a sera ed aver fatto il giro del rione. Alla fine del giorno sarà stanco, addirittura più mentalmente che fisicamente solo perché non ha trovato alcuna motivazione o interesse in ciò che ha fatto.
Poi un giorno, nello stesso rione e nella stessa mansione, arriva un’altra persona. Il lavoro è lo stesso ma questa nuova persona lo approccia in un modo diverso. Lui non deve pulire le strade, deve far si che quelle strade a lui affidate siano linde. Questo è il suo obiettivo. Quando passa per quelle vie e guarda in terra, deve vedere tutto in ordine, pulito. Il mattino inizia con l’intento di togliere ciò che durante la notte è caduto. Foglie, carta ed altro. Ogni carta che vede e raccoglie gli dà soddisfazione. E’ un punto pulito. Non ramazza velocemente perché l’obiettivo del suo lavoro è: la sua zona dev’essere la più pulita di tutte. Man mano che procede si guarda dietro e controlla, come se fosse un controllore che controlla il suo stesso lavoro. Lo fa per se stesso. Quello è il suo lavoro e deve compierlo al meglio. La soddisfazione nasce proprio dai risultati che lui stesso si è dato.
Questo però non passa inosservato agli abitanti. Qualcuno inizia a vedere che davvero, da quando c’è quella persona, le strade sono migliori. Poi sono in diversi ad accorgersene e iniziano le considerazioni. “Ma sai che è davvero bravo ? Si vede che lavora con serietà. “
In un mondo in cui queste cose non si fanno più, la gente se ne accorge ed inizia a dirlo pubblicamente, a voce alta. Viene detto allo stesso stradino. “Tu sei davvero bravo” E fioccano anche i premi. I negozianti iniziano a dargli qualcosa quando pulisce perfettamente davanti al negozio. Alcuni cittadini gli allungano mance. Lui ringrazia e prosegue. Il suo obiettivo è tenere sempre pulito quel pezzo di città. Ci sta riuscendo e la sua soddisfazione aumenta. Alla sera non è poi così stanco e pensa a quello che dovrà fare il mattivo dopo. Quando pensa, vede il suo lavoro dal punto di vista di un Capo. Analizza il lavoro, critica e si loda.
Il Comune, alla lunga, viene a sapere della cosa. Qualche abitante lo ha riferito. Lui continua a fare il suo mestiere ma è il migliore. Glielo hanno detto e, per quel poco che è stato possibile, gli è stato riconosciuto. Oggi, gli accoppiano i nuovi assunti affinchè lui li prepari. Domani....chissà. Ma non è questo che vuole o voleva. Lui desiderava solo svolgere comunque bene quel lavoro perché l’obiettivo era “farlo al meglio”. E’ diventato il migliore nel suo campo. E’ poco essere riconosciuto tale?
Quindi, caro A.R., non importa ciò che Tu andrai a fare. L’importante è che Tu lo faccia sempre al meglio. Alla fine, credimi, questa è la molla che Ti darà soddisfazione.

Bello essere laureati

Anna L. M. Brescia
Bello essere laureati e pensare che dal giorno dopo si possa far valere la laurea e gli anni di studi per trovare il lavoro che si desidera..... Per me, ad oggi, non è stato così. Invio curricula a tutte le aziende ma la risposta è sempre interlocutoria, se nonaddirittura assolutamente nulla. Posso sapere dove sbaglio?


Cara Anna,
non vedo il Suo curriculum e quindi non posso dire se è compilato nel modo corretto o meno. Approfitto quindi per dare una risposta generica che valga anche per altri. Nel caso per lei sia diverso, mi riscriva.
Dunque, vediamo.
Primo errore tipico dei giovani in cerca di lavoro: inviare curricula a raffica a tutti, indipendentemente dall’azienda, dal settore, dall’area... e soprattutto dalla richiesta.
Se nessuno a chiesto un curriculum, è inutile inviarlo. Quasi certamente non viene neppure letto; sicuramente viene cestinato. Nessun ufficio perde tempo a leggere curricula se non c’è espresso bisogno o se non c’è in corso una ricerca del personale.
Quindi, spedendoli, si perde solo tempo.
Secondo errore: spedire ad ogni azienda, indipendentemte da ciò che fa. Si vedono curricula inviati a casaccio. Ci si offre semplicemente, senza che vi sia richiesta, ad un’azienda di alimentari; una società di consulenza, un grosso negozio di ferramenta, un distributore di olio combustibile. No, non si fa. Si butta via tempo, denaro e ci si illude.
Terzo errore. Il curriculum ha delle regole ben precise a cui nessun giovane, malgrado più volte sia stato detto, si attiene. Vediamole ancora.
Il curriculum deve possibilmente stare in una pagina dattiloscritta. Essa deve contenere
i dati di chi scrive
le posizioni eventualmente occupate nell’ambito del lavoro precedente, iniziando dall’ultima ed andando a ritroso. Non si deve scrivere un romanzo. Ogni posizione va descritta in due righe. Aumentiamole un poco se vi è da dare spazio a mansioni e responsabilità che vanno chiarite.
se non v’è alcun lavoro precedente, vanno date indicazioni relativamente agli studi fatti e ad eventuali master o altro.
solo dopo queste informazioni, è possibile scrivere eventuali hobby se questi sono, per qualche motivo, attinenti alla posizione o al lavoro offerto. Inutile scrivere che piace viaggiare o leggere o andare al cinema. Tutte cose che possono essere dette direttamente in fase di colloquio, se richieste.
Tutto qua.
Il curriculum va allegato ad una lettera di presentazione dello stesso che fa riferimento all’inserizione o alla richiesta dell’azienda. In pratica due sole paginette sono più che sufficienti.
Quarto errore
Rispondere ad un’inserzione con cui si cercano operai specializzati, inviando un curriculum generico che nulla ha a che fare con quella mansione.
Quinto errore
Rispondere sempre all’inserzione di cui sopra dicendo che pur essendo lauretati in fisica, può andar bene anche la mansione di operaio. Nessuna azienda vi chiamerà perché è ovvio che un laureato in fisica si adatta a fare l’operaio solo e sino a quando non troverà di meglio; quindi l’azienda avrà più avanti lo stesso problema. (Eventualmente, se proprio vi va di fare l’operaio specializzato, dovete tacere sulla vostra laurea).
Sesto errore
Rispondere con uno scritto al computer quando viene richiesto una risposta “a mano”. La richiesta ha un preciso significato. La calligrafia verrà analizzata da uno psicologo o comunque verrà passata alla lente. Dalla calligrafia si capisce molto della persona. I giovani di oggi hanno purtroppo una pessima calligrafia. Uno stesso scritto, compilato da una persona matura, è totalmente differente proprio per la cultura della scrittura che un tempo c’era nell’insegnamento. Non commettete però l’errore di farvi scrivere da un amico o da un parente la lettera perché, al primo colloquio, la cosa sarebbe smascherata e tutto finirebbe lì, senza appello. (Piuttosto, fatevi un corso di grafia)
Se non sapete come scrivere una lettera a mano, sappiate che distanze dai bordi e tra riga e riga, devono essere identiche a quelle scritte a macchina. Quindi, niente lettere scritte sino all’estremo del foglio; niente scritture con righe che scendono man mano che si avanza; niente correzioni...insomma, pensate sempre che quel foglio vi rappresenta e deve dire chi siete e come siete.
Settimo errore
Non potete immaginare quanti curricula vengono inviati in fotocopia, con l’aggiunta di volta in volta dell’azienda a cui si manda. Terribile. Lo si nota subito e si intuisce che chi scrive sta inviando a tutti, indipendentemente dalla richiesta. Dirò di più. Molti, davvero molti sono anche i curricula inviati, addirittura intestati contemporaneamente a diverse aziende.
Ottavo errore
Parlare della situazione famigliare bisognosa oppure dire che il padre è il famoso tal dei tali. Tutte cose che nulla hanno a che vedere col lavoro e quindi faranno segnare subito qualche punto in negativo sulla vostra lettera.
Ce ne sarebbero ancora, ma questi bastano.
Quindi, cara Anna, mi chiedi dov’è l’errore? E tu dove lo fai? Scrivi a tutti senza aver avuto richiesta ? Lo compili nel modo errato? Lo mandi in fotocopia ? Lo intesti a tutti ? Leggi quanto ho scritto e poi sappiami dire.

Solo clienti difficili

L.S. Palermo
.........non credo di essere timido.Infatti, quando parlo con un cliente, sembro il nostro vulcano Etma. Difficile che il cliente possa interrompermi. Sta ad ascoltare interessato. Tuttavia, tanti sforzi danno poco risultato. O a me capitano solo clienti difficili o altrimenti, non saprei. Altri venditori con cui ho parlato mi dicono che per loro è diverso.
(La lettera continua)

Eccoci con un altra richiesta nell’ambito comunicazione/commerciale. A volte preferisco non dare risposte dirette perché ritengo che con l’ausilio di fatti, storielle o aneddoti, certe cose si comprendano addirittura meglio. Per cui, andando indietro nei ricordi, eccone una che fa al caso.
Mark Twain, uno tra i più grandi scrittori, in alcune situazioni raccontava questa storiella che calza a pennello con la situazione sopra descritta:
“Una domenica, alla mia chiesa, non c’era il solito predicatore, ma un missionario venuto appositamente per cercare di smuovere gli animi e raccogliere maggiori fondi per le sue opere. Costui, con una bella voce calda ed interessante, raccontava delle sofferenze del popolo del terzo mondo. Preso dalla commozione, dopo poche frasi, decisi di dare un dollaro in offerta, anziché quanto solitamente davo: 50cent. Man mano che il racconto continuava, il tono del predicatore si infervoria, diventava più avvincente e drammatico e la mia offerta sarebbe aumentata di conseguenza. Prima 1 dollaro e mezzo, poi 2, 3 ed infine 5.
Ad un certo punto ero vicino al pianto e pensavo che tutto quanto avevo con me non sarebbe bastato per l’offerta, tanto che pensai ad un assegno. Nel frattempo il missionario parlava, parlava; non la smetteva mai. Era un continuo! Lasciai cadere l’idea dell’assegno e tornai ai 5 dollari. Il missionario continuava a parlare, parlare. Quando il sagrestano, alla fine, passò col piattivo della questua, vi lasciai cadere 10 cent”

Il Key Account

Antonio B. Macerata
....Opero, in qualità di Key Account, nella Società ................... Ammetto che il lavoro mi piace anche se, inizialmewnte, dopo gli studi, avrei preferito fare altro, anche per dare frutto a ciò che avevo studiato. Purtroppo così non è stato. Ho iniziato questo lavoro quasi come ripiego, poi....lentamente mi sono appassionato. L’azienda, pur se importante, non mi sembra che mi stia dando molta formazione nel senso che, almeno nelle vendite, tutto si è basato sulla conoscenza dei prodotti. Credo che i venditori siano scelti in base alla loro capacità di saper parlare e quindi, di arrangiarsi al meglio. Forse sbaglio, ma mi pare così. Il mio problema che volevo sottoporLe è questo:
In fase di vendita, purtroppo mi sembra che, al di là di tutto quanto si possa dire o argomentare, alla fine al cliente interessi solo il prezzo e tutte le valutazioni terminano lì. Sconti, solo sconti e basta. Nei giorni scorsi mi sono trovato in una trattativa importante, molto importante in termini di fatturato per l’azienda. Dopo lunghe trattative, ho capito che se volevo chiudere l’affare dovevo cedere qualcosa. Non molto, a dire il vero, ma comunque qualcosa per dimostrare la buona volontà di trovare un accordo. Così ho concesso un 3% di sconto extra................... Nessuno mi ha poi spiegato il perché, ma sono stato subito ripreso dicendomi che non deve più succedere..................

Caro Antonio,
da molto tempo oramai gli utili delle aziende sono soggetti alla pressione dei costi. Maggiori questi, minori gli utili. Occorre quindi avere una straordinaria fermezza, in fase di trattativa. Personalmente agirei su qualsiasi altra via ma cercherei proprio di non avvicinarmi al discorso sconti e Ti spiego il perché.
E’ vero che uno sconto 3% oggi è limitato, se visto a se, ma occorre fare una riflessione che probabilmente avrebbe dovuto farTi la Tua azienda. Il mercato in cui operate Voi non dà mediamente che un 6% di utile medio. Visto in questo modo, se ci rifletti capisci che aver dato un 3% di sconto (poco) significa che l’utile aziendale (con cui l’azienda pensa di crescere e con cui Ti paga) si è ridotto di colpo del 50%.
Se Tu lo avessi saputo o se l’azienda fosse Tua, l’avresti fatto?
Ecco perché, pur sbagliando nel non spiegarTelo, Ti hanno ripreso.

martedì 11 dicembre 2007

Essere un formatore? Non lo sono!

Luigi F. Torino
Ho iniziato da poco. Sono entrato a far parte di una Società di formazione per meriti universitari. Dovrei quindi essere un formatore ma non lo sono, nel senso che non credo si possa formare solo perché si ha una laurea. Scopro, in questa società che tutto è quasi portato al concetto del fare qualcosa per farsi pagare. Ma è così? Ho parlato con altri formatori e, privatamente, mi hanno detto un po’ la stessa cosa.
La mia funzione, di fatto, è quella di andare in aula, presentare una serie infinita di diaposivite (o lavorare col computer ) come se distribuissi il “verbo” ed infine, salutare. Che il mercato sia di beni di largo consumo, elettronica o meccanica, i testi che presentiamo sono tendenzialmente gli stessi, leggermente aggiustati. Mi è stato detto di non entrare mai in profondità usando apposite scuse. Io vedo che comunque chi interviene può essere, all’aperenza ed al momento soddisfatto, ma di fatto in questo modo non può imparare nulla.
(La lettera prosegue)

Ha detto tutto Lei, caro Luigi. Ed anche tutto giusto. Purtroppo la formazione oggi è tutta qui, Nessuno impara ma intanto si incassa. In business è arrivato per tanti ed occorre fare in fretta. Bisogna prendere il cliente prima che lo acchiappi un altra societa e tutti i modi sono leciti. Si pensa che comunque, piuttosto di niente, sia meglio dare qualche briciola. Le aziende spendono budget enormi; nel tempo non vedono risultati tangibili, e decidono che la formazione non sia utile. Così il meccanismo perverso della ricerca dei clienti diventa ancor più affannoso. Ci sarebbe molto da insegnarTi e vedo, da come scrivi, che potresti essere anche un buon e sincero formatore, ma non posso farlo in queste poche righe.
Ti do solo un primo consiglio. Lascia perdere le diapositive ed il computer. Sono le uniche cose che non attraggono e non permettono di catturare l’attenzione. Dopo qualche diaposivita che appare sullo schermo, l’attenzione di chi guarda è presa non dal significato ma dalla grafica e dai colori. Di fatto, alla fine, nessuno saprà cosa hai detto, ma tutti sapranno dirTi se le diapositive proiettate erano ben colorate e ben fatte.
Prendi grossi pennarelli con punta grossa e divertiti a scrivere su vecchie chart. Scrivi mentre parli, poi parla attirando l’attenzione ancora su quanto hai scritto e poi chiedi se è tutto chiaro.
Gioca con i pennarelli. Fai schizzi, ghirigori, sottolineature....insomma, fai tutto quello che possa esser utile a catturare l’attenzione su quanto stai presentando.
Quanto ci sarebbe da dire! Alla prossima.

Incentivi e premi alla forza vendite

GIORGIO M. Firenze
........ La mia azienda preferisce, malgrado più volte abbia cercato di farlo comprendere, dare incentivi e premi vendita solo a noi Capi Distretto o Capi Area e non ai venditori che da noi dipendono. E’ convinta che sia importante incentivare noi per tenerci sempre attenti alla guida degli uomini e che basta questo.
Io non credo. Cosa posso fare?

La Sua lettera mi fa tornare con la memoria a molti, molti anni fa, quando io ero in una posizione analoga alla Sua, con la differenza che la multinazionale in cui allora operavo e muovevo i primi passi, incentivava tutta la rete commerciale.
Malgrado quindi i venditori fossero coperti di premi, io intuivo che le vendite potevano essere alzate maggiormente. Così studiai gare extra che proponevo al mio gruppo, in aggiunta a quelle dell’azienda.
Le creavo in modo tale che ci fosse nuova ma sana competizione tra loro. Diverse formule che avrebbero permesso ad ognuno di dimostrare la propria bravura, indipendentemente dagli obiettivi aziendali. Era quasi un gioco, a volte com premi in natura, ma simpatico perché stuzzicava il gruppo.
Il risultato, caro Giorgio, fu che il mio gruppo era sempre in testa nei risultati aziendali, con venditori soddisfatti e sorridienti. Loro incassavano di più ed io non di meno. Il meccanismo era semplice. Prendevo come base dei premi extra che avrei dato, una parte di quanto avrei vinto io al raggiugimento degli obiettivi. Il rischio era di dare un premio senza che io raggiungessi del tutto il mio (pazienza, era colcolato). L’effetto finale però era che i miei premi erano sempre maggiori di quanto dovevano essere, grazie alle extra vendite del gruppo. In questo caso, dopo aver tolto l’ammontare dei premi che distribuivo, rimanevo spesso con un introito maggiore rispetto a ciò che avrei vinto se non lo avessi fatto. A volte la motivazione e l’ncentivazione può avvenire anche giocando e giocando, può arrivare il successo.

Difficoltà nella vendita diretta

ANNA B. Brescia
........quindi la mia difficoltà nella vendita diretta è data soprattutto dal dover comunicare prezzi che, secondo i clienti, sono esagerati......

Mi scrive che Lei per farsi comprendere meglio è abituata a vendere in...lire. Sta sbagliando. Venda sempre in euro, l’effetto immediato, per chi ascolta e deve decidere, è ridotto alla metà. Soltanto se deve fare confronti con altri prodotti, di quest’ultimi dia i prezzi in lire. Vedrà che i suoi prodotti, confrontandoli in questo modo, appariranno molto meno cari.

lunedì 10 dicembre 2007

Il merchandiser

Roberto R. Roma
Sogno o è la verità? Da quanto esiste questo sito? Cosa posso fare per non perdermi nulla?
Ho visto che Lei può rispondere su quesiti relativi al merchandising. Io opero come merchandiser per una azienda alimentare nel settore del largo consumo. Sono giovane e ho tanta voglia di far vedere che sono bravo. Cosa posso fare per dare risultati migliori ?

Certo caro Roberto che non perdi tempo. Dunque, vediamo un po’.
Il merchandiser è quella persona che, oggi, opera nel settore della vendita a libero servizio (lo dico per chi legge e non lo sa) ovvero, dal piccolo supermercato padronale o di rione, sino all’iper di una catena nazionale. Tendenzialmente la figura del merchandiser odierno è di molto diversa da quella che dovrebbe essere e per cui era nata molti anni fa negli USA. Diciamo che oggi, questa figura viene impiegata soprattutto per andare a leggere cosa succede sugli scaffali (prezzi della concorrenza, offerte, nuovi prodotti) oppure per riassortire gli scaffali prendendo direttamente la merce dal magazzino.
Il merchandiser solitamente non è un funzionario di vendita ma fa un servizio. Questo è un grosso peccato ed è uno spreco enorme di energie. Spesso un merchandiser dopo un certo periodo si sente frustrato semplicemente perché non vede un risultato a ciò che fa.
Anche se Lei non lo dice, mi sembra che si stia avviando verso quella direzione. Eppure il merchandiser potrebbe servire alle aziende molto di più per ottenere vendite nei punti di maggior consumo.
Nel Suo caso posso solo suggeriLe due cose.
Chieda all’azienda di avere ( è possibile se viene chiesto alle Centrali dei punti in cui Lei va) i dati di vendita dei prodotti a cui lei è interessato; dati di vendita per ogni singolo punto.
Con questa base e con questa conoscenza, “sfidi se stesso” a far crescere le vendite in quei punti.
E’ difficilissimo perché Lei non può intervenire con politiche commerciali ma può farlo col merchandising e con la sua testa. Se ci riuscirà (e ce la farà) diventerà tutto ciò che vorrà.
Oggi il merchandiser può lavorare sullo scaffale solo nei punti vendita minori. Nelle grande catene non può far nulla.
Nelle piccole catene o nei supermercati padronali agisca operando sull’esposizione dei prodotti (conoscerà l’importanza del livello di ogni ripiano e del flusso di passaggio).
Nelle grandi catene agisca solo in questo modo. “Crei i buchi”. Oggi, la cosa più assurda è che si pensa che una bella esposizione con tutte le confezioni ben in fila sul davanti, serva per far vedere meglio il prodotto e farlo acquistare. Assolutamente sbagliato.
Agisca all’opposto. Crei i buchi nell’esposizione dei suoi prodotti, semplicemente spingendo in dietro qualche scatola rispetto alle altre. In pratica, faccia semplicemente vedere a chi passa, che qualcuno ha già prelevato qualche prodotto. Per quelli della concorrenza, faccia delle belle esposizioni con tutti i prodotti allineati, senza buchi. Vedrà!Venderà di più.
Cordiali saluti

Cosa posso fare?

Claudio A. Milano

Egregio Dottore,
un amico mi ha parlato del Vs. sito. Ho dato un’occhiata e mi complimento per l’iniziativa. Finalmente qualcuno che ha fiducia e crede nei giovani. Il mio amico si è già rivolto a Lei ed ha risolto un suo problema.
Posso ora dirLe il mio ? Spero che sappia darmi una mano.
Sono laureato. Dopo un periodo di stage ed alcune deprimenti prove, sono stato assunto nel settore vendite di .................. Lei conoscerà senz’altro questa multinazionale. Ebbene, all’atto dell’assunzione, mi hanno fatto vedere grandi possibilità di carriera, periodi formativi, e chi più ne ha più ne metta.
La realtà, a distanza di otto mesi e tutta diversa. Non si parla di formazione, che è la cosa che più mi interessa non avendo esperienza, di piani di sviluppo e carriera meglio non parlarne visto i pochi mesi che sta qui.
Sento però che anche i miei colleghi che sono in azienda da molto più tempo, lamentano le stesse cose.
Mi do da fare, cerco di trovare da solo le soluzioni ai problemi ma a volte capisco che se avessi un aiuto, potrei dare molto di più. Il mio superiore che è piuttosto anziano, non mi sembra sinceramente molto attento al nostro lavoro. Penso si stia accontentando e, quando viene spremuto, sbraita con noi per stimolarci.
Mi rendo conto sia difficile far qualcosa soprattutto per chi è fresco d’assunzione ma, proseguendo così, probabilmente finirei per demotivarmi. Cosa posso fare?

Caro Claudio,
la situazione in cui si trova è la fotocopia di centinaia di situazioni simili. Conosco molto bene la società in cui opera e non mi meraviglio di quanto Le sta accadendo. Quando le organizzazioni sono così ampie, è davvero difficile far si che la gestione sia attenta come tutti vorrebbero.
Lei sta facendo i suoi primi passi, perché otto mesi sono davvero pochi. Tuttavia inizia già a comprendere che qualcosa non va e che si potrebbe far di più.
Il fatto di sentire la necessità di formazione che viene sempre promessa e spesso non sempre mantenuta, è significativo. Non si sta sedendo ad aspettare gli eventi ma vorrebbe andar loro incontro.
Il Capo che non capisce e che non vi segue molto perché magari è prossimo alla pensione; le strigliate “da capo di un tempo” quando lui stesso viene strigliato.... son tutte situazioni classiche.
Come uscirne?
Credo Lei debba agire in questo modo:
si faccia un piano di percorso e si dia degli obiettivi che non necessiariamente devono riguardare l’attuale azienda.
Si dia un tempo entro il quale vuole raggiungere questi obiettivi. E, Le raccomando, se li dia importanti, difficili.
Si faccia poi dei piani intermedi. Le faccio un esempio: entro 7 anni, voglio essere Direttore Vendite (se questo è il settore in cui vuole rimanere). Bene, per arrivare lì, dovrà darsi obiettivi intermedi (tra due anni di vendita sul campo, voglio divenire “senior” oppure capo zona)
Tra cinque anni voglio arrivare a Responsabile vendite di area ecc...ecc...
Poi, semplicemente agisca di conseguenza. Solo con un obiettivo davanti ce la potrà fare. Se vedrà che nella sua azienda questo percorso non è fattibile, cerchi altrove, ma non dimentichi il suo obiettivo.
Oggi può solo cercare di “rubare” a chi ne sa più di lei. Chieda consigli a tutti, pareri al Suo Capo, facendogli capire che vuole organizzarsi per dare il meglio. Se ha dei target, come credo, non li veda come obiettivo, ma come un punto da raggiungere per poi superare. Un venditore che raggiunge sempre il 100% del target forse si impegna meno di chi fa il 130% e successivamente l’80%.
Se l’azienda in questo momento non Le da possibilità di formazione, nulla può fare se non richiederla. Ma spesso la formazione nelle aziende viene fatta per altri motivi e quasi sempre senza risultato, perché vi sono troppe pressioni che nulla hanno a che vedere con le problematiche che dovrebbero essere discusse. Se nel Suo gruppo ha qualche collega che apprezza, chieda chiarimenti a lui. Poi, da quello che Le viene detto, estrapoli le cose positive adatte a Lei.
Mi scriva ancora se vuole. Le raccomando intanto di non dimenticare gli obiettivi. Se li dia e li segua, costi quel che costi.
In bocca al lupo